26

La signorina Bishop alzò in fretta la mano. — Scusatemi, Zane, vi prego di scusarmi — disse. — Non volevo essere ironica. Mi avete semplicemente colta alla sprovvista. Farò del mio meglio per rispondere alla vostra domanda. Ma, tanto per cominciare, dovrete dirmi fino a che punto arrivano i robot nei loro rapporti intimi. Oh, Signore, adesso sembrerà che io faccia di nuovo dell’ironia, ma sinceramente, non sono troppo sicura della mia conoscenza. Dopotutto, voi siete non solo una specie diversa, siete una specie artificiale, capace di evoluzione per mezzo dell’alterazione e della fabbricazione, il che rende difficile tenersi al passo con voi. E poi, dall’epoca dei tumulti, gli uomini e i robot sono sempre stati molto guardinghi gli uni nei riguardi dei sentimenti degli altri, nel timore di sconvolgere l’attuale stato di coesistenza pacifica; si sono mossi in punta di piedi invece di parlare chiaro, e questo spiega la nostra reciproca ignoranza. Oh, so che siete divisi in robot e robicchie, e che questi due sessi trovano conforto l’uno nell’altro, ma oltre a questo punto io sono un po’ confusa.

— Comprendo perfettamente — le assicurò Zane. — Bene, per farla breve ecco di che si tratta. La sessualità robotica emerse allo stesso modo della letteratura robotica e su quest’ultima io sono veramente una autorità, anche se sono ancora in debito fino alle mie piastre facciali verso il mio costruttore e se continuo a dividere con lui i miei diritti d’autore nella misura di quaranta e sessanta per cento; vedete, non è facile essere una macchina libera professionista, si è lanciati nella vita con il carico di un debito pesantissimo, dal momento che costiamo all’incirca quanto un incrociatore spaziale o un satellite da ricerca, e ci si riduce quasi in miseria soltanto per pagare gli interessi, mentre le normali riparazioni, sostituzioni di pezzi e re-sintonizzazioni costano una somma dieci volte superiore al conto del medico d’un ipocondriaco. Qualche volta si finisce per sognare, come facevano i liberti dell’antica Roma, quanto sarebbe stato molto più semplice e più sicuro essere uno schiavo, posseduto e mantenuto da qualcun altro, una macchina spensierata senza responsabilità.

“Ma sto divagando. Quello che volevo spiegarvi, è il modo in cui nacque la letteratura robotica, è un background che vi aiuterà a capire la sessualità dei robot. È così, cari umani, mettetevelo in testa! — E fece lampeggiare brevemente il suo faro verso Gaspard e verso la signorina Bishop, in un equivalente robotico di un sogghigno.

— I primi veri robot — cominciò, — erano asessuati o piuttosto protosessuati; erano dotati di una intelligenza elevata e sapevano fare bene il loro lavoro (a questo riguardo gli umani non si poterono mai lamentare), ma erano soggetti a crisi di depressione estrema, che spesso si manifestava in una esagerata psicologia da schiavi e portava a una specie di malinconia o di psicosi involutiva che perfino l’elettroshock era impotente a guarire e che provocava un rapido deterioramento generale concluso dalla morte.

“Poche persone capivano, allora, con quanta facilità potevano morire i robot, e in quanto a questo anche oggi sono ben pochi a capirlo, per sant’Isaac! Non riuscivano a comprendere il temibile mistero di come l’agitarsi degli elettroni in circuiti complessi potesse dare origine a una mente cosciente, e non avevano idea di come facilmente quella mente potesse spegnersi. Perfino oggi la gente sembra credere che un robot non abbia bisogno di essere cosciente, credono che lo si possa fare a pezzi e riporlo in magazzino per giorni o decenni e che torni a essere lo stesso robot, quando lo si rimonta! Per Sant’Isaac, non è così! Soltanto un rivolo di coscienza può mantenere un robot vivo ed essenzialmente se stesso, ma una volta che il flusso della coscienza è interrotto, ad esempio dallo smantellamento, quel robot muore… e qualsiasi essere costruito con una qualunque delle sue parti è un altro robot, uno zombie metallico. Ecco perché noi robot dobbiamo costituirci in organizzazioni e invocare la legge per proteggerci: per noi l’elettricità rappresenta ciò che per voi è rappresentato dall’acqua e dall’aria!

“Ma ancora una volta ho divagato. Stavo dicendo che i robot protosessuati di modello primitivo soffrivano quasi invariabilmente di malinconia e di psicosi involutiva, caratterizzata da una psicologia da schiavo.

“Ora, in quei tempi primitivi vi fu una robot occupata come cameriera e dama di compagnia presso una ricca signora venezuelana. Spesso leggeva dei romanzi alla sua padrona, un compito piuttosto raro, ma non eccezionale. Questa robot (allora non c’erano robicchie, naturalmente, anche se la sua padrona la chiamava Maquina) stava dando i segni d’una malinconia della specie peggiore, sebbene il meccanico… pensate, a quei tempi non c’erano guaritori per robot… lo nascondesse alla padrona. In realtà, il meccanico rifiutava persino di ascoltare i sogni altamente sintomatici di Maquina. Questo avveniva in un’epoca in cui gli umani, per quanto possa sembrare incredibile, rifiutavano ancora di credere che i robot fossero veramente vivi e coscienti, anche se questi fatti erano stati legalmente riconosciuti in molti Paesi. Infatti, nelle nazioni più evolute, i robot avevano vinto la loro lotta antischiavista ed erano stati riconosciuti come macchine libere professioniste, cittadini metallici del Paese cui apparteneva la fabbrica che li aveva prodotti: un progresso, tuttavia, che si rivelò come un vantaggio maggiore per gli uomini che per i robot, poiché era infinitamente più comodo, per un uomo, starsene tranquillamente seduto a incassare i regolari pagamenti di un robot ambizioso, industrioso e coperto da una assicurazione, che non doversene occupare continuamente, assumendosi inoltre tutte le responsabilità.

“Ma vi stavo parlando di Maquina. Un giorno mostrò uno sbalorditivo miglioramento di umore… non fissava più nel vuoto, non camminava più a passo pesante e sonnolento, non si inginocchiava e non batteva più la testa sul pavimento gemendo Vuestra esclava, Señora. Si scoprì che aveva appena letto alla sua padrona (alla quale probabilmente non interessava molto, immagino) Io, robot di Isaac Asimov, e quell’antica storia di fantascienza aveva previsto con tanta esattezza e dipinto a colori così vivi la reale evoluzione dei robot e la loro psicologia che Maquina si era sentita compresa e aveva provato un grande, benefico sollievo. In quel momento fu assicurata la canonizzazione ufficiosa, da parte di noi gente metallica, del beato Isaac. I negri di latta (sono piuttosto orgogliosi di questa definizione, sapete) avevano trovato uno dei loro santi patroni.

“Potete immaginare il resto della storia: letture terapeutiche per i robot, la ricerca di buone storie di robot (molto poche), i tentativi da parte degli umani di scrivere racconti del genere, tentativi quasi completamente falliti, poiché nessuno poteva catturare il tocco magico di Asimov, i tentativi di fare compiere questo lavoro ai mulini-a-parole (anche questo fu inutile, poiché i mulini-a-parole mancavano delle immagini sensorie, del ritmo, perfino del vocabolario adeguato), e finalmente l’apparizione di robot autori come me. La malinconia robotica e la psicosi involutiva subirono una straordinaria flessione, anche se non furono completamente eliminate, mentre la schizofrenia robotica rimase quasi inalterata. A questo doveva provvedere una scoperta ancora più clamorosa.

“Ma la nascita della letteratura robotica e dell’attività scrittoria dei robot fu un grandioso progresso in se stesso, a parte i benefici medici, soprattutto perché si verificò nel tempo in cui gli scrittori umani si arrendevano e lasciavano che i mulini-a-parole prendessero il sopravvento. I mulini-a-parole! Neri tessitori, privi di mente, di seducenti ragnatele di sensualità e di sentimento! Grembi neri… scusa se mi scaldo tanto, Gaspard… di morte mentale! Noi robot sappiamo valutare il valore dell’essere coscienti, forse perché la coscienza è venuta a noi all’improvviso miracolosamente, e non vorremmo mai rovinarla con la produzione dei mulini, più di quanto vorremmo bruciarci i circuiti per passatempo. Naturalmente, qualche robot eccede nell’uso dell’elettricità, ma si tratta di una piccola minoranza di drogati che muoiono presto per sovraccarico, se non trovano la salvezza nell’Anonima per la Protezione degli Elettrodrogati. Lasciate che vi dica…”.

Si interruppe, perché la signorina Bishop gli stava facendo un cenno con la mano.

— Scusatemi, Zane, tutto questo è molto interessante, ma io dovrò andare a spostare i marmocchi fra dieci minuti e dovrò sbrigare qualche altra faccenda; e avevate detto che ci avreste spiegato la sessualità robotica, la sua origine e il resto.

— È vero, Zane — l’assecondò Gaspard. — Dovevi spiegarci da dove venivano i robot e le robicchie. Zane Gort girò sui due il suo unico occhio.

— Siete proprio umani — disse asciutto. — L’universo è immenso, maestoso, intricato, costellato di inesauribile bellezza, vivido di vita infinatamente variata… ed ecco, c’è solo una cosa che vi interessi veramente. La stessa cosa che vi spinge a comprare i libri, a creare le famiglie, a costruire le teorie atomiche, immagino, e, almeno un tempo, a scrivere le poesie. Il sesso.

Mentre i due si accingevano a protestare, continuò sveltamente: — Non badateci. Noi robot siamo interessati al sesso come noi lo intendiamo, con le sue squisite congruenze metalliche, le sue terribili, invadenti tempeste di elettroni, le sue impetuose violazioni dei circuiti più intimi, almeno quanto lo siete voi!

E fece lampeggiare maliziosamente il faro.

Загрузка...