CAPITOLO XXXVII

Quando gli studiosi di dischi volanti raggiunsero l'incrocio, il problema della strada da prendere venne risolto dalle circostanze, senza che Hunter dovesse sforzarsi. Lo svincolo per Mulholland era bloccato da tre lunghe, lussuose automobili, semisepolte dal fango. I loro occupanti erano usciti, ed erano radunati in un gruppetto, probabilmente per discutere sulla direzione da prendere sulla Collinare di Santa Monica. Benché infangati come le loro auto, avevano l'aspetto di individui di lusso… probabilmente, milionari di Malibu.

Così, per raggiungere Mulholland ci sarebbe voluto del tempo, e Hunter aveva il presentimento che il tempo fosse molto scarso, per la sua piccola carovana di due veicoli, perché l'inseguimento dalla Valle e dalla Statale 101, dopo essere rimasto distanziato per qualche tempo, in un minaccioso fragore di spari e di clacson, ora si stava avvicinando.

La Collinare di Santa Monica, in quel punto, attraversava in linea retta tre quarti di miglio, sulle montagne centrali, annerite dagli incendi, delle alture di Santa Monica. La Corvette e il camion avevano coperto meno della metà della dirittura, quando due automobili sportive, cariche di occupanti, apparvero sull'ultima curva, seguite da altri veicoli. Hunter fece rallentare la Corvette, e fece segno al camion di procedere. Hixon ricordò le istruzioni, e gli passò accanto, a tutto gas. Hunter ebbe una fuggevole visione dei volti degli uomini sul retro: Fulby, Pop, Doddsy e Wojtowicz… e McHeath, vigile al suo posto di guardia, con l'unico fucile rimasto alla compagnia.

Le donne che erano sull'auto, insieme a Hunter, erano silenziose e nervose. Ann si stringeva al braccio della madre.

Poi egli ebbe un'altra fuggevole visione di facce, questa volta appartenenti alla gente di Malibu che era in piedi accanto all'auto di lusso, facce che avevano un'espressione sorpresa e addolorata, come se avessero voluto dire, «Ma che maniere, passarci davanti, a tutta velocità, senza neppure un cenno di saluto… e in questi momenti catastrofici, quando l'unione è d'obbligo!»

Hunter non augurò loro nulla di male, esattamente, ma sperò che essi distraessero e ritardassero un poco i pazzi teen-agers che li inseguivano dalla Valle. Quando udì uno stridere di freni, dietro di loro, e poi il rumore di uno sparo, fece una smorfia, che per metà era soddisfatta, per metà colpevole.

Il camion di Hixon stava scomparendo dietro la prima di una serie di curve a gomito che salivano verso una delle vette, una lunga serie di tornanti che Hunter ricordava dal viaggio del giorno prima. Corrugò la fronte, e andò avanti, con il sole verdognolo al tramonto davanti a lui, e cominciò a cercare una certa configurazione della strada che ricordava dal giorno prima.

La trovò alla seconda curva: un grappolo di enormi macigni, all'interno della curva a gomito. Frenò bruscamente, subito dopo le rocce, e scese a terra.

«La pistola a momentum!» domandò a Margo; la ottenne, e si arrampicò sul pendio ripido, annerito dal fuoco e pervaso da un odore acre, fino a quando non fu dietro i massi. Puntò la pistola contro di essi, e premette il pulsante. Per i primi due secondi, temette che i massi non sì muovessero, e che l'ultima parte della carica fosse sprecata per nulla, ma poi essi cominciarono a rotolare, cozzando rumorosamente tra loro, scesero rugghiando il pendio, e si abbatterono rovinosamente sull'asfaltoide.

Hunter scese di corsa, e guardò, attraverso la nube di polvere che si era sollevata, cercando di stabilire se fosse necessario un altro colpo, ma i massi bloccavano la strada alla perfezione.

Dall'alto venne un debole suono di applausi, e Hunter, voltandosi, vide il camion muoversi sulla strada, due tornanti più in alto. Ritornò di corsa all'automobile. Prima di restituire la pistola grigia a Margo, controllò la colonnina violetta, e vide che era rimasta ancora una piccola parte della sconosciuta energia. L'auto partì, ed egli sentì il rumore di una brusca frenata alle loro spalle, e uno scoppio di voci irate.

Ann disse:

«Ora quelle persone non potranno più usare la strada, vero?»

«Nessuno potrà usarla, cara,» le disse Rama Joan.

«O almeno lo speriamo,» disse Margo, con una punta d'ironia, dal retro. «È stato un buon lavoro, Ross?»

«Una muraglia impenetrabile,» le rispose lui, seccamente. «Ci vorrebbe una squadra di operai, e un argano, per smuovere alcune di quelle rocce.»

Ann insisté:

«Io volevo dire le brave persone che abbiamo sorpassato, quelli in piedi vicino alle loro macchine.»

«Loro avevano la loro strada, quella dalla quale sono venute,» le disse freddamente Hunter. «Hanno avuto la possibilità di far marcia indietro, e di usarla per andarsene. Se non l'hanno fatto, be', tutto sommato erano dei ricchi perdigiorno e degli stupidi.»

Ann si scostò un poco da lui, avvicinandosi alla madre. Hunter imprecò mentalmente contro se stesso, per avere mostrato simili sentimenti a una bambina. Doc non era stato così.

«Il professor Hunter ha fatto una cosa perfettamente giusta, Ann.» intervenne Wanda, con compiaciuta sicurezza, dal sedile posteriore. «Un uomo deve sempre pensare, per prima cosa, alle donne che sono con lui, e alla loro sicurezza.»

Rama Joan disse sommessamente ad Ann:

«Gli dei hanno sempre avuto dei problemi, sul modo di usare le loro armi magiche, cara. Questo ricorre in tutte le leggende.»

Hunter, con gli occhi fissi sulla strada che si snodava come un pericoloso serpente, avrebbe voluto dire a entrambe di fare silenzio, ma riuscì a tacere.

Passarono venti minuti almeno, prima che essi raggiungessero il camion. Hixon si era fermato all'imboccatura di un'altra strada laterale.

«C'è scritto 'Per Vandenberg',» annunciò, indicando un cartello, quando la Corvette si fermò accanto al camion. «Immagino che sia la strada diretta e più rapida per Vandenberg, attraverso le colline. Poiché immagino che sia quella la nostra destinazione, per trovare quell'Opperly e tutto il resto, credo che dovremmo andare di là. Ci risparmieremmo miglia e miglia di autostrada lungo la costa.»

Hunter guardò la strada laterale, che pareva in perfette condizioni, almeno per i primi metri… costruita di asfaltoide resistente, come quello della Collinare. Rifletté per qualche secondo.

Durante la pausa, un brontolio profondo, sommesso come un sospiro, passò in alto, proveniente da sud-est. Nessuno degli studiosi dei dischi volanti possedeva il vocabolario capace di tradurre quel suono nella sparizione, tre ore e mezzo prima, dell'Istmo di Rivas, di Don Guillermo Walker, e di José e Miguel Araiza.

Hunter scosse il capo e disse, a voce alta:

«No, continueremo per la Collinare. Abbiamo fatto questa strada ieri, e sappiamo che è in buone condizioni… non ci sono frane, né crolli, né altri pericoli. Una nuova strada è sempre un'incognita.»

«Sì?» fu il commento di Hixon. «Vedo che hai finalmente accettato il mio consiglio, usando la pistola gravitazionale per bloccare la strada a quei pazzi.»

«Sì, infatti,» fu l'unica risposta che Hunter riuscì a pensare, e non la pronunciò in tono benevolo.

«E poi c'è la marea, come mi ha ricordato Doddsy,» continuò Hixon. «Lungo l'Autostrada Costiera, dovremmo preoccuparci anche di quella.»

«Se arriveremo prima del tramonto, non ci saranno pericoli. La bassa marea è alle cinque,» gli disse Hunter. «Cioè, se le maree seguono il vecchio schema anche adesso… come abbiamo visto ieri.»

«Già… 'se',» disse Hixon.

«In qualsiasì punto della costa, quando la raggiungeremo, dovremo affrontare la marea,» lo rimbeccò Hunter. Aveva i nervi tesi. «Andiamo, allora,» ordinò. «Da qui andrò io in testa.»

Sedette al volante, e si avviò lungo la Collinare. Dopo qualche tempo Margo disse, in tono rassicurante:

«Hixon ti sta seguendo.»

«E gli conviene, accidenti a lui!» sibilò Hunter.


Da quaranta ore il Vagabondo sollevava maree sempre più alte, non solo nella crosta e nei mari della Terra, ma anche nell'atmosfera… una marea quattro volte maggiore di quella quotidianamente causata dal calore dell'atmosfera, riscaldata dai raggi solari. E inoltre, i vulcani e l'evaporazione dalle regioni invase dal flusso di marea enormemente ingigantito avevano dato un contributo senza precedenti alla formazione di condizioni atmosferiche eccezionali. Vortici immani si stavano formando nell'aria perturbata. Cicloni, uragani e tempeste si stavano formando. Nei Caraibi, sulle Celebes, e nel mare della Cina, e in una dozzina di altri punti nevralgici, il vento si stava alzando, come mai si era alzato sulla Terra prima di quel giorno.

La Principe Carlo stava audacemente navigando, spinta dai motori atomici, a sud-est del porto di Caienna. Nera sagoma che si stagliava sullo sfondo di un selvaggio tramonto, il Capo d'Orange annunciava al grande transatlantico il passaggio della foce del fiume Oyapock, e l'avvicinarsi della foce del Rio delle Amazzoni. Il capitano Sithwise mandò nuovi messaggi ai quattro comandanti ribelli, implorandoli di fare rotta per l'Atlantico del Sud, lontano da qualsiasi costa. Il messaggio venne accolto con risate di scherno.

In una delle regioni non ancora turbate dai venti causati dal Vagabondo, Wolf Loner cercava nella grigia cortina di nuvole e nebbia la sagoma di Capo Ann, o almeno lo scintillio del faro nella Rada di Boston. Sapeva che ormai la fine del viaggio era vicina, ma aveva notato nelle acque gonfie galleggiare relitti e strani rifiuti, e non aveva calcolato di essere così vicino a Boston. Comunque, non c'era altro da fare, se non tenere spiegate le vele e navigare.


Barbara Katz prese il piccolo telescopio, e salì sul tetto della Rolls in panne per esplorare le basse cime della foresta di rizoforee che si stendeva su entrambi i lati della strada stretta e fangosa e coperta di ogni sorta di detriti lasciati dal riflusso. Era rimasto solo il chiarore soffuso del crepuscolo, a illuminare la scena, il sole era già tramontato, e quel chiarore si rifletteva sulle nubi che si muovevano rapidamente in una grande processione, spinte da un freddo vento di sud-est. Il tempo era cambiato totalmente, negli ultimi venti minuti.

Hester sporse il viso dal finestrino, e mormorò: «La smetta di picchiare lassù, signorina Barbara. Il signor K è esausto, e quel po' di energia che gli rimane non dev'essere disturbata.»

Helen era inginocchiata, e porgeva gli attrezzi a Benjy, disteso sotto la macchina; Benjy stava cercando di liberare l'interno della ruota sinistra da un groviglio di pesante filo metallico che l'auto aveva raccolto chissà come, e aveva continuato ad arrotolarsi intorno alla ruota, rotolo su rotolo, come un bizzarro gomitolo, e che egli aveva notato solo quando era stato troppo tardi.

Benjy strisciò fuori della sua scomoda posizione, e sedette a terra, accanto a Helen, e dopo avere respirato affannosamente, riposando per un momento, scosse il capo e disse:

«Temo di non riuscire a liberare la ruota. Non ho le cesoie adatte, e quel filo è troppo solido. Deve essersi avvolto per duecento volte.»

Secondo Barbara, intenta a esplorare intorno, dal tetto della macchina, e occupatissima a muoversi il meno possibile per non disturbare il vecchio KKK, il prodigio era che Benjy fosse riuscito a rimettere in moto la macchina, dopo che essa era stata sommersa dalla marea, e che per un'ora avessero potuto avanzare, scivolando, schizzando fango, faticando, in direzione nord, prima che si fosse presentato quel nuovo inconveniente.

Hester si sporse dal finestrino e disse, seccamente:

«Sarà meglio che ci riesci, Benjy. Questa è la regione più bassa che abbiamo incontrato fino a questo momento, e quegli alberelli nodosi non servono a niente, vedi?»

«Hes, non credo di farcela. Almeno, non in meno di due o tre ore.»

«Ehi!» chiamò Barbara, dall'alto, con voce eccitata. «In fondo alla strada… a meno di un miglio… sì, vedo… sporge dalle cime degli alberi, sì, è un triangolo bianco! Credo che siamo salvi!»

«Ma a cosa può servirci un triangolo bianco, bambina?» domandò Hester.

«Benjy,» chiamò Barbara. «Credi di riuscire a preparare una barella per il signor K… o a trasportarlo a braccia per un miglio?»

«Be',» rispose lui, «Credo che sia l'unica cosa che non ho ancora fatto.»


Bagong Bung era immerso fino al polpaccio nella fanghiglia del fondo, olezzante di pesce, e stava scavando freneticamente con un badile militare dal manico corto. Di quando in quando abbassava il badile, per frugare nel fango e prendere qualcosa ricoperto di fango e di piccole dimensioni, che poi infilava, senza esaminarlo, in una borsa di tela, e poi proseguiva.

Aveva le gambe ricoperte di vesciche prodotte dalle meduse, e la mano sinistra era gonfia, là dove una conchiglia l'aveva punto, ma non prestava alcuna attenzione a questi piccoli danni, pur dedicando qualche istante, a volte, per affondare rabbiosamente il badile nel corpo di qualche verme dall'aria sinistra, o allontanare un granchio verde che si avvicinava troppo.

Stava scavando quasi al centro di una losanga dagli angoli netti, lunga ventuno metri e larga sei, incorniciata a intermittenza da legno annerito e marcio, incrostato di conchiglie e di formazioni coralline. Forse non si trattava della Lobo de Oro, ma certamente aveva l'aspetto del relitto di qualche vascello antichissimo.

A quindici metri di distanza, Cobber-Hume era curvo su un asse di plancia preso dalla Machan Lumpur, e stava furiosamente manovrando una pompa da biclicletta. La pompa era collegata a una scialuppa di salvataggio di colore arancio vivo, che era stata gonfiata già per un quarto. Due piccoli cilindri arancione, gettati da parte, erano del gas che avrebbe dovuto gonfiare la scialuppa senza sforzo, ma che non lo aveva fatto.

Ad altri quindici metri di distanza la Machan Lumpur era distesa sul fianco, e mostrava il fondo arrugginito e drappeggiato d'alghe.

Il sole appena spuntato proiettava lunghe ombre grottesche dai due uomini e dalla piccola nave, sul fondo esposto dal riflusso del Golfo del Tonchino, e illuminava il Vagabondo che stava tramontando a occidente, mostrando la faccia di toro, che Bagong Bung chiamava besar sapi… «la grande vacca».

Nubi stracciate stavano andando a nord, a folle velocità, sospinte da un vento che gemeva intorno alla coricata Tigre del Fango. Una ventata improvvisa colse alla sprovvista Cobber-Hume, ed egli barcollò e scivolò sulla non troppo stabile piattaforma di pompaggio.

Bagong Bung si fermò, con i gomiti sulle ginocchia, e ansimò. Poi gridò «Lekas, lekas!» in tono di rimprovero, rivolgendosi a se stesso, e ricominciò a scavare. La lama urtò l'angolo mangiato dal mare di un oggetto di ferro battuto, che avrebbe potuto essere l'angolo di un forziere, e questo lo spinse a lavorare ancor più intensamente.

Cobber-Hume gli gridò:

«Sarà meglio che tu smetta di cercare il tesoro nel fango, sobat, e che prenda un po' di cibo e d'acqua fresca lekas dalla Machan, o che mi dia una mano con questa maledetta pompa. Quando verrà la marea, sarà una maledetta cagna, e questo vento la farà venire più in fretta, e allora tutti i lupi d'oro del mondo non potranno aiutarci… e neanche un canguro di platino!»

Ma Bagong Bung riuscì solo a scavare e a scegliere, il grosso australiano a pompare, le nubi correvano sempre più fitte tra la Terra e il sole appena spuntato, e il vento sibilava intorno.


Barbara Katz gridò, più forte dell'ululato del vento: «Eccolo!»

Lo stesso lampeggiare livido che mostrò i rami più alti delle rizoforee agitarsi follemente, sul nero sfondo delle nubi gonfie, rivelò anche il triangolo bianco della prua di una barca a vela, che sporgeva, ad almeno quattro metri di altezza, tra due alberi dai rami quasi intrecciati.

Barbara spostò il pesante thermos nella mano sinistra, e la grossa torcia elettrica nella destra, e l'accese, camminando tra gli alberi verso la prua bianca. La luce mostrò l'ampia curva della chiglia, bloccata tra i rami più bassi di tre alberi.

Benjy posò sulla strada il vecchio KKK, avvolto nella sua coperta.

Hester ed Helen posarono le voluminose borse, e s'inginocchiarono ansiosamente accanto al vecchio.

Benjy si avvicinò a Barbara. Stava ansimando.

«Faccia luce… sullo scafo,» riuscì a dire.

Si aprirono un varco nel sottobosco, muovendo il raggio della torcia sullo scafo, prima da un lato, poi dall'altro. Barbara riuscì a distinguere il nome del battello: Albatros.

«Sembra che non ci siano falle,» disse Benjy, dopo qualche minuto di osservazione, parlando molto vicino all'orecchio di Barbara, per dominare l'ululato del vento. «Direi che l'albero sia stato tagliato netto, però, altrimenti l'avremmo visto. Credo che sia stato portato qui dalla marea. Forse è troppo stretto da quei rami, ma credo che possa disincagliarsi. Posso arrampicarmi sui rami, e portare con me questa, per farvi salire tutti.» Toccò il rotolo di corda che aveva avvolto intorno al petto.

Il vento diminuì un poco, e Benjy si mise le mani intorno alla bocca, a imbuto, e urlò:

«Ehi! C'è nessuno a bordo?»

La pausa di quiete nel vento durò per altri due secondi, poi, quando l'ululato tornò a farsi più forte che mai, Benjy disse:

«Mi è parso di sentire un lamento, lassù. Diverso da quello del vento.»

«Anch'io l'ho sentito,» replicò Barbara, battendo i denti… soprattutto per il freddo, volle convincersi. Diresse il raggio della torcia in alto. «Oh, mio Dio!»

Nel centro del raggio di luce sporgeva, sul fianco del battello, un visino furioso, con la bocca spalancata.

«È un bambino!» esclamò Benjy.

«Tienti pronto a prenderlo, Benjy,» disse Barbara.

«È un bambino!» esclamò Helen, che era arrivata alle loro spalle. Agitò la mano verso il visino piangente. «Resta lassù adesso, bambino! Non cadere. Arriviamo!»


Sally Harris e Jake Lesher indietreggiarono, quando la colonna d'aria mossa dalle grandi eliche li raggiunse, agitando i loro vestiti e costringendoli a socchiudere gli occhi, e agitando tutt'intorno la fiamma a carbonella che avevano acceso nella casseruola dell'arrosto, come segnale di S.O.S.

Era buio, ma l'aria era limpida, il cielo sereno, e i raggi di porpora e oro del Vagabondo che era spuntato mostrando la sua faccia di dinosauro scintillavano sulle piccole onde scure che lambivano quasi il pavimento dell'attico, e di quando in quando lo raggiungevano, coprendolo di un sottile velo di schiuma, ma il vento delle eliche respingeva la schiuma.

L'enorme elicottero nascondeva il cielo grigio, sopra le loro teste, e le eliche tracciavano circoli oscuri in esso.

Un bianca scaletta di corda scese ballonzolando verso di loro, e insieme a essa una voce potente, che annunciò:

«Ho posto solo per un altro!»

Jake afferrò la scaletta con una mano, e cercò Sally con l'altra, ma le fiamme li dividevano, e quando lei si avvicinò, urtò la casseruola, e il combustibile rovente sibilò sull'acqua e fiammeggiò, creando una tenda di nebbia e di luce che ricacciò indietro la ragazza. Un attimo dopo il fuoco si era spento, ma la scaletta stava già portando via Jake. Jake si voltò, afferrò il gradino più basso con entrambe le mani, e si calò giù. Toccò col piede il pavimento dell'attico, scivolò sul fondo viscido, e un attimo dopo, staccando le mani dalla scaletta, andò a finire contro la balaustra, e le piccole onde bianche lo coprirono di spuma.

L'elicottero si abbassò. Le onde si ritirarono dal vento delle eliche, che quasi le toccavano. La scaletta cadde dall'elicottero, e galleggiò sull'acqua increspata, come lo scheletro di un gigantesco millepiedi. L'elicottero prese quota e si allontanò verso nord, senza dire un'altra parola.

Jake si alzò in piedi, faticosamente, e seguì con lo sguardo le piccole luci di posizione che si allontanavano nel buio.

Sally si avvicinò, si fermò alle sue spalle.

«Perché hai lasciato andare la scaletta, Jake?»

«Avevo paura di rompermi le gambe, battendo contro la balaustra,» le disse, chiaramente disgustato di se stesso. «Non ho potuto dominarmi.»

Sally lo abbracciò.

Загрузка...