36

Dopo pranzo Heather riattraversò il campus per tornare al lavoro nella sua struttura. Nel frattempo Kyle e Becky, raggiunto il laboratorio, riferirono a Cita quanto Heather aveva scoperto circa il messaggio di Huneker. La SCIMMIA ascoltò imperturbabile, senza fare commenti.

L’ultima dose di psicospazio alla struttura grande l’aveva avuta Becky, quindi adesso era il turno di Kyle. Lasciò Cita in funzione e con l’aiuto di sua figlia si rinserrò nella cavità per vedere di risolvere, una volta per tutte, una certa questione rimasta in sospeso.

Aveva già tutto il piano ben congegnato in mente, ogni particolare di come le cose si sarebbero svolte. Avrebbe atteso nel vialetto sotto Lawrence West: aveva costeggiato in auto l’edificio abbastanza volte per conoscerne bene la conformazione esterna. Sapeva che Lydia Gurdjieff lavorava ogni sera fino alle nove o giù di lì. Avrebbe aspettato che la donna lasciasse il vecchio immobile ristrutturato e s’incamminasse per il vialetto sul lato est. Poi sarebbe sbucato dall’ombra.

— La signora Gurdjieff? — avrebbe domandato.

La donna avrebbe sollevato lo sguardo, allarmata. — Sì?

— Lydia Gurdjieff? — avrebbe insistito Kyle, quasi a fugare ogni eventuale dubbio.

— Sono io.

— Mi chiamo Kyle Graves. Sono il padre di Mary e Becky.

La donna avrebbe preso a indietreggiare. — Mi lasci in pace — avrebbe detto. — Altrimenti chiamo la polizia.

— Prego, si accomodi, faccia pure — avrebbe replicato Kyle. — E anche se non è iscritta a nessun albo, già che ci siamo sarà bene far intervenire anche l’Associazione Psichiatrica e la Commissione Sanitaria.

La Gurdjieff avrebbe continuato a indietreggiare. Guardandosi alle spalle avrebbe veduto un’altra figura profilarsi in fondo al vialetto.

— Quella è mia moglie Heather — le avrebbe detto Kyle cogliendo il gesto. — Se non sbaglio vi conoscete già.

— Si… signora… Davis? — avrebbe balbettato la Gurdjieff, se, pur avendola incontrata una sola volta, fosse riuscita a ricordarne il volto e il nome. Poi: — Vi avverto che ho un allarme antistupro.

Kyle avrebbe annuito, quasi con indifferenza. Il suo tono di voce si sarebbe mantenuto assolutamente calmo.

— E senza dubbio sarebbe pronta a usarlo anche se non vi fosse alcuno stupro, vero?

A questo punto sarebbe intervenuta Heather. — Così come non ha avuto scrupoli ad accusare mio padre di avermi usato violenza, sebbene egli fosse morto prima della mia nascita.

La donna si sarebbe fermata, esitante.

— Non intendiamo farle alcun male, signora Gurdjieff — avrebbe detto Heather avvicinandosi e allargando leggermente le braccia. — Anche mio marito non le torcerà un capello. Ma lei deve ascoltarci. Deve sapere che cosa ha fatto a Kyle e a tutta la nostra famiglia.

— Heather avrebbe sollevato la mano, mostrando il camcorder che celava in pugno. — Come vede ho portato una videocamera. Voglio registrare questo incontro, in modo che quando sarà finito non vi sia posto per ambiguità o fraintendimenti o distorsioni o manipolazioni di alcun genere. — Poi, in tono più tagliente, avrebbe aggiunto: — E neppure per falsi ricordi.

— Non potete farlo — avrebbe protestato la Gurdjieff.

— Dopo quello che ha causato a me e alla mia famiglia — avrebbe replicato Kyle cercando di controllare la propria voce — credo proprio che potremo fare tutto quello che ci pare… compreso divulgare la registrazione di questo incontro insieme a ogni altra prova contro di lei. Mia moglie ultimamente è diventata un po’ una celebrità, le televisioni se la contendono. È in condizione di rivelare al mondo intero in che razza di immonda degenerata imbrogliona abbiamo avuto la sfortuna di imbatterci. Se non ha la licenza non gliela potranno togliere, comunque possiamo sempre rovinarle la piazza e impedirle di fare altre vittime.

La Gurdjieff avrebbe guardato a destra e a sinistra come un animale in trappola, cercando una via di scampo. Poi sarebbe tornata a rivolgersi a Kyle. — Avanti, su, vi ascolto — si sarebbe infine rassegnata, incrociando insolente le braccia sul petto.

— Lei non ha idea di quanto io ami le mie figlie — avrebbe ripreso Kyle scandendo bene le parole. — Quando nacque Mary, ero l’uomo più felice del pianeta. Stavo lì le ore intere semplicemente a guardarla. Era così piccola, così minuscola. I ditini delle mani e dei piedi… mi sembrava impossibile che potesse esistere qualcosa di tanto piccolo e delicato. Dal primo istante che la vidi, seppi che avrei dato la vita, per lei. Capisce, signora Gurdjieff? Per Mary mi sarei preso volentieri una pallottola nel cuore, per Mary non avrei esitato a entrare in una casa in fiamme. Significava tutto per me. Io non sono un credente, ma per la prima volta in vita mia mi sentivo davvero santificato.

La Gurdjieff l’avrebbe fissato con immutata espressione di sfida, ma senza replicare.

— E poi — avrebbe continuato Kyle, accennando a sua moglie — undici mesi dopo, Heather era di nuovo incinta. Non è che all’epoca le nostre finanze fossero proprio floride, e un secondo figlio non ce lo potevamo davvero permettere. Heather sarebbe stata anche disposta ad abortire. Però lo volevamo tutti e due un altro bambino. Quindi m’ingegnai a trovare un po’ di supplenze, qualche ripetizione, classi serali… E insomma in qualche modo ce la facemmo, all’occorrenza bisogna pur sapersi arrangiare.

Ciò detto, Kyle avrebbe volto lo sguardo a Heather,. cercando di decidere se voleva sul serio rivelare a sua moglie quel segreto che per tanti anni aveva tenuto solo per sé. Poi, stringendosi un poco nelle spalle, consapevole di quanto insignificanti certi scrupoli stessero per diventare, avrebbe proseguito.

— Sarò sincero, signora Gurdjieff… una femminuccia l’avevamo già, e francamente speravo in un maschietto. Sa, per andarci a pesca, per giocarci a pallone. Avevo persino immaginato… in certe cose noi uomini a volte siamo proprio ridicoli… di chiamarlo Kyle junior. Ma quando alla fine arrivò, era di nuovo una bambina. Non me ne resi conto immediatamente, mi ci volle qualche secondo, poi dovetti affrontare la realtà. Un terzo tentativo era da escludersi. Questa gravidanza era stata molto difficile per mia moglie. Compresi, quindi, che un figlio maschio non l’avrei mai potuto avere. Ma non importava, perché Becky era perfetta.

— Ascolti un po’ — avrebbe cercato di reagire la Gurdjieff. — Non so proprio…

— E infatti! — l’avrebbe bruscamente interrotta Kyle. — Lei non sa. Non sa nulla. Le mie figlie erano tutto, per me.

— Il solito ritornello dei genitori snaturati — avrebbe ribattuto la Gurdjieff. — Figuriamoci se ci credo. Ho trascorso centinaia di ore, con le sue figlie, per portare a galla la verità.

— Vorrà dire piuttosto che ha trascorso centinaia di ore con le nostre figlie per ficcar loro in testa quelle idee perverse — sarebbe intervenuta Heather.

— Ripeto: è quello che dicono tutti.

Lì Kyle non sarebbe riuscito a trattenere la rabbia, e avrebbe cercato un epiteto forte, qualcosa che non usava da anni, una di quelle metafore che più sono eccessive più colgono nel segno. — Brutta troia bastarda, tanto hai fatto che sei riuscita a rivoltarmele contro, ma Becky ha ritrattato, e…

— Ah, sì? — avrebbe chiocciato la Gurdjieff con aria compiaciuta. — Be’, sapete, a volte succede. Non siamo tutti uguali. C’è gente che getta la spugna, che rinunzia a lottare. Come nella Germania nazista, dove…

Certo, Germania nazista, avrebbe detto proprio un’idiozia del genere.

— Ha ritrattato per il semplice fatto che non era vero — avrebbe replicato Kyle.

— Ah, non era vero? E allora me lo dimostri.

— Lurida iena rognosa, ma io ti…

Heather però l’avrebbe messo a tacere con un’occhiata, soggiungendo quindi, in tono misurato: — Certo che possiamo dimostrarlo, in tutto e per tutto. Nei prossimi giorni verrà diffusa una notizia che cambierà il mondo. E lei stessa potrà acquisire la prova assoluta che ha convinto me e mia figlia.

Kyle avrebbe sospirato, poi, controllandosi: — Lei deve molto a mia moglie, signora Gurdjieff. Fosse per me, dedicherei la vita di qui in avanti a svergognarla e a fare in modo che non trovi più uno straccio di cliente… ma mia moglie mi ha convinto che non sarà necessario. La sua professione sta per mutare drasticamente, forse anche per scomparire del tutto, nelle prossime settimane. Ma voglio almeno che per il resto dell’esistenza lei abbia un pensiero conficcato nella mente: che Mary, mia figlia, quella creatura meravigliosa, si è tagliata le vene per causa sua, dopo di che non contenta lei ha quasi distrutto quel che restava della mia famiglia. E spero che il rimorso per le infamie che ha commesso possa perseguitarla fino al giorno della sua morte, fino all’ultimo minuto, fino all’ultimo respiro.

Avrebbe cercato il volto di Heather, quindi un estremo sguardo a trafiggere la Gurdjieff.

— Adesso sì — avrebbe dichiarato, finalmente soddisfatto, mentre quella stava lì a bocca aperta — possiamo dire veramente di averci messo una pietra sopra.

Poi avrebbe raggiunto sua moglie, e insieme sarebbero andati via scomparendo nella notte.

Certo, proprio questo voleva fare, esattamente questo progettava di fare, precisamente questo aveva bisogno di fare…

Ma ecco che tutto d’un tratto la sua feroce determinazione veniva meno.

Si era immedesimato intensamente in quella fantasticheria e, come diceva Heather, nella terapia junghiana tocca spesso all’immaginazione prendere il posto della realtà. I sogni sono importanti e possono aiutare a guarire. Questo aveva funzionato di sicuro.


…avendo chiesto a Becky il permesso di entrarle nella mente, volle assistere a qualche seduta “terapeutica”, constatare da sé che cosa fosse andato storto, come si fosse attuata quella manipolazione della realtà, in quale modo le sue figlie fossero state indotte a vedere in lui un degenerato.

Non intendeva minimamente immischiarsi coi fetidi pensieri di Lydia Gurdjieff… meglio piuttosto camminare a piedi nudi in una squacquera di merda e vomito. Ma, analogamente al suo corrispettivo bidimensionale, l’oscillazione di Necker a livello di psicospazio, come ogni illusione ottica che si rispetti, avveniva talvolta per scelta e talaltra per caso.

Finì dunque per ritrovarsi, quando meno se l’aspettava, nella mente di Lydia.

La quale gli apparve, a prima vista, ben diversa da come si aspettava.

Almeno in superficie non era affatto tenebrosa, grondante malvagità, ribollente di depravazione.

Ma tutta fremente di vita, ricca e complessa e impetuosa e luminosa come la mente di Becky, come la mente di Heather, come la mente dello stesso Kyle.

Lydia Gurdjieff era una persona. Per la prima volta in assoluto Kyle riconobbe che si trattava, in effetti, di un essere umano.

Avrebbe ovviamente potuto, con modesto sforzo di volontà, traslare in una qualunque delle persone i cui volti traversavano la mente di Lydia: ella pareva trovarsi al momento in un magazzino d’alimentari, intenta a spingere il suo carrello lungo un’ampia corsia affollata. Oppure gli sarebbe bastato visualizzare la metafora soluto-solvente per sottrarsi a lei.

Però non lo fece. Sorpreso da quanto aveva trovato, decise di soffermarsi un po’. Avendo già avuto qualche assaggio di sedute “terapeutiche”… cui non poteva pensare se non virgolettandole… dall’angolatura di Becky, ora non gli fu difficile individuare analoghe circostanze nell’ottica di Lydia.

E tutt’a un tratto le virgolette volarono via, come pipistrelli roteanti nella notte. Per quanto riguardava Lydia, si trattava di terapia nel vero senso del termine. Becky era così incredibilmente triste e aveva già manifestato sintomi di bulimia. In quella ragazza c’era evidentemente qualcosa che non andava. Netta e indiscutibile, Lydia avvertiva la sua sofferenza così come, per tanto tempo, aveva percepito la propria. Certo, il ricorso alle purghe si poteva anche semplicemente ricondurre al desiderio di rimanere magra. La pressione esercitata in mille modi sulle donne per indurle ad adeguarsi a ridicoli modelli di snellezza continuava immutata, decennio dopo decennio. Lydia non aveva dimenticato che cosa vuol dire essere giovani. Anche lei, all’età di Becky, rimirandosi tutta nel grande specchio del bagno, aveva provato un amaro senso d’inadeguatezza. E anche lei si era purgata, credendo che tutto il problema stesse in quell’assillo della linea… mentre solo più tardi aveva appreso che i disordini alimentari sono di solito associati ad abusi sessuali.

E i segni sospetti, Becky li mostrava tutti. Lydia c’era già passata. Suo padre se l’era portata nel suo covo notte dopo notte, costringendola a toccarlo, a prenderglielo in bocca, facendole giurare il segreto più assoluto, dicendole che sua madre ne sarebbe morta se avesse saputo che papà preferiva Lydia a lei.

Se questa povera ragazza, questa Becky, aveva dovuto subire lo stesso inferno, allora forse Lydia poteva aiutarla a ritrovare un poco di serenità, così come l’aveva ritrovata Lydia stessa dopo avere affrontato suo padre insieme a Dafne. Impossibile ignorare che Mary, sorella maggiore di Becky, convinta che il proprio malessere lacerante fosse solo da imputarsi alla morte della cara amica Rachel Cohen, aveva scoperto che c’era ben altro, quando sotto la guida di Lydia s’era spinta a indagare senza remore. Nessun dubbio che anche Becky fosse caduta nella rete, similmente a Dafne, sorella minore di Lydia, oggetto di attenzioni morbose da parte di un genitore scellerato.

Kyle si ritrasse inorridito. Lydia aveva sbagliato, indubbiamente… ma non era una persona malvagia. Era stata indotta in errore da esperienze personali che l’avevano smisuratamente, irrimediabilmente segnata. Scavandole nell’intimo, Kyle non solo scandagliò la sua memoria, ma ebbe accesso anche a quella di suo padre. Un laido rottame sdentato e incontinente, psichicamente e fisicamente ormai quasi distrutto dal morbo di Alzheimer, ma dai ricordi ancora perfettamente leggibili: era stato davvero il bruto la cui zannata purulenta come uno sconcio bubbone Lydia si portava marchiata in fondo all’anima. No, non era certo Lydia la persona con cui misurarsi. Suo padre, piuttosto, Gus Gurdjieff, fosse stato ancora vivo nel senso vero del termine, lui sì che avrebbe incarnato il giusto bersaglio per la collera di Kyle.

Lydia non era un mostro. Naturalmente non avrebbe mai potuto trattarla amichevolmente, o sedersi a chiacchierare insieme a lei davanti a una tazza di caffè, o anche solo avvicinarla senza provarne repulsione. Infinitamente peggio di Cory e della sua innocua messinscena, il terzo occhio di quella sventurata veggente era opaco, velato di tenebra, rivolto all’abisso, sintonizzato sul male.

Kyle non l’avrebbe affrontata. Come le aveva detto nel loro incontro immaginario, era una professione, la sua, destinata comunque a stravolgersi drasticamente nell’arco di pochi giorni. Lydia Gurdjieff non avrebbe più potuto in alcun modo infliggere ad altri il calvario imposto a Kyle e alla sua famiglia. Terapia, consulenza, comunque preferisse definirla, si sarebbe spogliata di ogni significato. Nessuno sarebbe stato più tratto in inganno circa la vera natura di un altro essere umano. Non c’era bisogno di fermarla: quella donna era già morta e sepolta.

Kyle precipitò fuori di lei, abbandonando per sempre la mente tortuosa, smarrita, infelice, di Lydia Gurdjieff.

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