22 Due tutori assenti

Il mattino successivo, quando Ducon bussò di buon’ora alla porta di Lydea, la ragazza si accorse che appariva diverso. Come lei, anche Ducon quel giorno non portava il suo vero volto; a nasconderlo c’era una maschera rigida e seria, dagli occhi guardinghi. Lo sconosciuto che la maestra Spina ricevette nella sua camera non fece preamboli, quasi che anche lei fosse solo un’estranea.

«Non sono riuscito a trovare Camas Erl. E ho scoperto che la vita di Kyel è in pericolo.»

Lydea sentì il sangue salire dal viso. Ma la maestra Spina unì compostamente le mani e domandò, con calma: «Cosa mi consigli di fare?»

«Non lasciarlo un momento, quando sei con lui. Soprattutto se qualcuno che non ti aspetti entra in biblioteca.»

«Tu sarai con noi, però», gli ricordò lei, all’improvviso poco sicura anche di questo. Lui non lo era di più; si passò una mano sul viso, toccando l’escoriazione senza volerlo, e fece una smorfia.

«Questa mattina, Domina Pearl si consulterà con i suoi consiglieri», mormorò, attribuendo quel titolo civile agli individui che la donna aveva prelevato dai bassifondi del porto per introdurli nella sala del consiglio. «Non si accorgerà della mia assenza.»

Lydea deglutì a vuoto. «E dove andrai?»

«Ho intenzione di cercare subito un certo posto, un posto segreto», rispose lui sottovoce. «Non appena lo avrò trovato, tornerò qui, possibilmente prima che lei venga a portarsi via il principe. Se qualcuno entrasse in biblioteca quando sei sola con lui, chiama le guardie. Se Domina Pearl arrivasse mentre non ci sono, dille che ho sentito delle voci su Camas Erl e sono andato a indagare.»

«Cosa… cosa dovrò insegnare al principe?» balbettò lei, spaventata a quel pensiero.

«Qualsiasi cosa. Non importa.» Lui si chinò a raccogliere un libro tra gli oggetti disseminati sul pavimento accanto al letto. «Stavi studiando? Cos’è questo?»

«Un libro di racconti. Camas mi ha chiesto di leggerlo, e di annotare i riferimenti con la storia del ventaglio.»

«La cosa?»

«La città-ombra. In attesa di quella che lui chiama ‘la trasformazione’. Crede che sia una cosa vera.»

Ducon la guardò in silenzio, con un’espressione che lei non riuscì a decifrare. «E tu?»

«Non saprei. Come si fa a saperlo? Se è una cosa accaduta davvero, nessuno la ricorda. Eppure si può vederne la storia in tutti quei libri. Scivola fuori senza che nessuno se l’aspetti, come il sole in un giorno nuvoloso, un bagliore di luci attraverso il mondo. E poi se ne va. Ma non abbandona il tuo cuore altrettanto in fretta. Il cuore ricorda. E così il racconto si fa strada nella storia.»

Lui la stava ancora guardando. Lydea vide la luce passargli negli occhi trasformandoli in argento, e infine lasciarli di nuovo freddi, metallici. «Strano», sussurrò lui. Poi ritrovò la voce. «Forse è questo che è successo a Camas Erl.»

«Cosa?»

«È stato trasformato.»

«Ducon…» Le mani di lei, ancora strette insieme, erano gelide. «Ho molta paura.»

«Sì.» Hai motivo di averla, le disse il volto di lui. Le si avvicinò e le prese le mani. Anche le sue non erano troppo calde, ma la voce suonò meno lontana. «Tu», disse dolcemente, «sei l’insegnante del principe, e la maestra Spina è una donna forte e capace. È in lei che Kyel ha riposto il suo cuore, e lei non deve cederlo a nessuno.»

«Dove vai?» volle sapere Lydea. «Cosa vai a cercare?»

Ma lui non rispose.

Poco più tardi Ducon la raggiunse in biblioteca, e insieme aspettarono l’arrivo della reggente e del principe. Con labbra così strette che la sua bocca sembrava quella di una tartaruga, la Perla Nera gettò lì alcune secche osservazioni sull’assenza di Camas Erl. Lydea si aspettava che l’atmosfera temporalesca intorno a lei rombasse di tuoni e crepitasse di fulmini da un momento all’altro. Con suo sollievo la donna non si trattenne. Doveva occuparsi di affari urgenti, disse a Ducon, esasperata: lui sarebbe rimasto lì a far lezione a Kyel, e poi avrebbe continuato a cercare Camas.

Non appena restarono soli, Lydea sedette accanto al principe, lo salutò nel loro modo privato e fu ricompensata nel veder sorgere il sole del riconoscimento nei suoi occhi. Quando si voltò a cercare Ducon con lo sguardo, si accorse che era già uscito.

La maestra Spina proseguì la lezione con calma; Kyel non notò nessun nervosismo in lei. Ma quando, dopo circa un’ora, la ragazza passò dalla calligrafia alla storia, lo sentì diventare inquieto. La sua non era la voce della storia, e Ducon era l’altra solida roccia a cui Kyel poteva aggrapparsi nella corrente ostile della sua vita. Si voltò verso il tavolo alle loro spalle, dove il giovane sedeva a disegnare quando aspettava che loro due finissero l’ora di calligrafia. Poi la guardò e con strana calma disse: «È Ducon che mi insegna storia».

«Ducon ha altro da fare, mio signore. Oggi il tuo tutore sono io. La cosa ti dispiace?»

Lui scosse il capo, senza mostrare nessun dispiacere, e le si accostò, per guardare il libro dal quale leggeva e seguire il suo dito che scivolava da una parola all’altra.

Ducon fece ritorno così in silenzio che lei non si accorse della sua presenza finché, lottando su un elementare calcolo matematico che li stava costringendo a contare sulle dita, si guardò attorno come a supplicare disperatamente qualcuno.

Lui era lì che leggeva, con le lunghe gambe accavallate, un gomito posato sul tavolo e una mano sulla fronte per ombreggiarsi gli occhi da un raggio di luce.

Lydea si sentì sciogliere per il sollievo. Tornò a essere la maestra Spina, impantanata in un groviglio di numeri, e aprì la bocca per chiedere il suo aiuto.

Dalla porta più lontana della biblioteca provenne l’eco di un passo. Un’ombra, simile a una figura senza volto, distesa sul lucido pavimento, attraversò la soglia. Lydea trattenne le parole in gola e la guardò. Ducon non si mosse, ma girò un poco la testa bianca e cambiò la posizione delle dita a cui posava la fronte. Dava le spalle alla porta, e lei lo vedeva di profilo, ma notò che si era irrigidito. Nonostante la sua posa languida era teso e attento. Chiunque si fosse avvicinato alla porta non entrò. L’ombra li osservò per un poco; Lydea guardò l’ombra.

Poi essa si volse e scomparve dopo un paio di passi, senza fretta. Kyel le toccò una mano. «Maestra Spina», disse con la cautela che aveva imparato per sopravvivere, «possiamo usare i pollici, per contare?»

«Io li uso sempre», annuì la maestra Spina. Guardò il principe che contava e poi intingeva la penna nel calamaio per scrivere il risultato: un uovo, con una coda ricurva sul dorso come quella di un cane. In quel momento una serie di passi rapidi fece ancora sussultare Lydea. La maestra Spina si volse con calma aggraziata, inarcando un sopracciglio, e ciò che vide fu Ducon che entrava dalla porta principale della biblioteca. Gli occhi di lei si spalancarono. La sua bocca dimenticò di respirare.

Ducon venne a fermarsi vicino a loro, accennò al libro rimasto aperto sul tavolo accanto e domandò: «Camas è tornato?»

No dissero le labbra di lei, senza suono. Con uno sforzo si alzò e ritrovò la voce. «Continua a fare pratica con i numeri, mio signore, mentre io parlo con tuo cugino.»

Ducon la seguì dall’altra parte della sala. Nel vedere l’espressione tesa di lei si rabbuiò in viso. «Che succede?» le domandò.

«Qui c’era qualcuno», mormorò lei.

«Qualcuno chi?»

«C’eri tu», rispose lei, con un tremito. «Stavi a quel tavolo, e leggevi.» Ducon passò il libro nell’altra mano e le strinse un braccio. «E poi qualcun altro ha cercato di entrare. Chiunque fosse, ti ha visto seduto là, e se n’è andato.»

Lydea lo vide diventare pallido come un morto. Le lasciò il braccio e andò a sedersi al tavolo. Cercò di parlare, deglutì, poi all’improvviso i suoi occhi s’inumidirono e lei vide con sorpresa che stava piangendo.

«Quello non ero io», sussurrò Ducon.

«Sembravi tu.»

«Lo hai visto chiaramente in faccia?»

«No. Tu avevi… lui aveva una mano sugli occhi.» Lydea si sentì chiudere la gola, senza capire il perché. «Ducon, chi era quell’uomo?»

«Una delle facce uscite dal mio carboncino. L’ho visto per la strada; l’ho visto in sogno. L’ho visto nella tenebra assoluta, nel cuore dei passaggi segreti del palazzo. Sul confine tra la luce e l’ombra.»

«Lui è te?» domandò lei, incredula.

«No. Se si fosse lasciato vedere in faccia, avresti intuito, anche senza conoscerci entrambi, che potrebbe essere mio padre.»

Lei spalancò gli occhi. Sentì l’incantesimo che le proteggeva il viso diventare fragile come una ragnatela. Ducon la toccò, con un’occhiata d’avvertimento. Subito lei unì le mani davanti all’addome, e la sua maschera quieta tornò a prendere il sopravvento sul suo vero volto.

«Nobile Ducon», disse sottovoce, «forse dovresti mostrare al principe in che posizione tuo padre potrebbe trovarsi, sull’albero genealogico della famiglia.»

«Per trovare la posizione di mio padre, maestra Spina», rispose lui, un po’ scosso, «credo che ci sarebbe bisogno ci un diverso albero genealogico.»

Quando la reggente venne a prelevare il principe, trovò tutto come si aspettava: Ducon occupato a condurre Kyel attraverso una complicata regola grammaticale, e la maestra Spina seduta a leggere dall’altra parte della sala, in attesa di essere messa in libertà.

Quando uscì, la ragazza portò un libro con sé. Era quello che il misterioso sconosciuto aveva cominciato a sfogliare prima di sparire: un’antologia di racconti per bambini. Sembrava una strana scelta, per un uomo che aveva viaggiato tra i mondi in risposta alle necessità di suo figlio. Il padre di Ducon, pensò, perplessa. Il mistero non risolto della corte di Ombria. Chi era costui, nel suo mondo? E come aveva fatto la sorella di Royce a risvegliare la sua attenzione, ad attirarlo oltre l’elusivo confine tra la luce e l’ombra e il tempo? O era stata lei ad andare da lui?

Oppure si erano incontrati alla congiunzione dei loro mondi, il posto dove l’aria e l’acqua si baciavano, e dove il fuoco al calor bianco scaturiva direttamente dal cielo per bruciare la terra?

La madre di Ducon non lo aveva mai detto. Si era limitata a partorire quel suo figlio dai capelli bianchi che, se Ducon aveva intuito giusto, apparteneva a entrambi i mondi, uno impenetrabile e l’altro assai poco sicuro per la sua sopravvivenza.

Mentre mangiava da sola nella sua stanza, Lydea cercò d’immaginare dove lui fosse andato quel mattino, e cosa stesse macchinando a sua insaputa. Poi continuò a leggere il libro che lo straniero aveva scelto. Non fu affatto sorpresa quando capitò su un’arcaica versione della storia del ventaglio.

Il mattino successivo, il protrarsi dell’assenza di Camas Erl non aveva migliorato l’umore della Perla Nera.

«Venite con me», disse bruscamente a Ducon. «Voi vi siete introdotto nelle mie stanze private, cercando di ficcare il naso in segreti che non vi appartengono, per la curiosità di scoprire ciò che so e ciò che faccio. Io posso rintracciare Camas Erl, ma ho bisogno dell’aiuto di un uomo intelligente, forte e discreto. Lui non è qui a darmi una mano, perciò voi dovrete prendere il suo posto.»

Ducon fece per dire qualcosa, poi esitò. L’escoriazione sulla tempia era rossa contro l’improvviso pallore del volto, come se lei lo avesse schiaffeggiato. La donna gli rivolse il suo sorriso ferino.

«Voi vi fidate troppo facilmente, come vostro zio. Per tutti questi anni io ho insegnato a Camas, così come lui insegnava a voi. L’ho trovato un uomo utile, e non voglio perderlo. Ma se mi avesse tradito, allora voi mi aiuterete a ucciderlo. Io ho i miei metodi.»

Ducon non riuscì a trovare nulla da dire. Lydea, col cuore che le batteva forte, lottò contro l’impulso di attrarre più vicino a sé l’apatico Kyel. Perfino la maestra Spina stava sbattendo rapidamente le palpebre, agitata. Infine Ducon disse, con voce rauca: «Perché io? Qualunque sfegatato preso dalla strada potrebbe andarvi bene. Perché rivelare a me i vostri poteri segreti?»

«Perché», rispose lei, sprezzante, «mi avete dimostrato che da voi non ho niente da temere.» Chiamò le guardie in biblioteca per vegliare sul principe. «Non lasciate entrare nessuno», ordinò. «Prendete prigioniero chiunque arrivi qui.» Fermandosi su Lydea, il suo sguardo lampeggiante non prometteva niente di buono. «Voi siete stata scelta da Camas e per il momento dovrò fidarmi. Ma se parlate di questa faccenda, vi farò tagliare la lingua e la getterò nella fogna.»

La maestra Spina chinò la testa, in silenzio. La Perla Nera scrutò il giovane principe, ma nella sua espressione assente nulla le fece sospettare che avesse prestato attenzione alle sue parole. Quindi rivolse a Ducon un gesto imperioso, e lui la seguì fuori dalla sala senza guardarsi indietro.

La maestra Spina si accorse di tremare. Sedette accanto a Kyel e restò in silenzio finché sentì l’imperturbabile maschera dell’incantesimo ricoprire i suoi pensieri. Si accorse però che il bambino aveva compreso qualcosa, perché le si appoggiò a una spalla per essere confortato ancor prima che lei pronunciasse il suo nome.

Quella notte, con sollievo di Lydea, Ducon andò a farle visita nell’ora più buia. Il giovane aveva con sé una candela e la usò per accendere quelle della stanzetta, mentre lei si toglieva i capelli dal viso e scacciava gli ultimi rimasugli dei suoi brutti sogni. Nel guardarlo in silenzio la ragazza lo trovò pallido, con gli occhi cerchiati per la stanchezza e un’aria stordita. Sedettero sul letto, uno accanto all’altra, e lui si passò una mano tra i capelli sudati e scarmigliati.

«Lei ha aperto la porta per me», sussurrò, non molto chiaramente, «e io l’ho seguita là dentro. Avevo cercato quella porta dappertutto.»

«La porta della sua stanza segreta, vuoi dire?»

«Il posto dove lei lavora. Ci dorme, anche», aggiunse. «Dentro una specie di bozzolo. Credo che ogni notte quell’affare ripari la sua malridotta carcassa.»

«Ha trovato Camas?»

«In un certo senso. Sembra che lui sia andato a vagabondare nella storia. E ha parlato con un sacco di spettri. Io ho dovuto girare per lei gli specchi che usa per guardare in vari posti, e dirle ciò che so delle zone di Ombria su cui essi si aprono.»

«In quale parte di Ombria ci sono tutti questi spettri?» domandò lei, perplessa. Poi si diede la risposta da sola, col fiato mozzo. «Nella sottocittà.»

«Sì.»

«Il Nobile Erl è andato laggiù? Con la maga?»

«All’incirca. Ma possiamo considerarlo perduto; non fa che chiacchierare con gli spettri di cose senza senso. Tu l’hai conosciuto. Hai visto che tipo è. Sembrava così prudente e ragionevole… ma mi ero sbagliato.» Si alzò di scatto, e lei vide un lampo di rabbia nei suoi occhi. «Mi ha mentito, ed era pronto a tradire anche Kyel. Questo non posso perdonarglielo. Aveva il vestito sporco e stracciato, i capelli appiccicati al viso, e l’aria di non aver mangiato più di quello che mangiano gli spettri. Domina Pearl non è riuscita a capire in che punto della sottocittà fosse. Non è in grado di dire se Faey abbia qualcosa a che fare con gli spettri che stanno con Camas. Se lui avesse saputo della loro esistenza, sarebbe andato a cercarli già da un pezzo e per conto suo; nessuno avrebbe potuto trattenerlo. Lei ha cercato di richiamarlo qui.»

«E lui non ha voluto venire?»

«Mi è sembrato che non l’abbia neanche sentita.» Ducon fece qualche passo avanti e indietro, poi si voltò verso Lydea. «Adesso lei vuole che io vada laggiù e lo porti fuori. Con l’aiuto di Faey, dice lei, se ne avrò bisogno. Mi ha assicurato che la maga l’ha in simpatia e fa sempre quello che lei chiede.»

Lydea ripensò a quando Faey camminava sulla riva del fiume con Ducon su una spalla, e alla fredda rabbia con cui si era voltata nel sentirsi paragonare a Domina Pearl. «È ridicolo.»

«È quello che lei pensa. Sono venuto a dirtelo adesso, perché tu sappia dove sarò domani.»

Una morsa di paura strinse la gola di Lydea. «Mi lascerai sola…»

«Farai lezione a Kyel.»

«Sono sorvegliata da una donna capace di farmi tagliare la lingua per una sciocchezza. Se si accorge che so a malapena contare sulle dita…»

Lui tornò a sedersi sul letto e le scostò una ciocca di capelli dal volto. «Anche in queste condizioni riesci a sembrare una calma e dignitosa istitutrice, maestra Spina. Domina Pearl ha troppe cose a cui pensare per ricordarsi che tu esisti.»

«Me lo auguro», mormorò lei. Poi, per qualche motivo, la riservata maestra Spina si trovò a stringergli un polso. «Ma, Ducon, il Nobile Erl sa chi sono io! Me lo ha detto! Se lo riferisse a lei…»

«No, non lo farà», rispose subito Ducon. «Lo sapeva fin dall’inizio, e non le ha detto niente. Se gliene parlasse ora, resterebbe preso nella rete delle sue stesse bugie. Glielo ricorderò, non appena lo trovo. Tornerò il più presto possibile; non oso lasciare solo Kyel troppo a lungo.»

«Sii prudente. Non perderti insieme al Nobile Erl.»

«Non è questo che intendo fare.»

Qualcosa nella voce di lui la fece irrigidire. «Che vuoi dire?»

«C’è una domanda che devo porgli. Voglio sapere cosa desidera tanto intensamente che per averlo distruggerebbe la Casa dei Greve e la città che ama.»

Ducon si alzò. Per un istante indugiò con una mano accanto a una guancia di lei, poi si voltò senza toccarla e uscì.

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