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— Salve, Gaspard — disse la signorina Bishop. — Gil, non scaldarti troppo.

— Sono venuto a salvarti — disse Gaspard, un po’ imbronciato.

La signorina Bishop fece udire una risata trillante.

— Non credo di voler essere salvata. Gil mi sta dicendo che è un uomo eccezionale, un maschio come ce n’è uno su un milione, ben degno del supremo sacrificio di qualsiasi donna. Forse è veramente speciale. Guarda quei muscoli, Gaspard. Guarda (sto citando le sue parole) quel petto villoso.

Gil Hart ridacchiò.

— Fuori di qui, pezzente — disse. — Hai sentito cos’ha detto la signorina?

Gaspard trasse un profondo respiro. Questo lo costrinse inspiegabilmente a trarne un altro e poi un altro ancora: respiri che sembravano ringhi. Le tempie gli pulsavano, il cuore cominciava a battergli più forte.

— Piccola sgualdrina! — gracidò. — Ho intenzione di salvarti, che tu lo voglia o no. E ti salverò immediatamente.

Convinto di fare un bel gesto, qualcosa che avrebbe fatto al suo posto Zane Gort (e dopotutto era furioso contro la signorina Bishop, non contro quello scimmione dal petto che sembrava un tappeto) sparò un colpo d’avvertimento, mirando al di sopra della testa dell’investigatore privato.

Le conseguenze sbalordirono Gaspard, che in tutta la sua vita non aveva mai sparato se non con una pistola a raggi. Si udì un bum tonante, il contraccolpo gli fece schizzare dolorosamente dalla mano l’arma, un fumo puzzolente si sparse tutto intorno, un foro apparve nel soffitto e l’aria cominciò a uscirne sibilando. E l’ululato dell’autocane aumentò di volume.

Gil Hart rise, lasciò cadere sul pavimento la sua strana arma, e si avventò verso Gaspard.

Gaspard lo colpì con un pugno alla mascella… un colpo convulso senza molto peso.

Gil incassò e rispose con un pugno al diaframma di Gaspard che gli fece schizzare l’aria dai polmoni con un “Ugh!” e lo mandò a finire seduto sul pavimento. Gil si piegò e l’afferrò per il colletto.

— Ho detto fuori, mascalzone — ringhiò.

Si udì un bong risonante e musicale. Un’espressione di beatitudine apparve sul viso dal mento azzurro di Gil, che fece un piccolo, elegante salto mortale al di sopra di Gaspard, si distese con un tonfo e giacque immobile.

La signorina Bishop era ritta dietro di lui; agitava il lucente femore metallico e sorrideva felice.

— Mi sono sempre domandata — disse — se sarei riuscita a dare una botta in testa a qualcuno e a metterlo fuori combattimento senza spiaccicargli il cervello. Tu non te lo sei mai domandato, Gaspard? Scommetto che è il sogno segreto di tutti.

Si lasciò cadere in ginocchio e tastò il polso dell’investigatore privato. I suoi occhi assunsero un’espressione professionale.

Gaspard si accarezzò lo stomaco e si guardò in giro, dubbioso. In alto, il soffitto aveva perduto la sua concavità e sembrava più basso di alcuni centimetri. Un attimo dopo cominciò a discendere visibilmente, e l’ululato di sirena che era rimasto come sottofondo esplose più forte, accompagnato da un terribile baccano. L’autocane si era aperto un varco, a morsi, attraverso la parete, ora che questa era diventata flaccida. In un lampo di nichelio scintillante si lanciò su Gaspard.

La signorina Bishop gli balzò davanti, tendendo l’osso metallico. Le mascelle dell’autocane si chiusero sull’osso: la belva metallica si fermò di colpo e spense la sirena così improvvisamente che il silenzio sembrò risuonare.

— Funziona come la sbarra che si mette su un magnete — spiegò la signorina Bishop a Gaspard, mentre il soffitto si abbassava dolcemente su di loro. — Gil ha voluto mostrarmelo tre volte, si divertiva un mondo a dire al cane di mordermi e poi a fermarlo con l’osso.

Finalmente Gaspard riuscì a trarre un doloroso respiro. Per un momento si sentì quasi male, poi cominciò a riprendere interesse nelle cose, in modo freddo e nebuloso.

La signorina Bishop piazzò verticalmente un tavolino per sorreggere il peso lievissimo del soffitto afflosciato. Lo spazio che occupavano, illuminato dalle lampade semisommerse nelle pareti ripiegate, era piacevolmente intimo come la tenda d’un bambino. Erano seduti sul pavimento, uno di fronte all’altra: Gaspard a gambe incrociate, lei inginocchiata. La ragazza portava ancora il pagliaccetto, sebbene il maglioncino e la gonna giacessero a portata di mano. Gil Hart russava, disteso sul dorso, con la più grande autenticità. Il suo autocane, con le mascelle serrate sull’osso, era accosciato vicino a lui, quieto come la morte.

La signorina Bishop sorrise teneramente, e anche presuntuosamente, pensò Gaspard.

— Ti senti meglio? — chiese lei.

Lui annuì debolmente.

— L’ultima volta che ti ho parlato — disse lei con una risatina — ti stavo sgridando perché non avevi portato i rotoli per i marmocchi. Ero anche un po’ più vestita. — E si guardò… molto compiaciuta, parve a Gaspard.

— Come mai sei riuscito a rintracciarmi così presto? — chiese lei. Poi raddrizzò le spalle, respirò profondamente… per ricompensarlo con un piccolo brivido, pensò Gaspard.

La guardò diritto negli occhi. Assaporando ogni singola parola, disse: — Zane Gort ha messo un microtrasmettitore in uno dei tuoi seni falsi. Vuole che tu lo spenga subito, per poter localizzare Mezza Pinta.

Era divertente guardare una ragazza che arrossiva e si infuriava nello stesso tempo, decise Gaspard.

— Quell’indecente ficcanaso di latta! — gracchiò lei. — Quell’immondezzaio elettronico da spogliatoio! Quel feticista dal cervello fatto di relais! — E lanciò su Gaspard uno sguardo folgorante. — Non me ne importa un accidente di quello che pensi tu — l’informò. Incrociò le braccia, afferrò le spalline e si abbassò il pagliaccetto e il reggiseno fino alla cintura. — Come puoi vedere benissimo — disse in tono di sfida, mentre si guardava sulle ginocchia, come per cercare il microtrasmettitore — al piano di sopra sono fatta esattamente come un bambino.

— Non esattamente — disse sottovoce Gaspard, mentre i suoi occhi si sollazzavano. — Oh, no, no, non esattamente, sia ringraziato San Wuppertal! Per qualche motivo che non ho mai potuto comprendere, molti uomini preferiscono le donne che sembrano mucche da primato con le poppe collocate orizzontalmente. Ma questo non vale per gli uomini che hanno veramente buon gusto. Sono convinto che le mostruosità ipermammarie siano state lanciate da direttori editoriali omosessuali che volevano ridicolizzare le donne presentandole come latterie ambulanti, o forse come ragazzi con pneumatici e paraurti. Ma io… datemi Diana, datemi una donna che abbia l’aspetto di essere stata creata per i giochi d’amore, e non per la produzione casearia!

— Ecco quella maledetta cosa! — disse la signorina Bishop, lanciando lontano il reggiseno. Poi guardò Gaspard con aria interrogativa. — Dicevi sul serio, Gaspard?

— Se dicevo sul serio? — fece lui, tendendo avidamente le mani. — Perché…

— Non con queste carcasse qui intorno! — disse la ragazza con voce tagliente, rimettendosi a posto il pagliaccetto. — Con cosa hai intenzione di riportarmi a casa?

— Con un elicottero che ho rubato a Heloise Ibsen — rispose secco Gaspard.

— Quella regina cannibale! Quel sultano in gonnella! Posso immaginare benissimo che razza di cestino per la carta straccia, sgargiante e sovraccarico, quella tua ex-amante disgustosamente ipertrofica può considerare come un elicottero elegante — disse la ragazza in tono di assoluto disprezzo. — Bicolore, immagino?

Gaspard annuì.

— Rifiniture cromate?

— Sì.

— Un complicato frigorifero per i liquori e gli spuntini?

— Sì.

— Un divano disgustosamente sibaritico, ricoperto di velluto e imbottito di gommapiuma, grande come un letto a tre piazze?

— Sì.

— Finestrini attraverso i quali si può vedere dall’esterno all’interno, ma non viceversa, per garantire la massima intimità?

— Sì.

— Un pilota automatico, in modo che lo si possa regolare perché vada in direzione ovest senza doverci più pensare?

— Sì.

La signorina Bishop gli rivolse un sogghigno malizioso.

— È esattamente quello che speravo.

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