L’italiano degli intellettuali di sinistra

È una neolingua perfida e maligna, il cui scopo non è quello di comunicare, ma di mettere a disagio gli sportivi, gli operai, i contadini, le casalinghe, le prostitute, i travestiti, i sacerdoti, le veline, i conduttori televisivi e i leghisti.

Fra i membri di questa “élite” che d’estate si trasferiscono abitualmente a Capalbio in recinti speciali è in atto una guerra sorda e feroce, non dichiarata. Questi animali sono sempre a caccia di parole nuove e le ore migliori per catturarle sono quelle insonni della notte. Le memorizzano con tenacia furibonda e al mattino, alla prima uscita, vestiti di lino bianco e con “Il manifesto” sotto il braccio, al bar Le Mura cercano subito di ferire gli indigeni che leggono a stento “Il Telegrafo” di Piombino.

Ma il terreno preferito di questi malati di mente è quello dei talk show televisivi della notte, dove non si degnano di comunicare al “pubblico stupido e ignorante” della televisione, ma vogliono mangiare vivi i compagni di malattia presenti in studio, e riconoscibili facilmente per l’ abbigliamento e l’ odore.

Il conduttore, quando arrivano questi forsennati, potrebbe limitarsi a domandare: “Buongiorno, lei oggi ha delle parole nuove? Me le dica subito e la facciamo finita”; poi dovrebbe rivolgersi a un altro malato: “E lei, con quali parole si presenta oggi?”, e quello velocissimo: “Massimalismo, minimalismo, giustificazionismo, giustizialismo”. E il conduttore all’ altro: “Lei le conosce?”. “Sì, tutte, perfettamente! E le uso da venti giorni.” Il conduttore: “Meno male! Allora siamo pari. Ci rivediamo la prossima settimana per le parole nuove!”.

All’ inizio degli anni Ottanta, quando questa malattia ha cominciato a diffondersi, a Roma alle tre di un pomeriggio due massaie sono “cadute” per ignoti motivi in un teatro, dove c’era un raduno di questi psicopatici.

Si alza il conferenziere: «La commedia isterica annuncia inconvertibilità e, pertanto, la non metamorfosi del padre nel genitore. Ecco un crocicchio. Ecco l’ occasione per il triviale. Il parricidio resta irrappresentabile: l’ Altro non partecipa al sapere e interviene nell’ intervallo dove si situa la verità…». Un malato lo interrompe e si alza, perché si è accorto della presenza delle due massaie: «Perché siete qui?»; una delle povere donne: «Ce dovete scusà, volemo imparà quarcosa».

«Mi ripeta, allora, con parole sue, quello che ha detto il collega.»

Una scoppia in singhiozzi, l’ altra tiene la testa bassa. Risate, tutti applaudono, perché quello è il loro obiettivo.

Questi malati sono inferociti, non hanno avuto fortuna nella vita, allora fingono di essere superiori a ogni tipo di potere, di ricchezza e di successo. Si sono così rifugiati in una categoria dove tutti sanno di essere falliti, ma sperano di sembrare animali speciali. Non si degnano di frequentare la gente normale e, soprattutto, quelli di successo e pieni di soldi, che considerano “volgari”. Così sono condannati a radunarsi ogni sabato sera nelle loro tane abituali.

Eccovi uno spezzone di conversazione di queste serate. Sono sempre molto aggressivi. La serata comincia abitualmente con i soliti bacetti alle pericolosissime femministe presenti, che sorridono, sembrano felici di vedersi “tra di loro”. Trovano la cucina araba straordinaria. Alla fine, mentre tutti si siedono nel salottino, una femminista anoressica va a vomitare in cesso. Ora sono tutti schierati. C’è un momento di silenzio imbarazzante, poi finalmente uno attacca: «Il primo segno di questo atteggiamento di sottomissione al reale è quello di riconoscere una funzione di relazione sociale, senza modo di escludere il più comune degli accessi: la testimonianza dello stesso soggetto del fenomeno».

Parte l’ anoressica, che si alza in piedi: «Che cazzo dici!? Bisogna comprendere che questa scelta rende una testimonianza. Se si vuole riconoscere una realtà alle reazioni psichiche non bisogna cominciare con lo scegliere, ma bisogna cominciare col non scegliere…».

Il più anziano, che sembrava dormicchiasse: «Mi fate ridere, voi volete chiamare esperienza analitica una legge di non omissione, perché tutto ciò che si comprende da sé è incompleto, come la legge di non sistemazione, che pone l’ incoerenza come condizione dell’ esperienza!».

Entra senza bussare la cameriera filippina: «I signori chiede besogno de aiuto?».

Il padrone di casa: «Che cazzo vuoi, cretina!?».

«Desculpame, credevo che cuscus ha fatto strano effetto a ospiti.»

«Mavaffanculo, scema! Chi è iscritto a parlare ora?»

Si alza una femminista di quarantadue anni, ancora vergine: «Anche la Gestalttheorie non dà mai accesso alla casualità psichica…».

«Ma che cazzo dici!? La fenomenologia fa parte del problema… Guarda che tutti i miraggi che vanno dai giochi sessuali alle ambiguità morali…»

Il vecchio, quasi dormiente, con gli occhi chiusi: «Voi donne siete dei contenitori di sperma, perché è in funzione di questo ritardo che la masturbazione assume il suo valore di riconoscimento…».

Rientra la filippina con un guardiano notturno: «Me dovete scusà, ma li vicini de casa m’hanno chiamato, pecche j’è venuta la paura che a quarcuno j’è partita ‘a brocca».

Tutti ridono felici. E il metronotte: «Allora me ne vado tranquillo».

L’anoressica va a vomitare, lascia la porta aperta e urla: «Solo l’ analisi la mobilizza! Ma sempre in un transfert che non può essere contenuto dalla frustrazio…»; il dormiente tira una scarpa verso la porta del cesso: «Mavaffanculo, scema! Parla come mangi».

E la serata finisce qui.

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