17 Dirigendosi a ovest

Quando la cameriera arrivò con i cappellini, Elayne era sdraiata su uno dei letti con indosso una sottoveste bianca di seta e un panno umido sopra agli occhi e Nynaeve fingeva di rammendare un orlo del vestito verde chiaro che aveva messo. Il più delle volte si pungeva il dito. Non lo avrebbe mai ammesso con nessuno, ma non era molto brava con i lavori di cucito. Lei portava un abito naturalmente — le cameriere non si trastullavano come le dame — ma aveva i capelli sciolti. Ovviamente non aveva alcuna intenzione di lasciare la stanza. Ringraziò la ragazza in un sussurro e le mise in mano un’altra moneta d’argento, ripetendo che la sua signora non doveva essere assolutamente disturbata.

Non appena la porta si richiuse, Elayne saltò in piedi e incominciò a estrarre i fagotti da sotto al letto. Nynaeve gettò da una parte l’abito di seta e incominciò a sbottonarlo. Furono pronte in un baleno, Nynaeve con indosso un vestito di lana verde, Elayne blu, e i fagotti dietro le spalle. Nynaeve aveva la sacca con le erbe e i soldi, Elayne le scatole avvolte nella coperta. Le falde larghe dei cappelli nascondevano bene i loro volti tanto che Nynaeve pensava che avrebbero potuto passare proprio davanti a Galad senza che lui le riconoscesse, specialmente con i capelli sciolti. Della treccia si sarebbe ricordato. Comare Jharen in ogni caso avrebbe potuto fermare quelle due strane donne che giungevano dal piano superiore con dei grossi fagotti.

La scala posteriore si trovava fuori della locanda, e consisteva in stretti gradini di pietra infilati nel muro. Nynaeve ebbe un momento di simpatia per Thom e Juilin che avevano dovuto portare i bauli pesanti su per queste scale, ma la sua attenzione era concentrata sulla stalla e i tetti di ardesia. Un cane dal pelo fulvo era sdraiato all’ombra della carrozza, proteggendosi già dal caldo torrido, ma tutti gli stallieri erano all’interno. Di tanto in tanto scorgeva del movimento dietro le porte aperte della stalla, ma nessuno ne usciva. Anche là dentro era ombreggiato.

Attraversarono velocemente il cortile della stalla fino al vicolo che la divideva da un alto muretto di pietra. Un carro pieno di letame coperto di mosche e poco più piccolo della stradina stava passando in quel momento. Nynaeve sospettava che il bagliore di saidar circondasse Elayne, ma non poteva vederlo. Lei per prima sperava che il cane non decidesse di abbaiare, che nessuno uscisse dalle cucine o le stalle. Usare il Potere non era un sistema tranquillo per sgattaiolare via e se avessero parlato con qualcuno avrebbero lasciato delle tracce che Galad poteva seguire.

Le rozze porte di legno in fondo al vicolo avevano solo una chiusura e la stretta strada che si trovava oltre, coperta di semplici pietre con più tetti di paglia che altrove, era vuota; c’era solo un gruppo di ragazzini che giocavano a qualcosa colpendosi con un sacchetto pieno di grano. L’unico adulto in vista stava dando da mangiare a un gruppo di piccioni in alcune gabbie su un tetto, infilato fino alle spalle dentro una botola. Né lui né i ragazzi le guardarono a lungo mentre si chiudevano le porte alle loro spalle, e si avviarono nella stradina tortuosa come se avessero tutti i diritti di trovarsi lì.

Avevano camminato per almeno otto chilometri a ovest di Sienda lungo la strada polverosa prima che Thom e Juilin le raggiungessero. Thom guidava quello che sembrava essere un carro dei Calderai, solo che era tutto di un colore, un verde monotono con la vernice che si scrostava in molti punti. Nynaeve fu grata di poter infilare il fagotto sotto al sedile del conducente e salire sul carro, ma non così contenta di vedere Juilin in groppa a Scansafatiche. «Ti avevo detto di non tornare alla locanda» disse all’uomo, giurando che lo avrebbe colpito con qualcosa se avesse guardato Thom.

«Non sono tornato indietro» rispose inconsapevole di essersi salvato da un mal di testa. «Ho detto al capo stalliere che la mia signora voleva delle bacche fresche raccolte in campagna e che io e Thom dovevamo andare a raccoglierle. È il tipo di insensatezza che alcune nobili...» si interruppe schiarendosi la gola, mentre Elayne gli rivolgeva uno sguardo freddo e inespressivo a Thom, dall’altro lato. A volte dimenticava che lei era veramente nobile.

«Dovevamo giustificare in qualche modo il fatto di lasciare la locanda e le stalle» spiegò Thom mentre incitava i cavalli. «Immagino che voi abbiate raccontato che stavi accompagnando la tua signora in camera perché si sentiva svenire; ma gli stallieri si sarebbero chiesti perché ce ne volevamo andare in giro con questo caldo invece che rimanercene al fresco di un fienile senza lavoro da fare, e magari davanti a un boccale di birra. Forse adesso non vale la pena di parlarne.»

Elayne guardò Thom di traverso — senza dubbio per il ‘si sentiva svenire’ — ma lui fece finta di non vedere. O forse non vide. Gli uomini sapevano essere ciechi quando a loro faceva comodo. Nynaeve tirò sonoramente su con il naso, Thom non avrebbe potuto non notarlo. Subito dopo spronò i poveri cavalli anche più duramente. Era solo una scusa per poter cavalcare a turno. Era un’altra cosa che facevano gli uomini, inventare dei pretesti per agire esattamente come pareva loro. Almeno Elayne lo guardava leggermente torva invece di sorridere come una stupida.

«Ho scoperto qualcos’altro stanotte» proseguì Thom dopo un po’. «Pedron Niall sta cercando di riunire le nazioni contro Rand.»

«Non che non lo creda, Thom,» disse Nynaeve «ma come ci sei riuscito? Non posso pensare che qualche Manto Bianco te lo abbia semplicemente detto.»

«Troppa gente stava ripetendo la stessa cosa, Nynaeve. C’è un falso Drago a Tear. Un falso Drago, senza tener conto delle Profezie sulla caduta della Pietra di Tear, o su Callandor. Questo tipo è pericoloso e le nazioni si devono unire, come fecero durante la Guerra Aiel. E chi meglio di altri per guidarli contro questo falso Drago se non Pedron Niall? Quando molte lingue raccontano un’identica storia, lo stesso pensiero esiste a livelli più alti e in Amadicia nemmeno Ailron esprime un parere prima di essersi consultato con Niall.»

Sembrava che il vecchio menestrello mettesse insieme voci e sussurri e fornisse la risposta giusta il più delle volte. No, non un menestrello. Doveva ricordarselo. Qualsiasi cosa sostenesse, era stato un bardo e probabilmente aveva assistito a intrighi di corte come quelli delle sue storie. Forse vi aveva anche partecipato se era stato l’amante di Morgase. Lo guardò di traverso, quel viso rugoso con le sopracciglia cespugliose, quei lunghi baffi bianchi come i capelli. Non c’era modo di capire i gusti di certe donne.

«Non che non ci aspettassimo qualcosa di simile.» Ma lei non se l’era mai aspettata, anche se avrebbe dovuto.

«Mamma sosterrà Rand» disse Elayne. «So che lo farà. Conosce le Profezie. Ed è altrettanto influente di Pedron Niall.» Thom scosse leggermente il capo per smentire l’ultima frase. Morgase governava una nazione ricca, ma c’erano Manti Bianchi ovunque e provenienti da ogni terra. Nynaeve si rese conto che doveva prestare maggiore attenzione a Thom. Forse sapeva davvero tutto come sosteneva. «Per cui adesso credi che avremmo dovuto lasciare che Galad ci scortasse a Caemlyn?»

Elayne si sporse in avanti a guardarla con fermezza e disse: «Certo che no. Per prima cosa, non c’è modo di sapere che si tratti di una sua decisione. Per seconda...» Elayne si tirò su nascondendosi dietro all’uomo, sembrava che parlasse da sola, che stesse inseguendo dei ricordi. «Per seconda, se mamma si è davvero rivoltata contro la Torre, voglio raggiungerla per lettera prima che arrivi quel momento. È perfettamente in grado di trattenerci entrambe nella Torre per il nostro bene. Non è capace di incanalare, ma non voglio provare a mettermi contro di lei prima di essere una completa Aes Sedai. Forse allora.»

«Una donna forte» osservò Thom compiaciuto. «Morgase ti insegnerebbe le buone maniere molto velocemente, Nynaeve.» La donna tirò di nuovo su con il naso — tutti quei capelli sciolti che le scendevano dietro le spalle non offrivano una buona presa — ma il vecchio scioccamente le sorrise.

Il sole era alto quando raggiunsero il serraglio, sempre accampato dove lo avevano lasciato, nella radura vicino alla strada. Nel caldo torrido anche le querce sembravano quasi afflosciarsi. A parte i cavalli e gli enormi cinghiali-cavalli grigi, gli animali erano tutti nelle gabbie e gli uomini non in vista, senza dubbio dentro ai carri che sembravano non molto diversi dal loro. Nynaeve e gli altri erano tutti scesi prima che Vaiati Luca facesse la sua comparsa, sempre con quella ridicola cappa di seta rossa.

Stavolta non pronunciò discorsi fioriti e non si produsse in nessun inchino con svolazzi della mantella. Sgranò gli occhi quando riconobbe Thom e Juilin, vicino al carro-scatola alle loro spalle. Si chinò per poterli osservare sotto ai larghi cappelli e il sorriso non fu gioviale. «Allora, siamo discese nel mondo reale, mia signora Morelin? O forse non siamo mai state in alto. Avete rubato una carrozza e qualche vestito, vero? Be’, non sarebbe un bello spettacolo vedere una fronte così graziosa marchiata a fuoco. Questo è il castigo che infliggono qui, in caso non lo sapessi, se non di peggio. Per cui, visto che sembra vi abbiano scoperti — altrimenti per quale motivo stareste scappando? — vi suggerirei di correre il più veloce possibile. Se rivuoi la tua maledetta moneta indietro, si trova da qualche parte sulla strada. Ve l’ho tirata appresso e per quanto mi riguarda può restare là in terra fino a quando arriverà Tarmon Gai’don.»

«Volevi una patrocinatrice» disse Nynaeve mentre l’uomo si voltava indietro. «Possiamo esserlo noi.»

«Voi?» sogghignò. Poi si fermò. «Anche se alcune monete sottratte a qualche signore potrebbero essere di aiuto, non accetterei denaro rubato...»

«Pagheremo le tue spese, mastro Luca» intervenne Elayne con quel suo tono di voce freddo e arrogante, «e altri cento marchi d’oro se ci permetti di viaggiare con te fino nel Ghealdan e se acconsenti a non fermarti fino a quando raggiungeremo il confine.» Luca la fissò, facendo scorrere la lingua sopra i denti.

Nynaeve si lamentò sommessamente. Cento marchi d’oro! Cento marchi d’argento avrebbero coperto le spese facilmente, fino al Ghealdan e anche oltre, qualunque cosa mangiassero quei cosiddetti cinghiali-cavalli.

«Avete rubato così tanto?» osservò con cautela Luca. «Chi vi sta inseguendo? Non voglio rischiare i Manti Bianchi o l’esercito. Ci getteranno tutti in prigione e probabilmente uccideranno gli animali.»

«Mio fratello» rispose Elayne prima che Nynaeve potesse negare rabbiosamente che avevano rubato. «Sembra che durante la mia assenza abbiano combinato un matrimonio per me e hanno mandato mio fratello a cercarmi. Non ho alcuna intenzione di ritornare a Cairhien per sposare un uomo basso, tre volte il mio peso e la mia età.» Le guance le divennero leggermente rosse, come se fosse arrabbiata, e il gesto di schiarirsi la gola aggiunse qualcosa alla scena. «Mio padre sogna di reclamare il Trono del Sole se riesce a ottenere aiuto sufficiente. Nei miei sogni c’è un uomo di Andor con i capelli rossi che sarà mio marito, qualunque cosa dica mio padre. E questo, mastro Luca, è più di quanto tu debba sapere.»

«Forse sei chi dici di essere» rispose lentamente Luca, «o forse no. Mostrami parte di questo denaro che sostieni di voler pagare. Le promesse comprano bicchieri di vino piccoli.»

Adirata, Nynaeve frugò nella sua bisaccia alla ricerca del sacchetto di denaro più grosso e glielo agitò davanti al naso, quindi si fece indietro quando l’uomo si protese per prenderlo. «Avrai quello di cui hai bisogno quando ti serve e i cento marchi d’oro dopo che avremo raggiunto il Ghealdan.» Cento marchi d’oro! Avrebbero dovuto trovare un banchiere e fare uso di quelle lettere di credito se Elayne andava avanti così.

Luca borbottò seccato. «Che lo abbiate rubato o no, state pur sempre fuggendo da qualcuno. Non metterò il mio spettacolo a repentaglio per voi, che si tratti dell’esercito o di qualche lord cairhienese intenzionato a venire a cercarvi. Il lord potrebbe essere peggio se pensa che ho rapito sua sorella. Dovrete confondervi con gli altri.» Quel sorriso sgradevole riapparve sul volto dell’uomo. Non avrebbe dimenticato la monetina d’argento. «Chiunque viaggia con me non sta con le mani in mano. E bisogna che vi diate da fare anche voi, se non volete farvi notare. Se gli altri scoprono che state pagando il passaggio parleranno, e non è questo che volete. Pulire le gabbie andrà bene. Quelli che lavorano con i cavalli si lamentano sempre di dover essere loro a farlo. Troverò anche quella moneta d’argento e ve la darò come paga. Che non si dica mai che Valan Luca non è generoso.»

Nynaeve stava per rispondere senza mezzi termini che loro non avrebbero pagato il passaggio e lavorato, quando Thom le mise una mano sul bracco. Senza dire una parola raccolse dei sassi da terra e cominciò a farli roteare, sei in un cerchio.

«Ho dei giocolieri» disse Luca. Le sei pietre divennero otto, poi dieci, quindi una dozzina. «Non sei male.» Il cerchio si divise in due che si incrociavano. Luca si grattò il mento. «Forse posso trovarti un’occupazione.»

«Posso anche mangiare il fuoco,» disse Thom lasciando cadere le pietre «usare i pugnali» mostrò le mani vuote che sembrarono estrarre un sassolino dall’orecchio di Valan «e inoltre conosco qualche altro trucco.»

Luca represse un sorriso. «Questo vale per te, ma cosa sanno fare gli altri?» Sembrava adirato con se stesso perché mostrava interesse e entusiasmo.

«Cos’è quello?» chiese Elayne indicando.

I due alti bastoni che Nynaeve aveva visto mentre li sollevavano adesso erano eretti e fra di essi era tesa una corda per circa trenta passi di distanza, con delle piattaforme in cima. Da ognuna di queste pendeva una scala di corda. «Quella è l’attrezzatura di Sedrin» rispose Luca, quindi scosse il capo. «Sedrin è il funambolo, che stupiva tutti con imprese eroiche camminando su una corda sottile a dieci passi di altezza. Lo sciocco.»

«Io posso fare la stessa cosa» rispose Elayne. Thom cercò di afferrarla per un braccio ma la ragazza si tolse il cappello avanzando, e l’uomo si arrese di fronte a un accenno di sorriso e un gesto con il capo.

Luca però le sbarrò il passo. «Ascolta, Morelin, o come ti chiami, la tua fronte forse è troppo graziosa per essere marchiata, ma il collo è veramente troppo bello per spezzarlo. Sedrin sapeva cosa stava facendo e abbiamo finito di seppellirlo non più di un’ora fa. Questo è il motivo per cui tutti sono dentro ai carri. Ovviamente la scorsa notte aveva bevuto troppo, dopo che siamo stati cacciati via da Sienda, ma io l’ho visto camminare sulla corda con lo stomaco pieno di acquavite. Ti propongo una cosa. Non dovrai pulire le gabbie. Puoi trasferirti nel mio carro e diremo a tutti che sei la mia amante. Solo una storia, naturalmente.» Il sorriso subdolo lasciava intendere che sperava in qualcosa di più di una favola.

L’espressione di Elayne avrebbe potuto fargli ghiacciare il sangue nelle vene. «Ti ringrazio per l’offerta, mastro Luca, ma se gentilmente ti fai da parte...» Fu costretto a spostarsi, altrimenti la donna gli sarebbe passata sopra.

Juilin strinse il cappello a cono fra le mani, quindi se lo rimise in testa mentre la ragazza cominciava a salire su una delle scale di corda, intralciata un poco dalla gonna. Nynaeve sapeva cosa stava facendo. Anche gli uomini avrebbero dovuto, almeno Thom, ma sembrava pronto a scattare per prenderla se fosse caduta. Luca si avvicinò, come se avesse avuto lo stesso pensiero. Per un momento Elayne rimase in piedi sulla piattaforma, lisciandosi il vestito. Sembrava molto più piccola e alta, con lei sopra. Quindi sollevò delicatamente la veste come quando la teneva lontana dal fango e iniziò ad avanzare sulla corda sottile. Pareva che camminasse per la strada. In un certo modo Nynaeve sapeva che era così. Non poteva vedere il bagliore di saidar, ma era certa che Elayne aveva intessuto un percorso fra le due piattaforme, senza dubbio di Aria, che era divenuta dura come la pietra.

Di colpo Elayne abbassò le mani e fece due capriole, i capelli neri corvini volarono e le gambe coperte dalle calze di seta brillarono al sole. Per il breve istante in cui si stava alzando la gonna sembrò colpire una superficie piatta prima che la tirasse su nuovamente. Altri due passi la portarono sulla piattaforma che aveva di fronte. «Mastro Sedrin a riuscire?»

«Faceva i salti mortali» gridò Luca. Con un mormorio aggiunse, «Ma non aveva quelle gambe. Una dama! Hah!»

«Non sono la sola che ha delle capacità» gridò Elayne. «Juilin e...» Nynaeve scosse fieramente il capo. Incanalando o no. il suo stomaco avrebbe gradito le altezze come gradiva un mare in tempesta. «...e questo l’ho eseguito molte volte. Avanti Juilin. Fagli vedere.»

Il cacciatore di ladri aveva l’aspetto di uno che avrebbe preferito pulire a mani nude le gabbie. Quella dei leoni con gli animali dentro. Chiuse gli occhi muovendo le labbra in una silenziosa preghiera e salì la scala di corda nel modo in cui un uomo saliva su una impalcatura. Giunto in cima fissò la corda e poi Elayne concentrato e spaventato. Di colpo fece un passo in avanti camminando poi velocemente con le braccia aperte di lato, gli occhi rivolti a Elayne mentre pregava. La donna scese sulla scala per accoglierlo sulla piattaforma, quindi dovette aiutarlo a trovare i pioli con i piedi e lo guidò giù.

Thom le sorrise con fierezza mentre ritornava indietro prendendo il cappello dalle mani di Nynaeve. Juilin sembrava che fosse stato immerso nell’acqua bollente e poi strizzato.

«Bello» disse Luca, strofinandosi il mento. «Non come lo spettacolo di Sedrin, ma buono. Mi è piaciuto soprattutto il modo in cui l’hai fatto sembrare facile, mentre... Juilin?... Juilin finge di essere spaventato a morte. Avrà molto successo.» Juilin rivolse all’uomo un sorriso minaccioso. Luca fece svolazzare la cappa rossa rivolgendosi a Nynaeve, sembrava davvero molto contento. «E tu, mia cara Nana? Che straordinario talento nascondi? Sei forse acrobata? Ingoi le spade?»

«Io pago» rispose, chiudendo rudemente la sacca. «A meno che tu non voglia offrire a me la tua carrozza.» Gli rivolse un sorriso che lo fece indietreggiare di due passi.

Le grida avevano svegliato le persone nei carri e tutti si riunirono mentre Luca presentava al gruppo i nuovi artisti. Fu vago riguardo a Nynaeve, dicendo solo che era capace di cose sorprendenti. La donna avrebbe dovuto parlargli.

Quelli che accudivano i cavalli, come Luca chiamava chi non aveva un particolare talento, erano un gruppo sciatto e trasandato, forse perché li pagava di meno. Non erano molti, a confronto con il numero di carri. Infatti scoprirono che tutti aiutavano nei vari lavori, incluso condurre i carri. Non c’erano molti soldi in un serraglio ambulante, anche in uno come questo. Gli altri costituivano un vasto assortimento.

Petra, il forzuto, era l’uomo più grosso che Nynaeve avesse mai visto. Non alto ma grosso. La veste di cuoio mostrava braccia grosse come tronchi di albero. Era sposato con Clarine, la donna paffuta dalle guance ambrate che addestrava i cani; vicino a lui sembrava piccolina. Latelle, che faceva lo spettacolo con gli orsi, aveva un viso severo e gli occhi scuri, i capelli neri corti e un ghigno costante sulle labbra. Aludra, la donna slanciata che doveva essere una Illuminatrice, avrebbe potuto esserlo sul serio. Non portava i capelli scuri acconciati alla moda di Tarabon, in treccine, e questo non era sorprendente visto che si trovava in Amadicia, ma aveva l’accento giusto e chi poteva dure cosa fosse accaduto alla Gilda degli Illuminatori? La casa madre a Tanchico aveva certamente chiuso le porte. Gli acrobati dichiaravano di essere i fratelli Chavana, ma anche se erano tutti bassi e massicci, avevano fattezze che andavano da quelle di Taeric — gli occhi verdi, gli zigomi alti e il naso aquilino lo identificavano come proveniente dalla Saldea — a quelle Barit, che era di carnagione più scura di Juilin e aveva i tatuaggi del Popolo del Mare sulle mani, anche se non portava gli orecchini.

Tutti tranne Latelle diedero il benvenuto ai nuovi arrivati. Più artisti significa più pubblico allo spettacolo e più soldi. I due giocolieri, Bari e Kin — questi erano davvero fratelli — incominciarono a parlare con Thom della loro arte quando scoprirono che non lavorava come loro. Attirare più gente era un conto, la competizione tutta un’altra faccenda. Ma fu la donna dai capelli chiari che si curava dei cinghiali-cavalli a incuriosire Nynaeve. Cerandin era rimasta in piedi ai margini del gruppo e parlava a malapena — Luca sosteneva che fosse giunta da Shara con gli animali — ma la parlata strascicata e morbida le fece le rizzare orecchie.

Ci volle poco a sistemare il loro carro. Thom e Juilin sembravano più che contenti di avere gli uomini che accudivano i cavalli ad aiutarli con il tiro, anche se non era un gesto spontaneo, e Nynaeve ed Elayne vennero invitate a stare con gli altri. Petra e Clarine chiesero loro di prendere il tè insieme una volta che si fossero sistemate. I Chavanas volevano che le donne cenassero con loro come anche Kin e Bari, e il tutto fece diventare il ghigno di Latelle un cipiglio. Le due declinarono gli inviti con grazia, Elayne forse un po’ più gentilmente di Nynaeve. Il ricordo di lei che guardava Galad a occhi sgranati come una ragazzina era troppo fresco per riuscire a essere solo educata con un uomo. Anche Luca aveva fatto un invito, rivolto a Elayne, quando Nynaeve non poteva sentire. Questo gli meritò uno schiaffo e Thom mostrò con ostentazione dei pugnali che sembrarono scivolare sulle sue mani fino a quando l’uomo non si allontanò borbottando e massaggiandosi la guancia.

Dopo aver lasciato Elayne a mettere a posto le cose sul carro — lanciandole per essere precisi e lamentandosi furiosamente — Nynaeve si recò nel punto dove i cinghiali-cavalli erano legati. I grossi animali grigi sembravano placidi, ma rammentando quel buco nella parete di pietra del Lanciere del re non si sentiva troppo sicura delle corde di cuoio che legavano fra loro le zampe anteriori. Cerandin grattava il grosso maschio con il gancio di bronzo.

«Come si chiamano realmente?» Nynaeve carezzò con diffidenza il lungo naso del maschio, proboscide o come si chiamava. Quelle zanne erano grosse come una sua gamba e lunghe almeno tre passi, solo di poco più grandi di quelle della femmina. Con la proboscide le annusò la gonna e la donna si tirò velocemente indietro. «S’redit» rispose la donna bionda. «Si chiamano s’redit, ma mastro Luca pensa che un nome da pronunciare con più facilità sia meglio.» Quell’accento strascicato era inconfondibile.

«Ci sono molti s’redit a Seanchan?»

La donna smise per un istante di muovere il gancio, quindi riprese l’operazione. «Seanchan? Dove si trova? Gli s’redit provengono da Shara, come me. Non ho mai sentito parlare di...»

«Forse hai visto Shara, Cerandin, ma ne dubito. Tu sei seanchan. A meno che non mi sbagli di grosso, hai partecipato all’invasione a capo Toman, una di quelle lasciate indietro a Falme.»

«Non c’è dubbio» intervenne Elayne, apparendole alle spalle. «Abbiamo sentito l’accento dei Seanchan a Falme, Cerandin. Non ti faremo del male.»

Era più di quanto avesse intenzione di promettere Nynaeve, i suoi ricordi delle Seanchan non erano gradevoli. Eppure... Una Seanchan ti ha aiutata quando eri nel bisogno. Non sono tutte cattive. Solo la maggior parte di loro, si disse.

Cerandin emise un lungo sospiro e si accasciò un po’. Era come se una tensione così antica di cui non era più consapevole l’avesse abbandonata. «Pochi conoscono la verità sul Ritorno, a Falme. Ho sentito centinaia di storie, ognuna più fantasiosa dell’altra, ma mai la verità. Tanto meglio per me. Io sono stata abbandonata, come anche molti s’redit. Questi tre sono stati i soli che sono riuscita a trovare. Non so cosa sia accaduto al resto. Il maschio si chiama Mer, la femmina Sanit e la piccola Nerin. Ma non è la figlia di Sanit.»

«È questo quello che facevi?» chiese Elayne. «Addestrare gli s’redit?»

«O forse eri una sul’dam?» aggiunse Nynaeve prima che l’altra potesse replicare.

Cerandin scosse il capo. «Sono stata provata, come tutte le ragazze, ma non potevo fare nulla con l’a’dam. Sono contenta di essere stata scelta per lavorare con gli s’redit. Sono animali magnifici. Dovete sapere molte cose per parlare di sul’dam e damane. Prima d’ora non avevo mai incontrato nessuno che le conoscesse.» Non sembrava spaventata. O forse aveva provato tutta la paura quando si era ritrovata sola in una terra straniera. Ma probabilmente mentiva.

I Seanchan erano tremendi come la gente di Amadicia quando si trattava di donne che potevano incanalare, forse erano anche peggiori. Non le mandavano in esilio o le uccidevano; le imprigionavano per usarle. Con oggetti chiamati a’dam — Nynaeve era sicura che doveva trattarsi di una specie di ter’angreal — una donna che era in grado di manipolare l’Unico Potere poteva essere controllata da un’altra, una sul’dam, che costringeva la damane a usare il proprio talento per qualsiasi cosa volessero i Seanchan, anche come arma. Una damane non era diversa da un animale, anche se tenuta bene. E facevano damane ogni donna che trovavano con l’abilità di incanalare o la scintilla innata. I Seanchan avevano ripulito Capo Toman più attentamente di quanto avesse mai fatto la Torre. Il solo pensiero di a’dam, sul’dam e damane faceva venire il voltastomaco a Nynaeve.

«Sappiamo qualcosa» disse a Cerandin, «ma vogliamo saperne di più.» I Seanchan erano andati via, scacciati da Rand, ma non significava che un giorno non sarebbero tornati. Era un pericolo lontano a confronto di tutti quelli che dovevano affrontare ma solo perché avevi preso una storta non significava che il graffio di una spina sul braccio non si sarebbe infettato. «Faresti bene a rispondere sinceramente alle nostre domande.» Ci sarebbe stato tempo durante il viaggio verso nord.

«Ti prometto che non ti accadrà nulla» aggiunse Elayne. «Ti proteggerò se dovesse servire.»

Gli occhi della donna dai capelli chiari passarono da una all’altra e improvvisamente, con sommo stupore di Nynaeve, lei si prostrò in terra ai piedi di Elayne. «Tu sei la Somma Signora di questa terra, proprio come hai detto a Luca. Non me ne ero resa conto. Perdonami, Somma Signora. Mi sottometto al tuo servizio.» Pronunciate quelle parole, baciò il terreno davanti ai piedi di Elayne. Gli occhi dell’erede al trono erano pronti a schizzare dalle orbite.

Nynaeve era sicura di non avere un’espressione migliore. «Tirati su» sibilò guardandosi attorno agitata per vedere se qualcuno stesse guardando. Luca — maledetto! — e Latelle avevano ancora il volto scuro, ma non potevano farci nulla. «Alzati!» La donna non si mosse.

«Alzati in piedi, Cerandin» disse Elayne. «Nessuno richiede che la gente si comporti così in questa terra. Nemmeno un governante.» Mentre Cerandin si alzava, aggiunse, «Ti insegnerò la maniera giusta di comportarti in cambio delle tue risposte alle nostre domande.»

La donna le rivolse un inchino, con le mani sulle ginocchia e il capo rivolto in basso. «Sì, Somma Signora. Farò come dici. Sono tua.»

Nynaeve sospirò profondamente. Si sarebbero divertite davvero durante il viaggio verso Ghealdan.

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