11

Fu solo quando si trovò a volare sopra l’Atlantico, diretto a ovest, che Carewe cominciò a rilassarsi. Per non svelare i propri movimenti, aveva preferito non pagare attraverso i canali normali, cioè attraverso la Farma. Aveva usato il suo credito-disco per i due voli da Kinshasa a Lisbona, e da Lisbona a Seattle. A Lisbona aveva tremato per un attimo, quando aveva scoperto che il biglietto costava più di mille neodollari: non aveva idea se il suo conto personale arrivasse a coprire quella cifra. Però il computer non aveva fatto obiezioni, e solo allora gli era tornato in mente che quel mese il valore del neodollaro era straordinariamente alto rispetto all’escudo.

Uno degli effetti collaterali dell’immortalità era stato la necessità di ristrutturare i sistemi monetari del pianeta. Anche senza tener conto dell’aumento di produttività, il reddito medio di un individuo negli Stati Uniti (stimato sui cinquemila dollari alla metà del ventesimo secolo e proiettato a un tasso di sviluppo minimo del 2,5 per cento) avrebbe raggiunto, nel giro di tre secoli, un tetto di più di otto milioni di dollari l’anno. L’avvento della biostasi, che permetteva a tutti di sfruttare al massimo le risorse naturali e le capacità cerebrali, aveva portato l’aumento annuo di produttività nell’ordine del dieci per cento, per cui erano diventati prevedibili redditi annui di un miliardo di dollari. Per impedire che il dollaro si trasformasse in un’unità di misura priva di significato, il suo valore veniva fissato in base a una percentuale costante del prodotto nazionale lordo, calcolato di mese in mese. Gli altri Paesi avevano adottato misure simili grazie ad accordi internazionali, ed era stata creata anche una riserva monetaria delle Nazioniunì, per assorbire le eventuali disparità fra le monete dei diversi Paesi.

L’aereo stava scendendo negli strati più densi dell’atmosfera, quando Carewe, affondato nel sedile, fece una strana scoperta. Aveva volato per qualcosa come ottomila chilometri senza immaginare nemmeno una sola volta la possibilità di un incidente. I pericoli di un disastro aereo erano niente se paragonati alle esperienze vissute a terra negli ultimi due giorni, eppure era sopravvissuto. Si era trovato in situazioni in cui la sua vita dipendeva solo dalle sue capacità, e le aveva affrontate con successo. Quel pensiero lo riempì di un gelido stupore che non l’abbandonò nemmeno quando sbarcò a Seattle. Viaggiando da est a ovest, aveva guadagnato tempo: a Seattle era ancora pomeriggio. Riuscì a prendere un volo locale che lo depositò a Three Springs al tramonto.

Gli edifici coloratissimi si stavano facendo bui. Finestre e pareti a specchio riflettevano il colore verderame del cielo. Il mondo aveva di nuovo un aspetto caldo, familiare. La sensazione di pericolo che Carewe avvertiva diminuì d’intensità. Adesso gli sarebbe bastato scoprire che Athene lo aspettava a casa, e l’interludio africano sarebbe svanito come un sogno. Al garage dell’aeroporto si fece consegnare la sua pallottola e guidò lentamente verso casa. La bolla era buia, come lui immaginava già; ma, vedendola, ammise con se stesso di aver segretamente sperato nel ritorno di Athene. Entrò, accese le luci. Athene aveva messo tutto in ordine prima di partire: sembrava che lì dentro nessuno avesse mai vissuto. L’aria era fredda, sterile.

“Come ho potuto permettere che succedesse?” Carewe era sconvolto dalla propria stupidità, dall’assoluta mancanza di tatto con cui aveva affrontato le circostanze; Una volta che l’E-80 gli era entrato in corpo, avrebbe dovuto chiamare Barenboim e lasciare che fosse lui a convincere Athene della verità. Invece, aveva sacrificato il proprio matrimonio per proteggere gli interessi della Farma, e il sacrificio era stato inutile, perché qualcun altro sapeva dell’E-80, o almeno sospettava. Carewe era stanco, e il suo polmone sinistro sbuffava come se avesse corso; ma decise di andare da Athene, per sistemare le cose. Se necessario, l’avrebbe portata da Barenboim; però esisteva un modo più semplice e infinitamente più piacevole di dimostrarle che era ancora un maschio attivo…

Raggiunse il comunicatore, diede il numero della comune in cui viveva Katrina Targett, la madre di Athene, ma poi annullò la chiamata prima di avere la linea. La comune distava poco più di quindici chilometri. Poteva arrivarci in qualche minuto. Erano trascorsi più di due anni dall’ultima volta che c’era stato, ma riuscì a impostare, sull’orientatore della pallottola, i numeri delle coordinate dell’edificio. L’orientatore gli disse, man mano che procedeva, quali strade imboccare. Le tenebre erano fitte quando si fermò davanti alla comune. Era un edificio a due piani, del tipo standard concesso alle donne che volevano vivere assieme in gruppo. Esistevano appartamenti singoli per le donne con figli piccoli, e per chi decidesse di unirsi per un po’ a un maschio, ma gli altri aspetti della vita in quel luogo erano in buona parte comunitari. A Carewe la comune non piaceva, probabilmente perché sua madre aveva continuato ad abitare in un appartamento singolo dopo che suo padre era partito in cerca di nuove avventure.

La porta era aperta. Entrato nell’atrio rettangolare, trovò una ragazza bruna e snella, apparentemente sui venticinque anni, intenta a curare un giardino. Sembrava quasi la madre di Athene; ma Carewe, pessimo fisionomista, non ne era sicuro.

— Signora Targett? — Le si avvicinò. — Siete la madre di Athene?

Lei lo fissò sorridendo, ma il sorriso non riuscì a nascondere la freddezza del suo sguardo quando la donna notò la faccia glabra di Carewe. — No.

— Scusatemi. Mi sembrava che foste…

— Una della famiglia? — La sua voce era profonda e calda. — Infatti. Sono la nonna di Athene. E voi chi siete?

— Will Carewe. Non sapevo…

— Oh, qui risaliamo fino alla quarta generazione. I Targett hanno un forte spirito di clan, anche se è un po’ fuori moda. — La donna lasciò cadere un seme nella terra umida e vi puntò sopra un proiettore biotrofico, poi rimase a guardare con aria critica lo stelo che usciva dal terreno, coprendosi subito di foglie e boccioli.

— È… molto bello — disse Carewe, impacciato. In realtà, gli aveva sempre ripugnato l’idea di figli che restavano attaccati a madri che a loro volta erano figlie attaccate alla propria madre, e così via. In certe comuni vivevano otto generazioni di donne, che a lui sembravano solo una serie infinita di bamboline contenute l’una nell’altra, — L’unità familiare può essere ancora importante.

— Sì. — La donna, che non si era nemmeno presentata per nome, spense il proiettore. Si chinò a studiare il fiore, sbuffò di disgusto e lo strappò dal terreno. Poi lo lasciò cadere ai suoi piedi. Le radici pallide del fiore si agitarono debolmente, come vermi. — L’ho fatto troppo alto. Quando non mi concentro, li faccio troppo alti.

— Mi spiace. Carewe restò a guardare le radici che continuavano a muoversi. La donna spostò un comando del proiettore e lo puntò di nuovo sul fiore. La piantina si annerì e scomparve, restituendo alla terra i propri componenti. — Ci vuole un sacco di lavoro e di pazienza per il giardinaggio, vero?

— Se è una cosa che non approvi, Will, e capisco benissimo che non l’approvi, dovresti dirlo apertamente…

— Chi ha detto che non l’approvo? Carewe rise, senza riuscire a essere troppo convincente; guardò il terreno, e chissà perché gli tornò in mente la rana che aveva salvato nel parcheggio della Farma.

La donna aspirò rumorosamente. — Be’? Dov’è Athene?

— È quello che volevo chiedere a voi.

— E io come faccio a saperlo, Will? È partita da qui ieri, appena ricevuta la tua telefonata. — La donna si rialzò e osservò attentamente la faccia di Carewe. — Vuoi dire che non è…

— Ieri ero in Africa — disse lui, cupo. — E non ho telefonato a nessuno.

— Allora Athene dov’è?

Carewe non sentì quasi quelle parole, ma l’interrogativo continuò a perseguitarlo per tutto il viaggio di ritorno a casa.


Un’ispezione meticolosa Alla casa non gli offrì il minimo indizio. Non riuscì nemmeno a decidere se il giorno prima Athene fosse tornata lì. Non c’erano né messaggi registrati, né biglietti. Niente. Di nuovo senza fiato, Carewe corse al comunicatore e diede il numero della sede centrale della Farma. Gli apparve davanti, sospesa in aria, la proiezione tridimensionale di un’immagine elettronica: l’archetipo della segretaria tradizionale, creata artificialmente dal computer.

— Sono spiacente — disse l’immagine con voce allegra, — ma l’orario d’ufficio è terminato, e per oggi il personale della Farma Corporation ha cessato il lavoro. Saranno di nuovo a vostra disposizione domattina, dalle nove e trenta in poi.

— Debbo parlare di questioni urgenti col signor Barenboim.

— Vi assisterò nei limiti del possibile. Avete un codice di priorità?

Carewe diede il codice di priorità, volutamente complicato, che tutti i dirigenti della Farma conoscevano a memoria e che serviva per le comunicazioni d’emergenza. La segretaria, una visione nella mente del computer, annuì dolcemente. — Il signor Barenboim sarà a casa del signor Emmanuel Pleeth all’incirca fino a mezzanotte. Devo passarvi la linea? — Carewe spense il comunicatore, e l’immagine, delusa, svanì in una nube di luce. Carewe, d’istinto, aveva pensato di chiamare Barenboim, ma se la presunta scomparsa di Athene aveva a che fare col progetto dell’E-80, bisognava usare la massima cautela. Era difficile tenere sotto controllo le linee di comunicazione, ma Carewe era sicuro che si potesse fare.

Tornò alla sua pallottola. Ormai aveva imparato a camminare a una buona velocità, con un passo un po’ storto e irregolare, senza che il polmone destro gli saltellasse dentro il petto. Si sentiva le gambe deboli: praticamente non mangiava da due giorni. Non era mai stato a casa di Pleeth, per cui aveva solo una vaga idea di dove si trovasse, ma diede l’indirizzo all’orientatore della pallottola, e l’orientatore gli consigliò il percorso più breve. Mezz’ora dopo, superava i cancelli di una villa, circa dieci chilometri a nord di Three Springs. L’edificio era basso, costruito in pietra vera. Una luce calda usciva dalle finestre e scivolava lungo i prati a terrazza. La vegetazione foltissima, il tepore innaturale dell’aria gli fecero capire che l’intero appezzamento di terreno era protetto da un impianto di controllo ambientale. Sceso dalla pallottola, Carewe si guardò attorno sbalordito, respirando quell’aria profumata. Era prevedibile che il vice-presidente della Farma guadagnasse parecchio; ma fino a quel momento Carewe non aveva capito in quale lusso potesse vivere Pleeth, l’uomo dal sorriso imperscrutabile. Superò il patio. Stava per raggiungere l’ingresso, quando la porta si spalancò. Barenboim corse fuori, le mani protese verso Carewe, mentre la faccia enigmatica di Pleeth scrutava dalla soglia.

— Devo parlarti, Hy. — Carewe notò la sollecitudine esagerata di Barenboim, capì che l’altro stava recitando a suo esclusivo beneficio, ma non riuscì a spingersi più oltre nell’analisi del comportamento di un uomo vecchio di due secoli.

— Certo. Entra, vieni a sederti. — Barenboim gli afferrò il braccio e lo spinse avanti, mentre Pleeth si spostava in silenzio. — Mi è giunta notizia che in Africa sei stato ferito e ricoverato in infermeria, poi ho saputo che sei scomparso. Eravamo preoccupati. — Entrarono in una stanza grande, piena di libri. Chiazze di luce soffusa illuminavano i mobili di legno. Sul tavolo al centro c’era un piccolo mappamondo. Carewe si lasciò cadere in una comoda poltrona, davanti a un fuoco che scoppiettava nel camino e che sembrava molto vero.

— Io non sono scomparso — disse. — Però è scomparsa mia moglie.

— Al giorno d’oggi, una donna non può sparire, Willy. Si lasciano sempre dietro una traccia di prelievi di crediti nel…

— È una faccenda seria — scattò Carewe, e scoprì, sorpreso, che il timore reverenziale che Barenboim gli ispirava era svanito completamente.

— Certo, Willy. Non intendevo… — Barenboim lanciò un’occhiata a Pleeth che, immobile in un angolo della stanza, ascoltava attentamente. — Forse sarà meglio che mi racconti cos’è successo.

— Qualcuno ha cercato di uccidermi, e adesso Athene è scomparsa. — Carewe s’interruppe un attimo, osservò la faccia di Barenboim, poi raccontò gli avvenimenti degli ultimi due giorni.

— Vedo — disse Barenboim, alla fine. — E tu pensi che c’entri in qualche modo l’E-ottanta?

— Tu cosa ne dici?

La faccia di Barenboim era una maschera di preoccupazione. — Mi dispiace ammetterlo, Willy, ma sono portato a darti ragione. Si tratta esattamente del tipo di cose che abbiamo fatto del nostro meglio per evitare.

— Ma… — Carewe si era cullato nella speranza che l’altro rifiutasse la sua teoria. — Se qualcuno ha rapito Athene, cosa ne sarà di lei?

Barenboim si avvicinò a una credenza, versò da bere. — Se per caso credi che possano farle del male, scordatelo. Le ricerche che interesserebbero a uno specialista della biostasi devono per forza svolgersi su un soggetto in buona salute.

— Che tipo di ricerche?

— Va bene il whisky? — Barenboim gli passò il bicchiere.

— Manny potrebbe essere molto più preciso di me; comunque, fondamentalmente potrebbero volersi assicurare che il feto si sviluppi in modo normale. È un lato molto importante. Hai mai sentito parlare del tali domide?

— Ah… no.

— Poi c’è il problema dell’ereditarietà. Ammettendo che tuo figlio sia maschio, la sua struttura cellulare e i meccanismi di riproduzione biochimica saranno quelli di un mortale o di un immortale? Può anche darsi che i figli di un immortale trattato con l’E-ottanta, cioè di un immortale attivo,siano inattivi dal punto di vista sessuale.

— Non mi sembra che questo cambi molto le cose — disse Carewe, impaziente.

— Forse no. Sto semplicemente cercando di darti un’idea dei motivi che potrebbero spingere una ditta concorrente a studiare tua moglie. Sono tutte cose che anche noi vogliamo sapere. Il punto è che Athene sarà perfettamente al sicuro finché non riusciremo a trovarla e a riportartela.

— Giusto! — Carewe bevve d’un fiato il liquore e si alzò. — Mi metto subito in contatto con la polizia.

— Credo che non sia il caso — disse Barenboim, e Pleeth si agitò, irrequieto, nel suo angolo.

— Perché?

— Sarò franco circa la nostra posizione, Willy. Tu sei un tipo molto deciso, non potrei certo raccontarti bugie. Se la polizia entrasse in scena a questo punto, entro domani mattina il mondo intero saprebbe dell’esistenza dell’E-ottanta. Certo, è una scoperta che vogliamo regalare al mondo, però non possiamo permetterci che i nostri concorrenti ci derubino dei frutti del…

— E intanto, migliaia di uomini si fanno disattivare ogni giorno — lo interruppe Carewe, con rabbia. Stava pensando ai primitivi che aveva evirato a viva forza.

Barenboim si strinse nelle spalle. — Sempre meglio che crepare… Però non mi hai lasciato finire, Willy. Tu hai tutti i diritti di rivolgerti alla polizia, e io non mi sognerei mai di impedirtelo, anche se la Farma ne sarebbe estremamente danneggiata; ma posso proporti un’alternativa.

— Ti ascolto.

— Secondo me, un investigatore privato davvero in gamba riuscirebbe a trovare tua moglie molto prima di una squadra di poliziotti bene intenzionati ma confusionari, e così ne usciresti meglio tu e ne uscirebbe meglio la Farma. Conosco l’uomo giusto per un lavoro del genere, e sono pronto a chiamarlo subito. Ti chiedo solo una settimana per tentare di risolvere la faccenda a modo mio. Dopo di che, se non otterremo risultati, potrai chiamare la polizia. Che ne dici, Willy?

— Be’… — Guardando quella faccia intensa, preoccupata, Carewe provò di nuovo, per un attimo, la sensazione di essere manipolato, ma dovette riconoscere che gli argomenti dell’altro erano validi. — Sei sicuro che il tuo detective sia il migliore nel suo campo?

— Il migliore in assoluto. Lo chiamo subito.

— In questa stanza non ci sono terminali del comunicatore — disse Pleeth, aprendo bocca per la prima volta. — Ho un apparecchio nell’altro salotto, da questa parte.

— Ecco il guaio dell’architettura moderna. Tutta apparenza e niente sostanza — sospirò Barenboim. — Intanto che noi telefoniamo, versati ancora da bere, Willy. Sono sicuro che al padrone di casa non dispiace, vero, Manny?

Quando i due si furono allontanati. Carewe si versò da bere, e assaporò il liquore dal sapore pieno. Poi raggiunse il tavolo, studiò il mappamondo. Era piccolo, circa delle dimensioni di un’arancia, sorretto da una serie di complicate sospensioni e sormontato da lenti. La disposizione delle terre era completamente sbagliata. Guardando più da vicino, scoprì che era tutto alla rovescia, come visto attraverso uno specchio. Sulla superficie del globo erano stampate migliaia e migliaia di nomi, troppo piccoli per poterli leggere a occhio nudo. Osservando la base di supporto, vide due file di bottoni contrassegnate dalle scritte “latitudine” e “longitudine”. Impressionato da quell’oggetto così sofisticato, toccò un bottone rosso più grande degli altri. Sul mappamondo erano già impostate delle coordinate. Un fascio di luce uscì dalle lenti.

Carewe guardò la parte di mappamondo proiettata sul soffitto. Bevve un altro sorso, ma il liquore parve perdere ogni sapore quando si accorse che al centro della mappa luminosa si trovava la città africana di Nouvelle Anvers. Per qualche ragione, Barenboim e Pleeth stavano studiando proprio la minuscola porzione di continente in cui lui per poco non aveva perso la vita.

Spense il proiettore e si risedette in poltrona, ansioso di apparire perfettamente tranquillo prima che gli altri due tornassero.

Загрузка...