40 Risate inattese

«Devi aiutarmi a infilare un po’ di buon senso in quelle teste» disse Mat con il cannello della pipa fra i denti. «Thom, mi stai ascoltando?»

Erano seduti su dei barili rovesciati all’ombra esigua di una casa a due piani e fumavano le loro pipe, ma il vecchio menestrello dinoccolato sembrava più interessato a fissare la lettera che Rand gli aveva inviato. La infilò di nuovo in tasca, con il sigillo con l’albero e la corona intatto. Il brusio delle voci e il cigolio degli assi proveniente dalla strada alla fine del vicolo sembrava distante. Sudavano tutti e due. Se non altro una cosa adesso era sotto controllo. Mat era uscito dalla Piccola Torre per scoprire che un gruppo di Aes Sedai aveva trascinato Aviendha da qualche parte; per ora non avrebbe accoltellato nessuno.

Thom si tolse la pipa di bocca. Aveva il cannello molto lungo ed era intagliata con motivi che riproducevano foglie di quercia e ghiande. «Una volta ho provato a soccorrere una donna, Mat. Laritha era un bocciolo di rosa, sposata a un calzolaio bieco e bruto in un villaggio dove mi ero fermato a riposare per qualche giorno. Un bruto, ripeto. Le gridava in faccia se la cena non era pronta quando voleva lui e la frustava se diceva più di due parole a un altro uomo.»

«Thom, per il Pozzo del Destino, cos’ha a che vedere con la necessità di far capire qualcosa di sensato a quelle sciocche?»

«Ascolta e basta, ragazzo. Il trattamento che quell’uomo le riservava era noto a tutto il villaggio, ma Laritha me l’aveva confidato di persona piagnucolando sempre su quanto avrebbe voluto che qualcuno la salvasse. Io avevo oro e una bella carrozza, un conducente e un domestico. Ero giovane e di bell’aspetto.» Thom si carezzò i baffi e sospirò; era difficile credere che quel volto rugoso una volta fosse stato bello. Mat batté le palpebre. Una carrozza? Quando mai un menestrello aveva posseduto una carrozza? «Mat, la donna mi aveva colpito al cuore e non nego che anche il suo aspetto avesse influito. Come dicevo, ero giovane; credevo di essere innamorato, mi pensavo un eroe delle storie, quindi un giorno, seduto sotto un melo in fiore — ben lungi dalla casa del calzolaio — le dissi che volevo portarla via con me. Le avrei offerto una cameriera e una casa tutta per lei, corteggiandola con canti e versi. Quando alla fine capì, mi prese a calci sulle ginocchia lasciandomi a zoppicare per un mese e mi colpì anche conio scanno.»

«Sembra che alle donne piaccia prendere a calci gli uomini» mormorò Mat, spostando il peso del corpo sul barilotto. «Immagino che non ti abbia creduto, ma in fondo chi potrebbe incolparla?»

«Oh, mi credeva. Ed era oltraggiata dal fatto che io pensassi che avrebbe mai lasciato il suo diletto marito. Parole sue, ‘diletto’. Tornò dal marito alla massima velocità consentitale dai propri piedi e a me rimase la scelta di uccidere l’uomo o saltare nella mia carrozza. Ho dovuto lasciare indietro quasi tutto ciò che possedevo. Immagino che viva ancora con quell’uomo, sempre tenendo ben stretto il borsellino e spaccandogli la testa con qualunque oggetto trovi, ogni volta che si ferma in una locanda per una birra. Come aveva sempre fatto, secondo alcune indiscrezioni emerse solo più tardi.» Thom si rimise in bocca la pipa, come per segnare il punto.

Mat si grattò la testa. «Non capisco cos’abbia a che fare con quanto sta capitando ora.»

«Significa che non devi pensare di conoscere tutta la storia quando ne hai sentito solo una parte. Per esempio, sai che Elayne e Nynaeve partiranno alla volta di Ebou Dar tra un giorno o due? Io e Juilin dobbiamo accompagnarle.»

«Ebou...» Mat riprese al volo la pipa poco prima che cadesse fra l’erba secca che copriva il vicolo. Nalesean gli aveva raccontato qualcosa su una visita a Ebou Dar, e anche tenendo in considerazione le sue esagerazioni quando parlava delle donne che aveva avuto e delle zuffe in cui si era trovato, il posto sembrava di quelli difficili. Quindi pensavano di poter andare via alla chetichella, vero? «Thom, devi aiutarmi...»

«Cosa?» Lo interruppe Thom. «A toglierle al calzolaio?» Thom emise dalla bocca una nuvola di fumo azzurro. «Non lo farò, ragazzo. Ancora non sai tutta la storia. Cosa provi nei confronti di Egwene e Nynaeve? Ripensandoci, dimmi solo di Egwene.»

Mat aggrottò le sopracciglia, chiedendosi se l’uomo pensasse di poter confondere tutto girando intorno all’argomento abbastanza a lungo. «Egwene mi piace, io... che io sia folgorato, Thom, stiamo parlando di Egwene, e la dice tutta. È il motivo per cui sto cercando di salvare quel suo stupido collo.»

«Intendi dire salvarla dal calzolaio» mormorò Thom, ma Mat proseguì.

«Il suo collo e quello di Elayne; anche quello di Nynaeve, se riesco a non strozzarla con le mie mani. Luce! Voglio solo aiutarle. Inoltre Rand spezzerà il mio, di collo, se succede qualcosa a Elayne.»

«Hai mai pensato di aiutarle a fare ciò che vogliono invece di quanto vuoi tu? Se avessi fatto quel che volevo, avrei messo Elayne su un cavallo e cavalcato alla volta di Andor. Adesso però lei deve fare altre cose — necessarie, credo — quindi le corro appresso, sudando giorno e notte con il terrore che qualcuno riesca a ucciderla prima che io possa fermarlo. Si recherà a Caemlyn quando sarà pronta per farlo.» Detto questo aspirò dalla sua pipa con compiacenza, ma la voce era stata leggermente tesa verso la fine della frase, come se le sue parole non gli piacessero quanto dava a vedere.

«A me sembra che vogliano servire le loro teste su un piatto a Elaida.» Quindi Thom avrebbe messo quella sciocca su un cavallo, eh? Un menestrello che trascinava l’erede al trono alla sua incoronazione! Aveva davvero un’alta opinione di se stesso.

«Tu non sei uno sciocco, Mat» disse Thom con calma. «Lo sai bene. Egwene... è difficile pensare che quella bambina sia Amyrlin...»

Mat sbuffò, completamente d’accordo, ma Thom non vi fece attenzione. «...Eppure penso che abbia la spina dorsale per esserlo. È troppo presto per dire se le cose che sono accadute siano solo coincidenze, ma incomincio a credere che abbia sale in zucca. Mi chiedo se sia abbastanza forte da sopravvivere. Se manca di forza se la mangeranno viva, spina dorsale, testa e tutto.»

«Chi lo farà, Elaida?»

«Lei, se ne avrà la possibilità; la forza non le manca di certo. Ma le Aes Sedai qui non pensano a Egwene come a un’Aes Sedai; Amyrlin forse, ma non Aes Sedai, per quanto sia difficile da credere.» Thom scosse il capo. «Non lo capisco, ma è così. Lo stesso vale per Elayne e Nynaeve. Cercano di tenerlo per sé, ma nemmeno le Aes Sedai sanno nascondere bene le cose quanto pensano, se osservi con attenzione e resti all’erta.» Estrasse di nuovo la lettera, solo per girarla fra le mani, senza guardarla. «Egwene sta camminando sull’orlo di un precipizio, Mat, e le tre fazioni qui a Salidar — tre di cui io sia sicuro — potrebbero spingerla giù se solo mette un piede in fallo. Elayne la seguirà, se dovesse succedere, come anche Nynaeve. O forse le spingeranno giù per prime di modo che si trascinino appresso Egwene.»

«Proprio qui a Salidar» ripeté Mat, piatto come una tavola. Thom annuì con calma e lui non riuscì a evitare di alzare la voce.

«E tu vuoi che io le lasci qui?»

«Voglio che tu smetta di pensare di poter decidere per loro. Hanno scelto cosa fare e tu non puoi cambiarlo, ma forse, e dico forse, puoi aiutarmi a tenerle in vita.»

Mat scattò in piedi. In testa aveva l’immagine di una donna con un pugnale in mezzo ai seni; non si trattava di uno di quei ricordi in prestito. Prese a calci il barilotto sul quale si era seduto facendolo rotolare lungo il vicolo. Aiutare un menestrello a tenerle in vita? In lui si risvegliò un vago ricordo di Basel Gill, un locandiere di Caemlyn che gli aveva detto qualcosa riguardo Thom, ma era nebuloso e svanì non appena cercò di trattenerlo. «Di chi è quella lettera, Thom? Un’altra donna che hai soccorso? O l’hai lasciata dove potevano decapitarla?»

«L’ho lasciata» rispose sommessamente Thom. Alzandosi si allontanò senza aggiungere parola.

Mat stava quasi per corrergli dietro, voleva dirgli qualcosa, solo che non riusciva a pensare a niente da dire. Vecchio pazzo! No, non era pazzo. Egwene era testarda come un mulo e Nynaeve la faceva sembrare docile. Peggio ancora, entrambe si sarebbero arrampicate su un albero per vedere meglio il fulmine. Per quanto riguardava Elayne, le nobili non avevano mai abbastanza buon senso per rientrare in casa quando pioveva. Poi si indignavano quando si bagnavano.

Pulì la pipa schiacciando le braci con il tacco dello stivale prima che l’erba secca potesse incendiarsi, quindi raccolse il cappello e zoppicò verso la strada. Aveva bisogno di informazioni da una fonte migliore di un menestrello illuso di potersene andare in giro con quella ragazzina boriosa erede al trono. Alla sua sinistra vide Nynaeve che usciva dalla Piccola Torre e si incamminò verso di lei, girando attorno a dei carri carichi tirati da buoi o cavalli. Lei avrebbe potuto dirgli ciò che voleva sapere. Dal fianco gli scaturì una stilettata di dolore. Che io sia folgorato, mi deve come minimo delle risposte, si disse.

Proprio in quel momento Nynaeve lo vide e si irrigidì palesemente. Per un istante lo guardò mentre si avvicinava, quindi d’improvviso si allontanò in tutta fretta nella direzione opposta, nel chiaro tentativo di evitarlo. Si guardò due volte indietro prima che la gente e i carri la nascondessero.

Mat si fermò accigliato, abbassando la visiera del cappello. Prima la donna lo aveva preso a calci per nessun motivo, adesso non voleva parlargli. Volevano lasciarlo a cuocere nel suo brodo, lei ed Egwene, fino a quando non fosse scattato docilmente quando loro avrebbero puntato il dito. Be’, hanno scelto l’uomo sbagliato per i loro giochini, che siano folgorate!

Vanin e gli altri sì trovavano fuori dalle stalle vicino a un edificio di pietra che di sicuro una volta era stato una locanda. Adesso le Aes Sedai andavano avanti e indietro. Pips e gli altri cavalli erano legati a un giogo e Vanin con gli altri due esploratori che erano stati catturati erano accovacciati contro la parete. Mar e Cadwin erano uomini completamente diversi uno dall’altro. Il primo alto, dinoccolato e dal volto duro, il secondo basso, tarchiato e dal volto mite, ma entrambi sembravano molto imbarazzati alla vista di Mat. Nessuno dei due aveva accettato la facilità con cui erano stati catturati. I due capi squadriglia erano rigidi, mentre continuavano a tenere strette le bandiere contro le aste, come se la cosa avesse ancora un senso. Sembravano più che apprensivi. Una battaglia era una cosa; tutte quelle Aes Sedai erano ben altro. In battaglia un uomo poteva avere una possibilità. Due Custodi li osservavano. Non apertamente e dall’altro lato della stalla, ma non avevano scelto a caso proprio quel punto al sole per conversare.

Mat carezzò il muso di Pips, quindi dopo un istante cominciò a esaminare gli occhi del cavallo. Un tipo con un grembiule di cuoio uscì dalla stalla, portando in strada una carriola piena di letame. Vanin si avvicinò per studiare gli occhi di Pips. Senza guardarlo, Mat disse: «Pensi di riuscire a raggiungere la Banda?»

«Forse.» L’esploratore aggrottò le sopracciglia e sollevò la palpebra di Pips. «Forse. Con un po’ di fortuna. Però odio l’idea di lasciare il mio cavallo.»

Mat annuì, osservando l’occhio più da vicino. «Riferisci a Talmanes di rimanere fermo. Potrei restare qui per qualche giorno e non voglio nessun maledetto tentativo di salvarmi. Cerca di ritornare qui. Senza essere visto, se ci riesci.»

Vanin sputò nella polvere, sotto Pips. «L’uomo che si immischia con le Aes Sedai si mette la briglia e la sella da solo. Tornerò appena posso.» Scuotendo il capo si incamminò fra la folla, un uomo grasso e disordinato con una camminata ondeggiante che nessuno avrebbe sospettato di essere un artista nel comportarsi furtivamente.

Uno dei capi squadriglia si schiarì la gola esitante e si fece vicino. «Mio signore, tutto a... Fa parte del tuo piano, vero, mio signore?»

«Esattamente il mio piano, Verdin» rispose Mat, carezzando Pips. Era chiuso in un sacco e i lacci erano stretti. Aveva promesso a Rand di portare in salvo Elayne a Caemlyn e adesso non avrebbe potuto andare via senza di lei. Non poteva nemmeno lasciare Egwene con la testa sul ceppo del boia. Forse — Luce, come bruciava! — avrebbe dovuto seguire il consiglio di Thom. Cercare di tenere le maledette teste delle maledette donne sulle loro maledette spalle aiutandole in qualche modo a far funzionare quello schema folle e impossibile. Mentre tentava di proteggere anche il suo, di collo. Il tutto escludendo la possibilità di una attacco di Aviendha contro Elayne. Be’, almeno si sarebbe trovato nelle vicinanze quando fosse accaduto. Magra consolazione. «Tutto va maledettamente bene.»

Elayne si aspettava di trovare Aviendha nella sala d’attesa o forse di fuori, ma non fu difficile scoprire perché non era in nessuno dei due posti. Fra le Aes Sedai si erano diffusi due soli argomenti di conversazione e ne parlavano tutte, con le carte abbandonate sui tavoli. Mat occupava la maggior parte dei discorsi; anche le inservienti e le novizie affaccendate nella stanza si soffermavano, a scambiare qualche parola su di lui. Si trattava di un ta’veren.

Era prudente lasciare che un ta’veren si trattenesse a Salidar? Era davvero stato alla Torre e lasciato semplicemente libero di andarsene? Era vero che comandava un esercito di fautori del Drago? Doveva essere arrestato per le atrocità di cui avevano sentito parlare? Era vero che proveniva dallo stesso villaggio del Drago Rinato e dell’Amyrlin? C’erano voci su due ta’veren collegati al Drago Rinato; chi era il secondo e dove poteva essere trovato? Forse Mat Cauthon lo sapeva. Sembrava che ci fossero tanti pareri quante erano le persone nella stanza.

Erano due le domande che Elayne si era aspettata di sentire e che invece non coglieva. Cosa ci faceva Mat a Salidar e come aveva fatto Rand a sapere dove inviarlo? Nessuna lo aveva chiesto, ma vide delle Aes Sedai stringere improvvisamente lo scialle come se avessero freddo o sussultare quando si accorgevano che qualcuno aveva rivolto loro la parola, una cameriera che fissava nel nulla prima di riprendersi con uno scossone e una novizia che lanciava occhiate spaventate alle Sorelle. Mat non era un gatto fra i piccioni, ma l’esempio si avvicinava parecchio all’idea. Il solo fatto che Rand sapesse dove si trovavano sembrava sufficiente a farle rabbrividire.

Aviendha aveva scatenato meno commenti, ma le Sorelle non potevano fare a meno di parlare di lei e non solo per cambiare discorso. Non accadeva tutti i giorni che una selvatica apparisse di sua spontanea volontà, specialmente una con quella notevole forza e per giunta Aiel. L’ultima parte affascinava davvero tutte le Sorelle. Nessuna Aiel era mai stata addestrata alla Torre ed erano poche le Aes Sedai a essere entrate nel deserto Aiel.

Fu sufficiente una sola domanda per scoprire dov’era tenuta. Non proprio prigioniera, ma Elayne sapeva com’erano le Aes Sedai quando volevano che una donna diventasse novizia.

«Indosserà il bianco prima del tramonto» disse sicura Akarrin. Una Marrone magra, annuì per aggiungere enfasi a ogni parola. Le due Sorelle che erano con lei fecero lo stesso.

Sbuffando sommessamente Elayne si diresse in strada. Davanti a sé vide Nynaeve che praticamente correva e si guardava dietro le spalle talmente spesso da sbattere contro i passanti. Elayne aveva pensato di raggiungerla — non le sarebbe dispiaciuto avere compagnia — ma non avrebbe corso con quel caldo, concentrazione o no, e sembrava il solo modo per raggiungerla. In ogni caso, sollevò la gonna e aumentò l’andatura.

Prima che avesse fatto cinquanta passi, sentì che Birgitte si avvicinava e si voltò per vederla correre in strada. Con lei c’era Areina, ma si fermò poco prima e incrociò le braccia aggrottando le sopracciglia. La donna era un’insopportabile piccola sciagurata e di sicuro non aveva cambiato opinione, anche se adesso Elayne era davvero un’Aes Sedai.

«Pensavo che dovessi essere informata» disse Birgitte con calma. «Ho appena sentito che quando partiremo alla volta di Ebou Dar, Vandene e Adeleas verranno con noi.»

«Capisco» mormorò Elayne. Forse le due avevano un motivo per raggiungere Merilille, anche se vi erano già tre Aes Sedai alla corte di Tylin, o forse avevano una missione personale a Ebou Dar. Elayne non credeva a nessuna delle due ipotesi. Areina aveva preso una posizione precisa, come anche il Consiglio. Elayne e Nynaeve dovevano essere accompagnate da due vere Aes Sedai. «Lei capisce che non verrà?»

Birgitte lanciò un’occhiata nella direzione in cui fissava Elayne, verso Areina, quindi sollevò le spalle. «Capisce, ma non è contenta. Io sono impaziente di andare via.»

Elayne esitò solo un istante. Aveva promesso di mantenere diversi segreti, cosa che non le piaceva affatto, ma non di sospendere i tentativi di convincere l’altra donna che non ce n’era bisogno e che la cosa non aveva senso. «Birgitte, Egwene...»

«No!»

«Perché no?» Birgitte era diventata sua Custode non molto dopo la sua decisione che, quando avesse legato Rand, gli avrebbe fatto promettere in qualche modo che le avrebbe obbedito, almeno nei casi importanti. In un secondo momento aveva deciso diversamente. Rand avrebbe dovuto rispondere alle sue domande. Birgitte rispondeva quando voleva, eludeva le domande che non le garbavano e a volte assumeva un’espressione ostinata, proprio come stava facendo ora. «Dimmi perché no, e se è un motivo valido non te lo chiederò mai più.»

Prima Birgitte la guardò torva. Quindi prese il braccio di Elayne e la spinse quasi verso l’imboccatura di un vicolo. Nessun passante le osservò due volte e Areina rimase dov’era, anche se ora era più scura in volto, ma Birgitte si guardò comunque intorno con cautela e parlò in un sussurro. «Ogni volta che la Ruota mi intesseva nel mondo, nascevo, vivevo e morivo senza nemmeno sapere di essere legata alla Ruota. Lo sapevo solo nell’intervallo fra le due fasi di morte e rinascita, quando mi trovavo nel tel’aran’rhiod. A volte diventavo un personaggio noto, anche famoso, ma ero come chiunque altro, non qualcuna uscita dalle leggende. Stavolta sono stata strappata fuori dal Mondo dei Sogni, non intessuta. Per la prima volta mi ritrovo in carne e ossa e so chi sono. Per la prima volta, anche altri potrebbero saperlo. Thom e Juilin sanno; non dicono nulla, ma ne sono sicura. Non mi guardano come fanno con le altre persone. Se dicessi che ho deciso di scalare una montagna di vetro e uccidere un gigante a mani nude, mi chiederebbero solamente se ho bisogno di aiuto per raggiungerla e non si aspetterebbero una risposta affermativa.»

«Non capisco» rispose lentamente Elayne, e Birgitte sospirò reclinando il capo.

«Non so se potrò rispondere alle aspettative di tutti. Nelle altre vite ho fatto quanto dovevo, ciò che sembrava giusto, almeno per Maerion, Joana o qualsiasi altra donna. Adesso sono Birgitte delle storie. Tutti quelli che sanno si aspetteranno qualcosa. Mi sento come una danzatrice delle piume che si avvia verso un conclave Tovan.»

Elayne non fece domande; quando Birgitte menzionava eventi delle vite passate, le spiegazioni di solito creavano ancora più confusione dell’ignoranza. «Non ha senso» rispose con fermezza, afferrando l’altra donna per le braccia. «Io so e di sicuro non mi aspetto che tu uccida dei giganti. Nemmeno Egwene. E lei lo sa già.»

«Fino a quando io non lo ammetterò,» mormorò Birgitte «sarà come se non sapesse. Non scomodarti a dire che non ha senso: lo so anch’io, ma questo non cambia nulla.»

«Allora cosa mi dici di quest’altro? Lei è l’Amyrlin e tu sei una Custode. Merita la tua fiducia, Birgitte. Ne ha bisogno.»

«Hai finito con lei?» chiese Areina a un passo di distanza. «Se vai via e mi lasci, il meno che puoi fare è aiutarmi con il tiro con l’arco, come hai detto che avresti fatto.»

«Ci penserò» rispose Birgitte a Elayne. Girandosi poi verso Areina la prese per la treccia alla base del collo. «Parleremo del tiro con l’arco,» disse spingendola in strada «ma prima discuteremo di buone maniere.»

Scuotendo il capo, Elayne si ricordò improvvisamente di Aviendha e proseguì. La casa non era lontana.

Ci mise qualche momento a riconoscere la Aiel. Era abituata a vederla con il cadin’sor e i capelli rosso scuro tagliati corti, non con la gonna e la blusa, lo scialle e i capelli che le arrivavano sotto le spalle, tenuti indietro da una fascia. A prima vista non sembrò in difficoltà. Seduta abbastanza goffamente su una sedia — gli Aiel non erano abituati alle sedie — pareva sorseggiasse serena il tè insieme a cinque Sorelle sedute in circolo nel soggiorno. Nelle case che ospitavano le Aes Sedai esistevano spazi simili, ma Elayne e Nynaeve risiedevano ancora nella loro stanzetta. A un secondo sguardo vide che Aviendha lanciava occhiate severe alle altre donne. Non ebbe tempo per un terzo esame; non appena vide Elayne, Aviendha balzò in piedi e lasciò cadere la tazza sul pavimento pulito da poco. Elayne aveva visto pochi Aiel se non alla Pietra di Tear, ma sapeva che nascondevano le proprie emozioni e Aviendha era molto brava a farlo. Adesso sul suo volto era dipinto un dolore autentico.

«Mi dispiace,» Elayne si rivolse alle Sorelle «ma devo portarvela via per un po’. Forse porrete parlarle più tardi.»

Alcune di loro esitarono sull’orlo della protesta, anche se non l’avrebbero mai formulata. Elayne era ovviamente la più forte della stanza, a parte forse Aviendha, e nessuna delle Aes Sedai era Adunante o membra del consiglio di Sheriam. Era molto contenta che Myrelle non fosse presente, visto che viveva in quella casa. Elayne aveva scelto l’Ajah Verde e la scelta era stata accettata, ma in un secondo tempo aveva scoperto che Myrelle era a capo dell’Ajah Verde di Salidar. Myrelle, che era Aes Sedai da meno di quindici anni. Dalle cose che erano state dette, Elayne sapeva che c’erano Verdi a Salidar che avevano portato lo scialle per almeno cinquant’anni, anche se nessuna di loro aveva i capelli grigi. Nel caso Myrelle fosse stata presente, la forza di Elayne non sarebbe servita a nulla, se la guida della sua Ajah avesse voluto trattenere Aviendha. Nella situazione attuale solo Shana, una Bianca con gli occhi tondi simili a quelli di un pesce, aprì la bocca, quindi la richiuse, anche se imbronciata, quando Elayne inarcò un sopracciglio.

Le cinque donne avevano le labbra serrate, ma lei ignorò la tensione. «Grazie» disse con un sorriso falso.

Aviendha si mise un fagotto scuro dietro le spalle, ma esitò fino a quando Elayne non le chiese apertamente di seguirla. Una volta in strada, Elayne disse: «Chiedo scusa per l’accaduto. Non permetterò che succeda di nuovo.» Di quello era sicura. Se non lei, Egwene avrebbe potuto fare qualcosa. «Temo che non ci siano molti posti dove possiamo parlare da sole. A quest’ora del giorno la mia stanza è molto calda. Potremmo cercare un po’ d’ombra, o bere del tè, se non ti hanno già riempita.»

«La tua stanza.» Non fu proprio una frase asciutta, ma era chiaro che Aviendha non volesse parlare, non ancora. La Aiel prese all’improvviso da un carro di passaggio pieno di legna per il fuoco un ramo, più lungo di un braccio e poco più spesso d’un pollice. Unendosi di nuovo a Elayne, cominciò a pulirlo con il pugnale. La lama affilata rimuoveva i rametti laterali come un rasoio. Adesso non aveva più l’espressione addolorata, sembrava piuttosto determinata.

Elayne la guardò in tralice mentre camminavano. Non credeva che Aviendha volesse farle del male, qualunque cosa sostenesse quello zoticone di Mat Cauthon, però... conosceva un po’ di ji’e’toh. Aviendha glielo aveva spiegato quando si erano trovate insieme alla Pietra di Tear. Forse Rand aveva detto o fatto qualcosa. Forse quello sconcertante labirinto di onore e obblighi richiedeva che Aviendha... ma non sembrava possibile. Forse...

Quando raggiunsero la stanza decise di affrontare l’argomento per prima. Di fronte all’altra donna — non abbracciando saidar deliberatamente — disse: «Mat sostiene che tu sia venuta qui per uccidermi.»

Aviendha batté le palpebre. «Gli abitanti delle terre bagnate capiscono sempre le cose al contrario» rispose meravigliata. Appoggiò il bastone sul letto di Nynaeve e vi mise accanto la cintara con il pugnale. «La mia sorella prossima Egwene mi ha chiesto di vegliare su Rand al’Thor per te, cosa che avevo promesso di fare.» Il fagotto e lo scialle finirono in terra vicino alla porta. «Ho un toh nei suoi confronti, ma uno ancora più grande nei tuoi.» Slacciò la blusa e se la sfilò, quindi si calò la sottoveste fino alla vita. «Amo Rand al’Thor e una volta sono anche andata a letto con lui. Ho un toh e ti chiedo di aiutarmi a soddisfarlo.» Voltandole le spalle si inginocchiò nel poco spazio disponibile. «Puoi usare il bastone o il pugnale, come preferisci, il toh è mio ma la scelta è tua.» A quel punto alzò il mento raddrizzando il collo. Aveva gli occhi chiusi. «Qualsiasi cosa sceglierai, l’accetterò.»

Elayne pensava che le ginocchia le avrebbero ceduto. Min aveva detto che la terza donna era pericolosa, ma Aviendha? Un istante! Aveva detto che lei... con Rand! La mano scattò verso il pugnale sul letto ed Elayne incrociò le braccia per trattenersi dal proseguire. «Alzati e rimettiti la blusa. Non ti colpirò con...» Solo una volta? Strinse ancora di più le braccia per tenere le mani ferme, «...e di sicuro non toccherò quel pugnale. Per favore, mettilo via.» Glielo avrebbe anche passato, ma non era sicura di poter toccare un’arma proprio in quel momento. «Non hai alcun toh nei miei confronti.» In quella frase aveva creduto. «Amo Rand, ma non mi importa se lo ami anche tu.» La bugia le scottava sulla lingua. Aviendha era andata a letto con lui?

Girandosi da inginocchiata, Aviendha la guardò corrucciata. «Non sono certa di capire. Stai proponendo di dividerlo? Elayne, noi siamo amiche, ma dovremmo essere sorelle prime se dobbiamo poi diventare sorelle mogli. Ci vorrà del tempo per sapere se possiamo farlo.»

Accortasi di essere rimasta a bocca aperta, Elayne la chiuse.

«Immagino che ci vorrà del tempo» concordò sommessamente. Min continuava a dire che lo avrebbero condiviso, ma di sicuro non in questo modo! Anche solo pensarlo era indecente! «La situazione è leggermente più complessa di quel che pensi. C’è anche un’altra donna che lo ama.»

Aviendha si alzò con tale velocità che sembrò trovarsi per magia prima in un posto e poi in un altro. Gli occhi verdi dardeggiarono e impugnò l’arma.

Elayne stava quasi per ridere. Un istante prima aveva parlato di condividerlo e poi era diventata feroce come... come... come me, pensò, non totalmente compiaciuta della conclusione. Avrebbe potuto essere peggio, molto peggio. Avrebbe potuto trattarsi di Berelain. Visto che doveva per forza essere qualcuno, tanto valeva che fosse Aviendha. E tanto vale che me la veda con questo problema, invece di scalciare la gonna come una bambina, si disse. Sedendosi sul letto si poggiò le mani in grembo. «Metti via quella cosa e siediti, Aviendha. E per favore, rimettiti la blusa. Ho molte cose da dirti. C’è una donna — mia amica e sorella prossima — di nome Min...»

Aviendha si vestì, ma passò molto tempo prima che si sedesse e ancora di più prima che Elayne la convincesse che non aveva senso unirsi contro Min. Almeno su quello concordarono. Alla fine Aviendha disse con riluttanza: «Devo prima conoscerla. Non lo condividerò con una donna che non posso amare come una sorella prima.» Lo disse studiando Elayne, che sospirò.

Aviendha avrebbe preso in considerazione l’idea di condividerlo con lei. Min era pronta a farlo. Era lei la sola delle tre che fosse normale? Secondo la mappa che aveva riposto sotto al materasso, aveva dedotto che Min presto si sarebbe trovata a Caemlyn, o forse vi era già arrivata. Non sapeva di preciso cosa desiderava che accadesse fra loro, solo che Min doveva usare le sue visioni per aiutarlo, il che significava che avrebbe dovuto stargli molto vicina. Mentre lei sarebbe andata a Ebou Dar.

«C’è qualcosa nella vita che sia semplice, Aviendha?»

«Non quando sono coinvolti gli uomini.»

Elayne non fu sicura di cosa l’avesse sorpresa maggiormente, scoprire che lei stava ridendo o che lo stesse facendo Aviendha.

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