47 Il prezzo di una nave

Dopo aver finito le abluzioni mattutine, Nynaeve si asciugò e prese con riluttanza una sottoveste di seta pulita. La seta non era fresca come il lino e, malgrado il sole appena sorto, il caldo all’interno del carro presagiva un’altra giornata torrida. Inoltre il taglio dell’indumento era tale che Nynaeve temeva che gli sarebbe scivolata attorno alle caviglie se avesse respirato nel modo sbagliato. Almeno non era impregnata di sudore, come quella che si era tolta.

Aveva trascorso una notte agitata da brutti sogni; in alcuni era comparsa Moghedien, e da questi si era svegliata di colpo, pur essendo meno brutti degli altri: Birgitte che le scagliava contro frecce senza mancare il bersaglio, seguaci del Profeta che sollevavano sommosse nel serraglio, lei che rimaneva bloccata per sempre a Samara perché non arrivava mai un’imbarcazione, o raggiungeva Salidar e vi trovava Elaida in carica. Oppure di nuovo Moghedien, a Salidar. Da questo si era risvegliata singhiozzando.

Era chiaramente tutto frutto della sua agitazione. Tre notti in quel posto senza che l’imbarcazione arrivasse, tre giorni soffocanti in piedi e bendata, contro il maledetto pezzo di steccato. Era abbastanza da portare chiunque all’esasperazione, anche senza il pensiero di Moghedien che si avvicinava. Ma in fondo solo perché la donna sapeva che stavano con un serraglio non significava che doveva trovarle a Samara. C’erano altri serragli ambulanti al mondo oltre quelli qui riuniti. Cercare motivi per non preoccuparsi era più facile che non preoccuparsi.

Ma perché dovrei essere in pensiero per Egwene? si chiese. Dopo aver immerso un bastoncino in un piattino di sale e soda appoggiato sul lavabo, iniziò a strofinarsi i denti vigorosamente. Egwene le era apparsa quasi ogni notte, lamentandosi con lei, ma non riusciva a capire come facesse a entrare nei suoi sogni.

Per la verità l’ansia e la mancanza di sonno erano solo una parte di ciò che l’aveva resa di cattivo umore quella mattina. Le altre erano noie minori, ma concrete. Un sassolino nella scarpa era poca cosa a confronto con il timore di essere decapitata, ma se il sassolino c’era il ceppo forse poteva non comparire mai...

Non le fu possibile evitare di osservare il proprio riflesso, con i capelli sciolti sulle spalle invece che acconciati in una decentissima treccia. Per quanto li pettinasse, quel colore rosso ramato non era meno disgustoso. Inoltre sapeva fin troppo bene che l’abito azzurro era sistemato sul letto alle sue spalle. Era di una tonalità che avrebbe fatto battere gli occhi a una Calderaia e con una scollatura profonda quanto quella del primo abito rosso appeso a un piolo. Era il motivo per cui doveva indossare quella sottoveste precaria. Un vestito di quel tipo non bastava, non secondo Valan Luca. Clarine era al lavoro su un altro paio, uno giallo brillante e per l’altro si parlava di strisce.

Almeno quell’uomo potrebbe lasciarmi scegliere i colori, pensò, manovrando furiosamente il bastoncino. O Clarine. Ma no, lui aveva le sue idee e non chiedeva mai. Non Valan Luca. Le sue decisioni in fatto di colori a volte le facevano dimenticare la scollatura. Dovrei sbatterglielo in faccia! pensò. Ma sapeva che non lo avrebbe fatto. Birgitte si pavoneggiava con quei vestiti senza il minimo accenno di vergogna. Non era certo come la dipingevano nelle storie! Non che lei avrebbe indossato quello stupido abito senza protestare solo per imitare Birgitte. Non era in competizione con la donna, in nessun modo. Era solo che... «Se devi fare qualcosa» gridò, «è meglio che ti ci abitui.»

«Che hai detto?» chiese Elayne. «Se vuoi parlare, togliti quella cosa dalla bocca. Altrimenti fai un rumore disgustoso.»

Pulendosi il mento Nynaeve la guardò furiosa. Elayne stava seduta sul suo letto con le gambe raccolte sotto di sé, mentre si intrecciava i capelli tinti di nero. Indossava già le brache bianche, tutte ricamate con dei lustrini, e una blusa candida di seta con delle arricciature attorno al collo che era fin troppo trasparente. La giubba, anch’essa tempestata di lustrini e bianca, era appoggiata di fianco al letto. Anche lei aveva due completi per lo spettacolo e ne stavano preparando un terzo, dello stesso colore, anche se non erano esattamente sobri. «Se ti vesti così, Elayne, non dovresti sederti a quel modo. È indecente.»

L’altra si imbronciò, ma mise i piedi in terra e alzò il mento in quel modo altezzoso che aveva. «Credo che farò una passeggiata in città stamattina.» Disse freddamente, sempre lavorando alla treccia, «Questo carro è... angusto.»

Alzando il capo Nynaeve sputò nel lavabo. Forte. Il carro certamente sembrava più piccolo con il passare del tempo. Forse era vero che dovevano tenersi lontane dagli sguardi il più possibile, era stata una sua idea, della quale peraltro cominciava a pentirsi, ma quella situazione stava diventando ridicola. Tre giorni chiusa dentro con Elayne tranne quando si esibivano adesso pesavano come tre settimane. O tre mesi. Non si era mai resa conto prima d’ora di che lingua velenosa poteva avere Elayne. Un’imbarcazione doveva arrivare. Di qualsiasi tipo. Avrebbe dato ogni moneta nascosta nella stufa, ogni gioiello, tutto, per avere una barca quel giorno. «Be’, non attirerebbe molta attenzione, vero? Forse potresti fare esercizio. O forse è solo il modo in cui le brache aderiscono ai fianchi.»

Gli occhi azzurri la fulminarono, ma il mento di Elayne rimase alto e il tono di voce freddo. «La scorsa notte ho sognato Egwene e a metà del viaggio di Rand verso Cairhien — mi chiedo cosa stia accadendo laggiù, anche se tu non lo fai — ha detto che ti stavi trasformando in una vecchiaccia urlante. Non che io lo creda necessariamente. Avrei detto una pescivendola.»

«Adesso Stammi a sentire, ragazzina dal brutto carattere! Se tu non...» sempre fissandola furiosa, Nynaeve chiuse la bocca di scatto, quindi ispirò lentamente. Con uno sforzo rese la voce modulata. «Hai sognato di Egwene?» Elayne annuì bruscamente. «E ti ha parlato di Rand e Cairhien?» La giovane donna alzò gli occhi al cielo con esasperazione esagerata e proseguì a lavorare la treccia. Nynaeve si costrinse a lasciare la manciata di capelli rossi che aveva fra le mani e cercò di smettere di pensare di impartire delle lezioni di semplice creanza all’erede al trono della maledetta Andor. Se non avessero trovato presto un’imbarcazione... «Se non riesci a occuparti d’altro se non di come mostrare le gambe più di quanto non fai già, potrebbe interessarti sapere che ha visitato anche i miei sogni. Mi ha detto che Rand ha ottenuto una grandissima vittoria ieri.»

«Forse mostro le gambe,» rispose Elayne con le guance che arrossivano «ma almeno non sventolo il mio... anche tu l’hai sognata?»

Non ci misero molto a confrontare i sogni, anche se Elayne continuava ad avere la lingua di una vipera. Nynaeve aveva avuto ottimi motivi per sgridare Egwene ed Elayne probabilmente aveva sognato una parata davanti a Rand con il costume tempestato di lustrini, se non meno. Dirlo era una semplice questione di onestà. Anche stando così le cose, divenne subito chiaro che Egwene aveva dato le stesse notizie a entrambe e questo lasciava poco spazio al dubbio.

«Continuava a dire che lei c’era sul serio,» mormorò Nynaeve «ma credo che fosse solo parte del sogno.» Egwene aveva spiegato loro molto spesso che era possibile parlare a qualcuno nei sogni, ma non che fosse in grado di farlo. «Perché dovevo crederci? Sosteneva che finalmente aveva riconosciuto una qualche lancia che Rand si porta appresso come appartenente ai Seanchan. Era privo di senso.»

«Ma certo.» Elayne inarcò un sopracciglio in maniera irritante. «Assurdo come trovare Cerandin e gli s’redit. Devono esserci altri rifugiati seanchan, Nynaeve, e le lance credo siano l’ultima cosa che si sono lasciati alle spalle.»

Perché la donna non riusciva a dire nulla con garbo? «Ho notato quanto ci credi.»

Elayne terminò la treccia e se la lanciò dietro le spalle, quindi scosse di nuovo il capo sospettosa. «Spero che Rand stia bene.» Nynaeve tirò su con il naso. Egwene aveva riferito che avrebbe avuto bisogno di giorni di riposo prima di potersi alzare di nuovo, ma era stato guarito. L’altra continuò: «Nessuno gli ha mai insegnato che non deve sforzarsi troppo. Non lo sa che il Potere può uccidere se ne attinge troppo, o se intesse dei flussi quando è stanco? Vale lo stesso per noi.»

Quindi voleva cambiare argomento, vero? «Forse lo ignora,» le rispose Nynaeve con dolcezza «visto che non esiste una Torre Bianca per uomini.» Questo le suggerì qualcos’altro. «Credi che fosse davvero Sammael?»

Quasi strozzandosi con la risposta sulla punta della lingua, Elayne la fissò torva, quindi sospirò stizzita. «Importa poco a noi, vero? Ciò a cui dovremmo pensare è usare di nuovo l’anello. Per un altro scopo che incontrare Egwene. C’è così tanto da imparare. Più apprendo, più capisco quanto poco ne so.»

«No.» Nynaeve non si aspettava che la donna avrebbe preso l’anello ter’angreal in quel momento, ma fece un passo verso la stufa. «Basta con le escursioni nel tel’aran’rhiod, per entrambe, tranne che per incontrarla.»

Elayne proseguì apparentemente senza notarla. Nynaeve avrebbe potuto parlare a se stessa. «Non abbiamo bisogno di incanalare. Non ci lasceremo scoprire a quel modo.» Non guardò l’altra, ma la voce era leggermente pungente. Lei sosteneva che potevano usare il Potere se fossero state prudenti. Per quanto ne sapeva Nynaeve Elayne sarebbe riuscita a farlo alle sue spalle. «Scommetto che se una di noi visita il Cuore della Pietra stanotte, Egwene sarà presente. Pensa se potessimo parlarle nei suoi sogni, non dovremmo preoccuparci di imbattersi in Moghedien nel tel’aran’rhiod.»

«Credi che sia facile imparare?» chiese secca Nynaeve. «Se è così, perché non ce l’ha insegnato? Perché non ci ha pensato prima?» Questo non lo aveva detto con il cuore. Lei era preoccupata per Moghedien. Elayne sapeva che quella donna era pericolosa, ma era come sapere che una vipera è pericolosa. Elayne ne era consapevole, ma era stata Nynaeve a essere morsa. Riuscire a comunicare senza entrare nel Mondo dei Sogni sarebbe stato utile oltre a consentir loro di evitare Moghedien.

In ogni caso Elayne ancora non le prestava attenzione. «Mi chiedo perché ha insistito tanto che non lo dicessimo a nessuno. Non ha senso.» Per un momento si addentò il labbro inferiore preoccupata. «Abbiamo un altro motivo per comunicare con lei al più presto. All’epoca per me non aveva alcun significato, ma l’ultima volta che mi ha parlato è scomparsa a metà frase. Quello che ricordo ora è che prima che ciò avvenisse era sembrata improvvisamente sorpresa e spaventata.»

Nynaeve inspirò profondamente premendosi entrambe le mani sullo stomaco nel vano sforzo di calmare l’agitazione improvvisa. Riuscì però a mantenere la voce atona. «Moghedien?»

«Luce, che pensieri lievi che hai! No. Se Moghedien potesse entrare nei nostri sogni, credo che ormai lo sapremmo.» Elayne fu scossa dai brividi, aveva idea di quanto poteva essere pericolosa quella donna. «In ogni caso non era quel tipo di sguardo. Era spaventata, ma non abbastanza per quello.»

«Allora forse non è in pericolo. Forse...» Costringendosi a spostare le mani, Nynaeve serrò le labbra furiosa. Solo che non sapeva con chi ce l’aveva.

Mettere via l’anello, al riparo dagli sguardi, tranne per gli incontri con Egwene, era stata una buona idea. In qualsiasi avventura nel Mondo dei Sogni avrebbero potuto imbattersi in Moghedien e rimanere alla larga dalla donna era stata anche un’idea migliore. Di molto. Quel pensiero bruciava, peggio delle altre volte, ma era la pura verità.

Adesso però era probabile che Egwene avesse bisogno di aiuto. Anche minimo. Solo perché era consapevole di Moghedien non significava che stesse sottovalutando la possibilità. Forse Rand aveva uno dei Reietti che lo inseguiva con lo stesso odio personale con cui Moghedien inseguiva lei ed Elayne. Quello che aveva riferito Egwene di Cairhien e delle montagne, sfidavano un uomo contro l’altro a togliere loro una scheggia dalla spalla. Non che secondo lei qualcuno volesse farlo. Ma Egwene...

A volte a Nynaeve sembrava aver dimenticato il motivo per cui aveva lasciato i Fiumi Gemelli. Per proteggere i giovani del suo villaggio presi nella rete di un’Aes Sedai. Non molto più piccoli di lei, solo alcuni anni, eppure la differenza sembrava maggiore quando eri la Sapiente del villaggio. Naturalmente la Cerchia delle Donne di Emond’s Field aveva ormai scelto una nuova Sapiente, ma questo non rendeva meno suo quel villaggio, o loro la sua gente. In fondo al cuore si sentiva ancora la Sapiente. In qualche modo però proteggere Rand, Egwene, Mat e Perrin dall’Aes Sedai era diventato aiutarli a sopravvivere e alla fine, senza rendersi conto di quando o come, anche quello scopo era stato sopraffatto da altri bisogni. La volontà di entrare nella Torre Bianca per imparare a contrastare Moiraine si era trasformata in un desiderio bruciante di imparare a guarire. Anche il suo odio per le Aes Sedai che si immischiavano negli affari altrui adesso coesisteva con la brama di diventare una di loro. Non che lo volesse davvero, ma era un modo per apprendere quello che voleva. Tutto si era fatto intricato come una di quelle reti delle Aes Sedai, lei inclusa, e non sapeva come sfuggirne.

Sono ancora quella di sempre. Li aiuterò meglio che posso, si disse.

«Stanotte» annunciò ad alta voce, «userò l’anello.» Detto questo si sedette sul letto e incominciò a mettersi le calze. La lana non era confortevole con quel caldo, ma almeno una parte di lei sarebbe stata decentemente coperta. Calze e scarpe robuste. Birgitte portava scarpette di broccato e calze velate di seta che certamente sembravano fresche. Allontanò quel pensiero dalla testa. «Solo per vedere se Egwene si trova nella Pietra. Se non c’è tornerò subito e non userò l’anello fino al prossimo appuntamento in programma.»

Elayne la fissava in un modo tale che Nynaeve si mise a tirare le calze con crescente disagio. La donna non disse una parola, ma l’espressione significava che Nynaeve forse stava mentendo. Per Nynaeve era così. Non giovava sapere che il pensiero era volato al limite della coscienza, che poteva accertarsi facilmente che l’anello non toccasse la pelle nel momento in cui si sarebbe messa a letto. Non c’era un vero motivo per credere che Egwene non fosse nel Cuore della Pietra ad aspettare. Non lo aveva mai preso in considerazione, il pensiero le era sopraggiunto involontariamente, ma lo aveva avuto e rendeva difficile guardare Elayne negli occhi. E se aveva paura di Moghedien? Era solo buon senso, anche se la infastidiva ammetterlo.

Farò quello che devo, pensò. Poggiò le mani sullo stomaco per tentare di bloccare lo sfarfallio che sentiva dentro. Quando indossò la sottoveste era impaziente di mettersi l’abito azzurro e uscire al caldo solo per sfuggire allo sguardo di Elayne, che stava finendo in quel momento di aiutarla con la fila di bottoni dietro la schiena; si lamentava che nessuna aveva aiutato lei a indossare le brache, quando la porta del carro si spalancò, lasciando entrare un’ondata di calore. Stupita Nynaeve saltò e si nascose il seno con entrambe le mani prima che potesse fermarsi. Quando entrò Birgitte invece di Valan Luca, cercò di far sembrare che stesse solo aggiustando la scollatura.

Lisciandosi sui fianchi l’abito identico di brillante seta azzurra, l’alta donna si mise la treccia davanti alla spalla con un sorriso compiaciuto. «Se vuoi attirare l’attenzione, non perdere tempo a giocare. È troppo chiaro. Respira profondamente.» Diede una dimostrazione, quindi rise allo sguardo torvo di Nynaeve.

Nynaeve si sforzò di restare calma. Perché doveva, non lo sapeva. Non riusciva a immaginare di essersi sentita colpevole per quello che era accaduto. Gaidal Cain probabilmente era contento di essere lontano da quella donna. E Birgitte poteva portare i capelli come preferiva. Non che avesse nulla a che vedere con il resto. «C’è una donna come te ai Fiumi Gemelli, Maerion. Calle conosceva ogni guardia dei mercanti per nome di battesimo, e di certo non aveva segreti per nessuno di loro.»

Il sorriso di Birgitte divenne teso. «E io conoscevo una donna come te una volta. Mathena guardava gli uomini dall’alto in basso, e una volta fece anche giustiziare un poveraccio per averla vista per errore mentre nuotava nuda. Non aveva nemmeno mai ricevuto un bacio, fino a quando Zheres non gliene rubò uno. Sembrava avesse scoperto gli uomini per la prima volta. Si infatuò al punto tale che Zheres dovette ritirarsi a vivere su una montagna per sfuggirle. Stai attenta al primo uomo che ti bacia. Prima o poi uno si farà avanti.»

Con i pugni chiusi Nynaeve mosse un passo verso di lei. O ci provò. Elayne era fra loro con le braccia alzate.

«Adesso voi due la finite» disse, guardandole entrambe con la stessa arroganza. «Lini diceva sempre che ‘l’attesa trasforma gli uomini in orsi dentro a un fienile e le donne in gatti nei sacchi’, ma voi due dovete smettere immediatamente di graffiarvi! Non lo tollererò più!»

Con sorpresa di Nynaeve, Birgitte arrossì e mormorò delle scuse fra i denti. A Elayne naturalmente, ma la scusa di per sé era stupefacente. Birgitte aveva scelto di rimanere vicino a Elayne, non c’era bisogno che lo nascondesse, ma dopo tre giorni il caldo stava influendo su di lei male come su Elayne. Rivolse all’erede al trono di Andor uno sguardo gelido. Era riuscita a mantenere un discreto controllo mentre aspettavano tutte e tre rinchiuse, lo aveva fatto, ma Elayne certamente non aveva diritto di parlare.

«Adesso» disse Elayne, sempre con quel tono di voce freddo «hai una qualche ragione per essere entrata come un toro, o hai semplicemente dimenticato come si bussa?»

Nynaeve aprì la bocca per aggiungere qualcosa in merito ai gatti, solo un gentile appunto, ma Birgitte la anticipò, anche se con la voce tesa.

«Thom e Juilin sono tornati dalla città.»

«Tornati!» esclamò Nynaeve e Birgitte la guardò per poi rivolgere di nuovo lo sguardo su Elayne.

«Non li avete mandati voi?»

«Io non l’ho fatto» rispose torva Elayne.

Uscì dal carro con Birgitte alle calcagna prima che Nynaeve potesse dire una parola. Dovette limitarvi a seguirle, lamentandosi. Era meglio se Elayne non pensasse che era lei a dare gli ordini. Nynaeve non l’aveva ancora perdonata per aver rivelato quel tanto agli uomini.

Il caldo secco sembrava peggiore fuori, anche se il sole non era ancora alto sopra i teloni che circondavano il serraglio. Prima che raggiungesse l’ultimo scalino aveva già la fronte imperlata di sudore, ma per una volta non fece alcuna smorfia.

I due uomini erano seduti su alcuni sgabelli a tre zampe di fianco al fuoco da campo, con i capelli tanto arruffati e sporchi che sembrava si fossero rotolati nella terra. Un rivolo rosso scivolava da un panno che Thom si premeva sulla testa, fino a un’ampia chiazza di sangue essiccato che gli copriva la guancia e macchiava anche un baffo. Juilin aveva in mezzo agli occhi un’escrescenza purpurea grande come un uovo di gallina e la mano con la quale impugnava il bastone sottile di legno ondulato era rozzamente avvolta con una fasciatura insanguinata. Sembrava che quel ridicolo cappello a cono sulla testa dell’uomo fosse stato calpestato.

Dal rumore all’interno del tendone, i guardacavalli erano già al lavoro a pulire le gabbie, e senza dubbio Cerandin si trovava con gli s’redit, nessuno degli uomini voleva avvicinarsi a loro, ma c’era ancora poco movimento attorno al carro. Petra stava fumando la pipa dal lungo cannello mentre aiutava Clarine a preparare la colazione. Due dei Chavanas stavano studiando un numero con Muelin, la contorsionista, gli altri parlavano con due delle sei donne acrobate che Luca aveva assunto soffiandole a Silvia Cerano. Sostenevano di essere le sorelle Murasaka, sebbene si somigliassero ancor meno dei Chavanas. Una delle due donne che erano con Brugh e Taeric, e che indossavano vestaglie colorate di seta, aveva gli occhi azzurri e i capelli quasi bianchi, l’altra la pelle scura quasi quanto gli occhi. Tutti gli altri erano vestiti per lo spettacolo, gli uomini a torso nudo con le brache colorate, Muelin con una blusa rossa trasparente e ancora brache colorate con una vestaglia dello stesso colore, Clarine con un abito a collo alto coperto di lustrini.

Thom e Juilin attiravano alcuni sguardi, ma fortunatamente nessuno riteneva necessario andare a chiedergli come stavano. Forse era per il modo in cui sedevano, con l’aspetto di cani bastonati, le spalle abbassate, gli occhi rivolti a terra. Senza dubbio sapevano che li aspettava una ramanzina che gli avrebbe bruciato la pelle. Nynaeve senza dubbio ne aveva tutta l’intenzione.

Elayne però sussultò alla vista dei due uomini e corse a inginocchiarsi di fianco a Thom, tutta la rabbia di un momento prima svanita. «Cosa è successo? Oh, Thom, la tua povera testa. Deve dolerti molto. Questo va oltre le mie capacità. Nynaeve ti porterà dentro e vedrà cosa può fare. Thom, tu sei anziano per infilarti in pasticci del genere.»

Indignato la scansò meglio che poteva mentre si teneva il panno sulla testa. «Lasciami stare, bambina. Mi sono fatto di peggio cadendo dal letto. La vuoi smettere?»

Nynaeve non avrebbe eseguito nessuna guarigione, anche se era abbastanza arrabbiata. Si mise di fronte a Juilin con le mani sui fianchi e uno sguardo del tipo ‘non voglio sentire cose insensate e rispondimi subito’ sul viso. «Cosa significa essere sgattaiolati a questo modo senza dirmelo?» Era meglio far capire subito a Elayne che non era lei a comandare. «Se ti avessero tagliato la gola invece del sopracciglio, come avremmo saputo cosa vi era successo? Non avevate alcun motivo di andare. Nessuno! Abbiamo già provveduto a trovare un’imbarcazione.»

Juilin la guardò furioso, portando il cappello in avanti per coprirsi la fronte. «Provveduto, eh? Questa è la ragione per cui voi tre avete cominciato a muovervi come...?» Si interruppe a un lamento di Thom che stava ondeggiando.

Dopo che il menestrello calmò Elayne spiegando che si era trattato solo di uno spasmo momentaneo, che avrebbe potuto anche andare a un ballo, e dopo aver lanciato un’occhiata significativa a Juilin che sperava le donne non avessero notato, Nynaeve rivolse uno sguardo pericoloso al Tarenese, per scoprire cosa pensava del loro andarsene in giro.

«È stato un bene che siamo andati» le rispose invece con la voce tesa. «Samara è un branco di lucci attorno a un pezzo di carne sanguinolenta. In ogni strada ci sono delle combriccole a caccia di Amici delle Tenebre e chiunque non sia pronto ad acclamare il Profeta come la vera voce del Drago Rinato.»

«È iniziato tre ore fa, vicino al fiume» intervenne Thom, arrendendosi con un sospiro alle cure di Elayne che gli stava tamponando il viso con un panno umido. Thom sembrava ignorare le lamentele della donna, il che aveva dovuto richiedergli uno sforzo, visto che Nynaeve aveva sentito bene ‘vecchio sciocco’ e ‘hai bisogno di qualcuno che si occupi di te prima che ti faccia ammazzare’, assieme ad altre cose dette in un tono di voce esasperato e affezionato. «Come è cominciata non lo so. Ho sentito che le Aes Sedai incolpavano i Manti Bianchi, i Trolloc, tutti tranne i Seanchan e, se ne avessero conosciuto il nome, avrebbero incolpato anche loro.» Fece una smorfia alla pressione di Elayne. «Durante l’ultima ora siamo stati coinvolti troppo personalmente per scoprire altro.»

«Ci sono dei fuochi» disse Birgitte. Petra e la moglie si accorsero che stava indicando in un punto e si alzarono preoccupati. Due scuri pennacchi di fumo salivano oltre il tendone in direzione della città.

Juilin si alzò e guardò Nynaeve negli occhi con uno sguardo duro.

«È ora di andare via. Forse ci faremo notare al punto tale che Moghedien ci troverà, ma ne dubito. La gente fugge in ogni direzione possibile. Fra altre due ore non ci saranno solo due fuochi, ma cinquanta, ed evitarla non servirà a molto se verremo fatti a pezzi dalla folla scatenata. Attaccheranno gli spettacoli una volta che avranno distrutto tutto ciò che possono in città.»

«Non usare quel nome» disse Nynaeve secca, guardando cupa Elayne anche se l’altra non se ne rese conto. Rivelare troppo agli uomini era sempre un errore. «Prenderò in considerazione il suggerimento, Juilin. Sarebbe odioso fuggire senza motivo per poi scoprire che una nave era giunta subito dopo che siamo andati via.» L’uomo la fissò come se fosse impazzita e Thom scosse il capo anche se Elayne lo teneva immobile per lavarlo, ma una figura che avanzava fra i carri rese Nynaeve raggiante. «Forse è già arrivata.»

Uno, con la toppa dipinta, la cicatrice, il codino e la spada dietro le spalle aveva provocato qualche cenno del capo da Petra e i vari Chavanas, Muelin invece rabbrividì. Aveva fatto le visite serali di persona, anche se non aveva nulla da riferire. La sua presenza in quel momento doveva significare qualcosa.

Come al solito rivolse un ampio sorriso a Birgitte non appena la vide, e alzò l’unico occhio in uno sguardo avido al seno in bella mostra della donna. Anche Birgitte ricambiò il sorriso e lo osservò pigramente dall’alto in basso. Per una volta, però, a Nynaeve non importava in che in maniera riprovevole si comportasse. «È arrivata l’imbarcazione?»

Il sorriso di Uno scomparve. «C’è una malede... un’imbarcazione,» disse torvo «se riesco a farvi arrivare fin lì sani.»

«Sappiamo della rivolta. Certamente quindici Shienaresi possono portarci in salvo.»

«Sapete della rivolta» mormorò, guardando Thom e Juilin. «Sapete che la gente di Masema sta combattendo i Manti Bianchi nelle strade, malediz...? Sapete che ha dann... ha ordinato ai suoi di prendere l’Amadicia a ferro e fuoco? Ci sono migliaia di persone che hanno già attraversato il male... aagh! Il fiume.»

«Sarà pure,» rispose con fermezza Nynaeve «ma mi aspetto che tu faccia quello che avevi detto. Hai promesso di obbedirmi, se ricordo bene.» Nynaeve sottolineò solo leggermente la parola ‘obbedirmi’, e rivolse a Elayne un’occhiata significativa.

Fingendo di non vedere la donna si alzò, con il panno umido e insanguinato in mano, dirigendo la sua attenzione su Uno. «Mi è sempre stato detto che i soldati shienaresi sono i più coraggiosi del mondo.» Quel tono tagliente che aveva avuto usato a un minuto prima aveva immediatamente ceduto il passo a una voce regale e di seta. «Ho sentito molte storie sul coraggio degli Shienaresi quando ero piccola.» Appoggiò una mano sulla spalla di Thom, ma rimase con lo sguardo su Uno. «Ancora me le ricordo. Spero che le ricorderò sempre.»

Birgitte si avvicinò e iniziò a massaggiare il collo di Uno mentre lo guardava dritto nell’occhio. L’altro occhio rosso e furioso dipinto sulla toppa non sembrava darle noia. «Tremila anni a fare la guardia alla Macchia» disse gentilmente. Gentilmente. Erano passati due giorni da quando si era rivolta a Nynaeve a quel modo! «Tremila anni e mai un passo indietro che non fosse stato ripagato dieci volte tanto con il sangue. Forse questo non è Enkara o il passo di Soralle, ma so come agirai.»

«Che cosa hai fatto? Hai letto tutte le maledette storie delle maledette Marche di Confine?» gridò. Immediatamente sobbalzò e guardò Nynaeve. Era stato necessario dirgli che si aspettava un linguaggio pulito da lui. Non la stava prendendo bene, ma non c’era altro modo di prevenire le ricadute e Birgitte non doveva guardarla di traverso. «Puoi parlare con loro?» si rivolse a Thom e Juilin. «Sono malede... sono sciocche a voler fare questo tentativo.»

Juilin alzò le mani al cielo e Thom rise sonoramente. «Hai mai conosciuto una donna che ascolta qualcosa di sensato quando non ne ha voglia?» rispose il menestrello. Sbuffò quando Elayne gli tolse il panno di mano e iniziò a tamponarlo con forse più energia di quanta ne fosse strettamente necessaria.

Uno scosse il capo. «Be’, se devo essere raggirato, suppongo che lo sarò. Ma prestate bene attenzione. La gente di Masema ha trovato la barca, il Serpe di fiume o una cosa simile, nemmeno un’ora dopo che era attraccata, ma i Manti Bianchi l’hanno presa. È questa che ha scatenato le sommosse. La cattiva notizia è che i Manti Bianchi sono ancora in possesso del molo. Quella peggiore è che Masema forse ha dimenticato il vascello, sono andato a trovarlo e non voleva sentirne parlare; tutto ciò che gli interessava era impiccare i Manti Bianchi e far inginocchiare l’Amadicia davanti al lord Drago anche se avesse dovuto incendiare l’intero territorio, ma non si è preso la briga di dirlo ai suoi. Ci sono stati alcuni scontri vicino al fiume e forse ci sono ancora. Farvi attraversare la rivolta sarà difficile, ma se c’è una battaglia ai moli non vi garantisco nulla. E come riuscirò a mettervi su una nave nelle mani dei Manti Bianchi, davvero non lo so.» Esalando un lungo sospiro si deterse il sudore dalla fronte con il dorso della mano sfigurata. Lo sforzo di questo lungo discorso senza imprecare era palese.

Nynaeve in quel momento forse si era addolcita riguardo a questo punto, se non fosse stata troppo stordita per parlare.

Doveva trattarsi di una coincidenza. Luce. Ho detto qualsiasi cosa per un vascello, ma non intendevo questo, si disse. Non questo! Non sapeva perché Elayne e Birgitte la stavano fissando del tutto inespressive. Sapevano le stesse cose che sapeva lei e nessuna aveva accennato a questa eventualità. I tre uomini si scambiarono delle occhiate, consapevoli che stava succedendo qualcosa ed evidentemente altrettanto inconsapevoli di cosa si trattasse, grazie alla Luce. Era molto meglio così.

Da una parte fu più che contenta di concentrarsi su un altro uomo che stava avanzando fra i carri, le diede il pretesto per distogliere gli occhi da Elayne e Birgitte. Dall’altra la vista di Galad le fece sprofondare lo stomaco nei piedi.

Indossava una semplice giubba marrone e un berretto piatto di velluto invece del manto bianco e la cotta di maglia lucida, ma aveva ancora la spada al fianco. Prima di allora non si era avvicinato ai carri e l’effetto sul suo viso fu drammatico. Muelin fece inconsapevolmente un passo verso di lui e le due snelle acrobate si sporsero in avanti a bocca spalancata. Anche Clarine si lisciò l’abito mentre lo guardava, finché Petra si tolse la pipa dalla bocca per dire qualcosa. A quel punto Clarine si diresse verso di lui ridendo e affondò il viso dell’uomo fra i suoi seni floridi. Con gli occhi però ancora seguiva Galad sopra la testa del marito.

Nynaeve non era dell’umore adatto per lasciarsi condizionare dalla bellezza di un uomo e il suo respiro rimase quasi invariato. «Eri tu, vero?» chiese anche prima che la raggiungesse. «Tu hai preso il Serpe di fiume, vero? Perché?»

«Serpente di fiume» la corresse, guardandola incredulo. «Mi hai chiesto di assicurarti un passaggio.»

«Non ti ho chiesto di dare il via a una sommossa!»

«Una sommossa?» intervenne Elayne. «Una guerra. Un’invasione. Tutto è iniziato a causa di questo veliero.»

Galad le rispose con calma. «Ho dato la mia parola a Nynaeve, sorella. Il mio primo dovere è assicurarmi che ti diriga al sicuro verso Caemlyn. E anche Nynaeve naturalmente. I Figli avrebbero dovuto combattere questo Profeta prima o poi.»

«Non potevi limitarti a farci sapere che la nave era arrivata?» domandò stancamente Nynaeve. Gli uomini e la loro parola. Era tutto ammirevole a volte, ma avrebbe dovuto ascoltare quando Elayne le aveva detto che Galad faceva sempre quello che credeva giusto, senza curarsi del male che poteva causare agli altri.

«Non so per quale motivo il Profeta voleva la nave, ma dubito che fosse per permettervi di scendere a fondovalle.» Nynaeve batté le palpebre. «Inoltre ho pagato il capitano per il vostro passaggio mentre stava ancora depositando il carico. Un’ora dopo uno dei due uomini che avevo lasciato per assicurarsi che non partissero senza di voi mi ha raggiunto per dirmi che l’altro uomo era morto e che il Profeta aveva preso la nave. Non capisco per cosa sei tanto sconvolta. Volevi un’imbarcazione, ne avevi bisogno e io ne ho trovata una.» Aggrottando le sopracciglia Galad si rivolse a Thom e Juilin. «Cos’hanno le donne? Perché continuano a fissarvi l’un l’altra?»

«Donne» fu la semplice risposta di Juilin, che subito ricevette un colpo dietro la nuca da Birgitte. La guardò torvo.

«Le mosche cavalline pungono in maniera antipatica» disse sorridendo, mentre lo sguardo furioso dell’uomo diveniva incerto la donna sistemava di nuovo il cappello.

«Possiamo restarcene qui tutto il tempo a discutere di cosa sia giusto e cosa sbagliato,» disse Thom secco «o possiamo prendere il vascello. Il passaggio è stato pagato e adesso non puoi riprenderli indietro.»

Nynaeve batté di nuovo le palpebre. Qualsiasi cosa l’uomo intendesse, lei sapeva come interpretare le parole.

«Potrebbero esserci problemi per raggiungere il fiume» commentò Galad. «Ho indossato questi abiti perché i Figli non sono popolari a Samara adesso, ma la folla potrebbe prendersela con chiunque.» Guardò dubbioso Thom, con i capelli bianchi e i lunghi baffi, Juilin con un aspetto simile, anche in disordine un Tarenese sembrava un tipo duro, quindi si rivolse a Uno. «Dov’è il tuo amico? Un’altra spada sarebbe utile fino a quando non raggiungiamo i miei uomini.»

Il sorriso di Uno era malvagio. Chiaramente non c’era più simpatia fra loro dopo quel primo incontro. «Sta per venire. Forse altri due con lui. Farò in modo che giungano alla nave se i tuoi Manti Bianchi riescono a trattenerla. Anche se non ci riescono.»

Elayne aprì la bocca, ma Nynaeve parlò velocemente. «Adesso basta!» Elayne avrebbe provato a usare la voce mielosa un’altra volta. Forse avrebbe funzionato, ma Nynaeve voleva dare una sferzata. «Bisogna muoversi in fretta.» Avrebbe dovuto pensare quando aveva spronato due pazzi contro lo stesso bersaglio a cosa sarebbe potuto accadere se vi fossero giunti allo stesso tempo. «Uno, riunisci il resto dei tuoi uomini, il più rapidamente possibile.» Questi cercò di dirle che stavano già aspettando dall’altro lato del serraglio, ma la donna andò avanti. Erano dei folli, entrambi. Tutti gli uomini lo erano! «Galad, tu...»

«Sveglia e alzatevi!» gridò Luca mentre correva fra i carri, zoppicando e con un livido che stava scurendosi da un lato del volto. La cappa rossa era piena di macchie e strappata. Sembrava che Thom e Juilin non fossero stati i soli ad avventurarsi in città. «Brugh, vai a dire ai guardacavalli di attaccare i gioghi! Dobbiamo abbandonare la tenda.» Fece una smorfia nel pronunciare quelle parole. «Ma intendo essere per strada entro un’ora! Andava, Kuan, tirate fuori le vostre sorelle! Svegliate tutti quelli che ancora dormono e se si stanno lavando dite loro di vestirsi sporchi o di venire nudi! Sbrigatevi, a meno che non siate pronti a proclamare il Profeta e marciare sull’Amadicia! Chin A kin ha già perso la testa, con la metà dei suoi artisti, e Silvia Cerano con una dozzina dei suoi sono stati frustati per essere troppo lenti! Muovetevi!» A quel punto tutti tranne quelli intorno al carro di Nynaeve correvano.

L’andatura claudicante di Luca rallentò mentre si avvicinava, guardando sospettoso Galad. E Uno, allo stesso tempo, anche se aveva visto quell’uomo con un occhio solo in tutto un paio di volte. «Nana, voglio parlarti» le si rivolse con calma. «Da sola.»

«Non verremo con te, mastro Luca» rispose la donna.

«Da sola» ripeté afferrandola per un braccio e trascinandola via.

Nynaeve si voltò indietro per dire agli altri di non interferire, scoprendo che non era necessario. Elayne e Birgitte stavano correndo verso il tendone che circondava il serraglio e, a parte alcune occhiate a lei e Luca, i quattro uomini erano impegnati nella loro conversazione. Tirò su con il naso. Un bel comportamento, lasciare che una donna venisse maltrattata senza intervenire.

Liberandosi il braccio camminò di fianco a Luca, la gonna di seta sibilava il suo disappunto. «Immagino tu pretenda il tuo denaro, adesso che stiamo andando via. Be’, lo avrai. Cento marchi d’oro. Anche se penso che dovresti concederci qualcosa per il carro e i cavalli che stiamo abbandonando. È per quello che ti abbiamo fatto guadagnare. Abbiamo certamente aumentato il numero dei tuoi patrocinatori. Morelin e Juilin con il funambolismo, me con le frecce, Thom con...»

«Credi che io voglia l’oro, donna?» chiese girandole intorno. «Se lo avessi voluto, lo avrei chiesto fin dal giorno che abbiamo oltrepassato il fiume! L’ho fatto? Ti sei mai chiesta perché?»

Involontariamente Nynaeve fece un passo indietro mettendosi a braccia conserte, con l’espressione severa. Si pentì subito di averlo fatto. Quella posizione accentuava quel che stava esibendo, eppure l’ostinazione la convinse a non muoversi, non gli avrebbe lasciato capire che era agitata, visto che lo era sul serio, ma con sua grande sorpresa gli occhi dell’uomo rimasero sui suoi. Forse era malato. Prima di allora non aveva mai evitato di guardarle il seno, e se Valan Luca non era interessato a quello o all’oro... «Se non è per il denaro, allora perché vuoi parlarmi?»

«Per tutto il tragitto dalla città a qui,» rispose lentamente seguendola «continuavo a ripetermi che prima o poi sareste andate via.» Nynaeve si rifiutò di allontanarsi di nuovo, malgrado l’uomo svettasse su di lei e la stesse fissando dall’alto in basso con attenzione. «Non so da cosa stiate scappando, Nana. A volte credo quasi alla vostra storia. Morelin certamente ha delle maniere regali. Ma tu non sei mai stata la cameriera di una lady. Negli ultimi giorni mi aspettavo da un momento all’altro di vedervi rotolare in terra tirandovi i capelli a vicenda. E forse Maerion con voi.» Doveva aver notato qualcosa sul volto di Nynaeve perché si schiarì la gola e proseguì velocemente. «Il fatto è, posso trovare qualcun’altra alla quale Maerion scagli contro le frecce. Tu strilli bene, chiunque penserebbe che sei davvero terrorizzata, ma...» Si schiarì di nuovo la gola, anche più velocemente, e si fece indietro. «Quello che sto cercando di dire è che voglio che resti. Là fuori il mondo è grande, migliaia di città che attendono uno spettacolo come il mio, e chi vi sta inseguendo non ti troverà mai con me. Alcune delle persone di Akima e Silia che non hanno oltrepassato il fiume... si sono unite a me. Lo spettacolo di Valan Luca sarà il più grande che il mondo abbia mai visto.»

«Rimanere? Perché dovrei? Te l’ho detto fin dall’inizio che volevamo solo raggiungere il Ghealdan e nulla è cambiato.»

«Perché? Ma per essere la madre dei miei figli naturalmente!» Prese la mano di Nynaeve fra le sue. «Nana, i tuoi occhi hanno bevuto la mia anima, le tue labbra infiammato il mio cuore, le tue spalle mi fanno battere il cuore a perdifiato, i tuoi...»

La donna lo interruppe velocemente. «Vuoi sposarmi?» chiese incredula.

«Sposarti?» Valan batté le palpebre. «Be’... uh... sì. Sì, certo.» La voce dell’uomo ritrovò la forza e le premette le dita sulle labbra. «Celebreremo le nozze nella prima città dove riesco a organizzare tutto. Non ho mai chiesto a una donna di diventare mia moglie.»

«Posso crederlo» rispose debolmente Nynaeve. Dovette sforzarsi per liberare la mano. «Sono lusingata dall’onore che mi stai facendo, mastro Luca, ma...»

«Valan, Nana, Valan.»

«...ma sono costretta a rifiutare. Sono promessa a un altro.» Be’, in un certo modo lo era. Lan Mandragoran poteva essere convinto che l’anello con il sigillo fosse solo un regalo, ma lei la vedeva differentemente. «E sto andando via.»

«Dovrei legarti e portarti con me.» La sporcizia e gli strappi vanificarono in parte l’effetto dell’ampolloso svolazzo della cappa mentre si tirava su. «Con il tempo dimenticheresti quel tizio.»

«Provaci, e sarà mia cura che Uno ti faccia desiderare di essere stato ridotto in salsicce.» Questa minaccia ebbe poco successo, a quel punto Nynaeve gli puntò l’indice contro il torace. «Non mi conosci, Valan Luca. Non sai nulla di me. I miei nemici, quelli che hai liquidato con tanta facilità, ti farebbero uscire dalla pelle e danzare con le tue ossa e saresti grato se si limitassero a quello. Adesso. Sto andando via e non ho tempo di ascoltare le tue stupidaggini. No, non aggiungere altro! Ho deciso e non mi vedrai cambiare idea, per cui puoi anche smettere di parlare.»

Luca sospirò profondamente. «Tu sei l’unica donna per me, Nana. Lascia che siano gli altri a scegliere noiose adulatici con i loro timidi sospiri. Un uomo dovrebbe sapere che deve attraversare il fuoco e domare una leonessa a mani nude ogni volta che si avvicina a te. Ogni giorno un’avventura e ogni notte...» Quel sorriso gli fece quasi ottenere una tirata di orecchie. «Ti troverò ancora, Nana, e sceglierai me. Lo so nel profondo del cuore.» Toccandosi il petto con aria drammatica fece roteare la cappa in modo anche più pretenzioso. «E anche tu lo sai, mia cara Nana. In cuor tuo lo sai.»

Nynaeve era incerta se scuotere il capo o rimanere a bocca aperta. Gli uomini erano pazzi. Tutti.

Valan insisté per scortarla al carro, tenendola sottobraccio come se fossero a un ballo.

Procedendo a grandi passi fra la baraonda di guardacavalli che si affrettavano a sistemare i tiri di animali, la folla di uomini che gridavano, destrieri che nitrivano, orsi che bramivano, leopardi, Elayne si trovò a borbottare tanto da eguagliare una qualsiasi delle bestie. Nynaeve non aveva diritto di parlare di lei che mostrava le gambe. Aveva notato il modo in cui la donna stava bella dritta quando Valan Luca appariva. E respirava più profondamente. Anche per Galad lo faceva. Non si divertiva, lei, a indossare le brache. Erano comode, certo, e più fresche della gonna. Poteva capire perché Min aveva deciso di indossare abiti maschili. O quasi. Doveva solo superare la sensazione che la giubba coprisse appena i fianchi. Era riuscita solo in quello fino ad allora. Non voleva che Nynaeve sapesse, lei e la sua lingua velenosa. La donna avrebbe dovuto rendersi conto che Galad non avrebbe fatto caso al costo di mantenere quella promessa. Elayne le aveva parlato di lui molte volte. E coinvolgere il Profeta! Nynaeve agiva senza riflettere su quello che stava facendo.

«Hai detto qualcosa?» chiese Birgitte. Aveva tirato su la gonna appoggiandola su un braccio per camminare, scoprendo le gambe senza vergogna, dalle scarpine di broccato azzurro fin sopra le ginocchia, e quelle calze velate non nascondevano tanto quanto le brache.

Elayne si fermò di colpo. «Cosa ne pensi di come sono vestita?»

«Concede libertà di movimento» rispose l’altra donna prudentemente. Elayne annuì. «Certo è un bene che il tuo posteriore non sia troppo grande, per come sono aderenti...»

Allungando il passo furiosa, Elayne tirò selvaggiamente la giubba verso il basso.

La lingua di Nynaeve non aveva nulla da invidiare a quella di Birgitte. Avrebbe davvero dovuto chiedere qualche giuramento di obbedienza, o almeno il debito rispetto. Era necessario che se ne ricordasse al momento di legare Rand. Quando Birgitte la raggiunse, con un’espressione amareggiata come se fosse al limite della resistenza, nessuna delle due parlò.

Con indosso un abito coperto di lustrini verdi, la donna seanchan stava usando il pungolo per guidare lo s’redit mentre con la testa spingeva il pesante carro che trasportava la gabbia del leone nero. Un guardacavalli con una consunta veste di pelle teneva il timone del carro, dirigendolo verso i cavalli per poterli attaccare più facilmente. Il leone camminava avanti e indietro, scodinzolando e di tanto in tanto ringhiando, come se volesse poi ruggire.

«Cerandin,» disse Elayne «devo parlarti.»

«Un attimo, Morelin.» Concentrata com’era sull’animale dalle lunghe zanne, la veloce parlata strascicata suonava quasi incomprensibile.

«Adesso, Cerandin. Abbiamo poco tempo.»

Ma la donna non fermò lo s’redit e lo fece girare finché il guardacavalli le comunicò che il carro era in posizione. A quel punto chiese con impazienza: «Di cosa hai bisogno, Morelin? Ho ancora molto da fare. E mi piacerebbe cambiarmi. Quest’abito non va bene per viaggiare.» L’animale attendeva pazientemente alle sue spalle.

Elayne tese un poco le labbra. «Stiamo andando via, Cerandin.»

«Sì, lo so. Le sommosse. Certe azioni non dovrebbero essere permesse. Se questo Profeta pensa di farci del male, imparerà di cosa sono capaci Mer e Sanit.» Si voltò per grattare la spalla rugosa di Mer con il pungolo e questi le toccò la spalla con il lungo naso. «Alcuni preferiscono i lopar o i grolm per le battaglie, ma gli s’redit se vengono usati come si deve...»

«Fai silenzio e ascolta» la interruppe Elayne con fermezza. Era uno sforzo mantenere la propria dignità con la donna seanchan che faceva l’ottusa e Birgitte da un lato a braccia conserte. Era sicura che quest’ultima stesse solo aspettando l’occasione per dire qualcos’altro di tagliente. «Non mi riferisco allo spettacolo. Parlo di me, Nana e te. Prendiamo una barca adesso. In poche ore dovremmo trovarci al di fuori della portata del Profeta per sempre.»

Cerandin scosse il capo lentamente. «Sono pochi i battelli fluviali che possono trasportare gli s’redit, Morelin. Anche se ne hai trovato uno che può, cosa faranno? Cosa farò io? Non credo di riuscire a guadagnare altrettanto da sola di quanto non riesca con mastro Luca, nemmeno con il tuo funambolismo e Maerion che scaglia le frecce. E suppongo che Thom farebbe il giocoliere. No, è meglio se rimango con lo spettacolo.»

«Gli s’redit dovrai abbandonarli» ammise Elayne, «ma sono sicura che mastro Luca si prenderà cura di loro. Non faremo spettacoli, Cerandin. Non ce n’è più bisogno. Dove sto andando, ci sono alcune persone che vorrebbero scoprire...» Era consapevole del guardacavalli, un tipo magro con il naso butterato, in piedi abbastanza vicino per sentire, «...qualcosa del posto da dove vieni. Più di quanto ci hai già detto.» No. Non per sentire. Per guardare con occhi cupidi. A turno il seno di Birgitte e le sue gambe. Li guardò fino a quando quel sorriso insolente divenne morboso e fece ritorno alle sue faccende.

Cerandin stava di nuovo scuotendo il capo. «Devo lasciare che Mer, Sanit e Nerin siano accuditi da uomini che hanno paura di avvicinarsi loro? No, Morelin. Resteremo con mastro Luca. Anche tu. È molto meglio. Ricordi di come eri miserabile il giorno che sei arrivata? Non vorrai tornare in quello stato?»

Inspirando profondamente, Elayne le si avvicinò. Nessuno tranne Birgitte era abbastanza vicino da sentire, ma non voleva correre stupidi rischi. «Cerandin, il mio vero nome è Elayne della casata Trakand, erede al trono di Andor. Un giorno sarò regina di Andor.»

A giudicare dal comportamento della donna il primo giorno, e ancor più da quanto aveva rivelato loro di Seanchan, quelle parole avrebbero dovuto essere sufficienti a eliminare qualsiasi resistenza. Invece Cerandin la guardò dritta negli occhi. «Il giorno che sei arrivata hai dichiarato di essere una lady, ma...» Inumidendosi le labbra guardò le brache di Elayne. «Sei una brava funambola, Morelin. Se ti eserciti potresti diventare abbastanza abile da esibirti davanti all’Imperatrice un giorno. Tutti hanno un posto e tutti vi appartengono.»

Per un po’ Elayne mosse le labbra senza emettere alcun suono. Cerandin non le credeva! «Ho sprecato fin troppo tempo, Cerandin.» Cercò di afferrare per un braccio la donna per trascinarla di peso se necessario, ma Cerandin le prese la mano e gliela torse; con un grido stridulo Elayne si ritrovò a occhi sgranati in punta di piedi, chiedendosi se il polso si sarebbe rotto prima che si slogasse la spalla. Birgitte stava in piedi a guardare con le braccia conserte; ebbe pure il coraggio di sollevare un sopracciglio con aria interrogativa!

Elayne digrignò i denti. Non avrebbe chiesto aiuto. «Lasciami, Cerandin» chiese, cercando di non sembrare a corto di fiato. «Ti ho detto di lasciarmi!»

Dopo un po’ Cerandin la lasciò e fece un passo indietro sospettosa. «Sei un’amica, Morelin, e sempre lo sarai. Forse un giorno sarai una lady. Hai delle buone maniere e, se attiri un lord, forse potrebbe prenderti come sua ‘asa’. Le ‘asa’ a volte diventano mogli. Vai con la Luce, Morelin. Devo finire il mio lavoro.» Riprese quindi il pungolo affinché Mer potesse avvolgervi la proboscide e il grande animale attese che la donna facesse strada.

«Cerandin» chiamò Elayne. «Cerandin!» La donna bionda non si voltò. Elayne guardò Birgitte furiosa. «Sei stata di grande aiuto» disse acida, allontanandosi a grandi passi prima che l’altra potesse rispondere.

Birgitte la raggiunse e la affiancò. «Da quello che ho sentito e visto, hai trascorso molto tempo a insegnare alla donna che aveva una spina dorsale. Ti aspettavi che ti aiutassi a toglierle quanto ottenuto?»

«Non stavo cercando di fare nulla di simile» mormorò Elayne. «Stavo cercando di prendermi cura di lei. È molto lontana da casa, straniera in qualsiasi luogo si rechi, e ci sono alcuni che non la tratterebbero con la stessa gentilezza se scoprissero da dove arriva.»

«Mi sembra perfettamente in grado di badare a se stessa» le rispose secca Birgitte. «Ma forse sei stata tu a insegnarglielo? Forse era indifesa prima che tu la conoscessi.» Lo sguardo di Elayne parve scivolare sulla donna come ghiaccio sul metallo caldo.

«Sei rimasta in piedi a osservare. Tu dovresti essere la mia...» si guardò attorno, velocemente, ma molti dei guardacavalli distolsero lo sguardo «...la mia Custode. Dovresti aiutarmi a difendermi quando non posso incanalare.»

Anche Birgitte si guardò attorno, ma sfortunatamente non c’era nessuno abbastanza vicino per fare in modo che tenesse a freno la lingua. «Ti difenderò quando sarai in pericolo, ma se il pericolo è solamente essere atterrata da qualcuno perché ti sei comportata come una bambina viziata, deciderò se è meglio lasciare che impari la lezione che potrebbe risparmiarti lo stesso trattamento o uno peggiore la prossima volta. Rivelarle che sei l’erede al trono! Davvero! Se devi diventare Aes Sedai, sarebbe meglio che iniziassi a esercitarti adesso a piegare la verità, non a farla a pezzi.»

Elayne rimase a bocca aperta. E riuscì a parlare solo quando inciampò, esclamando: «Ma lo sto facendo!»

«Se lo dici tu» disse Birgitte, guardando le brache coperte di lustrini.

Elayne non riusciva a resistere. Nynaeve usava la lingua come un ago, Cerandin ostinata come un mulo, e adesso questo. Reclinò il capo all’indietro e gridò frustrata.

Quando il suono terminò sembrava che l’animale si fosse calmato. I guardacavalli che erano nei dintorni la fissavano. Li ignorò con freddezza. Adesso nulla avrebbe potuto farsi strada dentro di lei. Era calma come il ghiaccio, perfettamente padrona di sé.

«Quel grido ti è stato d’aiuto?» chiese Birgitte inclinando il capo. «O forse hai fame? Immagino che potrei trovare una balia asciutta in...»

Elayne si allontanò emettendo un ringhio che avrebbe reso uno qualsiasi dei leopardi molto fiero.

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