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Kyle camminava lungo Willcocks Street, proveniente da New College e diretto a Mullin Hall, ma venne abbordato da un giovanotto con camcorder prima d’incrociare la St. George.

— Signore, mi scusi. La prego, signore. Sì, lei. Sono Dale Wong di City-tv. Vorremmo rivolgerle una domanda. Oggi è il decimo anniversario della ricezione del primo radiomessaggio da Alpha Centauri.

— Davvero?

— Certo, signore. Quali riflessi ha avuto sulla sua vita, in questi dieci anni, il sapere che esiste vita intelligente in altri luoghi dell’universo?

Kyle aggrottò la fronte, riflettendo. — Bella domanda. È senza dubbio interessante… si figuri che proprio mia moglie è impegnata a decifrare i messaggi alieni.

— Ma in qual modo ha cambiato lei… la sua visione delle cose?

— Be’, immagino che abbia cambiato un poco il mio punto di vista. Vede… tutti i nostri problemi non sono granché, a confronto dell’universo infinito. — Parole che suonarono false alle sue stesse orecchie. Kyle rimase in silenzio per qualche secondo… abbastanza, pensò, da costringere l’intervistatore a un pizzico di montaggio prima di mandare in onda. — Anzi, no. Niente del genere. Vuole la verità? Non ha cambiato un bel nulla. Per quanto si allarghino le prospettive, noi uomini sappiamo solo contemplarci l’ombelico.

— Molte grazie, signore. Davvero… Signora! Signora! Un attimo del suo tempo, per favore!…

Kyle riprese il cammino.

Sino allora non se n’era mai ben reso conto, ma il suo attuale progetto di ricerca aveva evidentemente avuto origine in quella lontana primavera del 1996, proprio il giorno in cui aveva saputo della gravidanza di Heather.

— Dunque — aveva continuato il professor Papineau — le frange d’interferenza risultanti dal passaggio di un solo fotone attraverso due fessure potrebbero essere la prova dell’esistenza di una molteplicità di universi. Ma, potreste domandarmi, che cosa c’entra tutto ciò con i computer? — E rivolse un gran sorriso ai suoi studenti.

— Bene, riprendiamo il nostro esempio di Kyle che si reca al lavoro. In un universo, egli cammina attorno al lato est di Queen’s Park; nell’altro, percorre il lato ovest. Ora, Kyle, supponga che il suo capo le abbia chiesto di risolvere due problemi prima di arrivare in ufficio, e che lei, essendo rimasto fedele alle migliori consuetudini studentesche, li abbia entrambi rimandati fino all’ultimo. Le rimane tempo, mentre si reca al lavoro, per elaborare nel suo cervello la risposta a uno solo dei due quesiti. Diciamo che se lei passa sul lato ovest utilizza il tempo residuo per risolvere il problema A, mentre se passa sul lato est si dedica alla soluzione del problema B. Domanda: c’è un modo, senza rallentare e senza fare due volte il percorso attorno agli edifici del Parlamento, per trovare la soluzione di entrambi i problemi entro il tempo necessario a giungere al lavoro?

Kyle era rimasto lì come un allocco.

— Nessuno sa rispondere? — domandò Papineau, inarcando le folte sopracciglia.

— Mi sorprende che lei pensi che Graves possa risolverne anche uno solo — se ne uscì D’Annunzio.

Risatine fra gli studenti. Papineau sorrise.

— Be’, un modo esiste — proseguì il professore. — Conoscete il vecchio detto “due teste sono meglio di una”? Allora, se il nostro Kyle… quello che nel nostro universo ha deciso di passare sul lato ovest e ha risolto il problema A… potesse ricongiungersi con l’altro Kyle… quello che nell’universo parallelo è passato sul lato est e ha risolto il problema B… in tal caso avremmo la soluzione di entrambi i problemi. Si alzò una mano.

— Glenda?

— Però parlando del fotone e delle fessure lei ha detto che i due universi possono… riconglobarsi solo se non c’è modo di sapere quale strada abbia preso il fotone in ciascun universo.

— Proprio così. Ma se potessimo escogitare un metodo in base al quale non abbia assolutamente la minima importanza quale sia il percorso di Kyle in questo universo… in altre parole, un metodo per cui lo stesso Kyle non sappia quale strada ha preso, e nessuno possa osservarlo durante il tragitto… ecco, al termine del procedimento i due universi potrebbero ricongiungersi. Ma nell’universo risultante dalla riunificazione, Kyle conoscerebbe la risposta a entrambi i problemi, pur avendo avuto tempo, in effetti, di risolverne uno solo.

Papineau sorrise alla classe.

— Benvenuti nel mondo del calcolo quantico. — Fece una pausa. — Naturalmente, per Kyle non sarebbero solo due i possibili universi… egli potrebbe infatti rimanere a casa, potrebbe andare al lavoro con la sua auto, potrebbe prendere un tassì. Analogamente, è lecito immaginare l’esperimento della lampadina utilizzando decine o anche centinaia di fessure. Supponiamo dunque che ogni fotone emesso dalla lampadina rappresenti un singolo bit d’informazione. Vi ricordo che qualunque tecnica di calcolo, dalla più semplice alla più complessa, è basata sul principio dell’abaco. Per calcolare noi dobbiamo in pratica spostare degli oggetti, che si tratti di pietruzze o di atomi o di elettroni o di fotoni. Bene, se ciascuno di tali oggetti potesse trovarsi contemporaneamente in più luoghi, in più universi paralleli, saremmo in grado di risolvere molto velocemente problemi di calcolo straordinariamente complessi.

“Consideriamo per esempio la scomposizione dei numeri in fattori. Come viene realizzata? In sostanza, procedendo per tentativi, anche se ci si può aiutare con qualche espediente. Se vogliamo individuare i fattori di otto, cominciamo col vedere per quali numeri sia divisibile. Sappiamo che l’uno sta nell’otto un numero intero di volte… così come sta in qualunque numero non decimale. E il due? Sì, il due è un fattore, sta nell’otto quattro volte. Il tre? No, non ci sta un numero intero di volte. Il quattro? Sì, ci sta due volte. Ecco quindi come operiamo: a forza di calcoli, provando uno dopo l’altro tutti i possibili fattori. Man mano però che i numeri diventano più grandi, anche i loro fattori diventano sempre di più. Poche settimane fa, una rete di milleseicento elaboratori è finalmente arrivata a calcolare tutti i fattori di un numero di 129 cifre, il più grande numero che sia mai stato scomposto in fattori. Il procedimento ha richiesto otto mesi.

“Immaginiamo però un elaboratore quantico… un elaboratore cioè che sia in contatto con tutti gli altri possibili elaboratori degli universi paralleli. E immaginiamo un programma che scomponga numeri molto grandi in fattori lavorando contemporaneamente su tutte le possibili soluzioni. Peter Shor, un matematico dei Laboratori AT&T Bell, ha sviluppato un programma per fare proprio questo: provare simultaneamente ogni possibile fattore del numero di partenza esaminando solo un possibile fattore in ognuno di molti universi paralleli. Il programma fornirebbe i suoi risultati sotto forma di frange d’interferenza impresse su una pellicola fotografica. Grazie all’algoritmo elaborato da Shor, i numeri che non sono fattori verrebbero cancellati dalla figura d’interferenza, producendo zone scure. L’alternanza di fasce chiare e fasce scure formerebbe una specie di codice a barre, dalla cui lettura risulterebbe quali numeri siano effettivamente fattori del grande numero iniziale. E siccome i calcoli sarebbero effettuati in più universi paralleli, nel tempo impiegato nel nostro universo per provare un numero qualsiasi anche tutti gli altri numeri verrebbero esaminati e otterremmo il risultato. Poiché non importa quale sia il numero esaminato dal nostro elaboratore, il risultato verrebbe raggiunto quasi istantaneamente. Ciò che ai normali computer richiede otto mesi di elaborazione, per un computer quantico sarebbe questione di secondi.”

— Già, ma un computer quantico non esiste — obiettò Kyle.

— È vero — ammise Papineau. — Ancora non esiste. Ma un giorno o l’altro qualcuno lo costruirà e allora lo sapremo per certo.

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