C'era qualcosa della discussione in aula sulle dinamiche orbitali di Alfa Centauri che non lo convinceva, ma Frank Nobilio non riusciva a capire bene cosa. Naturalmente Frank non era un astronomo (era laureato in storia della scienza) ma aveva fatto un corso universitario di astronomia. Eppure, qualcosa non quadrava. In passato, quando aveva domande astronomiche, Frank le poneva semplicemente a Cletus Calhoun, ma ora non era possibile.
Oppure sì?
Frank andò alla KCET, affiliata della PBS di Los Angeles. Lì furono fin troppo contenti di farlo entrare, mettendogli a disposizione un televisore a trentun pollici e un videoregistratore stereo. Frank si ricordava bene: c'era un episodio su quell'argomento. Si sedette al buio, sorseggiando una lattina di Diet Pepsi.
Sullo schermo appariva il logo aziendale. «Questo programma» diceva una voce femminile «è stato realizzato grazie alle società del gruppo Johnson Johnson e al contributo finanziario annuale di voi telespettatori.»
Le immagini si aprivano con il primo piano di un fuoco di accampamento, poi si allargavano mostrando degli umani primitivi con le sopracciglia folte. Dal fuoco si alzavano le scintille e sullo schermo apparivano i titoli, che le inseguivano verso il cielo notturno senza Luna. Ben presto le scintille scomparvero, ma il cielo era pieno di stelle, e si vedeva l'arco della Via Lattea. In sottofondo partiva il ritmo martellante del piano di Jerry Lee Lewis. L'immagine zoomava nello spazio, poi mostrava i contorni notturni della Terra e il Sole che sorgeva. L'inquadratura si spostava sul Sole, la superficie macchiata in primo piano, una protuberanza che si alzava ad arco dalla superficie. La voce di Lewis attaccava con le parole: 'Goodness gracious! Great balls of fire!' La protuberanza ricadeva sulla superficie del Sole, ma il titolo della trasmissione rimaneva in lettere fiammeggianti che brillavano nello spazio: GREAT BALLS OF FIRE!
La scena si spostava nello spazio mentre la canzone andava avanti, passando per una gigante rossa adiacente a un buco nero, che attraeva del materiale; passando per un sistema stellare binario; passando per un pulsar che si accendeva e si spegneva; per le Pleiadi, con la loro luce blu diffusa nella nebulosa che le circondava…
Apparve un altro titolo: CON CLETUS CALHOUN. Jerry Lee Lewis cantò ancora e poi la sequenza dei titoli finì. Dopo un istante di buio apparve Clete, tutto gambe, braccia e sorriso stupido. Era al tramonto, e stava in piedi su una passerella di legno sopra una palude subtropicale.
Terzo titolo: TERZA PUNTATA : PROPRIO LAGGIÙ.
«'Sera a tutti» disse Clete sorridendo. Frank sentì gli occhi che gli bruciavano. Quanto gli mancava quell'uomo. Nella stanza buia, era quasi come se fosse lì con lui.
«Sapete tutti che vengo dal Sud» proseguiva Clete, guardando dritto nella macchina da presa — dritto verso Frank. «Dal Tennessee, per essere precisi. Ma stanotte noi andremo molto più a sud — quasi nel punto più a sud in cui si possa andare senza uscire dai cari vecchi Stati Uniti. Siamo nel Parco Nazionale di Everglades, proprio sulla punta più meridionale della Florida.» Sullo sfondo un airone bianco volò nel cielo rosa, con le lunghe zampe e il collo non molto diversi da quelli di Calhoun. «Siamo venuti quaggiù per vedere qualcosa che voi dal nord non potete vedere.» Indicò con il braccio ossuto e l'inquadratura lo seguì fino a fermarsi su una stella luminosa, proprio sopra l'orizzonte, tra due giunchi.
«Quella lì è Alfa Centauri» disse Clete. «Non sembra niente di speciale, ma è la stella più vicina alla Terra, escluso il Sole. È a circa venticinque trilioni di miglia di distanza — proprio laggiù. Il nostro vicino più prossimo nello spazio.»
Frank premette il pulsante di avanzamento veloce. Il movimento rapido e silenzioso di Clete era interrotto da grafici che mostravano la costellazione del Centauro. Dopo un po' Frank lasciò il pulsante.
«… Ma Alfa Centauri non è soltanto una stella» disse Clete. «In realtà sono tre, tutte molto vicine tra loro. Le chiamiamo Alfa Centauri A, Alfa Centauri B e — come prevedibile — Alfa Centauri C. Noi astronomi siamo tutti poeti.» Il suo viso largo si aprì in un sorriso. «Delle tre Alfa Centauri, C è la più vicina a noi, quindi qualche volta in realtà la chiamiamo Proxima Centauri — come 'in prossimità'. Altra cosa che dovreste tutti sapere di noi astronomi: ci piacciono le parole da cinquanta dollari, perché è l'unico modo in cui molti di noi arrivano a quella cifra.» Rise ancora.
L'immagine passò sul Martedì Grasso a New Orleans, con Clete che camminava di notte lungo una strada. Si fermò a guardare un uomo con un abito vistoso che faceva un gioco di destrezza con tre torce accese. «Naturalmente» disse Clete «quando si hanno tre stelle vicine, le cose si fanno davvero molto interessanti.» L'inquadratura strinse sulle torce e poi uscì dal caminetto nella baita di montagna di Clete — una vista frequente nel programma. Era seduto dietro a una vecchia scrivania di legno. Sullo sfondo c'era una stufa panciuta, e sulla parete rivestita di legno dietro a lui era appeso un fucile da caccia. Sul tavolo c'era una ciotola di frutta.
«A e B sono stelle grandi» disse Clete. Prese un pompelmo dalla fruttiera. «Questo potrebbe essere A — una grossa stella gialla, molto simile al nostro Sole. In effetti A è un po' più grande del nostro Sole, e più luminosa di circa il cinquanta per cento.»
Pescò nella fruttiera e tirò fuori un'arancia. «Ora, questa qui potrebbe essere B — una stella arancione più piccola e più spenta. B è più piccola del nostro Sole del dieci per cento circa, e non ha neanche la metà della luminosità — un po' come mio cugino Beau.» Clete fece l'occhiolino. Rovistò nella fruttiera e trovò una ciliegia. «E C… be', C è solo una piccola stella, una fredda nana color rosso scuro. Così piccola e scura che fino al 1911 nessuno l'aveva mai nemmeno notata.»
«Ora, A e B orbitano una intorno all'altra in questo modo.» Mosse il pompelmo e l'arancia per mostrare come. «Ma la distanza fra di loro non è costante. Noi astronomi abbiamo un'unità di misura per le cose abbastanza vicine tra loro, ed è l'unità astronomica, che è uguale alla distanza tra la Terra e il Sole.» Apparve un diagramma illustrativo.
«Bene, quando Centauri A e Centauri B sono alla massima distanza possibile (distese completamente le braccia tenendo in una mano il pompelmo e nell'altra l'arancia), sono a trentacinque unità astronomiche di distanza. Quasi come tra qui e Urano.»
Si interruppe e sorrise, come se stesse pensando di fare una battuta sul nome del pianeta, ma poi scosse la testa e fece un'espressione del tipo 'lasciamo perdere'.
«Ma quando A e B sono al minimo della distanza» (avvicinò le braccia) «sono a sole undici unità astronomiche — praticamente uno sputo. Ci mettono circa ottant'anni a orbitare l'una intorno all'altra.»
Posò il pompelmo e l'arancia sulla scrivania e prese la ciliegia. «Ora, Centauri C è un bel po' lontana da A e B.» Con il dito diede un colpetto alla ciliegia, che volò dritta fuori da una finestra aperta. È a tredicimila unità astronomiche dalle altre due. Potrebbe non essere nemmeno legata alle altre per gravità, ma se lo fosse, è più che probabile che sarebbero necessari circa un milione di anni per ruotare intorno a loro in quella che quasi sicuramente è un'orbita altamente ellittica…»
Frank mise in pausa e rimase seduto nel buio, a pensare.