L’italiano abituale

L’italiano parlato è ormai una lingua “volgare” come lo era quella di Dante confrontata con il latino, la lingua degli intellettuali di allora e della Chiesa.

Ecco una conversazione in un locale di ricchi commercianti di Cuneo ai giorni nostri. Siamo in un’osteria del centro, usata come ristorante alla moda. Sono le 19.30 di un sabato sera, il locale è vuoto. Il padrone, con grembiule bianco e gilet nero, è in maniche di camicia. Guarda l’ orologio, sorride, e apre la porta.

Entrano una cinquantina di persone, sono tutti in giacca e cravatta, sorridenti, mani sudate e aliti micidiali.

Fingono di sembrare felici, perché è il dì di festa e sono seguiti dal branco delle mogli. Abituate a strisciare in pantofole, le disgraziate sono tutte “salite” su tacchi di quindici centimetri. Non parlano, perché hanno le facce tese degli equilibristi che camminano sulle funi. Traballano visibilmente usando le borse come contrappesi. Ed ecco che una “signora” lancia un urlo agghiacciante: «Ma porca di quella vacca troia!..»; cade violentemente sopra una sedia e rotola scomparendo sotto un tavolo. Si avventa il proprietario, aiutato da due camerieri pachistani che non capiscono l’ italiano: «Signora, tutto bene? Nulla di rotto?». Il marito, già seduto a tavola: «Si è sicuramente rotta un braccio quella scema, e vedrete che dirà che io sono il cappio espiatorio, perché la obbligo a uscire coi tacchi alti». Dal bar, il barista: «Signora, le converrebbe mettersi delle scarpe artopediche…». Da un tavolo lontano si alza un ansioso: «Chiamate una… un… un’antu… un’antulubanza…»; il barista: «Il signore vuol dire un’autolitanta»; e il proprietario: «Stai zitto tu, ignorante!» E tranquillizza tutti: «Non s’è rotta nulla per il rotolo della cuffia».

Il marito, sempre seduto: «Peccato, sono stato sfortunato»; e la signora prendendo posto: «Ma va’ a dar via il ciap!». Il proprietario, battendo le mani: «Allergia! Beviamoci su qualcosa!». L’ansioso: «Scusatemi, è che sono astioso…»; da un altro tavolo un medico di famiglia: «Sì, la capisco, ma lasci parlare il sottoscritto, che sono afferrato in materia». Il barman, implacabile: «Guardate che alla signora ci cola sangue dal naso! Portateci del cotone idrofobo!».

Il medico: «Ma stia zitto lei, che non sa neppure parlare italiano! Sarebbe solo un semplice pagliativo». Il padrone: «Allergia! Tutto finito! Avanti col vino!». L’ansioso, con un filo di sangue al naso: «Non vorrei che anche a me…»; il medico di famiglia: «E la smetta! Lei non ha nulla, semplicemente sodomizza la sua ansia!».

Arrivano gli antipasti e la serata comincia. Le donne parlano solo con le donne di uomini, e gli uomini parlano solo di donne e di affari.

Il marito: «Checché se ne dice, a me quella di Clinton mi arrazza… Com’è che si chiama?»; uno di fronte: «Monica Lewinsky, dicevano che era una stragista, perché ammazzava la gente». Il barman da lontano, sommessamente: «Che ignorante, in americano “stagista” vuol dire pompi…»; il proprietario con balzo da leone gli tappa la bocca con un tovagliolo.

Le donne, intanto, si sono tolte le scarpe. Una all’ amica di fronte: «Ti vedo radiante! Sei dimagrita?»; e una moglie, lontana, all’ orecchio di un’altra moglie: «Seee, dimagrita… Quella si è fatta il leasing al viso». Il gruppo degli uomini parla di un tale a un tavolo lontano: «Quello lì è nella merda più completa! Ha messo su un’industria di calce a spruzzo e i cinesi, pronti, gliene hanno aperte quattro intorno».

Al tavolo del medico di famiglia: «Dottore, mi scusi, c’ho il polistirolo alto, che devo fare?»; e quello, pomposo: «Sappie… sallo…»; il barman, dal fondo: «Seppie!». Il padrone, infuriato: «Vuoi stare zitto, tu?». Una moglie: «Avete visto che occhi sfosforescenti ha il padrone? Stava per andargli contro come un’onda anonima!». Intanto uno degli uomini, forse un po’ ubriaco, sbotta: «Io questa storia dei preti perorili non la sopporto!». «Ma lascia perdere, la cosa più grave è che ormai tutti questi excomunitari sono dei delinquenti, ladri, transennali… no, volevo dire traversali»; il barman: «Transanali!». E il medico di famiglia: «Ma la cosa per la quale io chiederei la pena di morte è per quelli che strupano… stumpano…»; il barman: «Sturano!»; il medico: «Esatto! Sturano le bambine!». Tutti applaudono.

Dalla strada si sente una musica molto allegra. Le donne s’infilano le scarpe: «Usciamo! Andiamo a ballare!»; il proprietario: «Signore, è una musica di passaggio, è solo un autoparlante… un anto…»; il barman: «Autolatrante!».

Escono tutti ugualmente, e il proprietario: «Ma dove andate?». È molto preoccupato, perché sa che tanti non torneranno più. In sala rimane solo l’ ansioso: «Sto male… sto morendo… chiamate un’albutanza».

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