La nuova grammatica italiana

I vecchi accademici, fortunatamente, sono quasi tutti scomparsi. Negli ultimi anni della loro vita erano disperati. La sacra, prolissa, pomposa, imparlabile lingua italiana la usavano, ansimando, solo loro: i giudici dei tribunali, i notai, i funzionari ministeriali, gli psichiatri e i malati di mente.

Molti sono morti davanti al telefono a muro mentre, colpiti da un semplice infarto miocardico, chiedevano aiuto al 118: «Pronto? Sono un accademico. Secondo quanto enuncia il Bulgarelli nel suo geniale libello Come muoversi di fronte all’avvisaglia di qualsivoglia sintomo attribuibile o a un aneurisma, o a una trombosi miocardica…». Qui le centraliniste, che pensavano al solito scherzo di un masturbatore abituale, buttavano giù. E il disgraziato si abbatteva sul pavimento della cucina, folgorato. Questi imbecilli sono stati ritrovati quasi tutti in stato di avanzata decomposizione con la cornetta in mano. Ne mancano ancora due: uno lo stanno cercando ovunque, ma il suo telefono è sempre occupato. L’altro, invece, ha il segnale libero, ma già dalla portineria arriva un inquietante odore di cadavere.

Grazie a questi eventi fortunati la lingua italiana negli ultimi vent’anni ha subito una mirabile involuzione, in compenso è capita e parlata finalmente da tutti.

Nei programmi televisivi della notte compaiono, purtroppo, presidi di scuola media, scrittori falliti e sacerdoti omosessuali che analizzano questo fenomeno: «È colpa della televisione… della troppa libertà sessuale… ma, soprattutto, dell’ uso degli spinelli e dei comunisti!».

Queste diagnosi sono raccapriccianti, però devo dire che sono gli unici monologhi comici della televisione.

Cerchiamo ora di ricostruire per voi la nuova, vera, grammatica italiana.

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