» SLEEP WHEN I’M DEAD «

Proprio nel cuore della grandiosa e grigia eleganza di questa città in festa c’è un tetro nucleo di oscurità, un universo antico e dimenticato di malattia, di disperazione e di morte. Sotto l’imponente edificio ottocentesco della City Chambers, infilato nel fianco ripido della collina, tra la S sopraelevata di Cockburn Street e la spianata in acciottolato di High Street, davanti alla cattedrale di St. Giles, c’è un quartiere della città vecchia che fu murato quattrocento anni fa.

Mary King’s Close fu abbandonato e sepolto nel XVI secolo, esattamente nello stato in cui si trovava, intatto, a causa della peste che aveva mietuto moltissime vittime negli edifici popolari concentrati in questa zona della città e che, all’epoca, erano gremiti come conigliere. I corpi dei defunti vennero lasciati nelle case, trasformate quindi in sepolcri comuni, e rimasero lì a marcire. Le ossa furono rimosse soltanto molto tempo dopo.

E così, quella vecchia, fredda isola di oscurità totale si trova ancora oggi al centro dell’ammasso di detriti morenici posto a est della cupola vulcanica che forma lo spuntone di roccia su cui sorge il castello, nelle viscere profonde di questa capitale addormentata.

E tu ci sei stato.

Ci sei andato cinque anni fa, insieme con Andy e con le ragazze che uscivano con voi a quell’epoca. Andy, che si trovava in città per l’inaugurazione della filiale di Edimburgo del Gadget Shop, aveva chiesto un favore a certe persone di sua conoscenza che lavoravano in Comune ed era riuscito a organizzare una visita. Così, per ridere, aveva detto.

Il posto era più piccolo e buio di quanto ti aspettassi e odorava di umido; le pareti e i soffitti anneriti stillavano acqua. Le ragazze avevano avuto paura ed erano state costrette a risalire i gradini fino al corridoio al piano superiore, dove si era fermato il vecchio custode che vi aveva fatto entrare. Poi, alcuni minuti dopo, quando le luci si erano spente all’improvviso, tutto era piombato nell’oscurità più totale e assoluta che tu avessi mai sperimentato.

La ragazza che stava con Andy aveva lanciato un breve urlo, ma Andy si era limitato a ridacchiare e aveva tirato fuori una torcia. Aveva organizzato tutto con il custode: era uno scherzo.

In quei momenti di buio, però, rimanesti immobile, quasi fossi diventato di pietra anche tu, proprio come quelle rachitiche costruzioni sepolte che ti circondavano, e, nonostante il tuo colto cinismo, la tua essenza di maschio occidentale materialista del XX secolo, nonostante il tuo feroce disprezzo per qualsiasi superstizione, provasti un attimo di puro, assoluto terrore, una paura del buio del tutto primordiale, una paura le cui radici affondavano in un tempo dimenticato, prima che la tua specie diventasse veramente umana e arrivasse a conoscersi. E, in quel primitivo specchio dell’anima, in quel penetrante momento di autocoscienza che sondava gli abissi della storia collettiva e del tuo essere individuale, tu — in quell’istante dilatato, impietrito — intravedesti qualcosa che era te stesso e che non lo era, che costituiva per te una minaccia, ma non del tutto, che era in parte tuo nemico e in parte no, ma che possedeva un’indifferenza assoluta e adeguatamente funzionale più raccapricciante del male stesso.


E così te ne stai seduto sui Salisbury Crags, ripensi a quel luogo di totale oblio che se ne sta ancora al suo posto, laggiù, e osservi la città, autocommiserandoti e maledicendo la tua stupidità e l’ottusità istituzionalizzata, l’avidità legalizzata e criminale delle multinazionali, dei governi, degli azionisti: di tutti quanti.

Una palla da tennis.

Dicono che è grande più o meno come una palla da tennis. Infili una mano sotto il cappotto, poi sotto la giacca e premi sotto la costola fluttuante sulla parte sinistra. Dolore. Non sei sicuro di sentirla, la cosa, non sai se è cresciuta o no. Tossisci appena mentre schiacci, e il dolore peggiora. Smetti di premere e il dolore diminuisce.

Un’operazione, iniezioni, chemioterapia. Nausea e calvizie precoce, anche se probabilmente temporanea.

Ti chini in avanti, dondolandoti avanti e indietro e guardando le guglie, i tetti, le torrette, i camini, gli alberi della città, quindi i parchi, la campagna e i due ponti. Un po’ più a destra vedi Cramond Isle, Incholm, Inchmickery e Inchkeith. Inchmickery sembra piccola e affollata di edifici, con due torrette che svettano sopra tutto il resto.


Andy era tornato un quarto d’ora dopo, fischiettando mentre saliva i gradini. Ti aveva domandato che cosa avevi fatto; ho chiamato il dottore, era stata la tua risposta. Con un sorriso, ti aveva invitato a tenere il telefono, poi ti aveva chiesto un’ora di vantaggio e ti aveva porto la mano.

Non gliel’avevi stretta; avevi soltanto scosso la testa e abbassato gli occhi. Con un altro sorriso, lui si era limitato a scrollare il capo, come se capisse. «Addio», aveva detto. Tutto lì. Poi era sceso saltellando giù per i gradini ed era scomparso.

Cinque minuti dopo, da una postazione circolare di cemento sul lato orientale dell’isola, circondato dal guano e dagli insopportabili schiamazzi dei gabbiani urlanti, avevi visto il piccolo gommone nero allontanarsi veloce tra le onde, diretto verso Granton. La città e le colline verso sud si stagliavano nettamente contro il cielo.

Gli avevi dato un’ora. Venti minuti dopo aver chiamato il pronto intervento, due lance della polizia, rimbalzando e sbattendo contro le onde, erano apparse all’orizzonte, dirette verso l’isola. Più tardi erano giunti altri poliziotti; una barca era tornata al porto a prelevarli.

I resti del dottor Halziel vennero rinvenuti in uno dei magazzini per le munizioni scavati nella roccia.

C’è stato un ultimo interrogatorio con McDunn, durante il quale gli hai raccontato più e più volte quello che è successo lungo la strada, mentre tornavi dal funerale, e poi sull’isola di Inchmickery. La polizia ha controllato la tua macchina, scoprendo che Andy aveva messo un sacchetto di plastica semimpermeabile pieno di zucchero nel serbatoio della benzina, probabilmente mentre tu eri sull’isola per il funerale.

Hai spiegato a McDunn che Andy aveva nascosto il cellulare in un edificio dell’isola e che ti ci era voluta un’ora per trovarlo. Non sai se ti abbia creduto o no. Hai aggiunto che Andy — per dimostrarti che il telefono funzionava, e prima di nasconderlo — ti aveva permesso di chiamare il tuo medico, e che, per tutto il tempo della telefonata, aveva tenuto una pistola puntata alla tua tempia. McDunn ha continuato ad annuire, serio, come se tutto combinasse.

I poliziotti staranno nel tuo appartamento ancora per qualche giorno con la speranza — vana — che Andy ricompaia. Nel frattempo, Al e sua moglie sembrano felici di ospitarti a casa loro, a Leith.

Hai tentato di recuperare Despot un paio di volte, ma con scarsa convinzione e senza risultati apprezzabili. Hai provato il trucchetto che Andy ti ha insegnato per Xerium: funziona. Ma ora hai altro cui pensare. Questa mattina è arrivata una lettera dalla compagnia finanziaria in cui ti dicono che si riprenderanno il laptop, a meno che tu non effettui i pagamenti. Pensi che glielo lascerai.

Al giornale sanno che non stai bene e tutti sono molto comprensivi e affettuosi. Non ti fanno domande, ma Sir Andrew ha telefonato a Eddie da Antigua e gli ha suggerito che potresti fare una serie di articoli sulla tua esperienza: la versione definitiva dell’intera faccenda. Ci sono anche altri giornali interessati alla cosa; le offerte non mancano, e così pure altri modi per guadagnare un po’ di soldi.

In cielo vedi la pioggia che spazza la città e avanza verso di te, portata dal vento che ora ha girato, viene da ovest, e ti nasconde la vista dei ponti, trascinando lentamente enormi veli gonfi e ricurvi sopra le isole del canale. Potrebbe anche essere nevischio, non pioggia.

Ieri sera sei andato a Cowgate a prendere un po’ di coca per tirarti su.

Ti assicuri che non ci sia nessuno in giro, poi ti volti e ti chini, girando la schiena al vento. Ti stringi nel cappotto, tiri fuori la scatoletta di latta dalla tasca della giacca e la apri. La roba è già stata preparata, ne prendi un po’ con la punta della chiave della macchina e la sniffi, due minuscoli mucchietti bianchi per ogni narice, poi tre, poi quattro, fin quando la gola non ti diventa insensibile, come da copione. Così va meglio.

Metti via la scatoletta e tiri su con il naso. Tasti l’altro pacchetto che hai nella tasca della giacca, poi ti stringi nelle spalle, lo prendi e lo apri. Anche questo l’hai comprato ieri sera. Chi se ne frega! ’Fanculo il mondo, ’fanculo la realtà. Il benedetto sant’Hunter capirebbe. Uncle Warren ci ha persino scritto una canzone.

Ti accendi una sigaretta, scuoti la testa, guardi la città seduta sul suo trono grigio e ti fai una bella risata.


FINE
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