CAPITOLO XXVIII

Il Vagabondo mostrava alla Terra la sua faccia di yin-yang per la quinta volta. Ormai per un giorno intero esso era rimasto sospeso nei cieli notturni della Terra. Per i meteorologi dell'Osservatorio Internazionale del Polo Sud, immersi nelle profondità della notte continua dell'inverno polare, il Vagabondo aveva compiuto un intero circuito del cielo senza sole, mantenendo sempre la stessa distanza dall'orizzonte di ghiaccio, e ora stava di nuovo sospeso nel punto in cui era comparso per la prima volta, sopra la Terra di Marie Byrd e la catena montuosa della Regina Maud. Grandi, verdi aurore boreali fiammeggiavano dalle nevi eterne, e scintillavano livide intorno.

Il pianeta straniero diede nuovi e potenti stimoli ad antiche credenze superstiziose, e a molte specie di manie.

In India, un paese che era sfuggito fino a quel momento ai tremendi terremoti, e aveva subito danni minimi per le maree, esso venne adorato da grandi congregazioni, in riti che duravano per tutta la notte. Alcuni lo identificarono nell'invisibile pianeta Ketu, finalmente vomitato dal serpente. I bramini lo contemplarono, calmi e pensierosi, e suggerirono che forse l'apparizione avrebbe segnato l'inizio di una nuova kalpa.

In Sudafrica esso diventò la bandiera della rivolta, in una sollevazione sanguinosa e trionfale contro i boeri.

Nei paesi protestanti, il Libro dell'Apocalisse venne letto e riletto in migliaia di Bibbie, che non erano state mai lette prima, e neppure sfogliate.

A Roma, il nuovo Papa, che era stato un astronomo tra i gesuiti, combatté ogni interpretazione superstiziosa degli eventi, mentre i paparazzi trovarono lenti e pellicole, per le loro macchine fotografiche, che permisero loro di fotografare divi dello schermo e altri notaboli intenti a gesticolare in direzione del Vagabondo, o fermi sullo sfondo del grande globo… mentre Ostia lottava contro le inondazioni, e le nuove maree del Mediterraneo risalivano il corso del Tevere.

In Egitto, una creatura felinide, atterrata con un disco volante, venne identificata come la benigna dea Bast da un teosofo britannico emigrato là, e il culto dell'adorazione dei felini ricominciò con nuovo vigore. Secondo il teosofo, lo stesso Vagabondo era il gemello distruttore di Bast: Sekhet, l'Occhio di Ra.

Ci fu una bizzarra eco di questo sviluppo della situazione a Parigi, dove due felinidi, ripetendo l'errore di Tigerishka, liberarono dal giardino zoologico tutte le tigri, i leoni, i leopardi e gli altri grandi felini. Alcune belve apparvero nei cafés della Riva Sinistra. Un'analoga liberazione avvenne al Tiergarten di Berlino, dove gli animali erano minacciati dalle acque alte.

Era strano, stranissimo pensare che Don Merriam stava dormendo comodamente nella sua piccola cabina, a bordo del Vagabondo, proprio come Paul stava saporitamente dormendo nel disco volante di Tigerishka.

Mentre il Vagabondo causava ondate di panico e psicosi collettiva, la sua improvvisa apparizione, e le catastrofi che l'avevano accompagnato, agirono in altri casi come una sorta di terapia di choc. Ci furono letteralmente delle esplosioni di sanità, nei reparti d'isolamento degli ospedali psichiatrici. Vedendo realizzarsi l'impossibile, e vedendo che anche i medici e gli infermieri ne erano terrorizzati, gli psicotici videro soddisfare allo stesso tempo qualche profondo bisogno inconscio. E le nevrosi, le psicosi e le neurosi private diventarono banali, per i loro possessori, di fronte alla follia cosmica che aveva turbato la Terra.

Su altri individui, il Vagabondo operò un cambiamento… donando una capacità dell'ultimo istante di vedere la verità, anche se non di lottare con essa. Quando Fritz Scher, ormai immerso fino alla cintola nell'acqua salata, guardò fuori della finestra, nell'Istituto delle Maree di Amburgo, verso l'aurora, le nubi si sollevarono un poco a occidente, come una tendina sollevata a metà, e dietro di esse il Vagabondo lo guatò minaccioso, diritto in volto. Le cose finalmente si chiarirono nella sua mente, quando un nuovo, possente gonfiarsi d'acqua lo sommerse, e lo trasportò via dalla finestra. Mentre egli si aggrappava inutilmente ai fianchi aerodinamici della macchina per la previsione delle maree, portato irresistibilmente dalla corrente, usò gli ultimi respiri per gridare e gridare e gridare questa frase: «Moltiplicate tutto per ottanta!».


Barbara Katz sentì muoversi un poco il letto, sotto di lei, mentre la buia stanza del terzo piano dell'albergo dondolava con l'edificio che la conteneva. Dominò l'impulso di balzare in piedi, e si fece ancor più vicina al vecchio KKK, poi allungo la mano sopra il corpo del vecchio, verso Helen, che riposava dall'altra parte. Un'ora prima il vecchio era stato scosso da un lungo brivido. Nel pomeriggio era stato il caldo a tormentarlo, ma ora, con le gelide acque dell'Atlantico che invadevano tutta la Florida, era il freddo il nemico peggiore.

Benjy, in piedi davanti alla finestra, con il volto rischiarato dal bagliore spettrale del Vagabondo, annunciò:

«L'acqua è sopra le finestre del primo piano, e la corrente è forte. Sta passando una casa da spiaggia. Sentito il colpo? Ci ha urtati.»

«Torna sulla tua branda, Benjy, e riposati un po',» chiamò Hester, dall'angolo. «Se questo posto parte, non possiamo farci nulla. L'acqua bussa per entrare, e tu non puoi dirle di stare fuori!»

«Io non ho la tua calma, Hes,» le disse Benjy. «Avrei dovuto restare sull'auto, assicurarmi che la tenessero in alto. Però adesso l'acqua sarà molto vicina.»

«Faranno meglio a non azzardarsi a muoverla!» disse Barbara, a bassa voce ma con intensità di sentimenti. «Quel parcheggio lassù era compreso nei cinquemila dollari che abbiamo pagato per questa camera.»

Dall'altra parte del vecchio KKK Helen disse, con un'ombra di risatina nella voce:

«Chissà se questi vampiri hanno ricordato di portare la cassaforte all'ultimo piano. Altrimenti adesso sarà spazzata via!»

«Zitta,» disse Hester. «Benjy, torna a letto.»

«E che attrazione c'è?» domandò lui, pensieroso, dalla finestra. «Helen è andata a dormire con il Vecchio, per contribuire a scaldarlo. E quel trucco di farina e cipria che la signorina Barbara mi ha messo sulla faccia mi dà il prurito.»

«Piantala di lamentarti, negretto,» gli disse Hester. «Io e Helen siamo passate, come infermiere, ma tu avevi bisogno di schiarirti un po'. Non ti cambia, ma ti giustifica. Mostra che tu cerchi di compiacere. Con questo, e una banconota da mille dollari, puoi andare dappertutto.»

Benjy disse:

«Il vecchio Vagabondo mostra di nuovo il mostro sulla faccia. Ruota molto in fretta.»

La stanza ballonzolò. Si udì uno scricchiolio di legno. Benjy annunciò:

«L'acqua è salita di un'altra spanna. Mi sembra che gli angoli si stiano muovendo.»

Helen si rizzò a sedere:

«Tu pensi che dovremmo…» cominciò, con voce tesa, ansiosa.

«Silenzio!» ordinò duramente Hester. «Tutti devono fare silenzio, ora, e stare calmi e distesi. Ci stiamo godendo cinquemila dollari. Benjy, avvertimi quando l'acqua ti arriva al collo… ma non prima. Buonanotte!»

Nel buio, Barbara pensò al circuito automobilistico di Sebring, a un miglio di distanza, e a tutti quei meravigliosi motori sepolti sotto l'acqua salata, con l'olio portato via dalla corrente. Oppure erano stati previdenti, ed erano partiti a tutta velocità verso nord, in una strana, multicolore corsa verso le montagne? Immaginò i missili e le astronavi sommerse, cento miglia più lontano, a Capo Kennedy.

Il vecchio KKK si lamentò debolmente, e borbottò qualcosa. Barbara accarezzò la guancia grinzosa e ispida del vecchio, ma lui continuò a borbottare. Le sue dita, che teneva vicino al petto, come se stesse pregando, si muovevano lievemente. Lei cercò, sotto il letto, allungando la mano, e trovò la bambola in sottoveste nera, e la posò sul petto del vecchio. Egli si calmò. Lei sorrise.

La stanza ondeggiò.


Sally Harris aveva indossato un pigiama incrostato di perle, un elegante indumento che aveva trovato nell'interessantissimo guardaroba della camera da letto adiacente a quella del signor Hasseltine. Jake Lesher si era drappeggiato in un abito di saia blu, che gli andava largo dappertutto, dandogli un aspetto un po' goffo. Erano seduti davanti al grande pianoforte, sul quale erano posate delle bottiglie di vino e due bottiglie di champagne.

La stanza era illuminata da ventitré candele… tutte quelle che Sally era riuscita a trovare… e da due torce elettriche. Dei drappi neri coprivano le finestre e perfino l'ascensore bloccato, e specialmente le porte-finestre del terrazzo.

Il silenzio filtrava, attraverso i drappi neri, raggelando le fiammelle delle candele, premendo sulle loro gole e sui loro cuori. Ma poi le dita di Jake scesero sulla tastiera, e scacciarono il silenzio con gli accordi di un'introduzione. Sally si alzò, barcollando un poco, e cantò con voce forte e chiara:


Oh, io sono la ragazza dell'Arca di Noè,

E tu sei il Re del Diluvio solo per me.

Il nostro amore non è grande come l'oceano,

O solo come il Monte Ararat laggiù…

Tu mi hai trovato un attico nel mare!

È proprio grande questo nostro amore.


Mentre Jake suonava altri accordi con la mano sinistra, allungò la mano destra, porgendo a Sally un foglio.

«Prova la seconda strofa,» le disse.

Sally diede un'occhiata al foglio.

«Accidenti, ci sono della parole impossibili. E come faccio a cantare delle macchie d'inchiostro?»

«Ho trovato quelle che tu chiami 'parole impossibili' in una fantasiosa 'lista di eccezionali oggetti celesti', in uno dei libroni del tuo ragazzo intellettuale. Dobbiamo mantenere il tema astronomico, per adattarci al nuovo pianeta.»

«Pianeta, accidenti. Se non fosse stato per Hugo, tu saresti a bagno. Chissà dov'è Hugo, adesso? Va bene, Jake, attacca.» E cominciò a cantare, tenendo il foglio davanti agli occhi:


Oh, io sono la ragazza dell'Arca di Noè,

E tu il Re delle Tempeste solo per me.

Il nostro amore non è grande solo come il sole,

O come Orione o Messier-31…

Tu mi hai dato per barca un grattacielo, amore!

È proprio grande questo nostro amore.


Jake la guardò, raggiante.

«Ci siamo, bambina! Un vero incendio!»

«Incendio? Sarà meglio,» gli disse Sally, allungando la mano verso il bicchiere. «Perché è probabile che lo metteremo in scena in un teatro un po' umido.»


Richard Hillary provava un bizzarro senso di esaltazione, mentre camminava agilmente sul lato di una strada umida e salmastra, diretta a ovest, a una imprecisata distanza da Islip. Sull'erba coperta di fango e spianata dall'acqua, poté vedere in quel momento due pesci argentei rimasti all'asciutto, e un gamberetto verdognolo che avanzava debolmente sopra un pezzo di stoffa nera, fradicia, lunga, che avrebbe potuto essere una toga universitaria. Guardando a sud, poté scorgere alcune delle grige torri di Oxford, e distinguere chiaramente il bruno segno della marea a metà di esse. Trattenne il respiro, sollevò le mani, e il suo passo successivo si trasformò quasi in un balzo, mentre la sua immaginazione lo faceva nuotare freneticamente tra le acque del Mare del Nord, o d'Irlanda, che erano state là cinque o sei ore prima.

Ritornò a camminare normalmente, facendo una risatina incerta, ma conservando quel bizzarro senso di esaltazione. A volte, naturalmente, l'orrida intensità dei contrasti offerti costantemente dalle tracce della marea era una prova eccessiva, soprattutto quando questi segni comprendevano dei corpi umani coperti di fango, o perfino cadaveri di cavalli e di cani. In questi casi la sua regola, e apparentemente quella della gente che marciava con lui, era, «Se non si muovono, distogli lo sguardo da loro in fretta.» Aveva dovuto invocare quella regola numerose volte, nell'ultimo miglio percorso. Finora, nessuna delle forme fangose e distese si era mossa.

Richard era stato fortunato; aveva trovato un passaggio per quasi tutto il tragitto dal campo in cui aveva dormito all'estremità opposta delle Chiltern. Era partito di notte, subito dopo avere visto l'est inondato, dietro di lui, ed era stato raccolto da una coppia a bordo di una Bentley, che veniva da Letchworth. Marito e moglie erano stati molto nervosi, pervasi dall'ansia di andare a prende il figlio rimasto a Oxford. Non avevano visto molto delle inondazioni, ed erano stati perciò inclini a minimizzare. Gli avevano dato un sandwich. Dopo qualche tempo, un gran numero di automobili era apparso gradualmente, e l'andatura era diventata lenta, e quando finalmente erano discesi sulla strada viscida e scivolosa, poco dopo l'alba, per entrare nella fangosa pianura di Oxford, nel bel mezzo di un ingorgo del traffico colossale, Richard li aveva ringraziati e se ne era andato a piedi. L'ingorgo era parso durevole, e Richard non aveva potuto sopportare le espressioni stordite, sofferenti, incredule dei loro volti.

Era necessario avere un piano d'azione, si disse in quel momento, marciando a buona andatura in mezzo a un nutrito gruppo di colleghi viandanti, accanto a un'altra doppia fila di auto infangate, che si dirigevano lentamente a occidente. Attraversarono il Cherwell, percorrendo un ponte affollato che si trovava a meno di mezzo metro dalla superficie di un impetuoso, schiumoso corso d'acqua. Si domandò se l'acqua fosse salata, ma non si fermò ad assaggiarla.

Si domandò, inoltre, se l'inondazione avvenuta in quel luogo la notte precedente fosse venuta dall'Estuario del Tamigi, o da cento miglia di distanza, dal Wash, attraverso le paludi e le lande, ruggendo sopra la distesa di terra tra Daventry e Bicester, o perfino giungendo attraverso delle brecce naturali dei Cotswolds dalla costa occidentale, dove le maree normali avevano una variazione massima di nove metri. Ma simili speculazioni non lo avvicinavano minimamente a un piano. Il sole cominciava a picchiare con maggiore violenza sulla sua schiena.

Si udì un ronzio sordo e martellante, e la folla, intorno a lui, si avvicinò ancor più alla strada, mentre un piccolo elicottero atterrava a cinquanta metri di distanza. Come pilota c'era una giovane donna, che indossava un camice bianco d'infermiera sporco di fango; costei scese a terra, e corse verso l'unica figura vivente che non si era allontanata dal rumore e dal vento delle eliche; un'altra giovane donna, seduta nel fango con un bambino tra le braccia. L'infermiera le prese il bambino, la fece alzare in piedi, e rapidamente l'accompagnò all'elicottero, facendola salire a bordo. Poi, senza dare alcuna risposta alle numerose domande che le venivano gridate dalla folla, rapidamente salì a bordo a sua volta, e l'elicottero decollò.

Richard scosse il capo, inquieto, e continuò a camminare. La vista di simili cose lo faceva sentire orribilmente solo, e non lo avvicinava a un piano d'azione.

Dopo qualche tempo, però, riuscì a formularne uno. Avrebbe raggiunto i Cotswolds prima della nuova ondata d'alta marea, sarebbe rimasto al riparo su una delle loro vette più alte, avrebbe attraversato la pianura della Severn per Jewkesbury, fino alle Malvern Hills, durante la bassa marea successiva, e finalmente avrebbe raggiunto, grazie a quello stesso procedimento a 'gradini', le Black Mountains del Galles, che avrebbero dovuto essere sicure, anche in vista delle alte maree successive. Lo stato precedente di esaltazione ritornò, sia pure in parte.

Naturalmente, sarebbe stato forse più saggio ritornare sulle Chiltern… quelle colline erano sembrate abbastanza sicure… o cercare le alture a est di Islip, ma si disse che quelle colline sarebbero state presto brulicanti delle orde di profughi che dovevano continuare a giungere da ovest, da Londra. Inoltre, detestava il pensiero di fermarsi da qualche parte, anche su di una vetta apparentemente sicura, ed essere costretto ad aspettare e a pensare. Era intollerabile… era necessario muoversi, muoversi sempre. E si prova una certa lealtà verso una linea d'azione appena elaborata con tanta fatica.

Finalmente parlò del suo piano (Cotswolds-Malvern Hills-Black Mountains) a due uomini più anziani, che camminarono accanto a lui per qualche tempo. Il primo disse che era del tutto privo di senso comune, l'elucubrazione di un pazzoide; il secondo disse che il piano avrebbe salvato mezza Inghilterra, e che doveva essere comunicato senza indugio alle autorità responsabili (costui agitò il suo bastone furiosamente, verso un elicottero che li sorvolava lentamente).

Richard fu completamentet disgustato di entrambi dopo pochi minuti, in particolare del secondo, e accelerò il passo, lasciandoli a discutere tra loro, con voce forte e tono collerico. Bruscamente, tutta la sua esaltazione era sparita, e si rese conto che il piano e i ragionamenti seguiti erano semplicemente le razionalizzazioni di un bisogno di fuggire a occidente, non più sensato delle folli migrazioni del lemming attraverso la Scandinavia, per gettarsi nell'Atlantico e trovarvi la morte. In effetti, si domandò, lo choc e il disorientamento, in lui e in tutti coloro che lo circondavano, non avrebbero potuto spogliare le loro menti deile patine di pensiero civile, e lasciar scoperto qualche oscuro nucleo cerebrale primitivo, che rispondeva soltanto al medesimo richiamo che i lemming potevano udire?

Continuò a camminare a passo veloce, però, tenendosi più vicino alla strada e cercando un posto libero su una delle automobili. Dopotutto, lemming o no, quello stupido piano era tutto ciò che aveva, e aveva ricordato in quel momento l'obiezione più forte che il primo uomo gli aveva fatto: cioè che per i Cotswolds mancavano ancora venti miglia.


Quando la marea del mattino invase il Canale di Bristol e risalì la Severn, portando con sé relitti di barche e travi di case, e boe strappate alle loro ancore, e pali del telegrafo seguiti da un corteo di fili, e case divelte, e i morti, giungendo assai più alta della notte prima, Dai Davies ritornò con essa, passando Glamorgan e Monmouth, girando e rollando come il marinaio fenicio annegato di T.S. Eliot, amorevole poeta gallese fino alla fine, a dodici metri di profondità.

Загрузка...