Lucas si sentì sollevato al risveglio, trovandosi immerso in quella luce particolare, color miele, che, secondo lui, il sole diffondeva soltanto nelle mattine dei week-end. Di quell’effetto speciale, Hutchman dava una spiegazione oggettiva: erano i cinquanta milioni di inglesi, consapevoli che era sabato, a influenzare il tempo con la forza del pensiero. E gli stessi cinquanta milioni creavano un mantello telepatico di piacere visto che la settimana lavorativa era finita. Hutchman, comunque, era contento di non dover andare in ufficio perché doveva spedire le lettere destinate ai paesi più remoti del mondo. Aveva deciso di suddividerle in gruppi e di imbucarle in cassette diverse, sparse in una zona percorribile nel giro di una giornata. L’area era limitata alla parte sud orientale del paese. Indubbiamente avrebbe fatto meglio a recarsi direttamente in Scozia, ma la zona scelta comprendeva quasi metà della popolazione. D’altra parte, una persona residente nel nord avrebbe scelto di proposito la zona di sud est, per sviare le indagini.
Hutchman scese dal letto e, suo malgrado, andò a guardare nell’altra camera. Vicky dormiva nella semi oscurità delle tende. Richiuse la porta, andò in bagno e si lavò in fretta. Non c’era ragione di pensare che Vicky fosse rimasta fuori tutta la notte, ma la parte di lui che non si arrendeva alla realtà si calmò nel vedere la moglie in casa. Infilò maglia e pantaloni e portò le buste sulla macchina, chiuse nella sua borsa. Prima di andarsene, diede un’occhiata alla stanza di David e rimase a guardare, turbato, il ragazzino che dormiva in una posizione bizzarra.
C’era, in mattinata, ancora poco traffico e Hutchman si diresse a ovest, deciso a imbucare il primo gruppo di buste soltanto a Bath. Un’eventuale inchiesta su vasta scala, riguardante la spedizione delle lettere, avrebbe preso l’avvio da alcuni dati sicuri, per esempio l’ora indicata dal timbro postale, e Hutchman voleva evitare a tutti i costi di compiere un percorso circolare che avesse Crymchurch come punto di partenza. Guidava veloce, con estrema attenzione, senza ascoltare la radio, finché nel notiziario annunciarono che si erano interrotti i contratti tra l’Organizzazione Soccorsi Damasco, di formazione recente, e un gruppo di organismi tradizionali, come l’UNICEF. Un certo signor Ryan Rhodes, presidente dell’OSD, aveva rilasciato una pubblica dichiarazione spiegando che i contributi postali diretti alla sua organizzazione erano andati in favore di altri fondi, con la connivenza delle autorità. Hutchman dubitava della legittimità della protesta ma, in quell’attimo, gli venne in mente che, riguardo al suo progetto, usava troppo il servizio postale di Sua Maestà. Come ogni buon inglese medio, aveva una fede innata nelle istituzioni sul tipo delle poste, però, come cittadino intelligente della fine degli anni settanta, si rendeva conto che ormai nessun governo, neppure quello di Elisabetta II, obbediva più a un codice di norme.
Un sudore freddo gli imperlò la fronte. Aveva un fascio di buste indirizzate a statistici, fisici e direttori di giornali scientifici sovietici, ma cosa sarebbe successo se, in Gran Bretagna, la posta diretta in Unione Sovietica veniva censurata? Era possibilissimo leggere una lettera senza aprirla. Hutchman allentò la pressione del piede sull’acceleratore, mentre pensava alle conseguenze dell’idea che gli era balenata in mente. Se davvero esisteva un controllo del genere, la prima conseguenza era che la grande caccia all’uomo sarebbe cominciata qualche giorno prima del previsto. La cosa, in sé, non era poi tanto disastrosa, ma le conseguenze sarebbero state ben più gravi se nessuna busta indirizzata all’Unione Sovietica fosse giunta a destinazione. Il suo sistema dipendeva completamente dal fatto che tutte le potenze nucleari fossero al corrente dell’ultimatum del 10 novembre. Se l’anti-arma di Hutchman fosse stata usata unilateralmente si sarebbe trasformata, automaticamente, in un’arma. Anche così, avendo scelto un ultimatum vicinissimo, le grandi potenze erano già in difficoltà: dovevano far fuori in tempo il loro arsenale di armi nucleari.
Mentre procedeva, lentamente tenendosi tutto sulla destra, Hutchman scoprì, sorpreso, un’immagine femminile profilarsi ai suoi occhi. Era una faccia bruna, con il labbro inferiore sporgente, marcato dal rossetto di un rosa gessoso. Una faccia amorale, intelligente. Era la faccia di Audrey Knight! Subito la ricordò chiaramente: era una biologa che Hutchman aveva conosciuto all’università. Più tardi, l’aveva notata diverse volte alla mensa dell’Istituto Jeavons, durante le rare pause nella costruzione della macchina. Recentemente, e a questo punto un nodo di eccitazione lo prese allo stomaco, aveva letto qualcosa su di lei nel Bollettino di Informazioni dell’I.J. Era in partenza per Mosca, per un seminario DNA!
Si sforzò di ricordare la data esatta della partenza, ma non ce la fece. Anzi, forse la Knight era già partita. Ma, se la biologa avesse accettato, in quanto membro di una missione scientifica accreditata, di portare con sé una busta, indubbiamente la lettera avrebbe superato senza rischi le barriere doganali e di sicurezza. E se gliene consegnava una destinata a un giornale, non sarebbe stato difficile inventare una spiegazione in modo da soddisfare la sua curiosità. Nel caso che la scienziata fosse già partita, doveva cercare un’altra soluzione. Comunque, valeva la pena di accertare come stavano le cose.
Il prossimo centro era Aldershot. Hutchman accelerò, e poco dopo si lasciava alle spalle tutti gli edifici militari che si stendevano, per miglia e miglia, ai due lati della strada. Si fermò a una cabina telefonica vicino alla città e chiamò Roger Dufay, il funzionario stampa della Westfield, che era anche giornalista scientifico indipendente e collaboratore del bollettino I.J. Il telefono suonò a lungo, e finalmente Dufay rispose.
«Salve, Roger!» Hutchman si sforzava di apparire cordiale e distaccato. «Mi spiace disturbarti a casa, ma non so chi potrebbe darmi quest’informazione, oltre te.»
«Non ti preoccupare» Dufay era gentile, ma prudente. «Cosa vuoi sapere?»
«Dovrei trovare qualcuno diretto a Mosca per un seminario sul DNA, ma temo che sia troppo tardi.»
«Mmm. Non lo so. Come si chiama?»
Hutchman esitò un momento. Avrebbe potuto dare un nome falso, però Dufay era uno di quei tipi spaventosamente informati, capace di recitarti a memoria tutti i nomi della delegazione britannica. «È Audrey Knight.»
«Sei un vero diavolo, Hutch. Stanno così le cose, eh?»
«No, Roger.» No, anche tu, no!, pensava lui, stanco. «Ti pare che verrei a raccontarlo a te?»
«Non ce n’è affatto bisogno, mio caro. Non per niente chiamano Audrey la bici del Jeavons. Sei proprio un diavolo.»
«Senti, Roger, sai quando parte la delegazione inglese? Avrei piuttosto fretta.»
«Lo credo. Aspetta un momento.» Ci fu una pausa, durante la quale Hutchman si piegò sulle ginocchia per avere la faccia davanti allo specchio della cabina. Si era fatta più affilata, adesso la linea della mascella risaltava netta e, per la prima volta da anni, si accorse che si era dimenticato di farsi la barba. «Pronto, Hutch. Partiranno in aereo da Gatwick domani pomeriggio. Se vuoi arrivare prima dei commissari, sarà bene che ti trovi sul posto stasera e…»
«Grazie, Roger.» Hutchman posò il ricevitore e partì alla ricerca delle poste centrali di Aldershot. Arrivato, sfogliò le guide telefoniche delle zone di Camburn e di Crymchurch, e finalmente trovò il nome che cercava: Knight Audrey, 11, Moore’s Road, Camburn, 3436. Copiò il numero su un foglietto e, in preda a una subitanea apprensione, fece immediatamente il numero.
«Qui parla Audrey Knight.» Aveva risposto immediatamente, prima ancora che il telefono finisse di squillare, prendendolo alla sprovvista.
«Pronto, Audrey» era costretto a cercare le parole. «Ti ricordi di me? Sono Lucas Hutchman. Eravamo assieme a…»
«Lucas Hutchman!» la sua voce era stupita, ma contenta. «Certo che me ne ricordo! Ti ho visto di recente al Jeavons, ma non mi hai rivolto la parola.»
«Non ero sicuro che mi riconoscessi.»
«Be’, senza neanche salutarmi non hai certo aiutato la mia memoria, ti pare?»
«Temo di no.» Hutchman si accorse di diventare rosso e, senza eccessivo stupore, si rese conto che tra lui e quella donna praticamente estranea si era stabilito, nel giro di pochi secondi, una specie di contatto sessuale. «Mi lascio sempre scappare le buone occasioni.»
«Davvero? E allora perché mi hai telefonato? O sono troppo sfacciata?»
«Mi chiedevo…» Hutchman deglutì. «Lo so che è un po’ indiscreto da parte mia, ma chissà se puoi farmi un piacere.»
«Spero di sì, ma ti avverto che domani parto per Mosca, e tornerò soltanto fra tre settimane.»
«Ti telefono appunto per il tuo viaggio a Mosca. Ho un articolo sulla radiazione a micro-onde che vorrei far avere al direttore del Soviet Science al più presto. Naturalmente potrei spedirlo, ma ha l’aria così sospetta, come tutti gli scritti di matematica e ci sono tanti di quei censori, revisori, eccetera, che ci vorranno mesi prima di uscirne fuori, e allora…»
«Vuoi che lo consegni a mano? Sarei una specie di Trans-Siberiana, insomma.» Audrey rise allegramente, e Hutchman capì al volo di aver superato l’ostacolo.
«No, non è necessario» la rassicurò, pieno di gratitudine. «Te lo metto in una busta con l’indirizzo. Basta che tu lo infili in una buca o in quello che c’è al posto delle buche, laggiù.»
«Sono ben contenta di farti questo favore, Hutchman, ma c’è una difficoltà.»
«Quale?» Hutchman si sforzò di nascondere il disappunto.
«Io non ho ancora la busta. Come faccio ad averla?»
«Per questo, nessun problema. Te la porto oggi?»
«Sto ancora facendo le valigie, ma stasera sarò libera, se ti va bene.»
Hutchman aveva il cuore che gli batteva forte. «Sì, va benissimo. E dove?»
«Dove porti le ragazze, di solito?»
«Io…» Lucas si frenò in tempo, prima di dire che non andava mai in giro con ragazze. Te lo sei voluto, Vicky, pensò. «Ti andrebbe al Camburn Arms? Si va a cena?»
«Non vedo l’ora di esserci, Lucas. Va bene alle otto?»
«Ci vediamo alle otto, allora.» Posò il ricevitore e uscì dalla cabina, nel traffico di mezzogiorno. Si sentiva come se avesse buttato giù, a stomaco vuoto, una serie di bicchieri di gin. Si guardò attorno per qualche secondo in quella zona sconosciuta, prima di rendersi conto di essere ad Aldershot, prima tappa di un lungo giro per le contee meridionali. Ma il progetto subiva già una modifica. Ritornando alla macchina, Hutchman decise che, imbucando il primo gruppo di lettere in una sola infornata, avrebbe fornito meno appigli a un’eventuale indagine che seguendo un itinerario complesso. Gli scocciava pensare che il nuovo piano modificato e elaborato solo all’ultimo momento si rivelava migliore del precedente, a cui aveva dedicato diversi giorni. Comunque, era bene far sì che almeno un plico arrivasse rapidamente a Mosca.
Arrivato all’estremità occidentale di Aldershot, Lucas infilò la strada di Bath e in breve raggiunse Salisbury, dove imbucò un altro gruppo di buste. Soltanto ritornando a Crymchurch, si rese conto di cosa significava avere affidato alle poste di Sua Maestà la lettera antibomba. Fino a quel momento aveva ancora avuto la possibilità di tornare a una vita sana, normale. Ma ormai, il primo passo, irrevocabile, era compiuto.