Il giorno dopo Francesco tornò e i suoi occhi tristi rimasero fissi per un pezzo sulla Freccia Azzurra. Tornò anche il giorno successivo, e tutti gli altri giorni. Qualche volta si fermava solo pochi minuti e poi scappava via senza voltarsi. Altre volte restava lunghe ore col naso schiacciato sulla vetrina e il ciuffo bruno che gli scendeva sulla fronte. Dava qualche occhiata affettuosa anche agli altri giocattoli, ma il suo cuore, si vedeva bene, batteva soltanto perii meraviglioso treno elettrico. Il Capostazione, il Capotreno e il Macchinista ne erano molto orgogliosi e si guardavano attorno dandosi delle arie, ma nessuno si offendeva.
Tutti gli abitanti della vetrina si erano affezionati a Francesco. Venivano anche altri bambini e ragazzi a incollare il naso sul vetro e a contare i giocattoli, ma gli abitanti della vetrina se ne accorgevano appena. Invece, se Francesco tardava più del solito a comparire, il Capostazione camminava nervosamente su e giù per i binari gettando occhiate ansiose all'orologio, Mezzabarba sputava continuamente dal parapetto, il pilota Seduto si sporgeva dall'apparecchio a rischio di cadere e Penna d'Argento si dimenticava di fumare, tanto che la pipa gli si spegneva.
Così tutti i giorni, così tutti i mesi, così tutto l'anno.
Alla Befana arrivavano ogni giorno mucchi di lettere che essa leggeva con attenzione, prendendo appunti e facendo calcoli, e quando le lettere furono tante che ci voleva mezza giornata solo ad aprire le buste, nella vetrina compresero che il 6 gennaio era vicino.
Povero Francesco! Ogni giorno il suo visino sottile era più triste. Bisognava fare qualcosa per lui. Tutti si aspettavano che il Capostazione della Freccia Azzurra suggerisse un'idea. Ma lui non sapeva fare altro che togliersi e rimettersi il berretto con cinque righe e guardarsi la punta delle scarpe, come se non l'avesse mai vista prima di allora.