22 Richiami per uccelli nella notte

Sdraiato a pancia in giù sulle coperte, a occhi chiusi, Mat si godeva la sensazione provocata dai pollici di Melindhra che gli scendevano lungo la schiena. Non c’era niente di meglio di un massaggio dopo una lunga giornata a cavallo. Be’, alcune cose lo erano, ma proprio in quel momento era felice di aver scelto i pollici.

«Hai una bella muscolatura per essere così basso, Matrim Cauthon.»

Mat aprì un occhio e rivolse uno sguardo alla donna inginocchiata vicino ai suoi fianchi. Il fuoco era grande due volte il necessario e il corpo della donna riluceva di sudore. I sottili capelli biondo oro tagliati corti, tranne il tipico codino Aiel sotto la nuca, erano incollati alla testa.

«Se sono troppo basso puoi sempre trovare qualcun altro.»

«Non sei troppo basso per i miei gusti» rise la donna, scompigliandogli i capelli. Erano più lunghi dei suoi. «E sei carino. Rilassati. Non ti fa alcun bene se sei teso.»

Grugnendo chiuse di nuovo gli occhi. Carino? Luce! E basso. Solo gli Aiel potevano chiamarlo basso. In qualsiasi nazione era capitato, era più alto della maggior parte degli altri uomini, anche se non di molto. Si ricordava di essere stato alto. Più alto di Rand, quando cavalcava contro Artur Hawkwing. E di un palmo più basso di adesso quando aveva combattuto a fianco di Maecine contro gli Aelgari. Aveva parlato con Lan, sostenendo di avere sentito quei nomi. Il Custode gli aveva spiegato che Maecine era stato il re di Eharon, una delle dieci nazioni. Quello Mat lo sapeva già. Circa quattro o cinquecento anni prima delle Guerre Trolloc. Lan dubitava che anche l’Ajah Marrone ne sapesse di più. Durante le Guerre Trolloc e altro ancora durante la Guerra dei Cento anni. Quelli erano i ricordi più antichi e insieme più recenti che gli avevano piantato in testa. Nulla dopo Artur Paendrag Tanreall e nulla prima di Maecine o Eharon.

«Senti freddo?» chiese incredula Melindhra. «Stai tremando.» La donna lo scavalcò e la sentì aggiungere legna al fuoco. Ce ne era abbastanza da bruciare. Gli diede una pacca sul sedere mentre si sedeva sulla sua schiena mormorando, «Bella muscolatura.»

«Se continui a questo modo,» borbottò Mat «potrei pensare che vuoi arrostirmi per cena, come i Trolloc.» Non che non godesse della compagnia di Melindhra — almeno fino a quando la donna non specificava di essere più alta — ma la situazione lo metteva a disagio.

«Niente spiedo per te, Matrim Cauthon» disse affondandogli i pollici nella schiena. «Ecco tutto. Rilassati.»

Mat supponeva che un giorno o l’altro si sarebbe sposato, sistemato. Era quello che un uomo faceva. Una donna, una casa, una famiglia. Incatenato per sempre nello stesso posto. Non ho ancora mai sentito parlare di una moglie contenta di avere un marito che ogni tanto beve e scommette, pensò. E c’era ciò che quei tipi dall’altro lato della soglia ter’angreal avevano detto. Che era destinato a ‘sposare la Figlia delle Nove Lune’. Un uomo deve pur prendere moglie prima o poi, si disse. Ma certamente non intendeva sposare un’aiel. Voleva ballare con molte donne finché poteva.

«Non sei fatto per lo spiedo ma per un grande onore, credo» mormorò Melindhra.

«Mi piace.» Solo che adesso non riusciva a ottenere l’attenzione di altre donne. Né delle Fanciulle né delle altre. Era come se Melindhra gli avesse appeso addosso un’insegna che diceva ‘proprietà di Melindhra degli Shaido Jumai’. Be’, lei non avrebbe aggiunto quell’ultima parte, non lì. Eppure chi poteva dire cosa avrebbe fatto un Aiel, specialmente una Fanciulla della Lancia? Le donne non pensavano come gli uomini e le donne Aiel non pensavano come nessun’altra al mondo.

«È strano che tu ti metta in ombra a questo modo.»

«Mettermi in ombra?» ripeté. Le mani della ragazza erano piacevoli, la schiena stava sciogliendosi in punti che non si era reso conto fossero tesi. «Come?» Si chiese se avesse qualcosa a che vedere con la collana. Melindhra sembrava attribuire un gran significato a quel monile, o comunque al fatto di averlo ricevuto, naturalmente. Non la indossava mai. Le Fanciulle non lo facevano. Ma la portava in tasca e la mostrava a ogni donna che incontrava. Anche le altre sembravano imputare valore all’oggetto.

«Ti poni all’ombra di Rand al’Thor.»

«Non sono all’ombra di nessuno» rispose assente. Non poteva essere la collana. Aveva regalato gioielli ad altre, anche Fanciulle, gli piaceva fare doni alle belle donne, anche se tutto quello che riceveva in cambio era un sorriso. Non si aspettava mai di più. Se a una donna non piacevano baci e abbracci come a lui, quale era il punto?

«Certo, c’è onore a trovarsi nell’ombra del Car’a’carn. Stando vicino al potere devi rimanere nell’ombra.»

«Nell’ombra» concordò Mat, senza realmente ascoltare. A volte le donne accettavano, a volte no, ma aveva deciso che nessuna lo possedeva. Era ciò che bruciava. Non gli piaceva essere proprietà di una donna, anche se era bella. Non importava quanto fossero brave quelle mani a sciogliere le tensioni lungo la schiena.

«Le tue cicatrici dovrebbero essere d’onore, guadagnate in tuo nome, come capo, non questo.» La donna fece scorrere un dito sulla cicatrice che gli ornava il collo. «Te la sei guadagnata servendo il Car’a’carn?»

Allontanandole le mani si sollevò sui gomiti e la guardò. «Sei sicura che ‘Figlia delle Nove Lune’ non ti dice nulla?»

«Ti ho già spiegato che non significa nulla. Sdraiati.»

«Se mi stai mentendo, giuro che ti prendo a bastonate sul posteriore.»

Con le mani sui fianchi lo guardò pericolosamente. «Pensi davvero che potresti... prendere a bastonate il mio posteriore, Mat Cauthon?»

«Farei del mio meglio per provarci.» Probabilmente la donna lo avrebbe trafitto con una lancia. «Giuri di non aver mai sentito parlare della Figlia delle Nove Lune?»

«Si, lo giuro» rispose lentamente. «Chi è? O cosa? Sdraiati e lasciami...»

Un merlo emise il suo richiamo, e sembrò fosse nella tenda e anche fuori; un momento dopo giunse quello di un tordo. Uccelli dei Fiumi Gemelli. Rand aveva scelto i suoni d’allarme fra quelli che conosceva, versi di animali che non si vivevano nel deserto.

Melindhra scese dalla schiena di Rand in un momento, avvolgendosi lo shoufa attorno al capo e velandosi mentre raccoglieva lance e scudo. Uscì dalla tenda com’era.

«Sangue e maledette ceneri!» mormorò Mat infilandosi i pantaloni. Il tordo indicava il sud, lui e Melindhra avevano montato la tenda proprio in quella direzione, con i Chareen, il più lontano possibile da Rand pur restando nel campo. Ma lui non sarebbe uscito nudo fra i cespugli, come aveva fatto Melindhra. Il merlo significava nord, dove si erano accampati gli Shaarad. Venivano attaccati su due fronti contemporaneamente.

Infilandosi gli stivali meglio che poteva nella tenda bassa, guardò il medaglione d’argento con la testa di volpe appoggiato di fianco alle coperte. Da fuori le grida aumentavano come anche il cozzare del metallo contro il metallo. Finalmente era riuscito a capire che quell’oggetto aveva in qualche modo impedito che Moiraine lo guarisse al primo tentativo. Finché manteneva il contatto, il Potere non lo toccava. Non aveva mai sentito parlare di progenie dell’Ombra in grado di incanalare, ma c’era sempre l’Ajah Nera — così sosteneva Rand e Mat lo credeva — e c’era anche la possibilità che i Reietti avessero infine raggiunto Rand. Infilandosi il laccio di cuoio attorno al collo affinché il medaglione gli pendesse sul petto, afferrò la lancia con l’emblema dei corvi e uscì fuori nella notte gelida.

Adesso non aveva tempo di sentire freddo. Prima che fosse del tutto uscito dalla tenda, poco mancò che una spada Trolloc a forma di falce gli staccasse la testa. Riuscì solo a sfiorargli i capelli mentre si lanciava in avanti, rialzandosi con la lancia in mano e pronto al combattimento.

A prima vista, il Trolloc poteva sembrare un uomo grosso, anche se più alto di un Aiel, tutto vestito di maglia nera con alcuni spuntoni sui gomiti e le spalle e un elmetto con applicate delle corna di caprone. Ma quelle coma spuntavano da una testa fin troppo umana, e sotto agli occhi sporgeva un muso caprino.

Ringhiando, la creatura avanzò contro di lui lanciando versi gutturali che certo non appartenevano a nessuna lingua umana. Mat fece roteare la lancia come un bastone da combattimento, abbattendo la pesante lama ricurva da un lato e affondando la lunga punta della lancia nel ventre della creatura, la maglia si spezzò grazie al metallo forgiato con il Potere, opponendo la stessa debole resistenza della carne sottostante. Il Trolloc dal muso caprino si ripiegò su se stesso con un urlo acutissimo, e Mat poté riprendere la sua arma, schivandolo mentre cadeva.

Tutto attorno a lui vi erano gli Aiel, alcuni completamente nudi, altri in parte, ma tutti velati, che combattevano contro Trolloc dalle zanne di cinghiale o dal muso di lupo, con becchi d’aquila, teste cornute o creste piumate, che impugnavano quelle spade dalle insolite lame ricurve o asce chiodate, uncini, tridenti e lance. Di tanto in tanto qualcuno usava un grosso arco per scagliare frecce con i barbigli grandi quanto piccole lance. Gli uomini combattevano a fianco dei Trolloc, con indosso delle giubbe rozze, molti armati di spade, gridando disperatamente mentre cadevano morti fra i cespugli.

«Sammael!»

«Sammael e le Api d’oro!»

Gli Amici delle Tenebre perivano, la maggior parte non appena incontrava un Aiel, ma i Trolloc erano duri a morire.

«Io non sono un maledetto eroe!» gridò Mat a nessuno in particolare mentre combatteva contro un Trolloc con il muso d’orso e le orecchie pelose, il terzo. La creatura era armata di un’ascia a manico lungo, sormontata da una mezza dozzina di spuntoni e una lama splendente grande abbastanza da spezzare un albero, che faceva roteare fra le grosse mani pelose come fosse stata un giocattolo. Era il fatto di stare vicino a Rand che trascinava Mat in quelle avventure. Lui alla vita chiedeva solo del buon vino, una partita a dadi e una ragazza graziosa, o magari tre. «Non voglio trovarmi immischiato in questo!» Specialmente non con Sammael nei dintorni. «Mi senti?»

Il Trolloc cadde con la gola squarciata e Mat stava già affrontando un Myrddraal, che aveva appena finito di uccidere i due Aiel che lo avevano attaccato. Il Mezzo Uomo assomigliava a un essere umano pallido, con un’armatura nera di scaglie sovrapposte come quelle di un serpente. Si muoveva anche come un rettile, senza ossa, fluido e veloce, con un mantello nero come la notte che rimaneva immobile per quanto la creatura scattasse. E non aveva occhi. Al loro posto un lembo di pelle mortalmente bianca.

Quello sguardo privo di occhi si voltò verso di lui e Mat fu scosso dal tremore, la paura gli colava lungo le ossa. ‘Lo sguardo dei Senza Occhi è paura’ era un detto delle Marche di Confine, dove certamente ne sapevano qualcosa, e anche gli Aiel ammettevano che lo sguardo di un Myrddraal faceva scendere i brividi lungo la spina dorsale. Era la prima arma di quella creatura. Il Mezzo Uomo si scagliò verso Mat con una corsa fluida.

Mat gli andò incontro gridando e roteando la lancia come aveva già fatto, affondando anche in movimento. Il Myrddraal aveva una lama nera come il mantello, modellata nelle forge di Thakan’dar, e se solo lo avesse colpito lo avrebbe ucciso, a meno che Moiraine non fosse subito accorsa a guarirlo. C’era un solo modo sicuro per abbattere un Fade. Un attacco impetuoso. Bisognava sopraffarlo, anche se la creatura agiva allo stesso modo: pensare alla difesa significava morire. L’essere non rivolse nemmeno uno sguardo alla battaglia che infuriava attorno a lui nella notte.

La lama del Myrddraal si agitava come la lingua nera di un serpente, guizzando come un lampo nero, solo per contrapporsi all’assalto di Mat. Quando il metallo con l’emblema dei corvi e forgiato con il Potere si scontrò con il metallo nero di Thakan’dar, una luce azzurra lampeggiò attorno ai due, come lo scoppio del fulmine.

Di colpo l’attacco furioso di Mat incontrò la carne. La spada nera e la mano pallida volarono via e il colpo di ritorno squarciò la gola del Myrddraal, ma Mat non si fermò. Un affondo nel cuore, un colpo al tendine del ginocchio, poi l’altro, tutti in rapida successione. Solo allora si allontanò dalla creatura che ancora si contorceva in terra, agitando la mano che gli era rimasta, il moncone e versando sangue scuro dalle ferite. I Mezzi Uomini ci mettevano molto ad ammettere di essere morti. Non morivano completamente fino al tramonto.

Guardandosi attorno Mat si accorse che l’attacco era finito. Gli Amici delle Tenebre o i Trolloc che non erano morti erano fuggiti. Quantomeno lui non ne vide nessuno in piedi tranne gli Aiel. Anche alcuni di loro erano a terra. Raccolse un fazzoletto dal collo di un Amico delle Tenebre per rimuovere il sangue scuro del Myrddraal dalla lama. Avrebbe corroso il metallo, se ce l’avesse lasciato sopra troppo a lungo.

Quest’assalto notturno non ha senso. A giudicare dai corpi che vedeva illuminati dalla luce della luna, sia Trolloc che umani non erano riusciti a superare la prima fila di tende e se non fossero stati molti di più non avrebbero potuto sperare di andare oltre.

«Cos’è che hai gridato? ‘Carai’ qualcosa. Era la lingua antica?»

Mat si voltò a guardare Melindhra. La donna si era tolta il velo, indossava solo lo shoufa. C’erano altre Fanciulle in giro e uomini altrettanto nudi e per nulla imbarazzati, anche se la maggior parte sembrava in procinto di fare ritorno alle tende senza soffermarsi a lungo. Non avevano ritegno, ecco cos’era. Nessun ritegno. Non pareva nemmeno che Melindhra sentisse freddo, anche se il respiro le si condensava in nuvolette. Mat era sudato come lei, e adesso che non aveva la mente occupata dal combattimento per restare in vita rabbrividiva a causa del freddo.

«Qualcosa che ho sentito una volta» le rispose. «Mi piace il suono che ha.» Carai an Caldazar! Per l’onore dell’Aquila Rossa. Il grido di battaglia del Manetheren. La maggior parte dei suoi ricordi provenivano dal Manetheren. Alcuni li aveva fin da prima di varcare la soglia ritorta. Moiraine aveva spiegato che era il sangue antico che tornava. Andava bene finché fosse sgorgato dalle sue vene.

La donna gli passò un braccio attorno alle spalle mentre si incamminavano verso la loro tenda. «Ti ho visto combattere contro Colui che Percorre la Notte, Mat Cauthon.» Era uno dei nomi Aiel per indicare un Myrddraal. «Sei alto quanto un uomo ha bisogno di esserlo.»

Sorridendo le cinse la vita con un braccio, ma non riusciva a non pensare all’assalto. Voleva — i pensieri erano troppo furiosi nelle memorie prese in prestito — ma non poteva. Perché avevano tentato un assalto così privo di speranze? Nessuno tranne uno sciocco avrebbe attaccato una forza superiore senza una ragione. Era l’idea che non riusciva a togliersi di testa. Nessuno dava battaglia senza motivo.

I richiami degli uccelli fecero svegliare immediatamente Rand, il quale afferrò saidin mentre si toglieva di dosso le coperte e correva fuori, senza giubba e con solo i calzini ai piedi. La notte era fredda e illuminata dalla luna, il suono flebile del combattimento risaliva dalle colline sotto al passo. Attorno a lui gli Aiel si agitavano come formiche, affrettandosi nella notte verso punti da dove poteva essere sferrato un attacco al passo. Gli allarmi avrebbero suonato nuovamente. La progenie dell’Ombra nel valico avrebbe fatto scattare il richiamo invernale del fringuello, fino a quando non avrebbe rimosso le protezioni al mattino, ma non aveva senso correre rischi inutili.

Presto il passo fu di nuovo tranquillo, i gai’shain erano nelle loro tende e anche allora non potevano toccare le armi, gli altri Aiel erano pronti ai posti che forse avrebbero dovuto difendere. Pure Adelin e le altre Fanciulle erano andate via, come se avessero saputo che Rand le avrebbe trattenute se aspettavano. Riusciva a sentire alcune voci provenire dai carri vicino alle mura della città, ma né i conducenti né Kadere si facevano vedere. Non si aspettava che lo avrebbero fatto. I deboli rumori della battaglia, gli uomini che urlavano morendo, provenivano da due direzioni. Entrambi dal basso, ben lontano da lui. In molti circondavano le tende delle Sapienti, sembrava fissassero il cambiamento. Un attacco laggiù non aveva senso. Non erano i Miagoma, a meno che Timolan avesse preso della progenie dell’Ombra nel suo clan, evento probabile come i Manti Bianchi che reclutassero Trolloc. Si voltò verso la sua tenda e, anche con il vuoto intorno, sobbalzò.

Aviendha era uscita e si era avvolta addosso una coperta. Proprio dietro di lei si trovava un uomo alto vestito di scuro, e Rand vide le ombre della luna scorrere su un viso scarno e troppo pallido, con occhi eccessivamente larghi. Sentì un canto sommesso, e il mantello dell’essere si aprì trasformandosi in ampie ali membranose, come quelle dei pipistrelli. Muovendosi come in un sogno, Aviendha fluì verso l’abbraccio che l’attendeva.

Rand incanalò e un filo sottile di fuoco malefico la oltrepassò, una freccia di luce solida che rimosse la testa del Draghkar.

L’effetto di quel sottile torrente era lento, ma sicuro come lo era stato con i Segugi Neri. I colori della creatura si invertirono, il nero divenne bianco, il bianco nero, mutò in pulviscolo e si fuse con l’aria.

Aviendha si riscosse quando il canto sommesso si interruppe, fissando le ultime particelle che svanivano, quindi si rivolse a Rand, stringendo le coperte. Sollevò la mano e un flusso di fuoco spesso come la testa di Rand si diresse verso di lui.

Stupito anche nel vuoto, senza mai pensare al Potere, Rand si gettò da un lato attraverso le fiamme ruggenti, le quali si estinsero all’istante.

«Cosa stai facendo?» gridò Rand, così in collera e scioccato che il vuoto si ruppe e saidin scomparve. Si alzò in piedi e avanzò verso di lei. «Questo supera ogni forma di ingratitudine di cui abbia mai sentito parlare!» L’avrebbe scossa fino a farle battere i denti. «Ti ho appena salvato la vita, qualora non te ne fossi accorta, e se ho offeso qualche costume aiel, non mi importa un...»

«La prossima volta,» rispose altrettanto dura la donna «lascerò che il Car’a’carn si risolva i problemi da solo!» Afferrando goffamente le coperte rientrò nella tenda.

Solo allora Rand si voltò indietro. Vide un altro Draghkar contorcersi nelle fiamme. Era stato così adirato con lei che non aveva sentito lo scoppiettio del corpo che ardeva, né aveva avvertito l’odore di grasso bruciato. Non ne aveva nemmeno percepito il male. Un Draghkar uccideva succhiando prima l’anima, poi la vita. Doveva essere vicino, toccarti, ma questo si trovava a non più di due passi da dove era stato lui. Rand non era sicuro di quanto fosse efficace il canto di un Draghkar contro qualcuno immerso in saidin, ma era contento di non averlo scoperto.

Con un sospiro profondo, si inginocchiò vicino all’entrata della tenda. «Aviendha?» Non poteva entrare. Dentro era accesa una lampada e per quanto ne sapeva Rand forse la donna era seduta nuda mentre lo faceva mentalmente a pezzi come meritava. «Aviendha, mi dispiace. Chiedo scusa. Sono stato uno sciocco a parlarti a qual modo senza prima chiederti perché. Avrei dovuto capire che non mi avresti fatto del male e io... sono uno sciocco» concluse debolmente.

«È un bene che tu lo sappia, Rand al’Thor» fu la risposta soffocata. «Sei uno sciocco!»

Come chiedevano perdono gli Aiel? Non glielo aveva mai domandato. Considerando ji’e’toh, l’abitudine di insegnare a cantare agli uomini e le usanze nuziali, era probabile che non lo facessero. «Sì, lo sono e chiedo scusa.» Stavolta non vi fu risposta. «Sei sotto le coperte?» Silenzio.

Borbottando si alzò, muovendo le dita gelate sul terreno freddo. Sarebbe dovuto rimanere là fuori fino a quando non fosse stato sicuro che la donna si fosse coperta. Senza giubba e stivali. Riprese saidin, contaminazione e tutto, solo per ristabilire le distanze da quel freddo tremendo, dentro al vuoto.

Le tre Sapienti camminatrici dei sogni giunsero di corsa insieme a Egwene e tutte fissarono il Draghkar incendiato mentre lo schivavano, avvolgendosi gli scialli attorno alle spalle quasi con lo stesso movimento.

«Solo uno» disse Amys, «grazie alla Luce, ma ne sono sorpresa.»

«Erano due» rispose Rand. «Ho... distrutto l’altro.» Perché esitare unicamente perché Moiraine lo aveva messo in guardia contro il fuoco malefico? Era un’arma come qualsiasi altra. «Se Aviendha non avesse ucciso questo, forse mi avrebbe preso.»

«È stata la sensazione dell’incanalare che ci ha attirate» intervenne Egwene, guardandolo dall’alto in basso. All’inizio Rand pensò stesse controllando se era ferito, ma la ragazza prestò particolare attenzione ai suoi piedi con le calze, quindi guardò la tenda, dove un’apertura sull’entrata mostrava una luce. «L’hai di nuovo fatta arrabbiare, vero? Ti ha salvato la vita e tu... Uomini!» Scuotendo disgustata la testa lo oltrepassò per entrare nella tenda. Rand sentì delle voci deboli, ma non riusciva a capire cosa dicessero.

Melaine si tirò lo scialle. «Se non hai bisogno di noi, allora dobbiamo andare a vedere cosa è accaduto laggiù.» Quindi si allontanò velocemente senza aspettare le altre due.

Bair rise mentre lei e Amys la seguivano. «Vogliamo scommettere su chi andrà a controllare per primo? Mi gioco la collana di ametista che ti piace tanto contro quel tuo braccialetto di zaffiri.»

«Accetto. Io scelgo Dorindha.»

La vecchia Sapiente rise di nuovo. «Ha gli occhi ancora pieni di Bael. Una sorella prima è una sorella prima, ma un nuovo marito...»

Si allontanarono e Rand si chinò verso l’entrata. Ancora non era in grado di capire cosa si dicevano, a meno che non infilasse l’orecchio nella tenda, e non lo avrebbe fatto. Certamente ormai Aviendha si era vestita con Egwene presente. Eppure pensando a come Egwene si era adattata alle usanze Aiel era probabile che invece si fosse spogliata anche lei.

Un delicato suono di passi annunciò l’arrivo di Moiraine e Lan, per cui Rand si tirò su. Anche se riusciva a sentirli entrambi respirare, il passo del Custode era appena percettibile.

Moiraine aveva i capelli che le scendevano davanti al viso e l’abito di seta riluceva alla luce della luna. Lan era completamente vestito, con gli stivali e armato, avvolto in quel mantello che lo rendeva parte dell’oscurità. Il clangore della battaglia stava svanendo fra le colline sottostanti.

«Sono sorpreso che tu non sia arrivata prima, Moiraine.» La voce di Rand sembrava distaccata, ma meglio la voce che lui. Rimase attaccato a saidin, lo combatteva, e il gelo della notte era distante. Ne era consapevole, come anche di ogni pelo sul corpo che si rizzava per un freddo che non lo toccava. «Di solito vieni a cercarmi non appena percepisci dei problemi.»

«Non ho mai dovuto fornire spiegazioni su quello che faccio o non faccio.» La voce della donna era glaciale e misteriosa come sempre, eppure anche alla luce della luna Rand era sicuro che fosse arrossita. Lan sembrava preoccupato, sebbene con lui fosse difficile capire bene cosa provasse. «Non posso tenerti la mano per sempre. Alla fine dovrai camminare da solo.»

«Stanotte ci sono riuscito, vero?» L’imbarazzo scivolò attraverso il vuoto — detto così sembrava che avesse fatto tutto da solo — quindi aggiunse, «Aviendha ha eliminato quello alle mie spalle.» Le fiamme del Draghkar adesso erano basse.

«Allora tanto meglio che si trovasse qui» rispose Moiraine con calma. «Non avevi bisogno di me.»

Non era spaventata, di questo era certo. L’aveva osservata mentre si tuffava nella mischia della progenie dell’Ombra, maneggiando il Potere con la stessa maestria con cui Lan usava la spada, lo aveva visto accadere troppo spesso per credere che la donna fosse intimorita. Allora perché non era venuta quando aveva percepito il Draghkar? Ne era in grado, così come lo era Lan. Era uno dei doni che ogni Custode riceveva dal legame con un’Aes Sedai. Avrebbe potuto costringerla a confessare, sfruttando il vincolo del giuramento che gli aveva prestato e l’impossibilità di mentire apertamente. No, non poteva. O forse non voleva. Non lo avrebbe fatto a qualcuno che stava cercando di aiutarlo.

«Almeno adesso sappiamo a cosa mirava l’attacco» disse Rand. «Per lasciarmi credere che là sotto stesse accadendo qualcosa di importante mentre il Draghkar mi scivolava alle spalle. Ci hanno provato anche alla Fortezza di Rocce Fredde e nemmeno là ha funzionato.» Solo che invece stavolta avevano quasi avuto successo. Se era stato quello il loro intento. «Credevo che avrebbero fatto ricorso a qualcosa di diverso.» Couladin era davanti a lui e i Reietti sembrava che fossero ovunque. Perché non poteva affrontare un nemico per volta?

«Non commettere l’errore di pensare che i Reietti siano creature semplici» disse Moiraine. «Potrebbe facilmente esserti fatale.» Si strinse negli abiti come se desiderasse che fossero più pesanti. «È tardi. Se non hai ulteriore bisogno di me...»

Gli Aiel incominciarono a tornare mentre lei e Lan si allontanavano. Alcuni fecero delle esclamazioni alla vista del Draghkar e svegliarono i gai’shain per portarlo via, ma la maggior parte si limitò a guardarlo prima di ritirarsi nelle proprie tende. Ormai sembravano aspettarsi cose simili da lui.

Quando apparvero Adelin e le Fanciulle, trascinavano i piedi. Fissarono il Draghkar mentre veniva trascinato via dagli uomini vestiti di bianco e si scambiarono delle occhiate prima di avvicinarsi a Rand.

«Non c’era nulla qui» disse lentamente Adelin, «l’attacco era stato lanciato a fondovalle, Amici delle Tenebre e Trolloc.»

«Ho sentito che gridavano ‘Sammael e le Api d’oro!’» aggiunse un’altra. Con la testa avvolta nello shoufa, Rand non riuscì a riconoscere chi fosse. Sembrava giovane, alcune delle Fanciulle non avevano più di sedici anni.

Espirando profondamente Adelin protese una delle lance e la porse a Rand in senso orizzontale, ferma come una roccia. Le altre fecero lo stesso, una per ogni donna. «Noi... abbiamo fallito» disse Adelin. «Avremmo dovuto trovarci qui quando il Draghkar è arrivato. Invece siamo andate via di corsa come bambine per danzare le lance.»

«Cosa dovrei farci con queste?» chiese Rand e Adelin rispose senza esitazione.

«Qualsiasi cosa desideri, Car’a’carn. Siamo pronte e non opporremo resistenza.»

Rand scosse il capo. Maledetti Aiel e maledetto il loro ji’e’toh! Pensò. «Prendetele e fate ritorno alla mia tenda per montare la guardia. Be’? Andate!» Le donne si scambiarono una serie di sguardi prima di obbedire, con la stessa riluttanza con cui lo avevano avvicinato. «E una di voi dica ad Aviendha che entrerò nella tenda al mio ritorno» aggiunse. Non avrebbe trascorso tutta la notte fuori chiedendosi se fosse sicuro entrare. Si allontanò a passi lunghi, e il terreno roccioso risuonò duro sotto i piedi scalzi.

La tenda di Asmodean non era molto lontana dalla sua. Da quella non era provenuto un solo suono. Ne sollevò l’apertura ed entrò. Asmodean era seduto al buio e si mordeva le labbra. All’ingresso di Rand, si fece indietro e non gli diede la possibilità di parlare.

«Non ti aspettavi che ti aiutassi, vero? Ho percepito i Draghkar, ma te la sei cavata, ci sei riuscito. Non mi sono mai piaciuti i Draghkar, non avremmo mai dovuto crearli. Hanno meno cervello dei Trolloc. Dai loro un ordine e uccideranno comunque la prima cosa che si trovano vicina. Se fossi uscito, se avessi fatto qualcosa... Cosa sarebbe accaduto se qualcuno avesse notato? Se si fossero accorti che non potevi essere stato tu a incanalare? Io...»

«È un bene che tu non lo abbia fatto» lo interruppe Rand, sedendosi a gambe incrociate al buio. «Se ti avessi percepito colmo di saidin là fuori, avrei potuto ucciderti.»

La risata dell’altro uomo lo scosse. «Ho pensato anche a quello.»

«È stato Sammael a inviare questo attacco. In ogni caso i Trolloc e gli Amici delle Tenebre.»

«Non è abitudine di Sammael sprecare gli uomini» osservò lentamente Asmodean. «Ma ne farà morire diecimila o dieci volte tanti se gli servisse a ottenere quello che ritiene il giusto costo dell’impresa. Forse uno degli altri vuole che tu ti convinca si tratti di lui. Anche se gli Aiel hanno preso dei prigionieri... i Trolloc non pensano a molto, a parte uccidere, e gli Amici delle Tenebre credono a quello che viene detto loro.»

«Si trattava di lui. Una volta a Serendahar ha cercato di attaccarmi allo stesso modo.» Oh, Luce! Il pensiero scivolò sulla superficie del vuoto. Ho usato l’espressione ‘attaccarmi’. Non sapeva dove si fosse trovata Serendahar o altro, se non quello che aveva detto. Le parole erano semplicemente sgorgate.

Dopo un lungo silenzio, Asmodean replicò calmo: «Non l’ho mai saputo.»

«Quello che vorrei capire è perché.» Rand scelse con cautela i termini, sperando che fossero tutti suoi. Si ricordava — non miei, non i miei ricordi — il volto di Sammael, un uomo massiccio con una corta barba bionda. Asmodean aveva descritto tutti i Reietti, ma sapeva che quell’immagine non derivava dalle sue parole. Sammael aveva sempre voluto essere più alto ed era seccato di non poterci riuscire con il Potere. Asmodean non glielo aveva mai detto. «Da quello che mi hai raccontato non credo che voglia affrontarmi apertamente a meno che non sia sicuro della vittoria e forse nemmeno allora. Hai affermato che preferirebbe lasciarmi al Tenebroso, se potesse. Allora perché adesso è sicuro di vincere, se decidessi di inseguirlo?»

Discussero al buio per ore senza raggiungere nessuna conclusione. Asmodean era convinto che si trattasse di uno degli altri, che sperava di scagliare Rand contro Sammael e quindi liberarsi di uno di loro o entrambi, almeno così si augurava Asmodean. Rand riusciva a percepire gli occhi scuri e pensierosi dell’uomo fissi su di sé. Quell’errore era stato troppo grande per potervi rimediare.

Quando poi fece ritorno alla sua tenda, Adelin e le altre Fanciulle scattarono in piedi, informandolo tutte contemporaneamente che Egwene era andata via e Aviendha dormiva da parecchio, era in collera con lui, tutte e due lo erano. Gli diedero così tanti consigli differenti su come affrontare la rabbia di entrambe, tutti nello stesso momento, che non riuscì a capirne nessuno. Alla fine le donne tacquero, scambiandosi delle occhiate, e Adelin esordì: «Dobbiamo parlare di quanto accaduto stanotte. Di quello che abbiamo fatto e di quello che non siamo riuscite a fare. Dobbiamo...»

«Non era nulla» le disse «e se era qualcosa, è perdonato e dimenticato. Vorrei dormire qualche ora per una volta. Se volete parlarne, andate a farlo con Amys o Bair. Sono sicuro che capiranno meglio di me cosa volete.» Questo le mise a tacere, sorprendentemente, e lo lasciarono entrare nella tenda.

Aviendha era sotto alle coperte, con una nuda gamba snella che spuntava fuori Cercò di non guardarla. La donna aveva lasciato la lampada accesa. Rand si infilò grato sotto le coltri e incanalando spense la lampada prima di rilasciare saidin. Stavolta sognò Aviendha che scagliava fuoco, solo che non mirava contro il Draghkar, Sammael era seduto di fianco a lei e rideva.

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