39 Incontri a Samara

I Manti Bianchi al cancello rivolsero a Nynaeve e Uno la stessa scarsa attenzione che prestavano agli altri fra la folla incessante, il che voleva dire una fredda occhiata sospettosa. Troppe persone rendevano qualsiasi altro comportamento impossibile, e forse anche le guardie con le armature a squame. Non che Nynaeve meritasse qualcosa di più di quel trattamento. L’anello con il Gran Serpente e quello d’oro massiccio di Lan erano entrambi riposti nel sacchetto appeso alla cintura — il vestito con la scollatura profonda le impediva di portarli al collo. Ma in qualche modo si aspettava quasi che i Figli della Luce riconoscessero a vista una donna addestrata alla Torre. Il sollievo fu palpabile quando quei freddi occhi insensibili la ignorarono. I soldati li guardarono distrattamente, una volta che rimise a posto lo scialle. Lo sguardo ferale di Uno avrebbe potuto essere d’aiuto per far voltare i Manti Bianchi altrove, ma l’uomo non aveva diritto di farlo. Erano affari suoi.

Sistemando ancora una volta la stola di lana grigia, ne legò i lembi attorno alla vita. Lo scialle definiva la forma del seno più di quanto desiderasse e lasciava comunque in vista una parte di scollatura, ma abbelliva notevolmente il vestito, di per sé molto semplice. Almeno non avrebbe dovuto preoccuparsi che scivolasse. Se solo non fosse stato così caldo. Il tempo sarebbe cambiato presto. Non si trovavano così a sud dei Fiumi Gemelli.

Con sua sorpresa, Uno l’attese paziente. Nynaeve non riusciva a capire se fosse semplice cortesia — il viso sfregiato sembrava troppo accondiscendente — ma alla fine si incamminarono insieme dentro Samara, nel caos.

Da ogni parte proveniva un vocio confuso, indistinto. La gente affollava la strada pavimentata di pietra grigia, attaccate alle locande dai tetti di ardesia c’erano delle semplici insegne dipinte come Il toro azzurro o L’oca danzante, e su alcuni negozi nelle in esse non vi erano scritte, solo un coltello e delle forbici, un vaso, una lampada o uno stivale. Nynaeve si trovò di fronte volti pallidi come quelli degli uomini di Andor e scuri come quelli del Popolo del Mare, alcuni puliti, altri sporchi, giubbe con colletti alti, bassi, senza colletto, di colori vistosi e sgargianti, modeste e ricamate, sciatte o nuove, in stili strani o familiari. Un tizio con la barba scura biforcuta aveva delle catene d’argento davanti al petto della semplice giacca blu, due uomini avevano i capelli acconciati in modo particolare — con una treccia nera sopra ogni orecchio che arrivava fin sotto le spalle! — e sulle maniche rosse delle bluse avevano cuciti dei campanellini, e portavano il bordo degli stivali rivoltato. Da qualsiasi terra provenissero, quei due non erano sciocchi. Gli occhi scuri erano duri e indagatori come quelli di Uno, e avevano delle spade ricurve dietro la schiena. C’era un uomo a torso nudo con una sgargiante fusciacca gialla, la pelle dello stesso colore del legno invecchiato e dei tatuaggi intricati sulle mani. Doveva essere uno del Popolo del Mare, ma non aveva orecchini o anelli al naso.

Anche le donne erano molto diverse tra loro, con i capelli che variavano dal nero corvino a un biondo così chiaro da sembrare quasi bianco, intrecciati o sciolti, corti, alle spalle, alla vita, vestite di lana consumata, lino o seta splendente, i colletti sfioravano il mento con il merletto o il ricamo, o esibivano scollature anche più profonde di quella che stava nascondendo. Aveva anche visto una domanese dalla pelle ambrata con un abito semitrasparente rosso pallido che la copriva tutta ma senza nascondere quasi nulla! Si chiese quanto potesse essere al sicuro dopo il tramonto. O anche alla piena luce del giorno, se era per quello!

I Manti Bianchi che di tanto in tanto si trovavano a passare e i soldati fra la folla sembravano sfiniti e faticavano a farsi largo come tutti gli altri. I carri trainati dai buoi o i calessi tirati da cavalli procedevano casualmente lungo le strade che si incrociavano. I portatori dimenavano le portantine fra la calca, e talvolta apparivano delle carrozze laccate con un tiro a quattro o sei animali con le piume sulla testa che si facevano largo a fatica, uomini in livrea che procedevano a piedi e guardie dal berretto di acciaio tentavano invano di aprirsi un varco. Musicisti con i flauti, i liuti o i tarabusi — certo non abbastanza bravi da poter impensierire Thom o i Chavanas — suonavano a ogni angolo dove non c’era un giocoliere o un acrobata, sempre insieme a qualcuno che teneva un cappello per raccogliere le offerte. I mendicanti vestiti di stracci si agitavano in tutta questa ressa, tirando la gente per le maniche e allungando le mani luride, i venditori ambulanti andavano in giro con vassoi pieni di merce d’ogni genere, dalle spille ai fiocchi alle pere, e le loro grida si perdevano nel caos.

Nynaeve si voltò di scatto quando Uno la trascinò in una delle strette viuzze dove sembrava ci fossero meno persone. Anche se forse solo in proporzione. La donna si fermò per sistemarsi il vestito, in disordine dopo aver attraversato quel mare di gente, prima di seguirlo. Era anche leggermente più tranquillo lì. Non c’erano artisti di strada, e gli ambulanti e i mendicanti erano pochi. Questi ultimi si tenevano alla larga da Uno, anche dopo che elargì alcune monetine a un circospetto gruppo di monelli, e Nynaeve poteva capirli benissimo. L’uomo semplicemente non sembrava... caritatevole.

Gli edifici della città torreggiavano su questi vicoli malgrado fossero di soli due piani, mettendo in ombra le vie. Ma in cielo c’era una bella luce, ancora poche ore prima del crepuscolo. Aveva molto tempo prima di dover tornare allo spettacolo. Se proprio era necessario. Se era fortunata avrebbero potuto imbarcarsi prima del tramonto. Nynaeve sobbalzò quando un altro Shienarese si unì a loro, la spada dietro alle spalle e la testa rasata con il codino di capelli neri, solo di qualche anno più giovane di lei. Uno fece una breve presentazione, ma senza rallentare il passo.

«Che la pace ti favorisca, Nynaeve» disse Ragan, che aveva una cicatrice triangolare incavata sui bordi. Anche mentre sorrideva il viso era duro. Non aveva mai incontrato uno Shienarese rammollito. Gli uomini deboli non sopravvivevano a lungo nella Macchia, e nemmeno le donne. «Mi ricordo di te. Avevi i capelli diversi, vero? Non importa. Stai tranquilla. Ti accompagneremo da Masema od ovunque vorrai andare dopo. Fai solo attenzione a non menzionare Tar Valon.» Nessuno li stava ascoltando, ma abbassò comunque la voce. «Masema crede che la Torre tenterà di controllare il lord Drago.»

Nynaeve scosse il capo. Un altro stupido uomo che si sarebbe preso cura di lei. Almeno non tentò di intavolare una conversazione. Con l’umore che aveva lo avrebbe certamente trattato male se si fosse azzardato a fare un solo commento. Aveva il viso sudato, non c’era da stupirsi, dovendo indossare lo scialle con quel tempo. Di colpo rammentò che cosa aveva detto Uno riguardo l’opinione di Ragan sulla sua lingua. Era convinta di essersi limitata a osservarlo, ma quello si spostò dall’altro lato di Uno come alla ricerca di protezione e la guardò circospetto. Uomini!

Le strade divennero ancor più strette e, anche se gli edifici di pietra che le affiancavano non diminuivano di dimensione, si trattava spesso del retro dei palazzi che avevano visto e di muri in pietra grezza e grigia che forse nascondevano piccoli giardini. Alla fine svoltarono in un vicolo che era largo a malapena per loro tre affiancati. Al lato opposto c’era una carrozza laccata e dorata circondata da uomini in armatura. Più vicino, fra lei e la carrozza, c’erano dei tipi appoggiati da entrambi i lati della viuzza. Con un misto di giubbe dall’aspetto eterogeneo, la maggior parte di loro impugnava randelli, lance o spade, diverse come i loro indumenti. Forse erano una banda di strada. Ma nessuno degli Shienaresi rallentò il passo, per cui non lo fece nemmeno lei.

«La via principale sarà piena di maledetti idioti che sperano di dare un’occhiata a Masema nel momento in cui si affaccerà alla maledetta finestra.» La voce di Uno risuonava solo alle le sue orecchie. «L’unico modo di entrare è dal retro.» L’uomo rimase in silenzio quando si avvicinarono abbastanza da poter essere sentiti dagli individui in attesa.

Due di questi erano soldati con gli elmetti di acciaio e le tuniche di squame, spada al fianco e lancia in mano, ma furono gli altri a studiare i tre nuovi arrivati e a indicare le loro armi. Avevano uno sguardo fastidioso, troppo concentrato, quasi febbricitante. Per una volta le sarebbe piaciuto poterne vedere uno onesto. Per questi uomini era del tutto indifferente se lei era una donna o un cavallo.

Senza dire una parola Uno e Ragan presero le spade da dietro le spalle e gliele porsero, affidando invece i pugnali a un uomo dal viso grassoccio che forse una volta era stato un negoziante, a giudicare dalla giubba blu di lana buona e le brache. Gli abiti erano di discreta qualità, puliti, ma consumati e stropicciati come se ci avesse dormito per un mese. Ovviamente aveva riconosciuto gli Shienaresi e anche se la guardò male per un momento, specie il pugnale appeso alla cintura, accennò in silenzio a un cancello di legno nella parete di pietra. Quello forse era il fatto più sconcertante. Nessuno di loro emise un suono.

Dall’altro lato del muro vi era un piccolo cortile in cui le erbacce spuntavano fra le lastre delle pavimentazione. L’alta casa di pietra, tre ampi piani grigio chiaro con larghe finestre, le grondaie e i timpani decorati a spirali e le tegole rosso scuro, doveva essere una delle migliori di Samara. Dopo essersi chiuso il cancello alle spalle, Ragan parlò sommessamente. «Hanno tentato di uccidere il Profeta.»

Nynaeve ci mise un po’ a capire che le stavano spiegando perché avevano lasciato le armi all’entrata. «Ma siete suoi amici» protestò. «Avete seguito tutti insieme Rand a Falme.» Non avrebbe iniziato a chiamarlo lord Drago.

«Questo è il motivo per cui ci lasciano entrare, maledizione» disse Uno in tono aspro. «Ti ho detto che non tutti vedono le cose come... il Profeta.» La leggera pausa e il rapido sguardo al cancello per controllare se qualcuno stava ascoltando furono eloquenti. Prima era Masema. E Uno non era un uomo che teneva facilmente a bada la lingua.

«Fai attenzione a quello che dici, per una volta» le disse Ragan, «e probabilmente otterrai l’aiuto che vuoi.» Nynaeve annuì con molta grazia, riconosceva le parole sensate quando le sentiva, anche se l’uomo non aveva il diritto di... Ma lui e Uno si scambiarono sguardi dubbiosi. Avrebbe infilato quei due in un sacco insieme a Thom Merrilin e Juilin colpendo ogni parte che sporgeva.

Sarà pure stata una casa elegante, ma la cucina era impolverata e vuota a eccezione di una donna ossuta dai capelli bianchi; il vestito grigio e semplice e il grembiule bianco erano le sole cose pulite che potevano vedere mentre percorrevano la stanza. Biascicando fra i denti, la vecchia donna nemmeno li guardò, intenta com’era a rimestare la zuppa in una pentola su un piccolo fuoco in uno dei grandi camini. Due pignatte ammaccate pendevano da ganci dove ce ne sarebbero state venti, e una brocca incrinata su un vassoio blu laccato era poggiata al centro dell’ampio tavolo.

Oltre la cucina c’erano alcuni arazzi piuttosto belli. Nynaeve aveva sviluppato un certo gusto nell’ultimo anno e quelle scene di banchetti e cacce al cervo, all’orso o al cinghiale non erano solo buone, ma eccellenti. Sedie, tavoli e cassapanche erano allineati lungo la parete laccata di nero, decorate a strisce rosse, incise con madreperla. Gli arazzi e i mobili erano altrettanto impolverati e le mattonelle rosse e bianche del pavimento erano ricoperte solo da un leggero strato di polvere. Le ragnatele pendevano dagli angoli e le cornici dell’alto soffitto intonacato.

Non c’erano altri servitori, nessuno in vista fino a quando non si imbatterono in un tipo magrissimo seduto per terra di fianco a una porta aperta, la giubba rossa e sudicia era fin troppo larga per lui e si accompagnava a una camicia lercia e delle brache di lana logore. Uno degli stivali screpolati aveva un grosso buco nella suola e un alluce spuntava da un altro foro. L’uomo sollevò una mano bisbigliando: «Che la Luce risplenda su di te, e lodi il nome del lord Drago?» Aveva trasformato quel saluto in una domanda, atteggiando a una smorfia il viso sporco come la camicia, ma si comportava allo stesso modo con tutto. «Il Profeta non può essere disturbato adesso? Ha da fare? Dovrete attendere un po’?» Uno annuì pazientemente e Ragan si appoggiò al muro, conoscevano la prassi.

Nynaeve non sapeva cosa aspettarsi dal Profeta, nemmeno adesso che era consapevole di chi fosse, ma certo non la sporcizia. La zuppa odorava di cavoli e patate, non sembrava davvero il cibo per un uomo che aveva una intera città a disposizione. E aveva solo due servitori, che in apparenza provenivano dalla peggiore baracca del villaggio.

L’individuo armato di guardia, se quello faceva, non era armato; forse non era nemmeno fidato: parve non avere obiezioni quando Nynaeve si mise in un punto da dove riusciva a vedere attraverso la soglia. L’uomo e la donna all’interno non avrebbero potuto essere più diversi. Masema aveva rasato via anche il codino e la giubba era di semplice lana marrone, molto stropicciata ma pulita, anche se gli stivali che arrivavano al ginocchio erano consumati. Gli occhi incavati avevano reso torvo lo sguardo perennemente amaro e una cicatrice gli aveva lasciato un pallido triangolo bianco su una guancia, quasi l’immagine speculare di Ragan, solo con più anni, e si confondeva con le sopracciglia. La donna, con indosso un abito di elegante seta blu ricamata, era prossima alla mezza età e abbastanza graziosa malgrado un naso forse troppo lungo per il suo viso. Una semplice retina le raccoglieva i capelli scuri che scendevano quasi fino alla vita, ma indossava una imponente collana d’oro e gemme rosso fuoco con un bracciale uguale, e anelli su quasi ogni dito. Mentre Masema sembrava avere fretta, con i denti in mostra, la donna era riservata e aggraziata.

«...molti ti seguono ovunque tu vada» stava dicendo, «mosche sul muro quando arrivi. La gente non è al sicuro nelle sue proprietà e...»

«Il lord Drago ha infranto tutti i legami con la legge, tutti quelli stabiliti da uomini e donne mortali.» La voce di Masema era accorata ma intensa, non irata. «Le Profezie proclamano che il lord Drago spezzerà tutte le catene che legano, e così è stato. Il fulgore del lord Drago ci proteggerà contro l’Ombra.»

«La minaccia qui non è l’Ombra, ma i tagliaborse e i borseggiatori o i rissaioli. Alcuni dei tuoi seguaci, molti, credono di poter prendere quello che vogliono da chiunque, senza pagare o averne il permesso.»

«C’è giustizia nell’altra vita, quando rinasciamo. Preoccuparsi delle cose di questo mondo è inutile. Comunque va bene. Se desideri la giustizia terrena...» Le labbra dell’uomo si distorsero con disgusto. «Che sia. D’ora in avanti, all’uomo che ruba verrà tagliata la mano destra. L’uomo che disturba una donna o insulta il suo onore, o commette omicidio, verrà impiccato. La donna che ruba o commette omicidio verrà fustigata. Se colui che lancia un’accusa trova dodici testimoni a suo favore, la condanna verrà eseguita. Che così sia.»

«Come dici tu» mormorò la donna. Un’eleganza distaccata le aleggiava sul viso, ma sembrava scossa. Nynaeve non sapeva come funzionasse la legge nel Ghealdan, ma non credeva che fosse così approssimativa. L’altra sospirò. «C’è ancora la questione del cibo. È difficile sfamare tante persone.»

«Ogni uomo, donna e bambino che venga dal lord Drago deve avere lo stomaco pieno. È giusto così! Dove si trova l’oro, si trova anche da mangiare, e c’è abbastanza oro nel mondo.» Masema voltò furioso il capo. Non in collera con lei, ma in generale. Sembrava volesse mettere le mani su chiunque fosse avido di ricchezze, per poter sfogare la sua furia. «Il lord Drago è rinato. L’Ombra incombe sul mondo e solo il lord Drago può salvarci. Solo la fede nel lord Drago, sottomissione e obbedienza alla parola del lord Drago. Tutto il resto è inutile, anche quando non è blasfemia.»

«Che il nome del lord Drago sia benedetto nella Luce.» Sembrava una risposta meccanica. «Non si tratta più solamente di oro, mio lord Profeta. Trovare e trasportare il cibo in quantità sufficiente...»

«Io non sono un lord» la interruppe di nuovo, e adesso era adirato. Si chinò verso la donna, con la bava alla bocca, e, anche se l’espressione di lei non era mutata, mosse le mani come se volesse afferrare l’abito. «Non c’è lord se non il lord Drago, in cui risiede la Luce, e io sono solo un umile servitore. Ricordalo! Che siano grandi o piccole le loro imprecazioni, i bestemmiatori saranno puniti con la fustigazione.»

«Perdonami» mormorò la donna ingioiellata, allargando la veste in una riverenza che non avrebbe sfigurato alla corte di una regina. «Come dici tu, naturalmente. Non c’è altro lord all’infuori del lord Drago, e io sono solo una sua umile seguace, che sia benedetto il nome del Drago, benedetti coloro che vengono ad ascoltare la saggezza e la guida del Profeta.»

Pulendosi la bocca con il dorso della mano, Masema divenne improvvisamente freddo. «Porti addosso troppo oro. Non lasciare che i beni terreni ti seducano. L’oro è una cosa senza valore. Il lord Drago è tutto.»

La donna incominciò immediatamente a sfilarsi gli anelli dalle dita e, prima che si fosse tolta il secondo, l’individuo magro entrò nella stanza e le si accostò estraendo un sacchetto dalla tasca e porgendoglielo perché vi depositasse i preziosi. Il bracciale e la collana seguirono gli anelli.

Nynaeve guardò Uno e sollevò un sopracciglio.

«Ogni centesimo va ai poveri,» le spiegò a bassa voce, quasi impercettibile «o a qualcuno che ne ha bisogno. Se qualche mercante non gli avesse dato la sua maledetta casa, avrebbe abitato in una maledetta stalla, o una di quelle catapecchie nel villaggio di baracche.»

«Anche il cibo giunge come un dono» aggiunse Ragan con la stessa calma. «Gli portavano piatti degni di un re fino a quando hanno scoperto che dava tutto via e teneva solo un pezzo di pane, la zuppa o lo stufato. Ormai non beve quasi più vino.»

Nynaeve scosse il capo. Supponeva che fosse un modo per trovare denaro per gli indigenti. Derubare chiunque non lo fosse. Alla fine avrebbe reso tutti poveri, ma per un po’ avrebbe funzionato. Si chiese se Uno e Ragan fossero al corrente di ogni aspetto della faccenda. Le persone che sostenevano di raccogliere i soldi per aiutare gli altri avevano spesso l’abitudine di lasciarne una parte dentro le loro tasche, oppure amavano fin troppo il potere che ottenevano in virtù delle loro elargizioni. Aveva più simpatia per chi donava liberamente una monetina che per chi toglieva a forza una corona d’oro a qualcun altro. E poca per gli sciocchi che avevano abbandonato le fattorie e i negozi per seguire questo... questo Profeta, senza sapere come avrebbero messo insieme il prossimo pasto.

Dentro la stanza la donna rivolse a Masema una riverenza anche più ossequiosa di prima, allargando la gonna e chinando il capo. «Fino a quando avrò di nuovo l’onore della parola e il consiglio del Profeta. Che il nome del lord Drago sia benedetto dalla Luce.»

Masema le fece cenno di andare via, quasi senza più ricordarsene. Aveva visto gli amici nel corridoio e li stava osservando con l’espressione di maggiore affabilità che poteva mostrare su quel viso cupo. Non era molto. La donna uscì e non sembrò notare Nynaeve o i due uomini. Nynaeve tirò su con il naso mentre il tizio magro con la giubba rossa indicò loro di entrare. Per essere una che aveva appena devoluto i suoi gioielli su richiesta, la donna aveva comunque un aspetto regale.

L’uomo magro fece ritorno al suo posto vicino alla porta mentre gli altri tre si davano la mano alla maniera delle Marche di Confine, afferrandosi gli avambracci.

«Che la pace favorisca la tua spada» disse Uno, seguito da Ragan.

«La pace favorisca il lord Drago» fu la replica, «e che la sua Luce ci illumini tutti.» Nynaeve trattenne il fiato. Non c’era dubbio sul significato di quella frase. Il lord Drago era la fonte della Luce. E aveva il coraggio di parlare di bestemmie con gli altri! «Avete finito per votarvi alla Luce?»

«Camminiamo nella Luce» rispose Ragan con cautela. «Come sempre.» Uno rimase in silenzio con il volto inespressivo.

La stanchezza e la pazienza creavano uno strano effetto sul volto di Masema. «Non c’è via verso la Luce se non attraverso il lord Drago. Vedrete la via e la verità alla fine, perché avete visto il lord Drago e solo quelli le cui anime sono preda dell’Ombra vedono senza credere. Voi non siete così. Crederete.»

Malgrado il caldo e lo scialle di lana, Nynaeve aveva la pelle d’oca. La voce dell’uomo era del tutto convinta e da così vicino poteva scorgere un lampo di follia negli occhi quasi neri. L’uomo le rivolse quello sguardo e lei irrigidì le ginocchia. Al suo confronto, il Manto Bianco più rabbioso che avesse mai visto sembrava buono. Quei tizi nel vicolo erano solo una pallida immagine del loro capo.

«Tu, donna. Sei pronta a venire alla Luce del lord Drago abbandonando il peccato e la carne?»

«Cammino nella Luce meglio che posso.» Si accorse con disappunto di parlare con la stessa cautela di Ragan. Peccato? Ma chi credeva di essere?

«Sei troppo presa dalla carne.» Lo sguardo di Masema era inorridito mentre scorreva sul vestito rosso e lo scialle avvolto attorno a lei.

«Cosa vuoi dire con questo?» Uno sgranò gli occhi stupito e Ragan accennò un leggero movimento per zittirla, ma la donna si sarebbe messa a volare piuttosto di fermarsi. «Pensi di avere il diritto di dirmi come vestire?» Prima di rendersi conto di cosa stava facendo, aveva slegato lo scialle appoggiandolo sui gomiti, c’era comunque troppo caldo. «Nessun uomo può arrogarsi quel diritto, nei miei confronti o di altre donne! Se decidessi di andare in giro nuda, non ti riguarderebbe affatto!»

Masema le scrutò il seno per un momento, in quegli occhi non c’era nemmeno un moto di ammirazione, solo aspro disprezzo, quindi sollevò lo sguardo per fissarla negli occhi. L’occhio vero di Uno e quello dipinto facevano un paio perfetto. Erano rivolti verso il nulla, e Ragan sussultava mentre parlava da solo.

Nynaeve deglutì. Era così che aveva tenuto a freno la lingua. Forse per la prima volta in vita sua, rimpiangeva sul serio di aver espresso la sua opinione senza aver prima riflettuto. Se quell’uomo aveva il potere di ordinare decapitazioni e impiccagioni con un pretesto invece di un processo, di cos’altro non sarebbe stato capace allora? Era convinta di essere abbastanza adirata per incanalare.

Ma se lo faceva... se Moghedien o le Sorelle Nere si trovavano a Samara... ma se non era così...! Adesso si sarebbe davvero riavvolta lo scialle fin sotto al mento. Ma non con lui che la fissava. Qualcosa nella testa le gridava di non comportarsi da idiota completa, solo negli uomini l’orgoglio prevaleva sul buon senso, ma affrontò lo sguardo di Masema con un senso di sfida, anche se dovette fermarsi per deglutire nuovamente. L’uomo incurvò le labbra. «Questi abiti vengono indossati per adescare gli uomini e per nessun’altra ragione.» Non riusciva a capire come la voce dell’uomo potesse essere tanto fervente e fredda allo stesso tempo. «I pensieri della carne distolgono la mente dal lord Drago e dalla Luce. Ho preso in considerazione l’idea di bandire i vestiti che distraggono gli occhi e le menti degli uomini. Lascia che le donne che vogliono sprecare tempo ad attirare gli uomini e gli uomini che vogliono attirare le donne siano frustati affinché sappiano che solo nella perfetta contemplazione del lord Drago e della Luce possono trovare la gioia.» Ormai non la fissava più. Quello sguardo nero e infuocato la oltrepassava, in apparenza rivolto a qualcosa di distante. «Lascia che le taverne e i posti dove si vendono bevande forti o che allontanerebbero la mente da quella perfetta contemplazione vengano chiusi. Bruciati e rasi al suolo. Durante i miei giorni del peccato frequentavo quei luoghi, ma adesso lo rimpiango amaramente, come tutti dovrebbero rimpiangere le loro trasgressioni. Ci sono solo il lord Drago e la Luce! Tutto il resto è illusione, una trappola piazzata dall’Ombra!»

«Questa è Nynaeve al’Meara» disse velocemente Uno quando Masema si arrestò. «Da Emond’s Field, nei Fiumi Gemelli, da dove viene il lord Drago.» Masema si voltò lentamente verso l’uomo con un solo occhio e Nynaeve ne approfittò per sistemarsi di nuovo lo scialle. «Era con il lord Drago a Fal Dara e a Falme. Il lord Drago l’ha salvata a Falme. Il lord Drago le vuole bene come a una madre.»

In un altro momento Nynaeve gli avrebbe risposto per le rime, forse gli avrebbe anche tirato le orecchie. Rand non l’aveva salvata, non esattamente, e lei aveva solo pochi anni più di Rand. Davvero una madre! Masema le si rivolse di nuovo. La luce zelante che prima aveva visto ardere nei suoi occhi era nulla a confronto di quella che c’era adesso. Erano quasi infuocati.

«Nynaeve, sì.» Accelerò il discorso. «Sì! Mi ricordo il tuo nome e il tuo viso. Sei benedetta fra le donne, Nynaeve al’Meara, nessuna è più al sicuro della benedetta madre del lord Drago, perché tu lo hai visto crescere. Ti sei presa cura di lui quando era bambino.» L’afferrò per le braccia, le dita forti la stringevano dolorosamente, ma l’uomo non sembrava rendersene conto. «Parlerai alle folle dell’infanzia del lord Drago, delle sue prime parole di saggezza e del miracolo che lo accompagna. La Luce ti ha inviata qui per servire il lord Drago.»

Nynaeve non era sicura su cosa avrebbe dovuto rispondere. Lei non aveva mai assistito ad alcun miracolo attorno a Rand. Aveva sentito delle cose a Tear, ma non si potevano definire miracoli le cose che scatenava un ta’veren. Non proprio. Anche quanto accaduto a Falme aveva una spiegazione razionale. Una specie. Per quanto riguardava le parole di saggezza, le prime che aveva sentito da lui erano una promessa fervente che non avrebbe più tirato sassi contro nessuno, ma dopo che lo aveva sculacciato. Non credeva di aver più sentito un’altra parola saggia da allora. In ogni caso, se pure Rand avesse dato consigli assennati dalla culla, se la notte fossero apparse comete e si fossero verificati prodigi celesti durante il giorno, non sarebbe comunque rimasta con quel pazzo.

«Devo scendere a fondovalle» rispose Nynaeve all’erta. «Per unirmi a lui. Al lord Drago.» Quel nome le morì in bocca. Rand non era mai un argomento semplice quando se ne parlava con il Profeta. Sono solo sensata, ecco tutto, pensò. ‘Un uomo è una quercia, una donna un salice’ diceva il proverbio. La quercia lottava contro il vento e alla fine si spezzava, mentre il salice si piegava nel momento del bisogno per sopravvivere. Non significava che doveva piegarsi. «Lui... il lord Drago... si trova a Tear. Mi ha chiamata a raggiungerlo.»

«Tear.» Masema rimosse la mani e Nynaeve si strofinò le braccia di nascosto. Non era necessario nasconderlo. L’uomo stava di nuovo fissando qualcosa in lontananza. «Sì, ne ho sentito parlare.» Stava parlando verso qualcosa oltre il suo campo visivo, o forse a se stesso. «Quando l’Amadicia verrà al lord Drago come ha fatto il Ghealdan, condurrò questa gente a Tear, perché si scaldi alla luce del lord Drago. Invierò dei discepoli a diffondere la sua parola in tutto il Tarabon e l’Arad Doman, in Saldea, Kandor e nelle Marche di Confine e guiderò il popolo a inginocchiarsi ai suoi piedi.»

«Un piano saggio... oh... Profeta del lord Drago.» Un piano stupido, se mai ne aveva sentito uno. Il che non significava che non avrebbe funzionato. I piani sciocchi funzionavano spesso, per motivi oscuri, quando erano progettati dagli uomini. Forse Rand si sarebbe anche divertito con tutte quelle persone che si inginocchiavano al suo cospetto, se era arrogante la metà di quanto le aveva raccontato Egwene. «Ma noi... Non posso aspettare. Sono stata convocata, e quando il lord Drago chiama, noi mortali dobbiamo obbedire.» Un giorno avrebbe colto l’occasione di tirare le orecchie di Rand per tutto ciò! «Devo trovare un’imbarcazione che scenda a fondovalle.»

Masema la fissò così a lungo che Nynaeve cominciò a innervosirsi. Il sudore le colava sulla schiena e fra i seni ed era solo parzialmente colpa del caldo. Quello sguardo avrebbe fatto sentire a disagio anche Moghedien.

Alla fine l’uomo annuì, il fiero zelo stava scomparendo per lasciare spazio alla solita espressione di biasimo. «Sì» sospirò. «Se sei stata convocata, devi andare. Vai con la Luce. Vestiti meglio, i prescelti dal lord Drago devono essere più virtuosi degli altri, e medita sul lord Drago e la sua Luce.»

«Un battello fluviale?» fu la replica di Nynaeve. «Penso che tu sappia quando una nave raggiunge Samara o qualsiasi villaggio lungo il fiume. Se solo mi indicassi dove posso trovarne una, ciò renderebbe il mio viaggio molto più... veloce.» Stava per dire facile, ma non credeva che le comodità importassero molto a Masema.

«Non mi interesso di certe cose» le rispose impaziente. «Ma hai ragione. Quando il lord Drago dà un ordine, bisogna essere puntuali. Chiederò. Se c’è un veliero a disposizione, qualcuno me lo riferirà.» Il suo sguardo si spostò sugli altri due. «Voi procurerete che sia al sicuro fino ad allora. Se insiste a vestirsi in questo modo, attirerà uomini dai pensieri sordidi. Deve essere protetta, come un bambino ribelle, finché non si riunirà con il lord Drago.»

Nynaeve si morse la lingua. Un salice, non una quercia. Riuscì a nascondere l’irritazione dietro a un sorriso che doveva manifestare tutta la gratitudine che quell’idiota poteva desiderare. Era comunque un idiota pericoloso. Avrebbe fatto bene a ricordarlo.

Uno e Ragan salutarono velocemente, con altre strette di avambracci, e si affrettarono ad accompagnarla fuori, tenendola uno per braccio, come se ritenessero necessario allontanarla subito da Masema, il quale sembrava averli già dimenticati. L’uomo magro stava già guardando torvo, fermo ad aspettare vicino a un tipo dall’aria schietta con una giubba da contadino, che stringeva il cappello fra le mani e aveva una timorosa riverenza dipinta sul viso.

Nynaeve non disse una parola mentre attraversavano le cucine, dove la donna dai capelli grigi stava ancora rimestando la zuppa, come se nel frattempo non si fosse mossa. Rimase in silenzio anche mentre recuperavano le armi, fino a quando non lasciarono il vicolo e si ritrovarono in prossimità della strada. A quel punto si piazzò di fronte a loro, agitando un dito davanti ai loro nasi. «Come ovate osato trascinarmi a quel modo?» La gente che passava vicino sorrideva, gli uomini mestamente, le donne compiaciute, ma nessuno aveva idea del motivo per cui li stesse rimproverando. «Altri cinque minuti e lo avrei convinto a trovarmi una nave oggi! Se mi mettete di nuovo le mani addosso...» Uno sbuffò sonoramente e Nynaeve sobbalzò per la sorpresa.

«Altri cinque maledetti minuti e Masema ti avrebbe messo le maledette mani addosso! O meglio, avrebbe ordinato che qualcuno lo facesse e qualcuno avrebbe eseguito, maledizione! Quando dice che qualcosa dovrebbe essere fatta, ci sono sempre cinquanta maledette mani, o cento, o un maledetto migliaio se necessario, subito pronte!» Si allontanò a grandi passi per la strada con Ragan di fianco e lei fu costretta a seguirli o rimanere indietro. Uno camminava come se sapesse che la donna non li avrebbe lasciati andare. Nynaeve si era quasi avviata nella direzione opposta per provargli che aveva torto. Seguirli non aveva nulla a che vedere con la paura di perdersi per quelle strade così simili a dei cunicoli. Avrebbe trovato il modo di uscire. «Ha fatto frustare un maledetto lord dell’alto consiglio della corona, frustare! Solo per aver parlato con la metà dell’impeto nella voce che hai usato tu» gridò l’uomo con un occhio solo. «Disprezzo per il mondo del lord Drago, lo ha definito. Pace! Chiedergli quale maledetto diritto aveva di esprimere giudizi sul tuo maledetto abbigliamento! Per qualche minuto ti sei comportata bene, ma ho visto la tua faccia alla fine. Eri pronta ad attaccarlo di nuovo, dannazione! La sola cosa che avresti potuto fare di peggio sarebbe stato chiamare per nome il maledetto lord Drago. Per lui è una bestemmia. Come nominare il Tenebroso.»

Il codino di Ragan saltò mentre lui annuiva. «Ti ricordi di lady Baelome, Uno? Proprio dopo le prime voci di Tear sul lord Drago, Nynaeve, la donna ha detto qualcosa riguardo questo Rand al’Thor in presenza di Masema, e lui ha ordinato un’ascia e un ceppo senza pensarci un istante.»

«Ha fatto decapitare qualcuno per quel motivo?» chiese Nynaeve incredula. «No» mormorò Uno disgustato. «Ma solo perché la donna si è messa a strisciare ai suoi piedi quando ha capito che faceva sul serio, maledizione. È stata portata fuori e appesa per i maledetti polsi al retro della sua carrozza, quindi trascinata per il villaggio in cui ci trovavamo all’epoca. I suoi maledetti servitori sono rimasti a guardare come un branco di contadini dalle interiora di pecora.»

«Quando finì» aggiunse Ragan, «la donna ringraziò Masema per la sua misericordia, come lord Aleshin.» Quel tono di voce era troppo pungente per i gusti di Nynaeve. Le stava facendo la morale e voleva che la capisse. «Avevano le loro ragioni, Nynaeve. Non sarebbero state le prime teste che avrebbe messo su un ceppo. La tua poteva essere l’ultima. E le nostre con te, se avessimo tentato di aiutarti. Masema non fa favoritismi.»

Nynaeve inspirò. Come era possibile che avesse tutto quel potere? E non solo fra i suoi seguaci, a quanto sembrava. Ma allora, signori e dame erano dei grandi sciocchi proprio come i contadini. Molti lo erano anche di più, secondo lei. Quella stupida donna con gli anelli di certo era una lady, nessuna mercante indossava gemme come le sue. Ma certamente nel Ghealdan c’erano leggi, corti e giudici. Dov’erano la regina o il re? Non riusciva a ricordare chi ci fosse nel Ghealdan. Nessuno nei Fiumi Gemelli aveva mai avuto pratica di sovrani, eppure era quello il motivo per cui esistevano, loro, i signori e le dame, per accertarsi che venisse rispettata la giustizia. Ma qualsiasi cosa Masema aveva fatto lì, non le importava. Aveva problemi più importanti che preoccuparsi di un gregge di imbecilli che si lasciavano incantare da un pazzo.

Ma la curiosità la indusse a chiedere: «Vuole davvero che uomini e donne smettano di guardarsi? Cosa pensa che accadrà se non ci saranno matrimoni o bambini? Farà fermare anche le fattorie? O le tessiture, i calzolai, così potranno pensare a Rand al’Thor?» Ne pronunciò il nome deliberatamente. Quei due continuavano a chiamarlo lord Drago quasi spesso quanto Masema. «Vi dirò una cosa: se prova a ordinare alle donne come vestirsi darà il via a una sommossa. Contro di lui.» In Samara doveva esistere qualcosa come la Cerchia delle Donne, c’era nella maggior parte dei luoghi, anche se con nomi diversi, pur trattandosi di una mera formalità. Vi erano cose che gli uomini non avevano abbastanza buon senso da vedere; loro certamente facevano rilevare alle donne che indossavano abiti indecenti, ma non era lo stesso che avere un uomo a ficcanasare negli affari propri. Le donne non si immischiavano negli affari degli uomini, non più del necessario, e questi non dovevano immischiarsi in quelli delle donne. «E non aspettatevi che reagiranno meglio se cerca di chiudere le taverne e posti simili. Non ho ancora conosciuto un uomo che non pianga disperato se teme di non poter affondare il naso in una coppa di vino.»

«Forse lo farà,» disse Ragan «e forse no. A volte impartisce degli ordini, poi li dimentica o li sospende, perché ha qualcosa di più importante cui dare priorità. Saresti sorpresa» aggiunse bruscamente «di cosa arrivano a tollerare i suoi seguaci senza lamentarsi.» Lui e Uno la affiancavano, guardando sospettosi la gente per strada. Anche a lei i due sembravano pronti a estrarre le spade in un momento. Se credevano di eseguire le istruzioni di Masema, avrebbero dovuto ripensarci.

«Non è contrario al maledetto matrimonio» gridò Uno, fissando così duramente un venditore di polpette che quello si voltò senza prendere le monete da due donne che avevano comprato la sua merce. «Sei fortunata che non si sia ricordato che non hai marito, o avrebbe potuto mandarti dal lord Drago con Uno. A volte sceglie tre o quattrocento uomini che non sono sposati e altrettante donne e li costringe a unirsi in nozze, maledizione. La maggior parte di loro non si erano mai conosciuti prima. Se quei fegati di piccione raccatta immondizia non si lamentano, maledizione, credi che apriranno le dannate bocche per della birra?»

Ragan borbottò qualcosa, ma Nynaeve sentì abbastanza da lasciar trapelare un moto di stizza dagli occhi. «Alcuni uomini non sanno quanto sono fortunati.» Era quanto aveva detto. Non aveva nemmeno notato il suo sguardo. Era troppo impegnato a controllare la strada, nel timore che qualcuno cercasse di fuggire con lei come un maiale nel sacco. Nynaeve era quasi tentata di gettare via lo scialle. Non parve nemmeno sentirla tirare su con il naso. Gli uomini potevano essere terribilmente ciechi e sordi quando volevano.

«Almeno non ha provato a rubarmi i gioielli» osservò Nynaeve. «Chi era quella stupida donna che gli ha regalato i suoi?» Non doveva essere molto sana di mente se era divenuta seguace di Masema.

«Quella» rispose Uno «era Alliandre, benedetta dalla Luce, regina del maledetto Ghealdan, e una dozzina di altri titoli, come piace ammucchiarli uno sull’altro a voi meridionali.» Nynaeve inciampò sul lastricato, rischiando di cadere. «Allora è così che funziona» esclamò, rifiutando le mani degli uomini che si offrivano di aiutarla. «Se la regina è abbastanza stupida da stare ad ascoltarlo, non mi meraviglia che possa agire come vuole.»

«Non una sciocca» rispose duramente Uno, lanciandole un’ occhiataccia prima di ritornare a guardare la strada. «Una donna saggia. Quando ti ritrovi in groppa a un cavallo selvatico, fai bene a dirigersi nella maledetta direzione in cui sta andando la maledetta bestia, se sei abbastanza furba da versare l’acqua fuori da un maledetto stivale. Credi che sia una sciocca perché Masema le ha preso gli anelli? Quella è abbastanza furba da sapere che le chiederebbe di più se smettesse di indossare i gioielli durante le sue visite. La prima volta che Masema si recò da lei — da allora è sempre stato l’inverso — le tolse gli anelli dalle mani. Aveva dei fili di perle fra i capelli, e Masema li ha rotti per prendere le perle. Tutte le dame di corte erano in ginocchio a raccogliere le maledette cose da terra. La stessa Alliandre ne raccolse qualcuna.»

«A me non sembra molto saggio» replicò ostinatamente. «Più simile alla codardia.» A chi tremavano le gambe solo per uno sguardo dell’uomo? si disse. Chi stava sudando a morte? Ma almeno gli aveva tenuto testa. L’ho fatto. Piegandomi come un salice. Non è lo stesso che tremare come una foglia, continuava a seguire il filo dei suoi pensieri. «È lei la regina, o no?»

I due uomini si scambiarono occhiate irritate e Ragan le rispose con calma, «Non capisci. Nynaeve. Alliandre è la quarta che siede sul trono benedetto dalla Luce da quando siamo arrivati nel Ghealdan, ovvero circa sei mesi. Johanin cingeva la corona quando Masema ha iniziato ad attirare le masse, ma lo credeva innocuo, un pazzo, e non ha preso provvedimenti nemmeno quando la folla è cresciuta e i suoi nobili gli hanno chiesto di porvi rimedio. Johanin è morto in un incidente di caccia...»

«Incidente di caccia!» intervenne Uno ghignando. Un ambulante che lo stava guardando lasciò cadere un vassoio con spilli e aghi. «A meno che non fosse stato in grado di riconoscere la maledetta estremità di una lancia per la caccia al cinghiale dall’altra! Maledetti meridionali e maledetto il loro Gioco delle Casate!»

«A lui è succeduta Ellizelle» proseguì Ragan. «Fece disperdere la folla dall’esercito, fino a quando non vi fu una battaglia con il catrame e fu l’esercito a essere cacciato.»

«Una maledetta scusa per dei militari» borbottò Uno. Doveva di nuovo ricordargli di moderare il linguaggio.

Ragan annuì in segno di consenso, ma continuò a raccontare. «Si dice che Ellizelle abbia bevuto del veleno dopo quell’episodio, ma qualunque sia stata la causa della morte, fu rimpiazzata da Teresia, che ha regnato ben dieci giorni dopo l’incoronazione, finché non inviò le sue truppe contro le migliaia di persone riunite ad ascoltare Masema fuori Jehannah. Dopo la sconfitta dei suoi soldati, ha abdicato per sposare un ricco mercante.» Nynaeve lo fissava incredula e Uno sbuffò. «Questo è ciò che dicono» sostenne il giovane. «Naturalmente in questa terra sposare un uomo comune significa rinunciare per sempre a qualsiasi pretesa al trono e se pure Beron Goraed avesse voluto una fanciulla graziosa di sangue reale, ho sentito dire che fu trascinato da un gruppo di servitori di Alliandre alle prime ore del mattino e portato di peso al palazzo di Jheda per il matrimonio. Teresia è andata a vivere nella nuova residenza estiva di campagna del marito mentre Alliandre veniva incoronata, tutto prima dell’alba, e la nuova regina ha convocato Masema al palazzo per assicurargli che non avrebbe avuto altri problemi. In due settimane ha incominciato a convocarlo. Non posso dire se crede veramente a quanto Masema predica, ma so che ha preso il trono di un paese sull’orlo della guerra civile, con i Manti Bianchi pronti a entrare, e l’ha fermata nel solo modo che conosceva. Questa è ciò che si chiama essere saggi, e un uomo dovrebbe essere fiero di servire una tale regina, anche se è una meridionale.»

Nynaeve aprì la bocca e dimenticò cosa stava per dire, quando Uno aggiunse in tono casuale, «Un maledetto Manto Bianco ci sta seguendo. Non voltarti indietro, donna. Mostra un po’ di maledetto buon senso.»

Il collo di Nynaeve si irrigidì per lo sforzo di guardare avanti e la sua schiena fu percorsa dai brividi. «Prendi la prossima svolta, Uno.»

«Quella ci porta lontani dalla strada principale e i maledetti cancelli. Potremmo perderlo fra la folla, dannazione!»

«Prendila!» Nynaeve inspirò lentamente, rendendo la voce meno stridula. «Ho bisogno di vederlo.» Uno aveva l’aspetto così selvatico che la gente si faceva da parte fino a dieci passi di distanza; comunque svoltarono alla strada successiva. Nynaeve girò leggermente il capo, abbastanza da osservare con la coda dell’occhio puma di voltare all’angolo di una piccola taverna in pietra che le tolse la visuale. Il mantello candido con il sole raggiato spiccava fra la folla. Era impossibile non riconoscere quel viso bellissimo, era sicura che fosse lui. Nessun altro Manto Bianco tranne Galad avrebbe avuto motivo di seguire lei, e tanto meno Uno e Ragan.

Загрузка...