CAPITOLO XXII

Gli studiosi dei dischi volanti cominciavano finalmente a sentirsi di nuovo vivi, dopo la lotta e la gara di velocità silenziosa con le onde. Gli uomini avevano acceso un fuoco, servendosi di legno portato a riva dalle onde, accanto alla vuota autostrada, a pochi metri dal basso ponte di cemento che attraversava la rientranza, e tutti si stavano asciugando a quel calore, con un'attività necessaria di scambi di vestiti, e di coperte asciutte, e di altri generi di abbigliamento assortiti, distribuiti fraternamente dalla riserva del camioncino.

Rama Joan tagliò impietosamente i pantaloni del suo abito da sera sporco di sale e umido, trasformandoli in un paio di calzoncini coloniali, e senza riguardo per la moda tagliò anche le code della giacca, e le maniche fino al gomito, sostituì l'ormai dimenticato bianco impeccabile della cravatta e del colletto rigido con la stoffa verde del turbante, e raccolse la massa dei capelli rosso-dorati in una coda di cavallo. Ann e Doc l'ammirarono.

Tutti avevano un aspetto notevolmente ammaccato. Margo notò che Ross Hunter appariva più ordinato e curato degli altri uomini, poi si rese conto che il motivo era semplice… mentre gli altri avevano già un'ombra di barba sulle guance, Ross aveva semplicemente la stessa barba che gli aveva fatto guadagnare subito il soprannome.

Mentre il cielo si rischiarava, ritornando azzurro come ogni giorno, il morale del gruppo salì di qualche punto, e diventò un po' difficile pensare che tutti gli eventi della notte precedente fossero accaduti davvero, e che il pianeta violetto e dorato stesse in quel momento terrorizzando il Giappone, l'Australia, e le altre isole dell'Oceano Pacifico, la grande massa d'acqua che abbracciava mezzo mondo.

Ma potevano vedere una mostruosa frana, che bloccava la strada, a meno di duecento metri più a nord, mentre Doc indicò, puntando il braccio, le rovine della piattaforma e della casa sulla spiaggia, travi e assi e sagome appena distinguibili ammucchiate disordinatamente contro la scintillante rete metallica che recintava Vandenberg Due, a poco meno di un miglio di distanza.

«Eppure,» disse Doc, «Lo scetticismo umano sulle esperienze fatte cresce come i funghi d'autunno. Che ne diresti di preparare un'altra dichiarazione da firmare, Doddsy?» domandò, rivolgendosi con il nuovo e familiare soprannome all'Omino, adeguandosi alla familiarità che si era lentamente instaurata tra tutti i componenti del gruppo.

«Tengo un diario completo degli avvenimenti, in inchiostro a prova d'acqua,» lo rimbeccò bruscamente l'Omino. «È aperto in qualsiasi momento a ogni controllo.» Estrasse il suo libretto d'appunti, e lentamente sfogliò le pagine, per dare enfasi alla sua dichiarazione. «Se il ricordo degli eventi di qualcuno differisce dalle mie annotazioni, sarò lieto di mettere la correzione a verbale… a patto che l'autore della correzione sigli con le sue iniziali l'appunto.»

Wojtowicz, che guardava il libretto dall'alto, alle spalle dell'Omino, disse:

«Ehi, Doddsy, mi sembra che alcuni dei disegni del Vagabondo non siano molto esatti.»

«Ho eliminato i dettagli, e per questo motivo i disegni sono molto schematici,» ammise l'Omino. «Comunque, li ho tracciati… dal vivo. Ma se lei desidera tracciare a memoria alcuni disegni del nuovo pianeta… e firmarli!… sarò ben lieto di mettere a sua disposizione questo libretto.»

«Non fa per me, io non sono un artista,» si scusò Wojtowicz, con un sorrisetto.

«Be' potrai controllare l'esattezza dei disegni stanotte, Wojtowicz,» gli disse Doc.

«Accidenti, non me lo ricordi!» disse l'altro, portandosi le mani sugli occhi e fingendo di barcollare.

Soltanto Bacchetto rimaneva solo, infelice e turbato; era seduto sull'ampia balaustra del ponte, e guardava avidamente l'orizzonte, là dove era tramontato il Vagabondo.

«Ella ha scelta lui,» borbottava, attonito. «Io ho creduto, eppure sono stato trascurato. Lui è stato portato nel disco volante.»

«Non importa, Charlie,» disse Wanda, appoggiando la testa grassoccia sulla spalla magra di Bacchetto. «Forse non era l'Imperatrice, ma soltanto la sua ancella, e ha confuso gli ordini.»

«Sapete, è stato veramente infernale… quel disco volante che è calato sopra di noi,» disse Wojtowicz agli altri. «C'è solo una cosa… siete sicuri di avere visto Paul attirato a bordo? Non vorrei dirlo, ma avrebbe potuto essere risucchiato in mare, proprio come stava per accadere a molti.»

Doc, Rama Joan e Hunter testimoniarono di avere visto l'evento con i propri occhi.

«Credo che le interessasse più il gatto che Paul,» aggiunse Rama Joan.

«Perché?» domandò l'Omino. «E perché l'uso di 'lei'?»

Rama Joan si strinse nelle spalle.

«Non è facile dirlo, signor Dodd. Solo che anche lei aveva l'aspetto di una gatta… e non ho notato alcun organo sessuale esterno.»

«Neppure io,» confermò Doc. «Benché non possa affermare di averli cercati in quel momento con viziosa avidità.»

«Lei pensa che il disco volante avesse davvero un motore antigravitazionale… come quelli dei romanzi di E.E. Smith?» domandò Harry McHeath a Doc.

«Non vedo altra spiegazione… se ben ricordo come si muoveva nell'aria. In una situazione simile, la fanta'scienza è la nostra unica guida. D'altra parte…»

Margo approfittò del fatto che l'attenzione generale era concentrata sulla conversazione, per scivolare silenziosamente tra i cespugli, nella direzione presa dalle altre donne in precedenza, alla ricerca di inesistenti servizi igienici. Si arrampicò su una piccola sporgenza rocciosa, accanto al corso d'acqua, e si trovò su una striscia di terra, circondata da rocce, a circa sei metri di altezza rispetto alla spiaggia.

Si guardò intorno. Non riuscì a vedere nessuno. Estrasse dalla giacca di cuoio la grigia pistola che era caduta dal disco volante. Era la prima occasione, da quell'indimenticabile alba, che aveva per ispezionarla con maggiore attenzione. Tenerla nascosta, quando aveva asciugato gli abiti al calore del falò, era stato un problema irritante.

Era un grigio uniforme… alluminio o magnesio, a giudicare dal peso… e di forma liscia ed elegante. Non c'era alcun foro visibile, nella canna a punta, né alcuna intuibile apertura per l'uscita di qualcosa di materiale. Nella parte anteriore del rigonfio — che equivaleva a un grilletto — si trovava un bottone ovale. L'impugnatura pareva fatta per due dita e un pollice. Sul lato sinistro dell'impugnatura, lontano dal palmo della mano destra che stringeva l'oggetto, c'era una stretta striscia verticale che scintillava di bagliori violetti, per cinque ottavi della lunghezza, come un termometro.

Margo strinse la pistola, a titolo di prova. Proprio davanti all'estremità della canna, lei notò un sasso, largo mezzo metro, posato sul bordo del terrapieno. Il cuore cominciò a batterle più forte. Puntò la pistola contro il sasso, e sfiorò il pulsante. Non accadde nulla. Premette il pulsante con maggiore forza, poi ancora un po' di più, e improvvisamente… non ci fu rinculo, ma d'un tratto il masso stava volando via veloce, insieme a una porzione del terrapieno larga almeno un metro, per poi cadere, praticamente senza produrre alcun suono, sulla sabbia, a trenta metri di distanza, e un po' di sabbia parve rimbalzare e fermarsi ancor più avanti. Un vento freddo soffiò brevemente alle sue spalle. Si udì cadere del terriccio e del pietrisco, giù per il pendio.

Margo respirò profondamente, e deglutì. Poi sorrise. La colonnina viola non pareva più breve. Forse era diminuita di qualche millimetro, ma non ne fu sicura. Infilò di nuovo la pistola nella giacca, stringendo ancora di più la cintura. Un'espressione pensierosa sostituì il sorriso.

Tornò indietro, oltre la sommità del costone roccioso, e dall'altra parte trovò Hunter, con i raggi del sole che traevano scintillii ramati nella barba scura.

«Professor Hunter!» esclamò Margo. «Non credevo che lei fosse un uomo di questo genere!»

«Quale genere?» le chiese, forse con un breve sorriso, ma era difficile stabilirlo, a causa della barba.

«Be', seguire una ragazza quando ha cose private da fare.»

La guardò, semplicemente, e Margo si passò una mano sui capelli biondi, per ricacciare indietro una ciocca ribelle.

«Lei non è abituata all'interesse aperto degli uomini? Sessuale, o di altro genere?» le domandò, in tono gentile. Poi, «Il fatto è che mi era parso di sentire il rumore di un piccolo smottamento.»

«Un masso è rotolato sulla spiaggia,» disse lei, passandogli accanto, «Ma il rumore non può essere arrivato lontano.»

«A me è arrivato,» le disse, cominciando a scendere per il pendio, dietro di lei. «Perché non si toglie quella giacca? Comincia a far caldo.»

«Io sarei capace di trovare una forma d'approccio più delicata,» gli disse Margo, con un certo risentimento.

«Anch'io,» le assicurò Hunter.

«Già, immagino,» ammise lei, dopo un momento. Poi, fermandosi ai piedi del pendio, aggiunse, «Ross, mi dica il nome di un grande scienziato, specialmente di un fisico, calibro premio Nobel, che abbia una vera saggezza, e comprensione per il genere umano?… Integrità morale, ma anche ampiezza di visione e profondità di sentimenti.»

«È veramente una domanda difficile. Be'… c'è Drummond, c'è Stendhal… ma non possiamo definirlo un fisico… c'è Rosenzweig… ah, e naturalmente Morton Opperly.»

«Ecco il nome che volevo sentirle dire,» fece Margo.


Dai Davies cominciò a picchiare sui battenti della porta a vetri della piccola taverna, vicino a Portishead. Le ginocchia tremavano; il viso era di un livido pallore verdastro; i capelli erano arruffati, diritti e umidi; gli abiti erano grondanti… e le sue cadute lo avrebbero lasciato coperto di fango, se non avesse dovuto nuotare per compiere gli ultimi cento metri della sua ritirata attraverso la Manica.

E ormai era giunto alla fine della sua forza da ubriaco… se ci fossero volute altre dieci bracciate convulse, non sarebbe mai arrivato a riva, lo sapeva, non sarebbe mai uscito dalla selvaggia marea diluviale che risaliva schiumando e gorgogliando il corso della Severn. Aveva bisogno di alcol, di liquori, di birra!… come un ferito grave ha bisogno di una trasfusione.

Eppure, per chissà quale ragione, gli sporchi bastardi del Somerset avevano chiuso la porta e si erano nascosti… senza dubbio per contrariare lui, senza dubbio per pura crudeltà, odio dei gallesi e disprezzo dei poeti, perché quella non era l'ora di chiusura. Ma, per i patimenti di Cristo, lui avrebbe pensato a denunciarli alla polizia, per quella chiusura ingiustificata! Premette il viso contro le finestrelle a vetri della porta, per vederli rannicchiati nei loro vili nidi da topi, ma la sala oscura era vuota, le luci erano tutte spente.

Indietreggiò, barcollando, battendosi le braccia sul petto per trovare un po' di calore, e urlò raucamente, muovendosi lungo la strada:

«Dove siete, tutti? Venite fuori! Ehi, qualcuno… venite fuori!» Ma neppure un'anima si fece vedere, neppure una porta si aprì, neppure un viso arcigno di donna fece capolino da una finestra. Era solo, completamente solo.

Ritornò, tremando, alla porta del pub, appoggiò le mani a essa, per conservare l'equilibrio, riuscì a sollevare la gamba indolenzita, e scalciò con violenza, convulsamente. Tre pannelli di vetro si ruppero, e i frammenti caddero all'interno. Dai abbassò la gamba, poi si rannicchiò davanti alla porta, e infilò il braccio nell'apertura, cercando a tentoni… trovò la serratura, aprì il paletto, girò la maniglia, e la porta si aprì. Allora Dai entrò barcollando, senza più guardare la porta con i piccoli pannelli di vetro rotti, fece quattro passi verso il bancone, e si fermò, traballando, al centro della stanza; per poco non perse i sensi.

E poi, mentre se ne stava là, ansando, e i suoi occhi si abituavano alla penombra, un meraviglioso cambiamento avvenne in lui, e colmò tutto il suo corpo. D'un tratto, gli parve che il fatto di trovarsi là, da solo, fosse la cosa più bella del mondo; era il realizzarsi di un vecchio, vecchissimo sogno.

Non si preoccupò del lontano ruggito, dietro di lui, né si voltò a guardare, attraverso la porta rotta, il Canale che si avvicinava, a gradini sporchi, bassi, schiumosi. Aveva occhi soltanto per le bottiglie verdi e ambrate, dalle affascinanti etichette, disposte sui ripiani, dietro il bancone. Erano per lui come libri preziosi, fondi di ogni saggezza, amici dei solitari, una splendida biblioteca che poteva esser sempre assaporata e assaggiata, e della quale egli non avrebbe mai saputo stancarsi.

E, avvicinandosi a essi con amorevole deliberazione, con un largo, gioioso sorriso, cominciò sommessamente, con voce carezzevole, a leggere i titoli sui loro dorsi:

«Old Smuggler… di Richard Blackmore. Teachers, di C.P. Snow. The Black and the White, di Stendhal. White Horse, di G.K. Chesterton…»


Il generale Spike Stevens avanzava nella fredda acqua salata, oltre il pozzo dell'ascensore, dal quale l'acqua sgorgava con maggiore forza a ogni momento, facendo cigolare la porta di metallo. Una torcia elettrica, che aveva legata sul petto, brillava sull'acqua alta fino alla coscia, e su una parete decorata con scene di battaglie storiche. Altre tre lampade salivano dietro di lui «…come se fossimo dei maledetti malandrini di una commedia musicale,» aveva detto il colonnello Griswold.

Il generale cercò a tentoni, sulla parete, affondando le dita nella carta che la copriva, e aprì… mentre la carta si rompeva… una porticina di sessanta centimetri quadrati, che rivelava una cavità poco profonda, che conteneva soltanto una grossa leva nera.

Si voltò verso gli altri.

«Vedete,» disse, rapidamente, «Io conosco soltanto l'ingresso del condotto di uscita. Non so quale sia il punto di uscita, più di quanto lo sappiate voi, perché secondo i piani io non dovrei sapere dove siamo… e non lo so, infatti. Speriamo che ci porti in una torre, o qualcosa di simile, perché sappiamo di trovarci a circa sessanta metri di profondità, e che lassù, per qualche strano motivo, c'è dell'acqua salata. Capito? Bene, adesso apro.»

Si voltò, e abbassò la leva. Il colonnello Mabel Wallingford era in piedi, proprio alle sue spalle; il colonnello Griswold e il capitano Kidley si trovavano qualche metro più indietro.

La leva si abbassò di pochi millimetri, e si bloccò. Il generale fece forza, usando entrambe le mani, fino a quando non si trovò nell'acqua soltanto fino al ginocchio. Mabel si avvicinò, e strinse la leva a sua volta, e fece forza, combinando i suoi sforzi con quelli del generale.

Griswold esclamò:

«Un momento! Se è bloccata, significa che…»

La leva si abbassò di quindici centimetri. A un metro di distanza, la carta che copriva la parete si ruppe ad angolo retto, mostrando una porta larga sessanta centimetri e alta un metro e mezzo… e dalla porta uscì una nera massa d'acqua, che si rovesciò sul capitano Kidley e sul colonnello Griswold… Mabel vide affondare sempre più la lampada di Griswold.

L'acqua solida continuava a entrare, scorrendo impetuosa ai piedi del colonnello Mabel e del generale. L'uomo e la donna si aggrapparono alla leva.

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