I proverbi latini

Ci sono molti farabutti con buona memoria che, per umiliare ascoltatori ignoranti, nelle cene di lavoro citano proverbi latini.

Il risultato è che il 98 per cento dei commensali li interpreta in maniera creativa.


Brevi manu (Personalmente, a mano). Tenere le mani all’ altezza delle ascelle. Però la stessa espressione, detta da un direttore molto colto, fa supporre a parecchi suoi dipendenti che lui sia sardo.


Pietatem colite (Siate pietosi). “Abbiate pietà, ho bevuto una brocca di yogurt gelato.”


Alter ego (Un altro io). Dicesi di persona altera.


Barba non facit philosophum (La barba non fa il filosofo). “Che noia, non tacetemi il filosofo!”


Odi profanum vulgus, et arceo (Odio la volgare plebaglia e me ne tengo lontano). “Odio i profumi volgari e gli arcieri.”


Lupus in fabula (Il lupo nel discorso. A proposito di chi arriva all’ improvviso proprio mentre si sta parlando di lui). È un herpes sulla guancia, dovuto a sifilide. Oppure: il lupo della favola di Cappuccetto rosso.


Ad hoc (Calza a pennello). Suono ripetuto più volte picchiando con le nocche una porta di legno.


Audentes fortuna iuvat (La fortuna aiuta gli audaci). “Ascoltate, l’ uva porta fortuna.” Oppure: “L’Auditel fa fortuna con la Juventus”.


Memento mori (Ricordati che devi morire). “Il mio mento sembra quello di un negro.”


Quos Deus perdere vult dementai prius (A quelli che Dio vuole perdere, prima toglie il senno). “Perdio, vuoi perdere? Sei proprio un demente!”


Cui prodest? (A chi giova?). Doganiere cinese che legge a fatica il passaporto di Romano Prodi.


Homo homini lupus (L’uomo è un lupo per l’ uomo). “Un uomo, un nano e un lupo.”


Sine die (Senza data). Forte dolore all’ articolazione del ginocchio.


Pecunia non olet (I soldi non puzzano). “Le pecore non hanno bisogno di essere oleate.”


Qui pro quo (Una cosa per un’altra). I tre nipotini di Paperino.


Beati qui lugent (Beati gli afflitti). “Beati loro che luccicano.”


Qualis pater, talis filius (Tale padre, tale figlio). “Squisito questo pàté di fegato! Mortale è il filetto.”


Deus ex machina (Il dio [che appare] dalla macchina. Nel teatro greco è l’ intervento risolutivo nella tragedia da parte della divinità). “Perdio, che macchina!”


Quo vadis? (Dove vai?). Famosa osteria romana sull’ Appia Antica.


Una tantum (Una volta sola). “Una volta ogni tanto.” Oppure: una tassa da pagare.


Divide et impera (Dividi, metti zizzania e comanda). “Dividi a dadini e infilali dentro una pera.”


Tabula rasa (Ignoranza totale). Tavola rasata.


Carpe diem (Cogli l’ attimo). Carpa del fiume Diem, in Ungheria.


Facta, non verba (Fatti, non parole). “Quella è ‘fatta’, non riesce a proferir parola.”


Nemo profeta in patria (Nessuno è profeta in patria). “Il capitano Nemo in patria è un profeta.”


Cogito, ergo sum (Penso, dunque sono). Un errore clamoroso di Cartesio.


Mens sana in corpore sano (Mente sana in corpo sano). “Una massaia con un corpo da nano.” Oppure: “Mentana ha un corpo sano”.


Magistra vitae ([La storia è] maestra di vita). “Una vite magistrale!” Oppure: “Le vite dei tre Magi”.


Mors tua, vita mea (Morte tua, vita mia). “I tuoi morsi sono tutta la mia vita.” Oppure: “L’alfabeto Mors ci ha salvato la vita”.


Ab amico reconciliato cave! (Guardati da chi ti è amico dopo una riconciliazione). “A un amico rincoglionito cava gli occhi.”


Lex est araneae tela (La legge è come una ragnatela). Frase misteriosa in aramaico, detta da Gesù nell’ ultima cena.


Memento audere semper (Ricordati di osare sempre). “Un momento! Devi ascoltare sempre.”


Do ut des (Ti do perché tu mi dia). È l’ inizio di una nota filastrocca: “Do ut des… din don dan… des din do”.


Aquila non captat muscas (L’aquila non si cura delle mosche). “L’Aquila, dopo il terremoto, è rimasta con un pugno di mosche.”


Cibi condimentum esse famem (La fame rende saporito ogni cibo). “I cibi molto conditi sono famosi.”


Scripta manent verba volant (La parola scritta resta, le parole dette volano via). “Scrivi a mano, perché l’ erba vola.”

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