41 L’arte di Kin Tovere

Con una mano appoggiata sull’elsa della spada e l’altra che teneva la lancia verde e bianca dei Seanchan, Rand per il momento ignorò gli altri sulla collina scarsamente alberata, mentre studiava i tre accampamenti sparsi sotto di lui nel sole di metà mattinata. Tre campi distinti, quello era l’ostacolo. Erano tutte le forze cairhienesi e tarenesi che aveva a disposizione. Ogni altro uomo che potesse usare una spada era chiuso in città, o la Luce sola sapeva dove.

Gli Aiel avevano catturato dei rifugiati dal passo Jangai, alcuni si erano addirittura uniti a loro spontaneamente, o attirati dalle voci che questi Aiel non uccidevano nessuno a vista o troppo scoraggiati perché la cosa importasse loro finché avevano un pasto prima di morire. Troppi credevano che sarebbero caduti per mano degli Aiel o del Drago Rinato, o durante l’Ultima Battaglia, che ritenevano sarebbe scoppiata uno di quei giorni. Un numero discreto, tutto sommato, ma contadini, artigiani e negozianti non dovevano essere considerati. Certi sapevano come usare un arco o una fionda per cacciare conigli, ma non c’era un soldato nel gruppo e non aveva tempo di addestrarli. Cairhien si trovava a poco più di cinque chilometri a ovest, alcune delle decantate torri senza cima di Cairhien’ erano visibili al di sopra della foresta. La città si snodava sulle colline separata dal fiume Alguenya, circondata dagli Shaido di Couladin e quelli che gli si erano affiancati.

Fra le tende montate qua e là, senza un criterio, e i fuochi da campo sparsi nella lunga valle poco profonda ai piedi di Rand c’erano circa ottocento Tarenesi in armatura. Circa la metà erano difensori della Pietra che indossavano i pettorali di acciaio lucidato e gli elmetti bordati e avevano le maniche a sbuffo striate nere e oro. Il resto erano reclute di una manciata di lord; le bandiere e i vessilli creavano un circolo attorno al centro del campo e alla mezza luna d’argento e le stelle del sommo signore Weiramon. Le sentinelle si trovavano lungo le linee di picchetto come se si aspettassero un’incursione contro i cavalli in qualsiasi momento.

A trecento passi di distanza nel secondo campo la guardia ai cavalli era stretta. Gli animali erano di diverse razze. Alcuni somigliavano a quelli dal bel collo arcuato di Tear e altri erano le bestie da tiro dei contadini, se Rand vedeva bene. I Cairhienesi erano forse un centinaio più dei Tarenesi, ma le loro tende erano di meno e spesso rattoppate, le bandiere e i ‘con’ rappresentavano circa settanta lord. Pochi nobili cairhienesi avevano ancora alcuni servitori e i loro eserciti si erano dispersi durante la guerra civile.

L’ultimo gruppo si trovava a circa cinquecento passi di distanza, prevalentemente formato da Cairhienesi, ma ben separati dagli altri. Più grande del precedenti due messi insieme, il campo contava meno cavalli e tende. Non c’erano bandiere e solo gli ufficiali avevano i ‘con’, i piccoli vessilli dai colori sgargianti dietro le spalle servivano a distinguerli dalla folla dei loro uomini piuttosto che indicarne la casata. La fanteria poteva rivelarsi utile, ma erano pochi i lord di Tear e Cairhien che lo avrebbero ammesso. Certamente nessuno avrebbe riconosciuto di guidarne una. Era il più ordinato dei campi, i fuochi da cucina erano in file precise, i picchetti ben sistemati in luoghi dove potevano essere subito impiegati, e gruppi di arcieri e balestrieri punteggiavano le linee. Secondo Lan la disciplina teneva vivi gli uomini in battaglia, ma la fanteria probabilmente era l’arma che vi si atteneva di più rispetto alla cavalleria. I tre gruppi in teoria erano insieme, sotto lo stesso comandante, il sommo signore Weiramon che li aveva guidati da sud il giorno precedente, ma i due campi di cavalieri si guardavano quasi con lo stesso sospetto riservato agli Aiel sulle colline circostanti. I Tarenesi con una dose di disprezzo che i Cairhienesi imitavano ignorando il terzo campo, da cui si rivolgevano a tutti gli altri con sguardi di insofferenza. I seguaci di Rand, i suoi alleati, erano pronti a combattersi a vicenda come a combattere gli altri.

Sempre facendo finta di osservare i campi, Rand si mise a osservare Weiramon, senza elmetto, che si trovava accanto ad alcuni spuntoni di ferro. Due uomini più giovani, lord minori di Tairen, erano alle sue calcagna, le barbe nere tagliate e unte in modo da somigliargli il più possibile, anche se la sua barba era striata di grigio; i loro pettorali consumati sopra maniche a righe brillanti avevano delle decorazioni dorate appena meno sontuose di quelle del lord. Lontani, isolati da tutti gli altri sulla collina eppure vicino a Rand, sembravano in attesa di celebrare una cerimonia marziale di corte, a parte il sudore che colava sui visi. Eppure lo ignoravano.

Dal sigillo del sommo signore mancavano solo alcune stelle perché fosse una replica di quello di Lanfear, ma l’uomo dal naso lungo non era lei camuffata, con i capelli grigi unti come la barba e pettinati in un vano tentativo di nascondere la calvizie. Stava recandosi a nord con i rinforzi da Tear quando aveva sentito che gli Aiel attaccavano la città di Cairhien. Invece di farsi indietro o rimanere immobile, aveva proseguito verso nord alla massima velocità, riunendo tutte le truppe che poteva strada facendo.

Era la buona notizia a proposito di Weiramon. Quella cattiva era che aveva creduto di poter sbaragliare gli Shaido attorno a Cairhien con quanto aveva con sé. Ne era ancora convinto e non era troppo soddisfatto che Rand non lo lasciasse attaccare o che fosse circondato da Aiel. Per Weiramon fra gli Aiel non c’era differenza. Anche per gli altri. Uno dei giovani lord annusava un fazzoletto di seta profumato ogni volta che guardava un Aiel. Rand si chiese quanto sarebbe vissuto. E cosa avrebbe dovuto fare quando sarebbe morto.

Weiramon notò che Rand stava osservando e si schiarì la gola. «Mio lord Drago,» iniziò serio «con un buon attacco li faremo disperdere come quaglie» sbatté forte i guanti sui palmi delle mani. «I piedi non possono vincere sui cavalli. Manderò i Cairhienesi contro di loro, quindi seguiremo con un’armata...»

Rand lo interruppe. L’uomo era in grado di contare? Il numero di Aiel che vedeva lì non gli forniva alcun indizio su quanti potevano essercene attorno alla città? Non importava. Rand aveva sentito più di quanto potesse sopportare. «Sei sicuro delle notizie che porti da Tear?»

Weiramon batté le palpebre. «Notizie, mio lord Drago? Cosa...? Oh, quello. Che la mia anima sia folgorata, non posso farci nulla. I pirati illianesi tentano spesso delle incursioni lungo la costa.» Erano ben altro che tentativi, da quanto aveva raccontato l’uomo al suo arrivo.

«E l’attacco alle pianure di Maredo? Anche quello lo fanno spesso?»

«Ma, che la mia anima bruci, sono solo briganti.» Era più un’affermazione che una protesta. «Forse non sono Illianesi, ma di certo non sono soldati. Con il caos che creano gli Illianesi, chi può dire se il consiglio, l’Assemblea o il Consiglio dei Nove hanno in mano la frusta sempre pronta. E se decidessero di muoversi, sarebbe con degli eserciti che colpirebbero Tear sotto l’insegna delle Api d’oro, non facendo incursioni per incendiare i carri dei mercanti o le fattorie di confine. Su questo puoi credermi.» «Se lo desideri» rispose Rand, con la massima cortesia consentita. Qualsiasi potere avesse l’Assemblea o il Consiglio dei Nove o Martin Stepanoes del Balgar, era quello che Sammael decideva di lasciargli. Erano comunque ancora in pochi a conoscenza del fatto che i Reietti adesso erano liberi. Chi doveva saperlo rifiutava di prestarvi fede o lo ignorava, come se un atteggiamento simile avrebbe allontanato i Reietti, oppure riteneva che, se fosse accaduto, sarebbe stato in un vago e preferibilmente lontano futuro. Non aveva senso tentare di convincere Weiramon, a qualsiasi gruppo appartenesse. Le opinioni dell’uomo non cambiavano nulla.

Il sommo signore guardò torvo le insenature fra le colline. Più precisamente quelle con i due campi cairhienesi. «Senza delle regole precise qui, chi può dire che tipo di canaglie si sono dirette a sud?» Con una smorfia sbatté i guanti sul palmo della mano anche più forte di prima rivolgendosi di nuovo a Rand. «Be’, li avremo sotto il nostro controllo abbastanza presto, per te, mio lord Drago. Se solo volessi dare l’ordine, posso guidare...»

Rand lo oltrepassò senza ascoltare, ma Weiramon lo seguì, sempre chiedendo il permesso di attaccare, mentre gli altri due gli andavano appresso come cani. L’uomo era uno sciocco cieco.

Naturalmente non erano da soli. La cima della collina era affollata. Sulin aveva un centinaio di Far Dareis Mai piazzate attorno al picco e ognuna di loro sembrava pronta a indossare il velo, più del solito. Non era solo la prossimità degli Shaido che aveva fatto innervosire Sulin. Quasi a voler scherzare con il disgusto di Rand per il sospetto che circolava nei campi sottostanti, Enaila e due Fanciulle non si tenevano mai lontane da Weiramon e i due giovani signori; e più vicine si trovavano a Rand più avevano l’aria di voler indossare i veli.

Non lontano Aviendha stava parlando con una dozzina o più Sapienti, con gli scialli appoggiati sui gomiti, tutte, tranne lei, coperte di braccialetti e collane. Sorprendentemente era una donna ossuta dai capelli bianchi, anche più vecchia di Bair, a esserne in apparenza a capo. Rand si sarebbe aspettato che lo fossero Amys o Bair, ma anch’esse tacevano quando parlava Sorilea. Melaine stava con Bael, a metà strada fra le Sapienti e gli altri capi clan. Continuava a sistemare la giubba del cadin’sor di Bael, come se non sapesse come vestirsi, e aveva l’aria paziente di un uomo che cercava di ricordarsi perché si era sposato. Poteva essere solo un sospetto, ma a Rand sembrava che le Sapienti stessero cercando di influenzare di nuovo i capi. Se era così, lo avrebbe scoperto abbastanza presto.

Era Aviendha, però, ad attirare la sua attenzione. Gli aveva rivolto un fugace sorriso prima di rimettersi ad ascoltare Sorilea. Un sorriso amichevole, niente più. Era comunque qualcosa. Non lo aveva attaccato una sola volta dopo quanto era accaduto fra loro e se a tratti la donna faceva un commento sarcastico, non era più duro di quanto si sarebbe aspettato da Egwene. Tranne quando lui era tornato a parlare di matrimonio. Allora gli aveva tirato le orecchie con tale forza che da quel momento non aveva più osato accennarvi. I sorrisi di Aviendha erano al massimo amichevoli, anche se adesso non era più così attenta quando si spogliava davanti a lui per la notte. La donna insisteva comunque a non voler dormire a più di tre passi di distanza da lui.

Le Fanciulle in ogni caso sembravano sicure che ci fossero molto meno di tre passi fra le loro coperte e Rand continuava ad aspettarsi che quella convinzione si sarebbe diffusa, ma non era ancora successo. Egwene gli si sarebbe scagliata addosso come un albero abbattuto se avesse anche solo sospettato una cosa simile. Era abbastanza facile per lei parlare di Elayne, ma non riusciva a capire Aviendha ed era proprio davanti a lui. Dunque non era stato mai così teso quando guardava Aviendha, ma la donna sembrava più rilassata che mai. In un modo o nell’altro era l’opposto di come avrebbe dovuto essere. Con lei pareva tutto il contrario. Min era la sola che non lo aveva fatto sentire come se fosse tutto il tempo a testa in giù. Sospirando si allontanò, sempre senza ascoltare Weiramon. Un giorno avrebbe capito le donne. Quando avesse avuto il tempo di applicarsi al loro studio. Immaginava che non sarebbe bastata una vita.

I capi clan erano in riunione, con i capi setta e rappresentanti delle varie società. Rand ne riconobbe alcuni. Lo scuro Heirn, capo dei Jindo Taardad, Mangin, che rivolse a lui un cenno amichevole con la testa e ai Tarenesi uno sguardo disgustato. Juranai, magro come una lancia, capo degli Aethan Dor, gli Scudi Rossi, in questa spedizione malgrado alcune ciocche bianche tra i capelli castano chiaro; Roidan, con le spalle ampie e la chioma grigia, che guidava gli Sha’mad Conde, i Camminatori del Tuono. Questi quattro a volte si erano uniti a lui mentre si esercitava nella lotta aiel senza armi, fin da quando avevano lasciato il passo Jangai.

«Vuoi andare a caccia oggi?» chiese Mangin al passaggio di Rand, che lo guardò sorpreso.

«A caccia?»

«Non c’è molto, ma potremmo provare a prendere le pecore con un sacco.» Lo sguardo severo che Mangin rivolse ai Tarenesi lasciava pochi dubbi su chi fossero le ‘pecore’, anche se Weiramon e gli altri non capirono. O finsero di non capire. Il giovane lord annusò di nuovo il fazzoletto. «Forse un’altra volta» rispose Rand, scuotendo il capo. Pensava che avrebbe potuto fare amicizia con uno dei quattro, specialmente Mangin che aveva un senso dell’umorismo simile a Mat. Se non aveva tempo di studiare le donne, certo non ne aveva per crearsi nuovi amici. Era già poco quello per i vecchi, e Mat lo preoccupava.

Sulla parte più alta della collina una grossa torre di tronchi di legno svettava al di sopra degli alberi, l’ampia piattaforma in cima era almeno a venti spanne dal suolo. Gli Aiel non sapevano come lavorare il legno, ma c’erano molti fra i rifugiati cairhienesi che ne erano capaci.

Moiraine aspettava alla base della prima scala di legno con Lan ed Egwene. Quest’ultima si era abbronzata parecchio, adesso poteva davvero passare per un’Aiel, se non fosse stato per gli occhi scuri. Una Aiel bassa. La guardò velocemente, ma non notò nulla, a parte la stanchezza. Amys e le altre la stavano sottoponendo a un duro lavoro, con l’esercitazione. Se avesse provato a dire qualcosa non ne sarebbe stata lieta.

«Avete deciso?» chiese Rand fermandosi. Finalmente Weiramon si era zittito.

Egwene esitò, ma Rand si accorse che non aveva guardato Moiraine prima di annuire. «Farò quanto è possibile.»

La riluttanza della ragazza lo infastidiva. Non aveva chiesto a Moiraine, non poteva usare l’Unico Potere come arma contro gli Shaido, a meno che non la minacciassero o la convincessero che erano Amici delle Tenebre; ma Egwene non aveva prestato i Tre Giuramenti ed era sicuro che ne avrebbe capito la necessità. Invece era sbiancata in volto quando glielo aveva suggerito e lo aveva evitato per tre giorni. Almeno adesso era d’accordo. Qualsiasi cosa potesse abbreviare la lotta con gli Shaido doveva essere accettata come la soluzione migliore.

Il viso di Moiraine non mutò espressione, anche se non aveva dubbi su cosa stesse pensando. Quei lineamenti levigati e gli occhi da Aes Sedai erano in grado di esprimere fredda disapprovazione senza minimamente alterarsi.

Infilandosi il pezzo di lancia dietro la cintura Rand mise un piede sul primo scalino e Moiraine parlò.

«Perché porti di nuovo una spada?»

L’ultima domanda che si sarebbe aspettato. «Perché non dovrei?» mormorò salendo le scale. Non era una buona risposta, ma lo aveva colto alla sprovvista.

La ferita non perfettamente guarita nel fianco tirava mentre saliva, non faceva male ma sembrava che si stesse per aprire da un momento all’altro. Non vi prestò attenzione, si sentiva spesso a quel modo quando si sforzava troppo.

Rhuarc e gli altri capi clan lo seguirono, Bael lasciò Melaine per ultima, ma fortunatamente Weiramon e i suoi due pivelli rimasero a terra. Il sommo signore era ben consapevole di cosa andava fatto, non aveva bisogno di altre informazioni. Con la sensazione che Moiraine lo stava seguendo con lo sguardo, Rand guardò in basso. Non era Moiraine. Era Egwene che lo osservava arrampicarsi, il viso sempre più simile a quello di un’Aes Sedai; non avrebbe saputo dire la differenza. Moiraine stava parlando con Lan. Rand sperava che Egwene non avrebbe cambiato idea.

Sulla piattaforma in cima alla scala due uomini bassi e sudati, in maniche di camicia, stavano sistemando un tubo di legno ‘con dei cerchi di bronzo, lungo tre passi e dello spessore superiore a un braccio, su un sostegno mobile fissato alla ringhiera. Un tubo identico era stato piazzato a qualche passo di distanza il giorno prima, quando era stata completata la torre. Un terzo uomo senza giubba si asciugava la testa calva con un fazzoletto a righe e urlava: «State attenti. Piano, ho detto! Brutte donnole senza madre, se lasciate uscire una lente dalla sede, vi rigiro quella capoccia scervellata. Legala forte, Jol. Forte! Se cade mentre il lord Drago la sta usando, farete meglio a cadere insieme anche voi. Non solo per lui. Mandate in pezzi il mio lavoro e rimpiangerete di non esservi rotti il cranio.» Jol e l’altro tipo, Cail, si muovevano velocemente, ma non parevano infastiditi. Avevano avuto anni per abituarsi al modo di parlare di Kin Tovere. L’aver trovato fra i rifugiati un artigiano che fabbricava lenti e cannocchiali, più i suoi due apprendisti, aveva suggerito a Rand l’idea di quella torre. All’inizio nessuno dei tre si era accorto che qualcuno li osservava, i capi clan si arrampicavano silenziosi e la ramanzina di Tovere era abbastanza forte da coprire il rumore degli stivali di Rand. Che rimase a sua volta stupito quando, dopo Bael, dall’apertura apparve la testa di Lan. Stivali o no, il Custode non faceva più rumore degli Aiel. Anche Han era di una spanna più alto dei Cairhienesi.

Quando alla fine videro i nuovi arrivati, i due apprendisti li fissarono a occhi sgranati come se non avessero mai visto un Aiel prima, quindi si inchinarono davanti a Rand e rimasero in quella posizione. Il fabbricante di lenti sobbalzò quanto loro, ma rivolse a Rand un inchino meno profondo, asciugandosi il capo nel frattempo.

«Ti avevo detto che avrei finito il secondo oggi, mio lord Drago.» Tovere riuscì a infondere rispetto nella sua voce senza renderla melliflua. «Un’idea meravigliosa, questa torre. Non ci avrei mai pensato, ma quando hai incominciato a chiedere quanto lontano si riusciva a vedere con un cannocchiale... Dammi tempo e te ne costruirò uno con il quale potrai vedere Caemlyn da qui. Se la torre è abbastanza alta» aggiunse giudizioso. «Ci sono dei limiti.»

«Quello che hai appena fatto è già abbastanza, mastro Tovere.» più di quanto Rand sperasse. Aveva già guardato attraverso il primo cannocchiale.

Jol e Cail erano ancora piegati ad angolo retto, a capo chino. «Forse è meglio che mandi giù i tuoi apprendisti,» disse Rand «così non stiamo stretti.»

C’era spazio per quattro volte il numero dei presenti, ma Tovere batté immediatamente Cail sulla spalla con una delle grosse dita. «Diamo fastidio al lord Drago.»

Gli apprendisti si tirarono su quanto bastava per seguirlo, fissando Rand con gli occhi ancor più sgranati di quando avevano visto gli Aiel svanire in fondo alla scala. Cail aveva un anno più di Rand, Jol due. Entrambi erano nati in una città più grande di quanto avesse immaginato prima di lasciare i Fiumi Gemelli, avevano visitato Cairhien, visto i re e l’Amyrlin Seat, anche se solo da lontano, mentre lui ancora faceva la guardia alle pecore. Probabilmente conoscevano molte più cose di lui, riguardo al mondo reale. Scuotendo il capo si chinò per guardare dal nuovo cannocchiale.

Cairhien era visibile. La foresta, non particolarmente folta per uno abituato a quelle dei Fiumi Gemelli, si fermava nettamente prima della città. Alte mura grigie e squadrate formavano un quadrato perfetto mentre il fiume seguiva le curve sinuose delle colline. All’interno le torri si snodavano con schemi precisi, segnando i punti di un reticolo, alcune alte venti volte più delle mura, ma tutte circondate da impalcature. Le leggendarie torri senza cima erano ancora in fase di ricostruzione dopo gli incendi della Guerra Aiel.

Quando aveva visto la città l’ultima volta, un’altra la circondava da una riva all’altra del fiume, il Passaggio Anteriore, un terreno infestato dai conigli, rustica quanto Cairhien era solenne, tutta di legno. Adesso solo una lunga scia di cenere e carbone correva attorno alle mura. Come fossero riusciti a non far propagare quel fuoco a Cairhien, non lo capiva. Le bandiere adornavano tutte le torri della città, troppo lontane per riconoscerle con chiarezza, ma le vedette gliele avevano descritte. Su una metà c’era la mezzaluna di Tear, sull’altra, forse non casualmente, l’immagine dell’emblema del Drago lasciato a sventolare sulla Pietra di Tear. Su nessuna vi era il sole nascente di Cairhien.

Muovendo solo di poco il cannocchiale indirizzò la visuale in un’altra direzione. Sulla riva più distante del fiume c’erano gli scheletri anneriti dei granai. Alcuni dei Cairhienesi con i quali aveva parlato Rand sostenevano che il loro incendio aveva provocato le sommosse e quindi la morte di re Galldrian, di conseguenza la guerra civile. Altri affermavano che l’assassinio di Galldrian aveva provocato le sommosse e gli incendi.

Rand dubitava che avrebbe mai scoperto quale fosse la verità, o se ve ne fosse una.

Un certo numero di ossature di navi bruciate punteggiava entrambe le rive dell’ampio fiume, ma nessuna era vicina alla città. Gli Aiel si trovavano a disagio — paura era una parola troppo forte — davanti a masse d’acqua troppo grandi per essere scavalcate o guadate; Couladin però era riuscito a creare delle barriere galleggianti di tronchi lungo l’Alguenya sopra e sotto Cairhien, con un numero di uomini sufficiente a sorvegliare ed evitare che venissero tagliate. Le frecce incendiarie avevano fatto il resto. Niente e nessuno tranne ratti e uccelli poteva entrare a Cairhien senza il permesso di Couladin. Le colline attorno alla città per lo più non mostravano segni che denotassero la presenza di un esercito assediante. In diversi punti gli avvoltoi volavano con difficoltà, senza dubbio banchettando; con i resti di qualche vittima di un tentativo di fuga, ma non era visibile nessuno Shaido. Gli Aiel lo erano raramente, a meno che non volessero.

Aspetta. Rand riportò il cannocchiale verso la cima di una collina senza alberi. Lontana forse un miglio dalle mura della città. Fra un gruppo di uomini. Non riusciva a riconoscere i volti o altro, ma vide che indossavano tutti il cadin’sor. Un’altra cosa. Uno di questi era a braccia nude. Couladin. Era sicuro che si trattasse della sua immaginazione, ma quando Couladin si mosse pensò di vedere il bagliore del sole sulle squame metalliche attorno agli avambracci dell’uomo a imitazione dei suoi draghi. Erano opera di Asmodean. Solo un modo per attirare l’attenzione di Rand, per tenerlo occupato mentre lui elaborava i suoi piani, ma senza quell’intervento quante cose sarebbero andate diversamente? Certo non si sarebbe trovato in piedi su quella torre, guardando la città assediata in attesa della battaglia.

Qualcosa sfrecciò improvvisamente nell’aria sulla collina lontana, una lunga macchia confusa, e due degli uomini caddero a terra agitandosi, apparentemente trafitti dalla stessa lancia. Li fissò, Couladin e gli altri sembravano stupiti quanto Rand.

Girando il lungo cannocchiale, Rand si mise a cercare chi aveva scagliato l’arma con una tale forza. Doveva essere coraggioso e incosciente, per avvicinarsi tanto. Lo sguardo di Rand si allargò velocemente, oltre ogni possibile distanza che braccia umane avrebbero coperto con un lancio. Stava incominciando a pensare a un Ogier, ma era improbabile, ci voleva molto per spingere un Ogier alla violenza, quando un’altra scia confusa attirò l’occhio di Rand.

Meravigliato, iniziò a sollevarsi, per poi indirizzare il cannocchiale sulle mura di Cairhien. Quella lancia, o qualsiasi cosa fosse, era giunta da lì. Ne era certo. Come, era tutta un’altra faccenda. Da così lontano riusciva a distinguere solo persone che di tanto in tanto si muovevano sulla cinta sopra la torre.

Sollevando il capo Rand vide Rhuarc che si allontanava dall’altro cannocchiale lasciando il posto ad Han. Era il motivo per cui avevano costruito la torre e montato quegli arnesi. Le vedette riportavano tutte le informazioni che potevano su come gli Shaido erano schierati, ma in quel modo i capi erano in grado di vedere da soli il terreno sul quale si sarebbe svolta la lotta. Avevano già escogitato un piano, ma un’altra occhiata al territorio non sarebbe stata inutile. Lan riteneva che la loro tattica fosse buona. Rand personalmente non aveva esperienza di battaglie, ma a volte quegli altri ricordi si facevano strada e allora sembrava che ne sapesse più di quanto avrebbe voluto.

«Hai visto? Quelle... lance?»

Rhuarc sembrava confuso come Rand, ma l’Aiel annuì. «I/altra ha colpito uno Shaido, ma è strisciato via. Peggio ancora, non si trattava di Couladin.» Accennò al cannocchiale e Rand gli lasciò prendere il suo posto.

Era davvero una sfortuna? La morte di Couladin non avrebbe annullato la minaccia nei confronti di Cairhien o qualsiasi altra persona. Adesso si trovavano da quel lato del Muro del Drago e gli Shaido non se ne sarebbero ritornati tranquilli nel deserto solo perché l’uomo che pensavano fosse il vero Car’a’carn era morto. Li avrebbe scossi, ma non abbastanza. E dopo quello che Rand aveva visto, non credeva che Couladin meritasse di uscirne con tanta facilità. Posso essere duro quando devo, si disse, carezzando l’elsa della spada. Con lui, posso.

Загрузка...