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Flaxman e Cullingham sedevano fianco a fianco nell’ufficio ripulito per metà.

Joe la Guardia aveva ricevuto l’ordine di andare a letto: era in uno stato di assoluta prostrazione, dopo una notte di incessanti pulizie. Dormiva su una branda nella toeletta maschile, con la sua pistola-puzzola sotto al cuscino, insieme a una compressa violetta di Odor-Ban che Zane Gort gli aveva messo prudentemente vicino. Zane e Gaspard, che si erano presentati al lavoro all’alba, erano stati spinti fuori per mettere a letto Joe e poi per controllare i sistemi antifurto di tutti i magazzini che avevano un contenuto di valore inestimabile, costituito dai libri mulinati di fresco.

I due soci erano soli. Era quell’ora immacolata che, in una giornata di affari, precede l’inizio dei guai.

Quindi Flaxman la macchiò.

— Cully, so che riusciremo a convincere le uova, ma, nonostante tutto, l’intero progetto non mi entusiasma — disse tristemente.

— Dimmi perché, Flaxie — rispose tranquillo l’altro. — Credo di avere una specie di intuizione.

— Ecco il mio caro papà mi ha fatto venire un complesso delle teste d’uovo. Una fobia, potresti dire. Un accidente di fobia… fino ad ora non mi ero accorto di quanto fosse grande. Vedi, papà considerava le uova come un sacro pegno che doveva essere custodito come un grande segreto, da celarsi perfino a quasi tutti i membri della famiglia: quella specie di sacro pegno che un tempo avevano le vecchie famiglie aristocratiche inglesi. Sai, nel sotterraneo c’è l’originale in ghisa della corona d’Inghilterra, custodita da un mostro bavoso a forma di rospo; o forse c’è un prozio immortale che è impazzito alle Crociate, è diventato verde e scaglioso e deve bere il sangue di una vergine ogni volta che c’è la luna piena. O forse è una combinazione di una cosa e dell’altra, e nel sotto-sotterraneo, nella segreta più profonda, custodiscono il legittimo re d’Inghilterra di sette secoli prima, solo che ora è diventato un mostro a forma di rospo e deve bere una vasca piena di sangue di vergine ogni volta che spunta la luna… in ogni caso, c’è questo sacro pegno che custodiscono e che devono giurare di conservare, e quando il figlio ha tredici anni il padre deve dirgli tutto, con un mucchio di domande e risposte rituali, come Chi Grida Nella Notte? È il pegno, Cosa Dobbiamo Dargli? Quello Che Vuole, Cosa Vuole? Un Secchio Di Sangue, e così via e poi quando il padre ha detto tutto al ragazzo e gli fa vedere il mostro, il ragazzo ha un attacco di cuore e da allora non è più capace di far niente, se non pasticciare in biblioteca e in giardino e di dire la verità a suo figlio, quando sarà il momento. Capisci cosa intendo dire, Cully?

— Pressappoco — rispose giudiziosamente l’altro.

— Be’, comunque è così che il comportamento di mio padre mi ha spinto a considerare il Trust dei Cervelli. Dio, quel nome mi ha fatto impressione fin dall’inizio! Anche quando ero bambino sapevo che c’era qualcosa che puzzava di malaugurio, nei precedenti della mia famiglia. Il mio caro papà era allergico alle uova e non ammetteva l’argenteria sulla tavola, neppure placcata. Una volta cadde svenuto quando un nuovo robot inglese, arrivato fresco fresco da Sheffield, gli portò per colazione un uovo posato, guscio e tutto, su un portauovo d’argento. E una volta mi portò a una festa per bambini e si sentì male durante una gara che non era stata annunciata, sai, una di quelle in cui i bambini devono far rotolare le uova. E poi c’erano le misteriose telefonate che io intraùdivo a proposito della Nursery e che, secondo me, era quella in cui dormivo io; e sono stato terribilmente male, lascia che te lo dica, la volta in cui sentii papà dire (fu durante i Terzi Moti Anti Robot) “Credo che dovremmo tenerci pronti a portarli sottoterra e a fare saltare in aria la Nursery con un solo istante di preavviso, giorno o notte”.

“Per peggiorare la situazione, papà non era il tipo che amava aspettare; e non avevo ancora nove anni, altro che tredici!, quando mi portò alla Nursery, alla loro Nursery, e me li presentò tutti e trenta. Dapprima pensai che fossero una specie di menti-robot, naturalmente, ma quando mi disse che dentro ciascuno di essi c’era un cervello vero, caldo e umido, gettai via i biscotti e per poco non vomitai. Ma papà mi costrinse ad ascoltare e a vedere fino alla fine, e poi mi portò a una lezione di equitazione… papà apparteneva alla vecchia scuola. Una delle teste d’uovo mi disse: ‘Tu mi ricordi un mio nipotino che morì ottantenne centosette anni or sono’. Ma il peggio fu quello che mi rise in faccia e mi disse: ‘Ti piacerebbe venire qui dentro con me, piccolo?’.

“Be’ in seguito sognai per settimane le teste d’uovo, tutte le notti, e i sogni avevano sempre la stessa spaventosa conclusione realistica. Io ero a letto nella mia Nursery e la porta si apriva senza far rumore nell’oscurità e entrava, galleggiando a due metri dal pavimento, con gli occhi simili a fiochi carboni accesi, una di quelle cose con quello spaventoso aspetto da cranio semifinito con l’enorme calotta metallica”.

La porta dell’ufficio si aprì, senza far rumore.

Flaxman si raddrizzò sulla sua sedia, in modo che il suo corpo si trovò a un angolo di quarantacinque gradi rispetto al pavimento. Gli occhi gli si chiusero e un tremito (non forte ma evidente) lo scosse.

Ritto sulla soglia c’era un robot, sciupato al punto da sembrare butterato.

— Chi sei, ragazzo? — chiese freddamente Cullingham.

Dopo cinque secondi buoni, il robot rispose: — L’elettricista signore — e levò la chela destra alla fronte brunita e quadrata in saluto militare. Flaxman riaprì gli occhi.

— E allora ripara la serratura elettrica di quella porta! — ruggì.

— Subito signore — disse il robot con un nuovo vivace saluto. — Non appena avrò sistemato la scala mobile. — E richiuse di scatto la porta.

Flaxman fece per alzarsi, poi si lasciò ricadere sulla sedia. Cullingham disse:

— Strano! A parte il fatto che è così butterato, quel robot è l’immagine del rivale di Zane… sai, quello che una volta era fattorino in una banca, Cain Brinks, l’autore dei romanzi di Madame Iridio. Deve essere un modello molto più comune di quanto credessi. Bene, adesso, Flaxy, tu dici che le teste d’uovo ti danno fastidio, ma senza dubbio ti sei comportato con coraggio ieri, quando c’era qui Ruggine.

— Lo so, ma non credo di poter continuare — disse Flaxman in tono infelice. — Credevo che sarebbe stata una faccenda rapida assegnare loro un compito, sai, “Vogliamo trenta romanzi ipnotici, pieni d’azione, per giovedì prossimo!”; ma se dobbiamo parlare con loro e discutere e convincerli con le buone solo per indurii a provare… dimmi, Cully, cosa fai, tu, quando diventi nervoso?

Cullingham assunse un aspetto pensieroso per un momento, poi sorrise.

— Segreto per segreto — disse. — Tu serba il mio come io serberò il tuo. Vado da madame Pneumo.

— Madame Pneumo? Ho già sentito altre volte quel nome, ma non sono mai riuscito ad ottenere una spiegazione.

— Proprio così — disse Cullingham. — Molti uomini pagano somme con tre zeri soltanto per ottenere le spiegazioni che io sto per darti.

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