2 Un nuovo arrivo

Mazrim Taim. Nel corso dei secoli, altri uomini prima di Rand si erano proclamati Drago Rinato. Negli ultimi anni c’era stata un’epidemia di falsi Draghi, e alcuni potevano anche incanalare. Mazrim Taim era uno di questi, aveva creato un esercito e saccheggiato la Saldea prima di essere preso. L’espressione di Bashere non cambiò, ma l’uomo strinse forte l’elsa della spada fino a far sbiancare le nocche; Tumad era in attesa dei suoi ordini. La presenza di Bashere ad Andor era dovuta alla fuga di Taim durante il trasferimento a Tar Valon per essere domato. Ciò dava la misura di quanto la Saldea temesse e odiasse Mazrim Taim; la regina Tenobia aveva inviato Bashere con un esercito per inseguirlo ovunque si fosse recato, e senza limiti di tempo: Bashere doveva accertarsi a tutti i costi che Taim non avrebbe mai più creato noie alla Saldea.

Le Fanciulle erano calme, ma quel nome passò fra gli Andorani come il fuoco di una torcia incendia l’erba secca. Arymilla si era appena alzata, ma roteò di nuovo gli occhi; sarebbe caduta ancora una volta se Karind non l’avesse adagiata in terra. Elgar ritornò barcollante fra le colonne e si piegò per dare di stomaco. Gli altri nobili erano in preda al panico, si passavano i fazzoletti sulla bocca e afferravano l’elsa delle spade. Anche la flemmatica Karind si umettava le labbra, nervosa.

Rand tolse la mano dalla tasca della giubba. «Si tratta dell’amnistia» disse Rand, e tutti e due gli uomini della Saldea gli rivolsero lunghi sguardi inespressivi.

«E se non fosse venuto per la tua amnistia?» chiese Bashere dopo un istante. «Se ancora sostenesse di essere il Drago Rinato?» Gli Andorani si agitarono: nessuno voleva trovarsi a meno di diversi chilometri da dove l’Unico Potere avrebbe potuto essere usato in duello.

«Se lo pensa,» rispose sicuro Rand «lo disilluderò.» In tasca aveva un raro tipo di angreal, creato per gli uomini, la statuetta che rappresentava un piccolo uomo grasso con una spada. Con quello, per quanto Taim fosse forte, il Drago non poteva essere sconfitto. «Ma se è venuto per l’amnistia, per lui varrà la stessa regola che vale anche per gli altri.» Qualunque cosa avesse combinato Taim in Saldea, Rand non poteva permettersi di mandare via un uomo in grado di incanalare, uno che non doveva essere addestrato da zero. Aveva bisogno di individui di quel tipo. A meno che non vi fosse stato costretto, non avrebbe mandato via nessuno, se non uno dei Reietti. Demandred, Sammael, Semirhage, Mesaana, Asmodean e... Rand costrinse Lews Therin a tacere; adesso non poteva permettersi distrazioni.

Bashere fece un’altra pausa prima di parlare, ma alla fine annuì e rilasciò la presa dalla spada. «L’amnistia vale, certo. Ma Stammi bene a sentire, al’Thor. Se Taim dovesse mettere di nuovo piede in Saldea, non vivrà abbastanza a lungo da lasciarla. Abbiamo troppi ricordi spiacevoli. Nessun ordine mio, o di Tenobia, potrebbe evitarlo.»

«Lo terrò lontano dalla Saldea.» Se Taim non era lì per sottomettersi a lui avrebbe dovuto ucciderlo. Rand si toccò inconsciamente la tasca e strinse il piccolo uomo grasso. «Fatelo venire qui.»

Tumad guardò Bashere e il cenno di consenso che aspettava giunse con tale velocità che sembrò si inchinasse in risposta all’ordine di Rand, il quale si irritò per un momento, ma non disse nulla. Tumad andò subito via con una camminata leggermente ondeggiante. Bashere rimase in piedi a braccia conserte e sembrava rilassato, ma quegli occhi scuri a mandorla, fissi in direzione di Tumad, lo rendevano il ritratto di un uomo in attesa di uccidere qualcuno.

Gli Andorani si agitarono di nuovo: alcuni si allontanarono con esitazione, per poi tornare indietro. Dal respiro affannato, pareva che avessero corso per chilometri.

«Potete andare via» disse loro Rand.

«Io resterò con te» rispose Lir, proprio mentre Naean aggiungeva: «Non scapperò davanti a...»

Rand li interruppe entrambi: «Via!»

Volevano fargli vedere che non avevano paura, anche se erano terrorizzati; volevano scappare, abbandonando ogni traccia di dignità che non avessero già deposto ai piedi di Rand. Era una scelta semplice. Lui era il Drago Rinato. Per ottenere favori dovevano obbedire, e obbedire in quel caso significava fare esattamente ciò che volevano. Comunque si diffuse tra i nobili una serie di inchini e riverenze stravaganti, accompagnato da frasi come: «Con il tuo permesso, mio lord Drago» e «ai tuoi ordini, mio lord Drago» e poi... non corsero via, ma camminarono nella direzione opposta a quella di Tumad il più rapidamente possibile, senza far vedere che avevano una gran fretta. Di sicuro non volevano rischiare di incontrare Mazrim Taim.

L’attesa si prolungò nella calura — ci voleva del tempo per guidare un uomo attraverso tutti i corridoi dal cancello del palazzo al cortile — ma una volta che gli Andorani se ne furono andati, nessuno si mosse. Bashere fissava il punto in cui sarebbe apparso Taim. Le Fanciulle guardavano ovunque, ma del resto lo facevano sempre, e se parevano pronte a calare il velo in un istante, be’, anche quella non era una novità. Non fosse stato per gli occhi, avrebbero potuto essere statue.

Alla fine si sentì un rumore di passi nel cortile. Rand quasi si protese verso saidin, quindi si trattenne. Quell’uomo sarebbe stato in grado di accorgersi che aveva afferrato il Potere non appena fosse entrato nel cortile. Rand non poteva permettersi di mostrarsi spaventato.

Prima apparve Tumad, quindi un uomo dai capelli neri leggermente più alto della media, con il viso scuro e gli occhi a mandorla, il naso aquilino e gli zigomi alti, chiaramente un altro uomo della Saldea, anche se era rasato e vestito come un ricco mercante di Andor decaduto di recente. La giubba blu era di lana molto fine bordata di velluto, ma i polsini erano lisi, i pantaloni erano a sbuffo sulle ginocchia e la polvere copriva gli stivali screpolati. Camminava comunque orgoglioso, senza mostrare alcuna paura dei quattro uomini di Bashere alle sue spalle, che impugnavano le loro spade dalle lame vagamente serpentine, con le punte a pochi centimetri dalle sue costole. Nemmeno il caldo pareva lo disturbasse. Le Fanciulle seguivano tutto con lo sguardo.

Rand studiò Taim mentre l’uomo e la sua scorta attraversavano il cortile. Aveva almeno quindici anni più di lui; quindi doveva averne trentacinque, o forse qualcuno di più. Non si sapeva molto e c’era ancor meno documentazione scritta sugli uomini che potevano incanalare — era un soggetto che la maggior parte delle persone perbene evitava — ma Rand aveva imparato tutto quanto aveva potuto. Erano pochi gli uomini che ne andavano alla ricerca; quello era uno dei problemi di Rand. Fin dalla Frattura, la maggior parte degli uomini in grado di incanalare aveva la capacità innata, pronta a manifestarsi non appena raggiungevano la maturità. Taluni riuscivano a tenere a bada la follia per alcuni anni prima che le Aes Sedai li scoprissero e li domassero; altri erano già impazziti oltre ogni speranza quando venivano scoperti, a volte meno di un anno dopo aver toccato saidin per la prima volta. Sino a ora Rand era rimasto attaccato alla sanità mentale per due anni. Eppure, davanti a sé aveva un uomo che c’era riuscito per dieci o quindici anni. Solo questo valeva già qualcosa.

A un gesto di Tumad si fermarono a qualche passo di distanza da lui. Rand aprì la bocca, ma prima che potesse parlare, Lews Therin si svegliò scatenando la frenesia nella sua testa. Sammael e Demandred mi odiavano, qualsiasi onore gli concedessi. Più venivano onorati e più mi odiavano, fino a quando diedero via le proprie anime e andarono dall’altra sponda. Specialmente Demandred. Avrei dovuto ucciderlo! Avrei dovuto ucciderli tutti! Bruciare la terra per ucciderli tutti! Bruciare la terra!

Rand combatteva contro la propria mente, con il volto paralizzato. Io sono Rand al’Thor, Rand al’Thor! Non ho mai conosciuto Sammael, Demandred o gli altri! Che la Luce mi folgori, io sono Rand al’Thor!, pensò. Un altro pensiero giunse da lontano, come un’eco distante. Che la Luce mi folgori. Pareva una preghiera. Poi Lews Therin lo lasciò per ritornare nel luogo misterioso e recondito in cui viveva.

Bashere approfittò del silenzio. «Affermi di essere Mazrim Taim?» Pareva dubbioso, e Rand lo guardò confuso. Era Taim o no? Solo un pazzo lo avrebbe sostenuto, se non fosse stato vero.

La bocca del prigioniero assunse un’espressione che avrebbe potuto essere l’inizio di un sorriso, e l’uomo si strofinò il mento. «Mi sono rasato, Bashere.» Nella voce c’era più che un accenno di ironia. «Fa caldo qui a sud, o non te ne sei accorto? Più caldo di quel che dovrebbe, anche qui. Vuoi che ti fornisca delle prove della mia identità? Vuoi che incanali per te?» Gli occhi scuri dell’uomo si spostarono su Rand, quindi di nuovo su Bashere, il cui volto diventava sempre più tetro. «No, non adesso. Mi ricordo di te. Ti avevo quasi sconfitto a Irinjavar, fino a quando apparvero quelle visioni in cielo. Tutti lo sanno. Ma cos’è che non sa nessuno a eccezione di te e Mazrim Taim?» Concentrato su Bashere, sembrava inconsapevole delle guardie, o delle loro spade puntate fra le costole. «Ho sentito dire che hai tenuto nascosto quanto è accaduto a Musar, Hachari e alle loro mogli.» L’ironia era scomparsa; adesso stava solo raccontando dei fatti. «Non avrebbero dovuto tentare di uccidermi sotto la bandiera della tregua. Spero che tu gli abbia trovato una buona posizione come servitori. Tutto quello che vogliono fare adesso è servire e obbedire; non sarebbero felici in nessun altro modo. Avrei potuto ucciderli. Tutti e quattro avevano estratto dei pugnali.»

«Taim,» Bashere gridò, facendo scattare la mano verso l’elsa della spada «tu...!» Rand si mise davanti a lui, afferrandogli il polso quando la lama era già parzialmente snudata. Le spade dei soldati, anche quella di Tumad, adesso toccavano Taim: probabilmente avevano raggiunto la carne, ma lui non si mosse. «Sei venuto per vedermi,» chiese Rand «o per farti beffe di lord Bashere? Se lo farai ancora, lascerò che ti uccida. La mia amnistia perdona quel che hai fatto, ma non ti permette di ostentare i crimini passati.»

Taim osservò Rand per un istante prima di parlare. Malgrado il caldo, sudava appena. «Per vederti. Eri tu quello nella visione in cielo. Si dice che fosse il Tenebroso in persona, quello che stavi combattendo.»

«Non il Tenebroso» rispose Rand. Bashere non opponeva resistenza, ma lui percepiva la tensione nel braccio dell’uomo. Se lo avesse lasciato andare, avrebbe snudato quella lama e avrebbe trapassato Taim in un istante. A meno che lui avesse usato il Potere. O che lo avesse fatto Taim. Doveva evitarlo a tutti i costi, quindi mantenne la presa sul polso di Bashere. «Si faceva chiamare Ba’alzamon, ma credo fosse Ishamael. L’ho ucciso nella Pietra di Tear.»

«Ho sentito raccontare che hai ucciso alcuni Reietti. Dovrei chiamarti mio signore Drago? Costoro usano il titolo. Vuoi uccidere tutti i Reietti?»

«Conosci altri sistemi per vedertela con loro?» chiese Rand. «Devono morire, o toccherà al mondo. A meno che, secondo te, possano essere convinti ad abbandonare l’Ombra come abbandonarono la Luce.» Il dialogo stava diventando ridicolo. Portava avanti una conversazione con un uomo che aveva cinque spade puntate contro di sé che lo facevano sanguinare sotto la giubba, mentre lui teneva fermo un altro uomo che voleva aggiungerne una sesta e fare qualcosa di più che ferirlo. Se non altro, i soldati di Bashere erano troppo disciplinati per agire senza gli ordini del loro generale, che per fortuna rimaneva in silenzio. Ammirando la freddezza di Taim, Rand proseguì con la massima fretta, ma senza darlo a vedere.

«Quali che siano i tuoi crimini, Taim, non sono nulla a confronto di quelli dei Reietti. Hai mai torturato un’intera città, fatto assistere migliaia di persone al crollo lento di ciascuno dei loro concittadini, e alla morte dei loro cari? Semirhage lo ha fatto, solo perché poteva provarlo a tutti, per il puro piacere di farlo. Hai ucciso i bambini? Graendal lo ha fatto. L’aveva definita una gentilezza, così non avrebbero sofferto una volta che i genitori fossero stati imprigionati e portati via come schiavi.» Sperava che gli uomini della Saldea stessero ascoltando; Taim si era proteso in avanti, interessato. Sperava che non gli chiedessero come aveva fatto a scoprirlo. «Hai consegnato degli esseri umani ai Trolloc come cibo? Tutti i Reietti lo hanno fatto — i prigionieri che non si arrendevano finivano sempre in mano ai Trolloc, se non venivano uccisi subito. Demandred aveva conquistato due città solo perché riteneva che la gente del posto lo avesse trattato con indifferenza prima che si votasse all’Ombra e ogni uomo, donna e bambino finirono nello stomaco dei Trolloc. Mesaana aveva istituito delle scuole nei territori controllati, scuole dove ai bambini e ai ragazzi venivano insegnate le glorie del Tenebroso; insegnava loro a uccidere gli amici che non imparavano bene o in fretta. Potrei proseguire. Potrei partire dall’inizio della lista e passare in revisione tutti e tredici i nomi, aggiungendo almeno cento terribili crimini per ciascuno di loro. Qualunque cosa tu abbia fatto, non li eguaglia. Adesso sei venuto per accettare il mio perdono, per camminare nella Luce e sottometterti a me, per combattere il Tenebroso come non hai mai combattuto contro nessun altro. I Reietti annaspano, io intendo dare la caccia a tutti loro, voglio sradicarli. E tu mi aiuterai. Solo per questo hai ricevuto il perdono. Ti dico la verità. Probabilmente guadagnerai cento volte tanto prima che si compia l’Ultima Battaglia.»

Adesso sentì che il braccio di Bashere cominciava a rilassarsi: l’uomo stava rinfoderando la spada nella custodia. Rand si trattenne appena dal sospirare di sollievo. «Non vedo più alcun motivo per controllarlo così da vicino. Abbassate le spade.»

Tumad e gli altri iniziarono lentamente a obbedire. Poi Taim parlò.

«Sottomettermi? Pensavo a qualcosa di più consistente fra noi due.» Gli uomini della Saldea entrarono in tensione; Bashere era ancora alle spalle di Rand, ma questi percepì che si era irrigidito. Le Fanciulle non mossero un muscolo, solo Jalani aveva fatto un cenno verso il velo. Taim reclinò il capo, inconsapevole di tutto. «Io naturalmente sarei il socio minoritario, anche se ho avuto più anni di te per studiare il Potere. Potrei insegnarti molto.»

Rand si infuriò a tal punto da vedere rosso. Aveva parlato di cose che in teoria non doveva sapere, dando probabilmente il via a una dozzina di voci su lui e i Reietti, tutto per far sembrare meno oscuri i crimini di quel Taim, e l’uomo aveva la faccia tosta di parlare di rapporto solido? Lews Therin cominciò a delirare nella sua testa. Uccidilo! Uccidilo adesso! Uccidilo! Per una volta Rand non prestò attenzione alla voce. «Nessun patto!» gridò. «Nessuna associazione! Io sono il Drago Rinato, Taim! Io! Se sai cose che posso usare le imparerò, ma tu andrai dove dico io, farai quello che ordinerò e quando lo chiederò.»

Taim si inginocchiò senza una pausa. «Mi sottometto al Drago Rinato. Servirò e obbedirò.» Gli angoli delle labbra si sollevarono di nuovo in quella specie di sorriso mentre si alzava. Tumad rimase a bocca aperta.

«Così in fretta?» chiese Rand sottovoce. La rabbia non era scomparsa; al contrario, era terribile. Non era certo di cosa avrebbe fatto se si fosse lasciato andare. Lews Therin ancora borbottava negli angoli più reconditi della sua mente. Uccidilo! Devi ucciderlo! Rand lo respinse, riducendolo a un semplice mormorio. Forse non doveva sorprendersi, accadevano strane cose attorno ai ta’veren, specialmente uno forte come lui. Che un uomo potesse cambiare idea in un istante, anche se il suo fato fosse stato scolpito nella roccia, non avrebbe dovuto sorprenderlo. Ma era furioso e molto sospettoso. «Ti sei nominato Drago Rinato e hai combattuto in Saldea. Sei stato catturato solo perché hai perso i sensi e ti arrendi così rapidamente? Perché?»

Taim sollevò le spalle. «Che scelta ho? Errare per il mondo da solo, senza amici, bandito, mentre tu conquisti la gloria? Il tutto se Bashere o una delle tue Aiel non mi uccidono prima che riesca a lasciare la città. Anche se non lo facessero, prima o poi le Aes Sedai mi chiuderanno in un angolo; dubito che la Torre abbia intenzione di dimenticare Mazrim Taim. Oppure posso seguirti e parte di quella gloria sarà mia.» Taim si guardò attorno per la prima volta, notò le guardie, le Fanciulle e scosse il capo come se non credesse ai suoi occhi. «Avrei potuto essere io. Come potevo convincermi del contrario? Posso incanalare, sono forte. Cosa dimostrava che non fossi io il Drago Rinato? Tutto ciò che avrei dovuto fare era far avverare almeno una delle Profezie.»

«Come riuscire a nascere sulle pendici del Monte Drago?» rispose Rand con freddezza. «Quella era la Profezia da far compiere.»

Taim contrasse di nuovo le labbra. Non era proprio un sorriso; non gli raggiungeva mai gli occhi. «I vincitori scrivono la storia. Se avessi preso la Pietra di Tear, la storia avrebbe dimostrato che ero nato sulle pendici di Monte Drago, figlio di una donna mai toccata da un uomo, e che i cieli si erano aperti con un gran fulgore per annunciare la mia venuta. Il tipo di cose che adesso si dicono di te. Ma tu hai preso la Pietra con i tuoi Aiel e il mondo ti acclama come Drago Rinato. So bene che non posso mettermi contro un tale evento. Be’, visto che non tutta la torta sarà mia, mi accontenterò di qualsiasi fetta tu voglia concedermi.»

«Forse troverai degli onori, Taim, e forse no. Se cominci a diventare impaziente di ottenerli, pensa a quanto è accaduto agli altri che hanno fatto ciò che hai fatto tu. Logain catturato e domato; delle voci sostengono che sia morto nella Torre. Un tizio senza nome decapitato a Haddon Mirk dai Tarenesi. Un altro mandato al rogo nel Murandy. Bruciato vivo, Taim! Questo è ciò che hanno fatto diversi anni fa gli abitanti di Illian a Gorin Rogad.»

«Un destino che non apprezzerei» rispose Taim atono.

«Allora dimentica gli onori e ricorda l’Ultima Battaglia. Tutto quel che faccio è mirato a Tarmon Gai’don. Lo stesso deve valere per te!»

«Ma certo.» Taim aprì le braccia. «Tu sei il Drago Rinato. Non ne dubito; lo riconosco pubblicamente. Marciamo verso Tarmon Gai’don. In quella battaglia che le Profezie sostengono, tu vincerai. E le storie racconteranno che Mazrim Taim fu il tuo braccio destro.»

«Forse» rispose Rand brusco. Aveva vissuto troppe Profezie per credere che significassero davvero ciò che esprimevano. O che assicurassero qualcosa. A parer suo, le Profezie esponevano le condizioni che dovevano verificarsi affinché un evento avesse luogo; il loro compimento non significava che un evento sarebbe accaduto, solo che poteva accadere. Alcune delle condizioni definite nelle Profezie del Drago implicavano che doveva morire per avere una possibilità di vittoria. Quel pensiero non fece nulla per ridurre il suo cattivo umore. «La Luce voglia che la tua possibilità di agire non si presenti troppo presto. Adesso dimmi, cos’hai da offrire che possa servirmi? Puoi insegnare agli uomini a incanalare? Sei in grado di esaminare un uomo per vedere se potrebbe essere addestrato?» A differenza delle donne, un uomo capace d’incanalare non riusciva a percepire la capacità in un altro. Nell’ambito dell’Unico Potere, fra uomini e donne c’era lo stesso tipo di differenze esistente in natura; a volte era una questione infinitesimale, a volte era roccia contro seta.

«La tua amnistia? Qualche sciocco si è forse fatto vivo per imparare a essere come te e me?»

Bashere fissava Taim con disprezzo, a braccia conserte e gambe divaricate, ma le guardie e Tumad erano a disagio. Le Fanciulle no. Rand non sapeva cosa pensassero le Fanciulle sul numero di uomini che avevano risposto alla sua chiamata; non facevano mai trasparire nulla. Ma con il ricordo di Taim come falso Drago, pochi uomini della Saldea avrebbero potuto nascondere il disagio.

«Rispondimi, Taim. Se puoi fare ciò che voglio, dillo. Se non sei in grado...» Era solo la rabbia a parlare. Non poteva mandarlo via, nemmeno se ogni giorno ci fosse stata una discussione con lui. Taim però sembrava convinto che lo avrebbe fatto.

«Posso sia individuarli che addestrarli» rispose rapidamente. «Ne ho trovati cinque durante questi anni — non che li stessi cercando — ma solo uno ebbe il coraggio di andare oltre il primo controllo.» Esitò, quindi aggiunse: «Impazzì dopo due anni. Ho dovuto ucciderlo prima che lui uccidesse te.»

Due anni. «Tu sei riuscito a tenere a bada la pazzia molto più a lungo. Come?»

«Sei preoccupato?» chiese Taim a bassa voce, quindi si strinse nelle spalle. «Non posso aiutarti. Non so come, so solo che lo faccio. Sono sano come...» guardò Bashere per un istante, ignorando lo sguardo dell’altro uomo «...come lord Bashere.»

Ma Rand improvvisamente si pose un quesito. La metà delle Fanciulle stava controllando il cortile; mai e poi mai si sarebbero concentrate su una sola possibile minaccia tanto da ignorare le altre. Quella più evidente adesso era Taim, e l’altra metà delle Fanciulle aveva ancora gli occhi fissi su lui e Rand, per cogliere qualsiasi segno di pericolo. Ogni uomo avrebbe dovuto essere consapevole della loro presenza: la morte improvvisa trapelava dai loro occhi e dalle loro mani. Rand lo era, e loro volevano proteggerlo. Tumad e gli altri soldati stringevano ancora l’elsa delle spade, pronti a estrarle di nuovo. Se i seguaci di Bashere e le Fanciulle avessero deciso di uccidere Taim, l’uomo avrebbe avuto problemi a fuggire da quel cortile, per quanto in grado di incanalare, a meno che Rand non lo avesse aiutato. Eppure Taim prestava ai soldati e alle Fanciulle la stessa attenzione che aveva per il colonnato o il lastricato sotto i suoi piedi. Coraggio reale, finzione o qualcos’altro? Forse una sorta di follia?

Dopo un attimo di silenzio, Taim parlò. «Ancora non ti fidi di me. Non ne hai motivo. Lo farai con il tempo. Come pegno per la fiducia futura, ti ho portato un regalo.» Da sotto la giubba consumata, estrasse un fagotto di stracci poco più grande di due mani giunte.

Accigliato, Rand lo prese e rimase senza fiato quando ne sentì la forma. Rimosse rapidamente gli stracci colorati per scoprire un disco grande quanto il suo palmo, uguale a quello sulla bandiera scarlatta che sventolava sopra al palazzo, mezzo bianco e mezzo nero, l’antico simbolo Aes Sedai prima della Frattura del Mondo. Fece scorrere le dita sulla coppia di lacrime.

Erano stati creati solo sette cuendillar. I sigilli della prigione del Tenebroso, che lo tenevano lontano dal mondo. Lui ne possedeva altri due, nascosti con cura. Protetti con ancora più cura. Niente poteva spezzare il cuendillar, nemmeno l’Unico Potere — i bordi di una tazzina fatta di pietra dell’anima avrebbero potuto graffiare l’acciaio o i diamanti — ma tre su sette erano stati rotti. Li aveva visti a pezzi. E aveva visto Moiraine separarne un frammento da un altro. I sigilli si stavano indebolendo, solo la Luce sapeva perché o come. Il disco che teneva fra le mani era duro e liscio come doveva essere il cuendillar, simile a una mistura di acciaio e delle migliori porcellane, ma era certo che si sarebbe spezzato se lo avesse lasciato cadere in terra.

Tre rotti. Tre in suo possesso. Dov’era il settimo? Solo quattro sigilli dividevano ancora l’umanità dal Tenebroso. Quattro. Se l’ultimo era ancora sano. Solo quattro separavano l’umanità dall’Ultima Battaglia. Resistevano ancora bene, indeboliti com’erano?

La voce di Lews Therin giunse come il tuono. Spezzalo, spezzali tutti, devi spezzarli tutti, devi, devi, devi spezzarli tutti, spezzali e colpisci, devi colpire rapido, devi colpire adesso, spezzalo, spezzalo, spezzalo...

Rand tremava per lo sforzo di respingere la voce, cercava di rimuovere una nebbia che gli si era appiccicata addosso come una ragnatela. I muscoli gli facevano male come se stesse lottando contro un uomo in carne e ossa, un gigante. Poco a poco respinse la nebbia che era Lews Therin nei recessi più lontani, nell’ombra più scura che potesse trovare nella sua mente. Di colpo sentì le parole che stava mormorando «Devi spezzarlo adesso, spezzarli tutti spezzarlo, spezzarlo, spezzarlo.» Si accorse anche di avere le mani sollevate e di stringere il sigillo, pronto a scagliarlo in terra. L’unico a trattenerlo era Bashere, in punta di piedi, con le mani alzate per bloccargli le braccia.

«Non so cosa sia,» disse con calma Bashere «ma penso che dovresti aspettare prima di decidere di romperlo, eh?» Tumad e gli altri non guardavano più Taim. Fissavano Rand a bocca aperta. Anche le Fanciulle lo osservavano, molto preoccupate. Sulin aveva fatto mezzo passo in direzione degli uomini e Jalani aveva proteso le mani verso Rand quasi senza accorgersene.

«No.» Rand deglutì, gli faceva male la gola. «Non credo che dovrei.» Bashere si fece indietro lentamente e Rand, con la stessa lentezza, abbassò il sigillo. Se aveva creduto che Taira fosse impassibile, adesso aveva prova del contrario. Lo stupore era dipinto sul volto dell’uomo. «Sai di cosa si tratta, Taim?» chiese Rand. «Devi, o altrimenti non me lo avresti portato. Dove lo hai trovato? Ne hai un altro? Sai dove si trovano gli altri?»

«No» rispose Taim con voce incerta. Non si trattava di paura, piuttosto era la voce di qualcuno che aveva sentito una scogliera franargli improvvisamente sotto i piedi ed era riuscito in qualche modo a tornare sul terreno solido. «Quello è il solo che io... ho sentito tutti i tipi di voci da quando sono fuggito dalle Aes Sedai. Mostri che saltano in aria. Strani animali. Uomini che parlano alle bestie e quelle rispondono. Aes Sedai che impazziscono come dovrebbe accadere agli uomini. Interi villaggi in preda alla follia, che si sono sterminati a vicenda. Qualcuna potrebbe essere vera. La metà di quelle che sono certo siano vere non sono meno folli. Ho sentito dire che alcuni dei sigilli sono stati spezzati. Una martellata potrebbe frantumare quello che hai in mano tu.»

Bashere divenne cupo e fissò l’oggetto in mano a Rand, quindi sussultò. Adesso aveva capito.

«Dove lo hai trovato?» chiese di nuovo Rand. Se fosse riuscito a trovare l’ultimo... allora cosa? Lews Therin si agitò, ma lui rifiutò di ascoltare.

«Nell’ultimo posto che potrebbe venirti in mente» rispose Taim. «Suppongo sia il primo posto dove cercare gli altri. Una piccola fattoria decadente in Saldea. Mi sono fermato per bere e il contadino me lo ha consegnato. Era vecchio, senza figli o nipoti a cui lasciarlo, e credeva che io fossi il Drago Rinato. Sosteneva che la sua famiglia aveva vegliato sull’oggetto per più di duemila anni. Che i suoi antenati erano stati re e regine durante le Guerre Trolloc e nobili ai tempi di Artur Hawkwing. La sua storia avrebbe potuto essere vera. Non è più improbabile che trovarlo in una baracca a pochi giorni di cavallo dai confini con la Macchia.»

Rand annuì, quindi si fermò per raccogliere gli stracci. Era abituato alle cose insolite che gli accadevano; a volte gli eventi più inspiegabili dovevano pur verificarsi, in un luogo o nell’altro. Avvolgendo di nuovo il sigillo nelle pezze, lo consegnò a Bashere. «Veglialo con attenzione.» Spezzalo! Rand trattenne la voce nella testa. «Non deve accadergli nulla.»

Bashere, riverente, lo prese con entrambe le mani. Rand non era certo se l’inchino fosse rivolto a lui o al sigillo. «Per dieci ore o dieci anni, sarà al sicuro fino a quando lo reclamerai.»

Rand l’osservò per un istante. «Tutti aspettano che io impazzisca, ne hanno paura, ma non tu. Devi aver creduto che alla fine sarebbe successo, proprio poco fa, ma non hai avuto paura nemmeno in quel momento.»

Bashere sollevò le spalle, sorridendo sotto i baffi grigi. «Muad Cheade era maresciallo generale la prima volta che ho dormito in sella. L’uomo era pazzo come una lepre in primavera. Due volte al giorno perquisiva i suoi servitori alla ricerca di sostanze tossiche e non beveva altro che acqua e aceto, che sosteneva fosse il migliore antidoto contro il veleno che gli somministravano, ma ha sempre mangiato tutto ciò che i suoi stessi uomini preparavano, per tutto il tempo che l’ho conosciuto. Una volta fece abbattere un bosco di querce perché diceva che lo guardavano. Poi insisté che venisse eseguito per loro un funerale decente e tenne lui l’orazione. Hai idea di quanto ci vuole a scavare le tombe di ventitré querce?»

«Perché qualcuno non ha fatto qualcosa? La sua famiglia?»

«Quelli che non erano pazzi come lui o peggio avevano paura anche solo di guardarlo di sottecchi. E il padre di Tenobia non avrebbe lasciato che nessuno lo toccasse. Forse era pazzo, ma come generale superava in strategia chiunque altro abbia mai conosciuto. Non ha mai perso una battaglia. Non ci si è mai nemmeno avvicinato.»

Rand rise. «Quindi mi segui perché pensi che possa superare in strategia il Tenebroso?»

«Ti seguo perché sei quello che sei» rispose Bashere con calma. «Il mondo deve seguirti, o quelli che sopravvivranno preferiranno essere morti.»

Rand annuì lentamente. Le Profezie sostenevano che avrebbe spezzato le nazioni per unirle di nuovo. Non che volesse farlo, ma le Profezie erano l’unica guida su come combattere l’Ultima Battaglia e su come vincerla. Anche senza di esse, riteneva che fosse necessario essere uniti. L’Ultima Battaglia non sarebbe stata solo fra lui e il Tenebroso. Non poteva crederlo; se anche stava diventando pazzo, non lo era ancora abbastanza da ritenere di essere altro che un uomo. Sarebbe stata l’umanità contro Trolloc, Myrddraal e ogni sorta di progenie dell’Ombra che la Macchia avesse vomitato, Amici delle Tenebre usciti allo scoperto dai loro nascondigli. Ci sarebbero stati altri pericoli durante il percorso verso Tarmon Gai’don, e se il mondo non fosse stato unito... Devi fare quanto va fatto. Non era sicuro se fosse un pensiero suo o di Lews Therin ma, per quanto ne sapeva, era la verità.

Camminando rapido verso il colonnato, parlò alle sue spalle rivolgendosi a Bashere. «Porto Taim alla fattoria. Vuoi unirti a noi?»

«La fattoria?» chiese Taim.

Bashere scosse il capo. «Grazie, no» rispose asciutto. Non poteva permettersi di far vedere che era nervoso, ma Rand e Taim insieme erano probabilmente il massimo che potesse sopportare; e in ogni caso preferiva evitare la fattoria. «I miei uomini si stanno rammollendo nel presidiare le strade per te. Voglio rimetterne qualcuno in sella per qualche ora. Avevi in programma di passare l’ispezione questo pomeriggio. Hai cambiato idea?»

«Quale fattoria?» chiese di nuovo Taim.

Rand sospirò, di colpo indebolito. «No, non ho cambiato idea. Ci sarò, se posso.» Era un’azione troppo importante per cambiare idea, anche se nessuno oltre Bashere e Mat ne era a conoscenza. Non poteva lasciare che gli altri pensassero fosse solo una faccenda casuale, una cerimonia inutile per un uomo che si pavoneggiava nella nuova posizione raggiunta, il Drago Rinato che usciva per essere acclamato dai soldati. Oggi doveva fare anche un’altra visita, una che tutti pensavano stesse cercando di mantenere segreta. Forse per molti sarebbe rimasta tale, ma non aveva dubbi che quelli che volevano scoprirne la natura lo avrebbero fatto.

Prese la spada da dove l’aveva lasciata, appoggiata contro una delle colonne sottili, e la legò sopra la giubba sbottonata. Il cinturone era disadorno e in pelle di cinghiale, proprio come la custodia e la lunga impugnatura. La fibbia era lavorata, rappresentava un bel drago finemente modellato nell’acciaio, inciso all’acquaforte e intarsiato d’oro. Doveva liberarsene, trovarne una più semplice, ma non poteva farlo. Era un dono di Aviendha, ecco perché doveva togliersela di dosso. Davvero non riusciva a uscire da quel circolo vizioso.

Un altro oggetto era appoggiato alla colonna, un pezzo di lancia lungo sessanta centimetri con dei tasselli verdi e bianchi sotto la punta acuminata. Lo sollevò mentre si voltava verso il cortile. Una delle Fanciulle aveva inciso dei draghi sul manico. Qualcuno la chiamava già lo scettro del Drago, specialmente Elenia e il suo gruppo. Rand invece la conservava per rammentarsi che poteva avere più nemici di quanti ne vedesse.

«Di quale fattoria parli?» la voce di Taim stava diventando dura. «Dove intendi portarmi?»

Rand studiò a lungo l’uomo. Taim non gli piaceva. Qualcosa nei suoi modi lo irritava. O forse qualcosa in lui stesso. Per un lungo periodo, era stato il solo uomo che avesse potuto pensare di incanalare senza guardarsi le spalle per timore delle Aes Sedai. Be’, a lui comunque sembrava molto tempo, e le Aes Sedai non avrebbero tentato di domarlo, non ora che sapevano chi era. Possibile che il motivo fosse tanto semplice? La gelosia di non essere più l’unico? Non lo credeva. Avrebbe dato il benvenuto a tutti gli uomini che potevano incanalare e li avrebbe lasciati andare in giro indisturbati. Alla fine, lui stesso non sarebbe più sembrato una strana creatura. No, non sarebbe andato tanto lontano, non da quel lato di Tarmon Gai’don. Lui era unico, era il Drago Rinato. Quali che fossero i motivi, quell’uomo non gli piaceva.

Uccidilo! gridò Lews Therin. Uccidili tutti! Rand respinse la voce. Taim non doveva piacergli, doveva solo usarlo. E fidarsi di lui. Quella era la parte difficile.

«Ti sto portando dove potrai servirmi» rispose con freddezza. Taim non sussultò e non si accigliò; si limitò a guardare e aspettare, mentre gli angoli della bocca si sollevavano per un istante in quella specie di sorriso.

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