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— Nel centro di assistenza robotica del dottor Willi Von Wuppertal, a Dortmund in Germania — cominciò Zane — quel saggio ed empatico vecchio ingegnere permetteva ai robot malati di fare esperimenti praticandosi da soli l’elettroshock, decidendo da soli il voltaggio, l’amperaggio, la durata e le altre condizioni. L’elettroshock, vedete, ha sui cervelli elettronici ammalati lo stesso effetto benefico che ha su quelli umani; ma l’elettroshock è un’arma terapeutica a doppio taglio e non si deve abusarne, come testimonia il terribile esempio costituito dagli elettrodrogati.

“I robot erano piuttosto asociali, in quei tempi, ma due di loro, uno dei quali era un modello raffinato, ultrasensibile, creato da poco, decisero di ricevere insieme la scossa, la stessa scossa, in realtà, in modo che la corrente elettrica sarebbe entrata nei circuiti dell’uno e sarebbe passata poi attraverso quelli dell’altro. Per fare questo, era necessario che prima collegassero le loro batterie e i fili dei loro motori e dei loro cervelli elettronici. Erano collegati in serie, vedete, non in parallelo. Non appena lo ebbero fatto, non appena le batterie personali furono collegate, prima che si collegassero alla sorgente esterna di elettricità, provarono un senso di meravigliosa esaltazione e un solleticante sollievo.

“Fra l’altro, signorina, questo risponde all’incirca alla vostra domanda di poco fa, quando mi avete chiesto fino a che punto possono arrivare i robot nei loro rapporti intimi. Un solo collegamento reciproco dà una lieve brivido, ma per un piacere profondo è necessario fare ventisette collegamenti simultanei maschio-femmina. In qualcuno dei modelli più recenti, che io considero un po’ decadenti, ne sono necessari trentatré”.

La signorina Bishop si mostrò improvvisamente sbalordita.

— Allora è questo che stavano facendo quei due robot la settimana scorsa dietro i cespugli in un angolo del parco — mormorò. — E io credevo che si stessero riparando reciprocamente. O che ci provassero, almeno, e che avessero ingarbugliato tutti i fili. Ma vi prego di continuare, Zane.

Zane scosse il capo.

— Qualcuno dei nostri non conosce le buone maniere — disse. — Forse sono un po’ esibizionisti. Tuttavia, il desiderio sessuale è imperioso, impetuoso, impulsivo. Ad ogni modo, dalla Grande Scoperta di Dortmund, che naturalmente ebbe come risultato la canonizzazione ufficiale di san Wuppertal, sprizzò la sessualità robotica, che divenne un fattore vitale nella costruzione o nell’alterazione di tutti i robot. C’è ancora qualche robot inalterato, in circolazione, ma sono un gruppo di robot molto infelici. Naturalmente, molto si doveva ancora imparare sul modo di prolungare il piacere e di renderlo completo, di trattenere gli elettroni fino al momento cruciale e così via, ma era stato fatto il passo più importante.

“Si scoprì ben presto che le sensazioni erano più forti e più soddisfacenti quando uno dei robot era un tipo brusco (bruncio o robosto come diciamo noi) e l’altro delicato e sensibile (silfo o icchio, come diciamo qualche volta) anche se una differenza troppo estrema fra i due può diventare pericolosa, perché al robot icchio possono saltare i circuiti. I due robot di Dortmund diventarono i modelli per i nostri sessi maschile e femminile, per i nostri robot e le nostre robicchie, sebbene entrasse in gioco anche l’abituale tendenza robotica a copiare la biologia e le istituzioni umane. Per esempio, è diventato tradizionale che un robot, un robot bruncio, voglio dire, abbia tutte le connessioni appartenenti al tipo che voi umani chiamate maschio, ossia abbia tutte spine, mentre una robicchia abbia solo connessioni femmine, o prese. Questo può rivelarsi un contrattempo spiacevole, quando una robicchia si deve collegare a una presa a muro per rifornirsi d’elettricità in caso d’emergenza. Per questo, ogni robicchia porta con sé una doppia spina, sebbene le sia motivo di imbarazzo. E comunque non si farebbe mai vedere mentre la usa, se non nella più assoluta intimità.

“Ora potete capire perché la signorina Blushes era così turbata al pensiero di essere vista con le prese scoperte mentre veniva rifornita di elettricità in condizioni di emergenza.

“Anche l’imitazione delle istituzioni umane ebbe un ruolo importante (non sempre per il meglio, forse) nel fornire uno schema per il corteggiamento e il matrimonio fra robot, nonché per certi gradi di attaccamento e per altri tipi di unione. Senza dubbio fu questo a scoraggiare la creazione di sessi aggiuntivi e di specie interamente nuove di emozioni sessuali. Dopotutto, vedete, poiché noi robot siamo una specie artificiale, e siamo fabbricati da altri robot quanto dagli umani, in teoria potremmo creare il sesso esattamente come lo vogliamo: potremmo progettare sessi completamente nuovi… roboidi, robette, robi, robotori e persino robotroie sono i nomi che sono stati proposti; potremmo escogitare nuovi organi sessuali e rapporti non necessariamente limitati a due sole persone: questa esperienza (dei circuiti a margherita, come è chiamata) è possibile, al giorno d’oggi, ma si preferisce non parlarne. In generale, noi guardiamo al sesso con una mentalità fresca e creativa.

“Questo per quanto riguarda la teoria — disse Zane con un sospiro. — In pratica, noi robot abbiamo la tendenza a copiare da vicino il sesso umano. Dopotutto, le nostre vite sono abitualmente intessute a quelle degli umani di carne, e quando si è sulla Terra ci si deve comportare in modo terrestre, specialmente a letto… o con i fili scoperti, come diciamo volgarmente noi, qualche volta.

“Inoltre, vi è senza dubbio qualcosa di decadente, devo ammetterlo, in una illimitata creazione di sessi; potrebbe diventare una mania, assorbire tutto il pensiero robotico, specialmente perché per noi il sesso è un lusso, nel senso che, sebbene essenziale per la salute elettronica, non è essenziale per la riproduzione… per lo meno non ancora.

“Una ragione pratica decisiva che ci induce a rimanere convenzionali nel nostro sesso è la paura che, se creassimo una vita sessuale riccamente variata, fantastica ed elegante, gli esseri umani, con le loro risorse biologicamente limitate in questa direzione, potrebbero ingelosirsi profondamente e risentirsi nei nostri confronti, e noi non vogliamo certamente che questo accada!

“In ogni caso, i nostri robot e le nostre robicchie sono strettamente simili ai vostri uomini e alle vostre donne. Le nostre robicchie sono generalmente di struttura più leggera, più pronte nelle reazioni, più sensibili, più adattabili, e in complesso un po’ più stabili, sebbene abbiano, ogni tanto tendenze isteriche. Mentre i nostri robot, usando questa parola per indicare i robot robosti, sono costruiti per un lavoro fisico più pesante e per i tipi più profondi di attività mentale che richiedono cervelli elettronici molto grandi: e sono suscettibili di essere un po’ monomaniaci, con qualche tendenza schizoide.

“Le relazioni fra robot e robicchie sono in genere di tipo monogamico che comporta il matrimonio o per lo meno un rapporto costante. Per fortuna quasi tutti i lavori in cui sono impiegati i robot richiedono un numero eguale di tipi bruncio e icchio. A quanto pare, noi proviamo la stessa soddisfazione di voi umani nel sapere che c’è un individuo su cui possiamo contare completamente e con cui possiamo monopolizzare le nostre preoccupazioni e le nostre gioie, sebbene, a quanto pare, possiamo condividere il vostro desiderio per una compagnia più vasta, per una maggiore empatia e per un maggior piacere condiviso.

“Eccovi dunque la sessualità robotica ridotta al nocciolo — concluse Zane. — Io spero, signorina Bishop, che questo vi dia la necessaria prospettiva per giudicare il mio problema personale, il quale è, come ripeto: fino a che punto devo spingermi con una robicchia che trovo assai bella e attraente e che pure è nello stesso tempo un po’ stupida e molto puritana?”.

La signorina Bishop corrugò la fronte.

— Ebbene, Zane, il mio primo pensiero è questo: non è possibile modificare i circuiti della signorina Blushes, in modo che diventi un po’ meno puritana? Direi che voi robot facciate sempre cose di questo genere.

— Voi scherzate — disse Zane con voce tagliente. — Oppure no, per sant’Eando Binder?

Fece rapidamente un passo verso la signorina Bishop e levò le chele aperte per strìngerle la gola.

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