6

All’inizio l’attesa fu infernale.

Quando scoprirono che i Ferrogiada non c’erano, lo portarono sulla terrazza d’atterraggio sul tetto della torre e lo obbligarono a sedersi in un angolo battuto dal vento. Il panico stava per prenderlo ed il suo stomaco era un nodo dolorante. «Bretan», disse con voce un po’ isterica, ma il Kavalar si limitò a voltarsi verso di lui e a dargli una manata sulla bocca.

«Non sono "Bretan" per te», disse. «Chiamami Bretan Braith se ti rivolgi a me, falsuomo».

Dopo di che Dirk rimase zitto. La Ruota di Fuoco spezzata scendeva lentamente, a fatica, attraverso il cielo di Worlorn. Dirk l’osservava strisciare e gli pareva di essere vicinissimo al suo punto di rottura. Tutto ciò che gli era successo gli pareva irreale ed i Braith ed i fatti del pomeriggio erano la cosa meno reale di tutto. Si chiese che cosa sarebbe capitato se si fosse improvvisamente alzato in piedi e fosse saltato oltre il bordo della terrazza, giù nella strada. Sarebbe stata una caduta lunghissima, pensò, come quelle dei sogni, ma quando si fosse sfracellato sui cupi blocchi di pietraluce là sotto, non ci sarebbe stato alcun dolore, soltanto lo spavento del risveglio improvviso. E si sarebbe ritrovato nel suo letto su Braque, madido di sudore ed avrebbe riso delle assurdità del suo incubo.

Giocherellò con pensieri come quello ed anche altri per un periodo che parve durare ore, ma quando alla fine alzò gli occhi, Grasso Satana non era nemmeno completamente tramontato. Allora cominciò a tremare; il freddo, si disse, il freddo vento di Worlorn, ma sapeva bene che non era il freddo e più cercava di vincersi e più tremava, finché i Kavalari cominciarono a guardarlo in modo strano. E l’attesa continuava.

Alla fine i brividi scomparvero, dopo che aveva pensato al suicidio e dopo che era stato colto dal panico e su di lui si posò una specie di calma. Capi che stava ancora pensando, ma pensava a delle assurdità: speculazione inconcludente — come se avesse dovuto scommettere ai cavalli — quale delle due aerauto sarebbe ritornata a casa per prima, la manta grigia o il velivolo militare? E come si sarebbero comportati Jaan e Garse in un duello con Bretan il guercio. Che sarebbe successo ai bambini di gelatina nella distante città di Nerovino? Questi argomenti parevano terribilmente importanti, anche se Dirk non sapeva dire perché.

Poi cominciò ad osservare i suoi catturatori. Questo era il gioco più interessante di tutti e serviva a passare il tempo come e meglio di altre cose. Osservandoli, lui notò diverse cose.

I due Kavalari non avevano quasi parlato dopo averlo scortato fin sul tetto. Chell, quello alto, si era seduto sul basso muretto che circondava la terrazza, ad un metro da Dirk e quando Dirk cominciò ad osservarlo, vide che era un uomo davvero vecchio. La somiglianza con Lorimaar alto-Braith era molto ingannevole. Benché Chell vestisse e si muovesse come un uomo più giovane, era per lo meno vent’anni più vecchio di Lorimaar, giudicò Dirk. Visto da seduto i suoi anni gli gravavano pesantemente addosso. Si vedeva chiaramente la pancetta al di sotto del corpetto di maglia metallica e le rughe erano profondamente scavate nel suo viso sciupato e bruno, inoltre Dirk vide le vene azzurre e le macchie che gli coprivano le mani quando le posò sulle ginocchia. L’attesa lunga ed inconcludente dei Ferrogiada pesava anche su quell’uomo e non si trattava solo di noia. Pareva che avesse le guance incavate e le larghe spalle erano inconsciamente atteggiate in una posizione curva, di stanchezza.

Una volta si spostò, sospirando, tolse le mani dalle ginocchia, le unì tra di loro e si tirò le dita. Dirk riuscì a vedere i due braccialetti. Nel braccio destro aveva ferro-e-pietraluce, uguale a quello mostrato con tanto orgoglio dal guercio Bretan ed al braccio sinistro aveva solo argento. Non c’era la giada. Una volta ci doveva essere stata, ma ora le pietre erano state tolte dall’incastonatura ed il braccialetto era rimasto pieno di buchi.

Mentre il vecchio e malandato Chell — parve improvvisamente difficile per Dirk vederlo come una minacciosa figura marziale, come invece gli era apparso fino a pochi istanti prima — stava seduto ed aspettava che succedesse qualcosa, Bretan (o Bretan Braith, come egli stesso voleva essere chiamato) misurava le ore a grandi passi. Era pieno di energia inesauribile, peggio di chiunque altro conosciuto da Dirk, perfino di Jenny, che ai suoi tempi era stata una notevole camminatrice. Lui teneva le mani sprofondate nelle tasche del corto giubbotto bianco e camminava avanti e indietro attraverso la terrazza, avanti e indietro, avanti e indietro. Una volta ogni tre passaggi, più o meno, sollevava gli occhi impaziente, corrucciato con il cielo crepuscolare perché non aveva ancora ricondotto Jaan Vikary.

Formavano una strana coppia, decise Dirk osservandoli. Bretan Braith era giovanissimo e Chell era vecchio… Bretan non era sicuramente più vecchio di Garse Janacek e probabilmente era più giovane di Gwen, Jaan e lui stesso. Come era possibile che fosse diventato teyn di un Kavalar tanto più vecchio di lui? Comunque non era un alto, cioè non aveva dato delle betheyn ai Braith; il braccio sinistro era coperto da una fine peluria rossastra che scintillava ogni tanto quando veniva colpita dal sole e sul braccio non era posto alcun braccialetto di giada-e-argento.

Il suo viso, la sua strana mezza-faccia, era più brutta di qualsiasi altra cosa che Dirk avesse mai visto, ma quando il giorno sbiadì ed il falso crepuscolo diventò autentico, scoprì di essersi ormai abituato. Quando Bretan Braith camminava in una direzione, pareva assolutamente normale: un giovanotto teso come una corda, pieno di energia nervosa talmente raggruppata che quasi pareva che Bretan dovesse rompersi. Il suo volto da quel lato era privo di macchie e sereno; corti riccioli neri gli giravano attorno all’orecchio e capelli ondulati gli cadevano sulla spalla, ma non aveva il minimo accenno di barba. Anche il suo sopracciglio non era che una debole linea al di sopra di un occhio verde. Appariva quasi innocente.

Poi, voltandosi, dopo aver raggiunto il bordo della terrazza, ripeteva la stessa strada che aveva fatto all’andata e tutto cambiava. Il lato sinistro della sua faccia era inumano, un paesaggio di piani contorti e di angoli che nessuna faccia poteva avere. La pelle era stata ricucita in cinque o sei punti e altrove era lucida e unta come se fosse di smalto. Da questa parte, Bretan non aveva affatto capelli e nemmeno orecchie — solo un buco — e la parte sinistra del naso era solo un pezzettino di plastica del colore della pelle. La bocca era un taglio senza labbra, ma la cosa peggiore era che si muoveva. Aveva uno scatto, un tic grottesco, che gli prendeva all’angolo sinistro della bocca ad intervalli e si ripercuoteva sulla parte calva del cranio sui montarozzi della pelle cicatrizzata.

Durante il giorno l’occhio di pietraluce del Braith era come un pezzo di ossidiana scura. Ma man mano che scendeva la notte e tramontava Occhiodaverno, nell’orbita vuota i fuochi si agitavano. In piena notte sarebbe stato Bretan Occhiodaverno e non lo stanco sole supergigante di Worlorn; la pietraluce avrebbe bruciato di luce robusta, di rosso incontaminato e la mezza faccia che la circondava sarebbe diventata una nera parodia di cranio scheletrito, un posto adatto per un occhio di quel tipo.

La cosa sarebbe parsa ancora più impressionante se si pensava — come infatti pensò Dirk — che tutto questo doveva essere stato intenzionale. Bretan Braith non aveva nessuna ragione di mettere una pietraluce al posto dell’occhio; lo aveva fatto per delle ragioni sue e quelle ragioni non erano certo difficili da comprendere.

La mente di Dirk ritornò indietro alla prima parte del pomeriggio ed alla conversazione presso l’aerauto a forma di testa di lupo. Bretan era rapido e furbo, su questo non c’erano dubbi, ma Chell avrebbe anche potuto già trovarsi in un periodo di senilità. Era stato tremendamente lento ad afferrare il senso delle cose ed il suo giovane teyn lo aveva condotto per mano verso le sue conclusioni, per quanto si ricordava Dirk. Improvvisamente i due Braith gli parvero assai meno temibili e Dirk si chiese perché mai ne fosse stato, in un primo momento, così terribilmente spaventato. Erano quasi divertenti. Qualsiasi cosa avesse detto Jaan Vikary quando fosse tornato dalla Città nella Palude Senzastelle, certamente non sarebbe successo niente; certamente non avrebbero potuto fare niente di davvero dannoso questi due.

Come se avesse voluto sottolineare quel punto, Chell cominciò a borbottare, parlando tra sé e senza rendersene conto. Dirk lo guardò e cercò di sentire. Il vecchio tremolava un po’ mentre parlava, con gli occhi che fissavano il vuoto. Le sue parole non avevano nessun senso. Ci vollero parecchi minuti a Dirk per riuscire a pensare qualcosa, ma poi gli venne come un’ispirazione improvvisa e capì che Chell stava parlando in Antico Kavalar. Una lingua che si era sviluppata su Alto Kavalaan durante i lunghi secoli di Interregno, quando i Kavalari sopravissuti non avevano più nessun contatto con gli altri mondi umani. Era una lingua che in breve tempo venne a mescolarsi con il linguaggio standard della Terra che però risultò arricchito da parole che altrimenti non avrebbero avuto un equivalente. Garse Janacek gli aveva detto che quasi nessuno parlava più l’antico Kavalar eppure ecco che Chell, un anziano proveniente dalla più tradizionalista delle condizioni di granlega, borbottava delle cose che doveva senz’altro aver sentito in gioventù.

E poi c’era anche Bretan, che aveva schiaffeggiato Dirk sonoramente solo perché aveva usato una forma di indirizzo scorretto, una forma ammessa solo per i kethi. Un’altra abitudine in via di estinzione, gli aveva detto Garse; anche gli altolegati stavano diventando mollaccioni. Ma sicuramente non Bretan Braith, giovane e nemmeno alto, che rimaneva appiccicato alle tradizioni che uomini di generazioni più vecchie della sua avevano già scartate perché inopportune.

Dirk quasi lo compiangeva. Erano dei disadattati, decise, più sballati e più soli dello stesso Dirk, in un certo senso erano dei privi di patria, perché Alto Kavalaan si stava muovendo in avanti e non avrebbe potuto essere il loro mondo per molto altro tempo. Non era affatto strano che fossero venuti su Worlorn; essi appartenevano a qui. Essi stessi ed i loro modi stavano morendo.

Bretan, in particolare, era una figura pietosa, Bretan che cercava in tutti i modi di apparire terrificante. Era giovane, forse era l’ultimo dei veri credenti e poteva vivere fino a vedere il giorno in cui nessuno l’avrebbe pensata come lui. Era forse per questo che si era fatto teyn di Chell? Perché i suoi pari lo rifiutavano assieme alle sue idee da vecchio? Probabile, pensò Dirk, e ciò era triste e brutto.

C’era ancora un sole giallo che scintillava verso ovest. Il Mozzo si era trasformato in una vaga, rossa memoria sull’orizzonte e Dirk era immerso nei suoi pensieri, perfettamente controllati, al di là di ogni paura, quando udirono le macchine che si avvicinavano.

Bretan Braith si gelò e alzò lo sguardo. Tirò fuori le mani dalle tasche. Una mano si posò, quasi automaticamente, sulla fondina della sua pistola laser. Chell si alzò lentamente in piedi, sbattendo gli occhi, ed improvvisamente parve ringiovanito di dieci anni. Anche Dirk si alzò.

Arrivarono le macchine. Erano due e assieme, la macchina grigia e la macchina verdeoliva, in formazione quasi militare, fianco a fianco.

«Vieni qui», gracchiò Bretan e Dirk si avviò verso di lui. Chell si unì al gruppo e rimasero tutti e tre assieme, con Dirk al centro come un prigioniero. Il vento lo sferzava. Tutt’intorno le pietraluci della città di Larteyn erano radianti e sanguigne e l’occhio di Bretan — ora vicinissimo — brillava selvaggiamente nella sua incastonatura di cicatrici. Il tic si era arrestato, per qualche ragione; ora la faccia era calmissima.

Jaan Vikary fece scendere la manta grigia che galleggiò nell’aria molto lentamente, poi superò con un salto il bordo e si avvicinò a loro a lunghi passi. La macchina militare brutta ed angolosa, era ricoperta da un’armatura ed il pilota non era visibile. Anche questa macchina atterrò quasi simultaneamente. Si aprì una spessa porta di metallo su di un lato e ne emerse Garse Janacek, che spinse fuori per prima la testa per cercare di vedere che cosa fosse successo. Vide, si irrigidì e sbatté la porta con clangore risonante, poi venne a mettersi accanto a Vikary.

Vikary salutò per primo Dirk, con un breve cenno ed un sorriso vago. Poi guardò Chell. «Chell Nim Ventofreddo fre-Braith Daveson», disse formalmente. «Onore alla tua granlega, onore al tuo teyn».

«Anche a te», disse il vecchio Braith. «Il mio nuovo teyn mi protegge il fianco e tu non lo conosci ancora». Indicò Bretan.

Jaan si voltò e soppesò rapidamente il giovane sfregiato con gli occhi. «Io sono Jaan Vikary», disse, «dell’Unione Ferrogiada».

Bretan fece lo strano rumore, quel rumore così particolare. Cadde un silenzio impacciato.

«Più esattamente», disse Janacek, «il mio teyn è Jaantony Riv Lupo alto-Ferrogiada Vikary. Ed io sono Garse Ferrogiada Janacek».

A questo punto Bretan rispose. «Onore alla vostra granlega, onore al tuo teyn. Io sono Bretan Braith Lantry».

«Non ci sarei mai arrivato», disse Janacek con una leggera traccia di sorriso. «Avevamo sentito parlare di te».

Jaan Vikary gli gettò uno sguardo di ammonimento. C’era qualcosa che non andava sul viso di Jaan. In un primo momento Dirk pensò che fosse uno scherzo della luce — l’oscurità avanzava velocemente ormai — ma poi vide che la mascella di Vikary era un po’ gonfia da una parte ed il suo profilo aveva un aspetto leggermente più paffuto del solito.

«Siamo venuti da voi molto addolorati», disse Bretan Braith Lantry.

Vikary guardò Chell. «È così?».

«È così, Jaantony alto-Ferrogiada».

«Mi dispiace che si debba bisticciare», rispose Vikary. «Quale è il problema?».

«Dobbiamo farti una domanda», disse Bretan. Mise una mano sulla spalla di Dirk. «Questo, Jaantony alto-Ferrogiada. Dicci, è korariel di Ferrogiada o no?».

Adesso Garse Janacek sghignazzava apertamente ed i suoi occhi azzurri incontrarono quelli di Dirk. E gli occhi ridevano un po’ nei loro abissi gelati, come se dicessero: bene, bene, che cosa hai fatto adesso?

Jaan Vikary si limitò a corrugare la fronte. «Perché?».

«La tua verità è forse dipendente dalle nostre ragioni, altolegato?», chiese duramente Bretan. La sua guancia distrutta tremò violentemente.

Vikary guardò Dirk. Era chiaro che non era contento.

«Non hai nessun motivo per ritardare o negarci la risposta, Jaantony alto-Ferrogiada», disse Chell Daveson. «La verità può essere solo sì o no; non ci possono essere risposte diverse da queste». La voce del vecchio era assolutamente tranquilla; lui almeno non aveva da nascondere il nervosismo ed il suo codice di comportamento gli dettava tutte le parole che doveva dire.

«Una volta tu avresti avuto ragione, Chell fre-Braith», cominciò Vikary. «Nei vecchi giorni delle granleghe, la verità era una cosa semplice, ma questi sono tempi nuovi, pieni di cose nuove. Ormai siamo un popolo che appartiene a molti mondi, non più a uno solo, per cui le nostre verità sono più complesse».

«No», disse Chell. «Questo falsuomo è korariel, o questo falsuomo non è korariel. Non mi sembra complicato».

«Il mio teyn Chell parla bene», aggiunse Bretan. «La domanda che ti ho fatto mi pare abbastanza semplice, altolegato. Ora aspetto la tua risposta».

A Vikary non piaceva che gli facessero fretta. «Dirk t’Larien è un uomo che proviene dal lontano mondo di Avalon, al di là del Velo Tentatore, un mondo umano dove ho abitato anch’io un tempo ed ho studiato. Io lo avevo nominato korariel per dargli la mia protezione e la protezione dei Ferrogiada contro quelli che potrebbero volergli fare danno. Ma la mia è una protezione da amico, nello stesso modo in cui proteggerei un fratello a Ferrogiada, come un teyn protegge un teyn. Lui non è di mia proprietà, non reclamo su di lui nessuna potestà. Mi capisci?».

Chell non capiva. Il vecchio premette le labbra tra di loro, stirando i sottili baffetti spinosi e borbottò qualcosa in Antico Kavalar. Poi parlò ad alta voce. Per la verità fin troppo ad alta voce, quasi gridando. «Che cos’è questa corbelleria? Il tuo teyn è Garse Ferrogiada, non è questo straniero. Come fai a dire che è come un teyn? È un Ferrogiada? Non è nemmeno armato! Non so neppure se è davvero un uomo! Perché se lo fosse non potrebbe essere un korariel e se non lo è allora deve essere un korariel e tu ne devi reclamare la proprietà. Non mi paiono proprio sensate le tue parole falsuomine».

«Questo mi dispiace, Chell fre-Braith», disse Vikary, «ma sono le tue orecchie che non vanno bene, non sono le mie parole. Sto cercando di trattarti con onore, ma non mi rendi certo facili le cose».

«Tu mi vuoi fregare!», disse Chell con tono accusatore.

«No».

«Sì, invece».

Allora parlò Bretan Braith e la sua voce non aveva il timbro iroso di quella di Chell, ma era dura. «Dirk t’Larien, come lui dice di chiamarsi e come infatti tu lo chiami, ci ha fatto un torto. Questo è il centro della faccenda, Jaantony alto-Ferrogiada. Lui ha messo le mani su cose di proprietà di Braith senza che Braith gli avesse dato una sola parola di permesso. Ora, chi paga per questo? Se lui è un falsuomo ed un korariel vostro, allora io lancio subito, senza mezzi termini, la sfida. Ferrogiada ha fatto torto a Braith. Se lui non è korariel allora, be’…». Si fermò.

«Capisco», disse Jaan Vikary. «Dirk?».

«Per la verità, tutto ciò che ho fatto è consistito nel sedermi in quel maledetto coso per un paio di secondi», disse Dirk a disagio. «Stavo solo cercando un relitto, una macchina abbandonata che funzionasse ancora. Gwen ed io ne avevamo trovata una di quel tipo a Kryne Lamiya ed ho pensato che forse era possibile trovarne una anche qui».

Vikary alzò le spalle e fissò i due Braith. «Pare che il torto sia davvero minimo, ammesso che ci sia. Non è stato preso niente».

«La nostra macchina è stata toccata!», berciò il vecchio Chell. «Da lui, da un falsuomo; lui non aveva nessun diritto! Tu lo chiami un piccolo torto, questo? Avrebbe potuto volarsene via. Tu dici che io debbo tenere gli occhi chiusi come un falsuomo e dire che in fondo è stato fatto ben poco?». Si voltò verso il suo teyn Bretan. «I Ferrogiada ci vogliono fregare, ci hanno insultati», disse. «Può anche darsi che non siano dei veri uomini, ma che siano anche loro dei falsuomini. Sanno dire un sacco di parole da falsuomo».

Garse Janacek rispose immediatamente. «Io sono teyn di Jaantony Riv Lupo alto-Ferrogiada e posso testimoniare per lui. Non è un falsuomo». Disse le parole in fretta, come se fosse una formula di rito.

Dal modo in cui Janacek guardò Vikary, sembrò chiaro a Dirk che lui si aspettava che il suo teyn ripetesse le stesse parole. Invece Jaan scosse il capo e disse: «Ah, Chell. Non ci sono falsuomini». La sua voce pareva immensamente stanca e le larghe spalle si reclinarono.

Il Braith alto, e più vecchio dava l’impressione di essere stato colpito in faccia da Jaan. Borbottò di nuovo a voce bassa delle parole in antico Kavalar.

«Questa è una cosa che non può continuare», disse Bretan Braith. «Non concludiamo niente. Hai nominato quest’uomo korariel, Jaantony alto-Ferrogiada?».

«Si».

«Rifiuto quel nome», disse tranquillamente Dirk. Si sentiva praticamente costretto ed il momento pareva giusto. Bretan si volse a metà e lo fissò e l’occhio verde del Braith pareva anche più acceso di quello di pietraluce.

«Lui rifiuta solo l’idea di proprietà», disse rapidissimamente Vikary. «Il mio amico insisteva sul fatto della sua umanità, comunque è ancora sotto lo scudo della mia protezione».

Garse Janacek rise e scosse il capo. «No, Jaan. Tu non eri a casa stamattina. T’Larien non vuole essere protetto da nessuno di noi due. Lo ha detto lui».

Vikary lo guardò furibondo. «Garse! Non è il momento di scherzare».

«Io non scherzo», disse Janacek.

«È vero», ammise Dirk. «Ho detto che potevo badare a me stesso».

«Dirk, non sai ciò che dici!», disse Vikary.

«Tanto per cambiare, direi che lo so benissimo».

Bretan Braith Lantry emise lo strano rumore, molto forte ed improvviso, mentre Dirk e i due Ferrogiada stavano discutendo ed il suo teyn Chell se ne stava rigido e furibondo. «Silenzio», chiese la voce di cartavetrata e lo ottenne. «La cosa non ha nessuna importanza. Non cambia niente. Tu dici che lui è umano, Ferrogiada. Se è così, allora non può essere korariel e tu non lo puoi proteggere. Che lui lo voglia o no, tu non lo puoi proteggere. Il mio kethi controllerà che tu non lo faccia». Girò sui tacchi e si mise ben di fronte a Dirk. «Io ti sfido, Dirk t’Larien».

Rimasero tutti zitti. Larteyn fiammeggiava tutto attorno ed il vento era freddissimo. «Non era inteso nessun insulto», disse Dirk, ricordandosi le parole che i Ferrogiada avevano usato in altre occasioni. «Mi è permesso chiedere scusa, o cosa?». Offrì i palmi delle mani aperti e vuoti a Bretan Braith.

La faccia piena di cicatrici ebbe un sussulto. «L’insulto è stato ricevuto».

«Devi duellare con lui», disse Janacek.

I palmi delle mani di Dirk si abbassarono lentamente. Una volta giù si trasformarono in pugni. Non disse niente.

Jaan Vikary fissava per terra lugubremente, ma Janacek era sempre vivace. «Dirk t’Larien non sa niente delle abitudini duellesche», disse ai due Braith. «Su Avalon queste cose non sono in uso. Mi permette di dargli delle spiegazioni?».

Bretan Braith annuì, lo stesso movimento del capo e delle spalle curiosamente goffo che Dirk aveva già notato quel pomeriggio al garage. Chell non parve nemmeno aver sentito; il vecchio Braith continuava a fronteggiare Vikary, borbottando e fissandolo.

«Ci sono quattro scelte da fare, t’Larien», disse Janacek a Dirk. «Come sfidato, lei ha diritto alla prima scelta. Le consiglio di fare la scelta delle armi e di scegliere le lame».

«Lame», disse piano Dirk.

«Io farò la scelta del modo», gracchiò Bretan, «e scelgo il quadrato della morte».

Janacek annuì. «Lei ha anche la terza scelta t’Larien. Dato che non ha nessun teyn, la scelta dei numeri è d’obbligo. Deve essere singolo. Lei può dire così, oppure può scegliere il posto».

«Vecchia Terra?», disse Dirk speranzoso.

Janacek ghignò. «No. Solo questo mondo, temo. Le altre scelte non sono lecite».

Dirk si strinse nelle spalle. «Qui allora».

«Io faccio la scelta dei numeri», disse Bretan. Ormai era completamente buio, c’erano le poche stelle sparse dei mondi esterni che illuminavano il cielo nero. L’occhio del Braith fiammeggiava e la strana luce riflessa provocava uno scintillìo umido sulle sue cicatrici. «Io scelgo il singolo, come deve essere».

«Tutto sistemato», disse Janacek. «Voi due dovete mettervi d’accordo sull’arbitro e poi…».

Jaan Vikary alzò gli occhi. Il suo viso si vedeva appena ed era coperto d’ombra, illuminato solo dalla pallida luce delle pietre che si riflettevano, ma la mascella gonfia gli faceva uno strano profilo. «Chell», disse pianissimo, in tono deciso e tranquillo.

«Sì», rispose il vecchio Braith.

«Tu sei uno sciocco se credi nei falsuomini», gli disse Vikary. «Tutti voi che credete siete degli sciocchi».

Dirk fronteggiava ancora Bretan Braith quando Vikary parlò. La faccia devastata ebbe un guizzo, una, due, tre volte.

La voce di Chell pareva quella di un uomo in trance. «L’insulto è stato ricevuto, Jaantony alto-Ferrogiada, falso Kavalar, falsuomo. Io ti lancio la sfida».

Bretan si voltò di scatto e cercò di gridare. La sua voce non era in grado e riuscì solo a sputacchiare e a tossicchiare. «Tu… provocatore di duelli! Ferrogiada… io…».

«È una cosa nell’ambito del codice», replicò Vikary quasi cordialmente. «Comunque forse, se Bretan Braith potesse passar sopra alla piccola colpa di uno straniero ignorante, allora mi potrei trovare particolarmente propenso a chiedere scusa a Chell fre-Braith».

«No», disse Janacek cupo. «Non è onorevole perdonare».

«No», fece eco Bretan. Ormai il suo viso era un semplice teschio. Il suo occhio gioiello scintillava e la sua guancia era tormentata dalla rabbia. «Io mi sono piegato quanto più potevo per te, falso Kavalar. Non mi farò beffe di tutta la saggezza della mia granlega. Il mio leyn aveva molta più ragione di me. Per la verità avevo torto marcio a cercare di evitare il duello con te, bugiardo. Falsuomo, È una cosa vergognosa. Ma adesso sono tranquillo. Vi ucciderò, Chell ed io, vi uccideremo tutti e tre».

«Può darsi che sia vero», disse Viltary. «Lo faremo subito, così vedremo».

«Ed anche la tua betheyn-vacca», disse Bretan. Non riusciva a gridare; la voce gli si ruppe quando ci provò. Sicché parlò piano come sempre, la gola gli grattava e non riuscì ad alzare il tono. «Quando avremo finito con voi, sveglieremo i nostri cani e daremo la caccia a lei ed al suo grasso Kimdissi in tutte le foreste che loro conoscono così bene».

Jaan Vikary lo ignorò. «Io sono lo sfidante», disse a Chell fre-Braith. «La prima delle quattro scelte è mia. Farò la scelta dei numeri. Combatteremo teynati».

«Io faccio la scelta delle armi», rispose Chell. «Scelgo le pistole».

«Faccio la scelta del modo», disse Vikary. «Scelgo il quadrante della morte».

«Per ultima la scelta del posto», disse Chell. «Qui, allora».

«L’arbitro segnerà col gesso un solo quadrato», disse Janacek. Dei cinque uomini che erano sulla terrazza, lui era l’unico a sorridere. «Comunque abbiamo bisogno di un arbitro. Lo stesso per entrambi i duelli?».

«Un uomo basterà», disse Chell. «Suggerisco Lorimaar alto-Braith».

«No», disse Janacek. «È venuto da noi piuttosto arrabbiato soltanto ieri. Kirak Rossacciaio Cavis».

«No», disse Bretan. «Scrive delle belle poesie, ma non vado troppo d’accordo con le idee di Kirak Rossacciaio».

«Ci sono due della Fortezza di Scianagate», disse Janacek. «Non sono sicuro di come si chiamano».

«Preferiremmo un Braith», disse Bretan facendo scattare la bocca. «Un Braith arbitrerebbe bene, dando la giusta importanza al codice duellesco».

Janacek fissò Vikary; Vikary si strinse nelle spalle. «D’accordo», disse Janacek, mettendosi di nuovo di fronte a Bretan. «Un Braith allora. Pyr Braith Oryan».

«Pyr Braith no», disse Bretan.

«Non siete facili da accontentare», disse seccamente Janacek. «Si tratta di uno dei vostri kethi».

«C’è dell’attrito con Pyr Braith», disse Bretan.

«Un altolegato sarebbe una scelta migliore», disse il vecchio Chell. «Un uomo di buona statura e di nota saggezza. Roseph Lant Banscea alto-Braith Kelcek».

Janacek si strinse nelle spalle. «D’accordo».

«Chiamerò lui», disse Chell. Gli altri annuirono.

«Domani allora», disse Janacek.

«Tutto a posto», disse Chell.

E mentre Dirk se ne stava in piedi ad osservarli, sentendosi perduto e fuori posto, i quattro Kavalari si salutarono. E stranamente, prima di separarsi, ognuno di loro baciò leggermente i suoi due nemici sulle labbra.

E Bretan Braith Lantry, dal viso devastato e con un occhio solo… Bretan Braith Lantry baciò Dirk.

Quando i Braith se ne furono andati, gli altri scesero da basso. Vikary aprì la porta dell’appartamento ed accese le luci. Poi, in un silenzio metodico, cominciò ad accendere il fuoco nel grande focolare posto sotto la cappa, con ceppi di contorto legno nero posti in un ripostiglio nascosto accanto alla parete. Dirk si sedette al fondo del divano con la fronte corrucciata. Garse Janacek si sedette dall’altra parte con un vago sorriso sulle labbra, tirandosi distrattamente i capelli e la barba rosso-arancione. Nessuno parlò.

Il fuoco prese a crepitare, lingue di fiamme arancioni con la punta azzurra che lambivano i ceppi e Dirk sentì improvvisamente il calore sul viso e sulle mani. Un profumo simile a cannella riempì la stanza. Vikary si alzò in piedi e uscì.

Ritornò con tre bicchieri, bicchieri da cognac neri come l’ossidiana. Portava una bottiglia sotto il braccio. Diede un bicchiere a Dirk ed uno a Garse, mise il terzo sul tavolo e tirò via il tappo della bottiglia con i denti. Il vino che c’era dentro era di colore rosso cupo ed estremamente pungente. Vikary riempì tutti e tre i bicchieri fino all’orlo e Dirk fece passare il suo sotto le nari. I vapori bruciavano, ma lo trovò stranamente piacevole.

«Allora», disse Vikary, prima che uno di loro avesse assaggiato il vino. Aveva messo giù la bottiglia ed aveva alzato il bicchiere. «Adesso devo chiedere qualcosa di molto difficile per tutti e due. Devo chiedere a tutti e due di superare i confini della nostra piccola cultura per una volta ed essere qualcosa che non siete mai stati prima, qualcosa che vi parrà strano. Garse, io ti chiedo — per il bene di tutti noi — di essere amico di Dirk t’Larien. Non c’è una parola che esprìma questo concetto in antico Kavalar, lo so. Non c’è bisogno di una cosa del genere su Alto Kavalaan, dove un uomo ha la sua granlega ed i suoi kethi e quasi tutti hanno il loro teyn. Ma noi ci troviamo tutti su Worlorn e domani duelleremo. Magari non duelleremo tutti assieme, comunque abbiamo dei nemici comuni. Per cui ti chiedo, come mio teyn, di prendere il nome ed i nomi-vincoli di amico con t’Larien».

«Mi chiedi molto», rispose Janacek, tenendo sollevato il vino di fronte al viso ed osservando le fiamme che danzavano nel bicchiere nero. «T’Larien ci ha spiati, ha tentato di rubare la mia cro-betheyn ed il tuo nome e adesso ci ha coinvolti nelle sue beghe con Bretan Braith. Sarei quasi tentato di lanciargli una sfida per tutto ciò che ha fatto. E tu, il mio teyn, mi chiedi di prendere il vincolo di amico, invece».

«Proprio», disse Vikary.

Janacek guardò Dirk, poi assaggiò il vino. «Tu sei il mio teyn», disse. «Faccio quello che vuoi tu. Quali sono ì miei doveri in nome dell’amicizia?».

«Trattare un amico come se fosse un keth», disse Vikary. Si voltò leggermente verso Dirk. «E tu, t’Larien, tu sei stato la causa di guai molto gravi, ma non so fino a che punto sia colpa tua, né se devi pagare personalmente. Anche a te chiedo qualcosa. Essere confratello di Garse Ferrogiada Janacek per un po’ di tempo».

Dirk non poté rispondere; Janacek lo batté sul tempo. «Tu non puoi fare questo. Chi è lui, questo t’Larien? Come puoi considerarlo degno, farlo entrare nel Ferrogiada? Sarà falso, Jaan. Non manterrà i vincoli, non difenderà la coalizione, non tornerà con noi all’Unione. Te lo dico io».

«Se lui accetta, penso che manterrà i legami per un po’», disse Vikary.

«Per un po’? I kethi sono legati per sempre!».

«Allora questa sarà una cosa nuova, un nuovo tipo di keth, un amico per poco tempo».

«Sarà più di nuovo», disse Janacek. «Non te lo permetterò».

«Garse», disse Jaan Vikary. «Dirk t’Larien adesso è tuo amico. O lo hai già dimenticato? Faresti male a cercare di ostacolare la mia offerta. Rompi i legami che hai accettato. Non ti comporti come un keth».

«Non dovresti invitare un keth ad essere un keth», brontolò Janacek. «Dovrebbe già esserlo, perciò tutta la faccenda non ha nessun senso. Egli è al di fuori dei vincoli. Il consiglio degli altolegati ti rimbrotterà Jaan. È una cosa chiaramente sbagliata».

«Il consiglio degli altolegati è insediato su Alto Kavalaan e qui siamo su Worlorn», disse Vikary. «Ci sei solo tu qui a parlare per Ferrogiada. Vuoi urtare i sentimenti del tuo amico?».

Janacek non rispose.

Vikary si rivolse di nuovo a Dirk. «Allora, t’Larien?».

«Non so», disse Dirk. «Credo di sapere che cosa significhi essere un fratello di granlega ed immagino di apprezzare l’onore, o quel che è. Ma ci sono un sacco di cose che attraversano le nostre strade, Jaan».

«Parli di Gwen?», disse Vikary. «Lei è davvero tra di noi. Ma, vedi Dirk, io ti sto chiedendo di essere un tipo di fratello di granlega davvero nuovo e specialissimo. Solo per il periodo in cui resteremo su Worlorn e poi, solo nei confronti di Garse, non nei miei confronti o nei confronti di un qualsiasi altro Ferrogiada. Mi capisci?».

«Sì. Così è più facile». Fissò Janacek. «Comunque ho avuto dei problemi anche con Garse. È stato lui che ha cercato di trasformarmi in proprietà privata, ed anche adesso non è che abbia esattamente cercato di tirarmi fuori da questo duello».

«Io dico solo la verità», disse Janacek, ma Vikary gli fece segno di stare zitto.

«Queste sono cose che potrei anche perdonare, direi», affermò Dirk. «Ma non l’affare di Gwen».

«La faccenda sarà risolta da me, da te e da Gwen Delvano», disse Vikary con calma. «Garse non c’entra niente, checché ne dica lui».

«Ma si tratta della mia cro-betheyn», si lagnò Garse. «Ho diritto di parlarne e di comportami di conseguenza. Ha dei doveri».

«Io parlavo dell’altra sera», disse Dirk. «Mi ero fermato vicino alla porta ed ho sentito. Janaceck l’ha picchiata e da quel momento tutti e due l’avete tenuta lontana da me».

Vikary sorrise. «Lui l’ha picchiata?».

Dirk annuì. «L’ho sentito io».

«Tu hai sentito la discussione ed un pugno, questo è sicuro», disse Vikary. Si accarezzò la mascella gonfia. «Come pensi che mi sia fatto questo.

Dirk lo fissò e si sentì improvvisamente ottuso. «Ma… ma io pensavo che… non lo so. I bambini di gelatina…».

«È stato Garse a colpirmi e non ha colpito Gwen», disse Vikary.

«Lo farei ancora», aggiunse Janacek con tono arcigno.

«Ma», disse Dirk, «ma allora, che cosa sta succedendo? L’altra sera? E stamattina?».

Janacek si alzò e si avvicinò a Dirk in fondo al divano e lo fissò dall’alto in basso. «Amico Dirk», disse con tono leggermente avvelenato, «stamattina ti ho detto la verità. Gwen era uscita assieme ad Arkin Ruark, per andare a lavorare. Il Kimdissi continuava a cercarla fin da ieri. Non stava più nella pelle. La storia che ha raccontato a me riguardava una colonna di scarabei corazzati che aveva iniziato la migrazione, certamente per il fatto che il freddo si avvicina. Si dice che una cosa del genere succeda assai raramente anche su Eshellin. Su Worlorn, naturalmente, un simile avvenimento è addirittura unico e non è possibile simularlo un’altra volta, così, secondo Ruark, bisognava uscire subito a studiarlo. Hai capito, adesso, mio caro amico Dirk t’Larien?».

«Ah», disse Dirk. «Avrebbe dovuto dirmi qualcosa».

Janacek ritornò al suo posto con il lungo viso affilato atteggiato ad una smorfia imbronciata. «Il mio amico dice che sono un bugiardo», disse.

«Garse dice la verità», intervenne Vikary. «Gwen ha detto che avrebbe lasciato due parole per te, un biglietto o una registrazione. Può darsi che se ne sia dimenticata perché era tutta eccitata per la partenza. Sono cose che capitano. È una brava ragazza che tiene molto al suo lavoro, Dirk. È una brava ecologa».

Dirk guardò Garse Janacek. «Andiamo», disse. «Stamattina mi aveva detto che avrebbe fatto di tutto per tenermi lontano da lei. Lo ha ammesso».

Anche Vikary appariva perplesso. «Garse?».

«Vero», ammise Janacek malvolentieri. «È venuto qui ed insisteva, insisteva, voleva entrare a tutti i costi nascondendosi dietro delle bugie trasparenti. C’è di più, voleva assolutamente credere che Gwen fosse tenuta prigioniera dai cattivi Ferrogiada. Dubito che avrebbe creduto a qualsiasi altra cosa». Sorseggiò attentamente il vino.

«Questo», disse Jaan Vikary, «non è stato un comportamento saggio, Garse».

«Falso ricevuto, falso ritornato», disse Janacek ed aveva un tono tronfio.

«Non ti comporti da buon amico».

«Da questo momento sarò migliore», disse Janacek.

«Ciò mi fa piacere», disse Vikary. «Allora, t’Larien, vuoi essere keth di Garse?».

Dirk ci pensò per un bel po’. «Penso di sì», disse alla fine.

«Beviamo allora», disse Vikary. I tre uomini sollevarono assieme i bicchieri — quello di Janacek era già scolato per metà — ed il vino aveva un sapore caldo e leggermente amaro sulla lingua di Dirk. Non era il miglior vino che avesse assaggiato. Ma era abbastanza buono.

Janacek finì il bicchiere e si alzò. «Dobbiamo parlare dei duelli».

«Sì», disse Vikary. «È stata una brutta giornata. Nessuno di noi si è comportato per il meglio».

Janacek si appoggiò alla cappa sotto ad una delle lubriche cariatidi. «Quello che si è comportato peggio sei stato tu Jaan. Non fraintendermi, non ho paura di duellare con Bretan Braith e Chell Mani-Vuote, ma non ce n’era bisogno. Li hai provocati apposta. Il Braith non poteva far altro che lanciarti la sfida dopo quello che avevi detto, altrimenti il suo teyn gli avrebbe sputato in faccia».

«Non è andata come speravo», disse Vikary. «Pensavo che forse Bretan avrebbe potuto aver paura di noi, che avrebbe rinunciato al suo duello con t’Larien per poterci evitare. Non lo ha fatto».

«No», disse Janacek, «non lo ha fatto. Te lo avrei potuto dire anch’io, se tu me lo avessi chiesto. Lo hai sospinto troppo in là, andando pericolosamente vicino ad un duello».

«Era nell’ambito del codice».

«Può darsi. Comunque Bretan si è comportato correttamente; sarebbe stato una grande vergogna per lui se avesse ignorato l’uscita di t’Larien perché aveva paura di te».

«No», disse Vikary. «Ecco dove tu e la gente come te sbagliate. Non c’è nessuna vergogna ad evitare un duello. Se mai riusciremo a raggiungere una grande tradizione, queste sono cose che dovremo imparare. Comunque, in un certo senso, tu hai ragione… Considerando chi è lui e che cosa è, non poteva dare nessun’altra risposta. Ho sbagliato a giudicarlo».

«Uno sbaglio molto serio», disse Janacek. Un ghigno gli divise in due la barba rossa. «Sarebbe stato meglio far fare il duello solo a t’Larien. Gli avevo consigliato di combattere con le lame, non è vero? Il Braith non l’avrebbe ucciso per un’offesa tanto insignificante. Per un uomo come Dirk, eh, non ci sarebbe stato nessun onore ad ucciderlo. Un colpo solo, avrei detto. Un taglietto avrebbe tenuto buono t’Larien. Una lezione per lui, per insegnargli a non sbagliare più. Avrebbe dato un certo carattere al suo viso, un taglietto». Guardò Dirk. «Adesso, naturalmente, Bretan Braith ti ucciderà»

Stava ancora ridendo e fece il commento finale come se dicesse una cosa senza importanza. Dirk si sforzò di non farsi andare il vino per traverso. «Che?».

Janacek si strinse nelle spalle. «Dato che sei stato il primo ad essere sfidato, dovrai duellare per primo, sicché non potrai sperare che Jaan ed io li uccidiamo prima che possano acchiapparti. Bretan Braith Lantry è ben conosciuto per la sua abilità nei duelli, e per la sua ottima mira. Davvero, è notorio. Immagino che fosse qui per cacciare falsuomini con Chell, ma per la verità non è un cacciatore. Si sente molto più a suo agio nel quadrato della morte che nella foresta, se è vero tutto ciò che ho sentito dire di lui. Anche i suoi kethi lo considerano un tipo difficile. Oltre ad essere brutto, si è preso per teyn Chell fre-Braith. Un tempo Chell era un altolegato di grande potenza ed onore. È sopravvissuto alla sua betheyn ed al suo primo teyn. Al giorno d’oggi non è altro che un fifone superstizioso con poco cervello ed una straordinaria ricchezza. Le chiacchiere della granlega dicono che è proprio per la ricchezza che Bretan Braith porta il ferro-e-fuoco di Chell. Naturalmente nessuno lo dice apertamente a Bretan. Dicono che sia molto suscettibile. E adesso Jaan lo ha anche fatto arrabbiare e può darsi che sia un po’ spaventato. Non avrà nessuna pietà per te. Spero che tu riesca a tagliuzzarlo un pochino prima di morire. Questo ci faciliterebbe le cose nel duello successivo».

Dirk si ricordò della sicurezza che aveva provato quando si trovava sulla terrazza; si era sentito assolutamente sicuro che nessuno dei due Braith rappresentasse un vero pericolo. Lui li capiva; si sentiva addirittura dispiaciuto per loro. Adesso cominciava a dolersi per se stesso. «È vero quel che dice?», chiese a Vikary.

«Garse scherza ed esagera», disse Vikary, «comunque sei in pericolo. Indubbiamente Bretan cercherà di ucciderti, se gliene dai la possibilità. Il che non deve succedere. Le regole per il tuo duello e per le tue armi sono molto semplici. L’arbitro traccerà un quadrato con il gesso sulla strada, cinque metri per cinque e tu e il tuo nemico partirete da angoli opposti. Quando lo dirà l’arbitro, ognuno di voi avanzerà con la spada verso il centro. Quando arriverete a contatto, combatterete. Per seguire le regole dell’onore, tu dovrai accusare un colpo e darne uno. Ti consiglio di mirare ai piedi o alle gambe, perché questo indicherà chiaramente che tu non intendi fare un duello mortale. Poi, dopo che hai parato il suo primo colpo — devi cercare di defletterlo con la spada, se ci riesci — allora puoi camminare verso il perimetro del quadrato. Non correre. Non c’è onore nel correre; in questo caso l’arbitro non esiterà a decretare una vittoria mortale per Bretan e allora i Braith ti uccideranno. Devi camminare, con calma. Se arrivi fino alla linea perimetrale e passi dall’altra parte, allora sei salvo».

«Per raggiungere la salvezza devi però arrivarci alla linea perimetrale», disse Janacek. «Bretan ti ucciderà prima».

«Se io dò il mio colpo e ne ricevo uno, poi posso buttar via la spada e andarmene?», chiese Dirk.

«Se fai una cosa del genere Bretan ti ucciderà con chiara espressione perplessa sulla faccia, o ciò che ne rimane», disse Janacek.

«Io non farei una cosa del genere», gli consigliò Vikary.

«I suggerimenti di Jaan sono una follia», disse Janacek. Ritornò lentamente verso il divano, recuperò il bicchiere e si versò dell’altro vino. «Devi tenere la spada in mano e combatterlo. Sta attento, l’uomo è cieco da un occhio. Certamente da quella parte è vulnerabile! Hai visto come fa a muovere la testa in quel modo sgraziato?».

Il bicchiere di Dirk era vuoto. Lo sollevò e Janacek gli versò dell’altro vino. «E voi come duellerete con loro?», chiese Dirk.

«Le regole per il nostro duello e per le nostre armi sono diverse dalle tue», disse Vikary. «Ci metteremo tutti e quattro ai quattro angoli del quadrato, per metterci in salvo. E non potremo farlo almeno fino a che ogni persona all’interno del quadrato non ha tirato il suo colpo. Fatto questo, potremo scegliere. Quelli che rimangono in piedi, ammesso che ci sia qualcuno, possono continuare a sparare. Può essere un sistema innocuo, oppure mortale, a seconda della volontà di quelli che partecipano».

«Domani», promise Janacek, «sarà mortale». Bevve di nuovo.

«Spererei diversamente», disse Vikary con un vigoroso movimento del capo, «ma temo che tu abbia ragione. I Braith sono troppo pieni di rabbia verso di noi per sparare in aria».

«Proprio così», disse Janacek con un leggero sorriso. «Hanno preso l’insulto davvero male. Per lo meno, Chell Mani-Vuote non perdonerà».

«Ma voi non potete sparare per ferire?», suggerì Dirk. «Per disarmarlo?». Le parole gli vennero spontanee, ma gli parve strano sentirselo dire. La situazione era assolutamente al di fuori della sua esperienza, eppure la stava già accettando, si sentiva stranamente bene con i due Kavalari, con il loro vino ed il loro tranquillo discorrere di morte e di mutilazioni. Forse voleva dire qualcosa essere diventato un kethi; forse era per questo che svaniva l’insicurezza. Dirk sapeva soltanto che si sentiva in pace e a casa.

Vikary pareva turbato. «Ferirli? Lo vorrei anch’io, ma non si può. I cacciatori adesso ci temono. Risparmiano i korariel di Ferrogiada perché hanno paura di noi. Noi salviamo delle vite umane. Ma questo non sarebbe più possibile se domani fossimo troppo indulgenti con i Braith. Gli altri non rinuncerebbero troppo facilmente a cacciare se pensassero che il massimo che rischierebbero fosse una feritina. No, purtroppo penso che dovremo uccidere Chell e Bretan se ci sarà possibile».

«Ci sarà possibile», disse Janacek fiducioso. «E poi, amico t’Larien, non è né facile, né saggio ferire un nemico in duello, anche se ti può parere strano. Disarmarlo noi, be’, ci prendi in giro. È una cosa virtualmente impossibile. Si combatte con laser da duello, amico, non con armi da guerra. Sono armi che sparano impulsi di mezzo secondo ed hanno bisogno di un intero ciclo di quindici secondi per ricaricarsi. Capisci? Un uomo che spara affrettatamente, o mira a bersagli inutilmente difficili, uno che spari per disarmare… è un uomo morto. Si può sbagliare anche a cinque metri e il tuo nemico ti farà secco prima che il tuo laser sia pronto per il secondo colpo».

«È una cosa impossibile?», disse Dirk.

«C’è un sacco di gente che rimane solo ferita in duello», gli disse Vikary. «Per la verità più di quelli che restano uccisi. Comunque, nella maggior parte dei casi, questo non era il risultato desiderato. A volte sì. Quando un uomo spara in aria ed il suo nemico decide di punirlo, allora è il caso che vengano inflitte terribili cicatrici. Ma questo non succede spesso».

«Potremmo ferire Chell», disse Janacek. «È vecchio e lento, non riuscirà a raggiungere la sua arma velocemente con la mano. Ma Bretan Braith è un altro paio di maniche. Si dice che abbia già ucciso più di mezza dozzina di persone».

«A quello ci penso io», disse Vikary. «Tu vedi di fare attenzione che il laser di Chell non spari, Garse, sarà sufficiente questo».

«Forse». Janacek guardò Dirk. «Se riuscissi a tagliuzzare un pochino Bretan, t’Larien, al braccio o sulla mano, o sulla spalla… dagli solo un taglio, che gli faccia male, che lo rallenti un po’. La cosa sarebbe ben diversa». Ghignò.

Anche se non lo voleva, Dirk scoprì che gli stava restituendo il sorriso. «Ci posso provare», disse, «ma ricordati, io so maledettamente poco di duelli e ancor meno delle spade e la mia prima preoccupazione sarà quella di restare vivo».

«Non vaneggiare l’impossibile», disse Janacek, sempre sorridendo. «Cerca solo di fare il più gran danno ppssibile».

Si apri la porta. Dirk si voltò ed alzò gli occhi. Janacek si azzittì. Sulla porta era apparsa Gwen Delvano, con il viso e gli abiti striati di polvere. Fissò incerta una faccia dopo l’altra, poi entrò lentamente nella stanza. Aveva un pacco di sensori sulla spalla. Arkin Ruark la seguiva, portando due pesanti casse di strumenti sotto le braccia. Era sudato ed ansante, indossava pesanti braghe verdi, un giubbotto ed un cappuccio e sembrava assai meno frivolo del solito.

Gwen abbassò lentamente il pacco di sensori a terra, ma lo tenne stretto per la cinghia. «Danni?», disse. «Di cosa parlate? Chi è che deve fare dei danni e a chi?».

«Gwen», cominciò Dirk.

«No», lo interruppe Janacek. Stava in piedi assai rigido. «Il Kimdissi se ne deve andare».

Ruark si guardò attorno, con la faccia bianca, perplesso. Tirò indietro il cappuccio e cominciò ad asciugarsi la fronte sotto i capelli biondi e bianchi. «Che immane sciocchezza, Garsey», disse. «Che cos’è un grande segreto Kavalar, eh? Una guerra, una caccia, un duello, una qualche violenza, sì? Ah, non mi piace indagare su queste cose, no, non fanno per me. Allora vi lascio soli, sì, statemi bene». Si voltò e si avviò verso la porta.

«Ruark», disse Jaan Vikary. «Aspetta».

Il Kimdissi si fermò.

Vikary si mise di fronte al suo teyn. «Bisogna dirlo anche a lui. Se fallissimo…».

«Non falliremo!».

«Se fallissimo, hanno promesso di cacciare anche loro. Garse, è coinvolto anche il Kimdissi. Bisogna dirglielo».

«Tu sai ciò che capiterà. Su Tober, su Lupania, su Eshellin, attraverso tutto il Margine. Lui e quelli della sua razza spargeranno bugie e tutti i Kavalari saranno dei Braith. È così che lavorano i maneggioni, i falsuomini». La voce di Janacek non aveva l’umorismo selvaggio con cui aveva punzecchiato Dirk; era una voce fredda e seria adesso.

«La sua vita è in pericolo adesso ed anche quella di Gwen», disse Vikary. «Bisogna dirglielo».

«Tutto?».

«La sciarada è finita», disse Vikary.

Ruark e Gwen parlarono contemporaneamente.

«Jaan, che cosa…», cominciò lei.

«Sciarada, vita, caccia, ma cosa diavolo succede? Parlate!».

Jaan Vikary si voltò e glielo disse.

Загрузка...