Capitolo Decimo: In Trappola

D'un tratto, quella conclusione gli era sembrata inevitabile. Era stata l'ultima, inesorabile beffa. Lui era entrato nel Tempo una volta di troppo, aveva sfidato Finge una volta di troppo, aveva corteggiato la fortuna una volta di troppo. Era stato fatale. Nessun altro momento sarebbe stato piu adatto di quello, per la sconfitta.

Era stato Finge a ridere?

E chi, se non lui, lo avrebbe inseguito, spiato, atteso nella stanza accanto, per poi scoppiare a ridere nel momento del trionfo?

Dunque, allora, lui aveva perduto? E proprio perche, in quell'allucinante momento, lui aveva avuto la certezza della sconfitta, non aveva pensato di fuggire di nuovo, o di rifugiarsi nell'Eternita. Aveva preso la decisione di affrontare Finge.

Lo avrebbe ucciso, se fosse stato necessario.

Harlan si era avvicinato alla porta, dietro la quale egli aveva udito la risata, muovendosi in punta di piedi, ma anche con la sicurezza mortale di chi ha deciso di uccidere un avversario. Aveva staccato il dispositivo automatico, e aveva lentamente socchiuso la porta, servendosi del comando manuale. Due millimetri. Quattro. La porta si era mossa silenziosamente.

L'uomo che si era trovato nella stanza accanto gli aveva voltato la schiena. Gli era parsa una figura troppo alta, per essere quella di Finge, e quell'elemento aveva finalmente colpito la mente sovreccitata di Harlan, impedendogli di continuare.

Poi, come se la paralisi che aveva mantenuto immobili i due uomini per qualche istante avesse cominciato a dissiparsi, l'altro si era voltato, con incredibile lentezza.

Harlan non era rimasto dietro la porta ad attendere che l'altro si fosse voltato del tutto. Il profilo dell'altro non era ancora apparso, ma Harlan, soffocando un grido di terrore con quell'ultima parvenza di forza morale che gli era rimasta, si era allontanato dalla porta. Era stata la porta a chiudersi, silenziosamente, riportata nella posizione di partenza dal suo meccanismo; Harlan non l'aveva toccata.

Il Tecnico aveva continuato a indietreggiare. Aveva potuto respirare solo con uno sforzo affannoso, violento. Il cuore aveva cominciato a battergli tumultuosamente in petto, come se avesse voluto sfuggire dal suo corpo.

Se in quella stanza avesse trovato un comitato di ricevimento formato da Finge, da Twissell, e dai membri del Consiglio al completo, Harlan non sarebbe rimasto cosi sconvolto. Cio che gli aveva tolto ogni forza, cio che lo aveva riempito di orrore, non era stato nulla di fisico. Era stato, piuttosto, l'orrore istintivo che egli aveva sempre provato per la natura dell'incidente che gli era capitato.

Aveva meccanicamente raccolto il sacco di plastica, ed era riuscito, dopo avere compiuto due tentativi infruttuosi, a ristabilire la porta sull'Eternita. Aveva varcato quella barriera immateriale, muovendosi come un sonnambulo. Era riuscito a rientrare, chissa come, nel 575°, e di la aveva raggiunto il suo alloggio. Ancora una volta la sua condizione di Tecnico, della quale aveva solo recentemente scoperto l'utilita e l'importanza, lo aveva salvato. I pochi Eterni che aveva incontrato si erano voltati, al suo passaggio, e avevano fissato con ostentazione il pavimento o le pareti.

E questa era stata una vera fortuna, perche Harlan non avrebbe potuto nascondere l'espressione di orrore che gli rendeva irriconoscibile il volto in quel percorso interminabile lungo i corridoi. Ma nessuno lo aveva guardato, e lui aveva ringraziato il Tempo e l'Eternita e la forza cieca che tesseva il Destino.

In realta, lui non aveva riconosciuto l'uomo che si era trovato nella casa di Noys per il svio aspetto, tuttavia ne aveva conosciuto l'identita con spaventosa, terribile certezza.

La prima volta in cui Harlan aveva udito un rumore nella casa, lui, Harlan, aveva riso, e il suono aveva interrotto la sua risata… il suono di qualcosa di pesante che era caduto nella stanza accanto. La seconda volta, qualcuno aveva riso nella stanza accanto e lui, Harlan, aveva lasciato cadere un sacco pieno di libri-film. La prima volta lui, Harlan, si era voltato e aveva visto chiudersi una porta. La seconda volta, lui, Harlan, aveva chiuso una porta, quando lo sconosciuto si era voltato.

Lui aveva incontrato se stesso!

Nello stesso Tempo, e quasi nello stesso posto, lui e l'Harlan di alcuni fisiogiorni prima per poco non si erano trovati faccia a faccia. Lui aveva commesso un lieve errore, nel regolare i comandi, aveva usato un istante nel Tempo che aveva gia usato, e lui, Harlan, aveva visto se stesso, Harlan.


Era ritornato al lavoro con l'ombra dell'orrore nell'anima, e quell'ombra lo aveva accompagnato per giorni e giorni. Si era sentito umiliato, si era giudicato un vile, ma non aveva potuto fare nulla per sottrarsi a quel tenebroso orrore.

Da quel momento, le cose avevano cominciato a precipitare. E lui aveva riversato la sua collera sul Momento Decisivo. Il momento chiave era stato l'istante in cui aveva regolato i comandi della porta sul Tempo, per entrare per l'ultima volta nel 482°, e aveva commesso un errore. Da quel momento tutto era andato nel peggiore dei modi.

Il Mutamento di Realta nel 482° era avvenuto in quel periodo nero, e aveva accentuato la sorda collera e il pessimismo di Harlan. Nelle ultime due settimane egli aveva trovato tre proposte di Mutamenti di Realta che contenevano dei piccoli errori, e aveva scelto la piu opportuna, ma non aveva trovato la forza e la volonta di agire.

Aveva scelto il Mutamento di Realta 2456-2781, V-5, per un certo numero di ottime ragioni. Dei tre casi esaminati, si era trattato di quello piu lontano nel tempo. L'errore era stato sottile, ma significativo per quanto riguardava l'effetto sulle vite umane. C'era stato bisogno semplicemente di un rapido viaggio nel 2456° per scoprire la natura dell'analogo di Noys nella nuova Realta, esercitando un piccolo ricatto.

Ma la recente esperienza gli aveva tolto la determinazione e le forze. La faccenda non gli era sembrata piu cosi semplice. E anche l'opportunita di esporsi al rischio gli era sembrata sproporzionata ai risultati. Una volta scoperta la natura dell'analogo di Noys, che cosa avrebbe potuto fare? Avrebbe potuto mettere Noys al suo posto, come contadina, pescatrice, ramaia, e cosi via. Certo. Ma che ne sarebbe stato, allora, dell'analogo? E dell'eventuale marito, della famiglia, dei figli…

Non aveva pensato a nessuno di questi fattori, prima. Aveva evitato di pensarci. «A ogni giorno basta il suo affanno…» Un'altra espressione del Primitivo.

Ma in quel momento non era stato capace di pensare ad altro.

Cosi era rimasto nella sua stanza, immerso in cupe considerazioni, quando Twissell lo aveva chiamato.

«Harlan, non stai bene?» aveva domandato il vecchio, in tono interrogativo e preoccupato. «Cooper mi ha detto che hai saltato diverse lezioni.»

Harlan aveva cercato di non apparire preoccupato.

«No, Calcolatore Twissell. Sono solo un po' stanco.»

«Be', questo e certamente scusabile, ragazzo mio.» E poi il sorriso sul suo volto, l'onnipresente sorriso del Calcolatore, aveva minacciato per la prima volta di estinguersi completamente. «Hai sentito che il 482° e stato Mutato?»

«Si,» aveva risposto brevemente Harlan.

«Finge mi ha chiamato,» aveva aggiunto Twissell, «E si e raccomandato con me di riferirti che il Mutamento ha avuto un successo completo.»

Harlan aveva scrollato le spalle, e poi si era accorto che gli occhi del Calcolatore lo stavano fissando, imperiosi e penetranti. Si era sentito a disagio.

«Si, Calcolatore?»

«Niente,» aveva detto Twissell, e forse si era trattato del peso della vecchiaia troppo grave sulle sue spalle, ma la sua voce era sembrata incomprensibilmente triste. «Credevo che volessi dirmi qualcosa.»

«No,» aveva risposto Harlan. «Non avevo nulla da dire.»

«Be', allora, ci vediamo domani, all'ora di apertura, nella Sala dei Calcolatori, ragazzo. Ho molte cose da dirti.»

«Si, signore,» aveva risposto Harlan. Era rimasto per diversi minuti a fissare lo schermo vuoto.

Quelle parole erano sembrate quasi una minaccia. Finge aveva chiamato Twissell, dunque. Che cosa gli aveva detto, oltre a quanto Twissell aveva rivelato?

Ma una minaccia esterna era stata l'unica cosa veramente necessaria ad Harlan, in quel momento. Combattere uno stato d'animo era come lottare con un bastone contro le sabbie mobili. Combattere Finge era una cosa completamente diversa. Quel breve colloquio aveva fatto ricordare ad Harlan l'arma in suo possesso, e per la prima volta, dopo molti giorni, aveva recuperato in parte la fiducia in se stesso.


Era stato come se una porta si fosse chiusa, e un'altra si fosse aperta. Harlan si era immerso in una febbrile attivita, dopo l'assoluta apatia dei giorni precedenti. Era andato nel 2456°, e aveva piegato il Sociologo Voy ai suoi desideri, ottenendo la risposta desiderata.

C'era riuscito perfettamente. Aveva ottenuto l'informazione cercata.

E molto di piu. Molto di piu.

Apparentemente, la fiducia viene sempre premiata. C'era un proverbio del suo Secolo natale che diceva, «Stringi con fermezza la rete, e diventera un bastone con il quale potrai battere il tuo nemico.»

In sostanza, Noys non aveva alcun analogo nella nuova Realta. Nessun analogo. Poteva quindi assumere una nuova posizione nella nuova societa nel modo piu discreto e conveniente, oppure poteva rimanere nell'Eternita. Non c'era alcun motivo per negargli la relazione anche in veste ufficiale, se non quello puramente teorico della sua violazione della legge… e lui sapeva fin troppo bene come rendere nulla questa possibilita.

Cosi aveva preso il cronoscafo nel 2456°, ansioso di raggiungere Noys e annunciarle la grande notizia, finalmente inebriato dal successo dopo giorni e giorni trascorsi a rimasticare l'amarezza della sconfitta.

E in quel preciso momento, il cronoscafo si fermo.

Non rallento; si fermo, semplicemente. Se il movimento fosse stato lungo una delle tre dimensioni dello spazio, una fermata cosi brusca avrebbe disintegrato il cronoscafo, fondendo il metallo e uccidendo sull'istante Harlan.

L'arresto brusco, invece, produsse una violenta ondata di nausea ad Harlan, e gli diede una fitta acutissima di dolore.

Quando riusci di nuovo a vedere chiaramente, si volse verso il temporometro, e lo guardo, con occhi ancora annebbiati. La data era: 100.000.

Il numero lo spavento. Era troppo perfetto.

Si volse ai controlli, febbrilmente. Che cosa era successo?

Anche questo lo riempi di paura, perche non riusci a vedere nulla fuori posto. La leva era in posizione. Non c'era alcun corto circuito. Tutti gli indicatori erano nello spazio nero, che indicava i limiti di sicurezza. Non c'era nessun guasto al sistema di energia. La lancetta sottile che indicava il consumo di mega-megacoulomb d'energia rivelava che l'energia veniva consumata costantemente, nella quantita esatta.

Che cosa aveva fermato il cronoscafo, allora?

Lentamente, e con considerevole riluttanza, Harlan tocco la leva di guida, muovendola in posizione neutra. La lancetta dell'energia si sposto, obbediente, sullo zero.

Sposto la leva nella direzione opposta. La lancetta sali di nuovo, e questa volta il temporometro ricomincio a indicare in senso inverso la lunga teoria dei Secoli.

Indietro… indietro… 99.983… 99.972… 99.959.

Harlan sposto di nuovo la leva. Questa volta, di nuovo avanti. Lentamente. Molto lentamente.

Gradualmente, 99.985… 99.993… 99.997… 99.998… 99.999… 100.000…

Il cronoscafo si fermo. Nulla poteva superare il 100.000°. L'energia di Nova-Sole veniva consumata silenziosamente, in quantita incredibile, senza alcuno scopo.

Inverti di nuovo la posizione della leva, si riporto molto piu indietro nel tempo, ritorno avanti, alla massima velocita. Di nuovo fermo!

Harlan strinse i denti. Aveva il respiro affannoso, il volto contratto. Si sentiva un prigioniero… un prigioniero che si lanciava ciecamente, inutilmente, contro le sbarre della prigione.

Quando si fermo, dopo una decina di tentativi, il cronoscafo non si mosse dal 100.000°. Quella era la massima distanza raggiungibile nel tempo. Non era possibile andare oltre.

Gli venne l'idea di cambiare cronoscafo. Qualcosa gli diceva, pero, che sarebbe stato inutile.

Nel vuoto silenzio del 100.000° Secolo, Andrew Harlan usci dal suo cronoscafo, e scelse a caso un'altra gabbia.

Un minuto piu tardi, stringendo la leva di guida, osservo la cifra sul temporometro, e capi che non avrebbe potuto passare neppure da quella parte.

Si senti pervadere dall'ira cieca, rabbiosa, di chi ha percorso una lunga strada e scivola su un sassolino in vista del traguardo. Proprio in quel momento! Quando le cose si erano messe al bello, inaspettatamente, quando tutto si era volto in suo favore, incontrava il disastro! La maledizione prodotta da quel lieve errore di calcolo, nell'entrare nel 482°, pesava ancora su di lui.

Rabbiosamente, abbasso la leva, spingendola fino in fondo, alla massima velocita possibile, a ritroso nel tempo. Almeno adesso lui era libero, libero di fare tutto cio che voleva. Ora che Noys era irraggiungibile, chiusa al di la di una barriera, fuori della sua portata, cos'altro avrebbero potuto fargli? Cos'altro doveva temere?

Ritorno nel 575°, e usci dal cronoscafo di corsa, senza curarsi di coloro che avrebbero potuto vederlo. Si diresse verso la biblioteca della Sezione, senza rivolgere la parola a nessuno, senza guardare nessuno, prese cio che voleva senza guardarsi intorno, per vedere se lo osservavano. Che importanza aveva?

Poi ritorno nel cronoscafo, e abbasso ancora la leva, muovendosi ancora a ritroso nel tempo. Sapeva esattamente cio che avrebbe dovuto fare. Guardo il grande orologio, passandogli davanti, l'orologio che indicava i tre turni di lavoro del fisiogiorno. In quel momento Finge doveva essere nel suo alloggio privato… ed era meglio cosi.

Harlan si sentiva ardere dalla febbre. Quando arrivo nel 482°, aveva la bocca secca e impastata, provava un bruciore al petto, sentiva un ronzio continuo. Ma sentiva anche la solida massa dell'arma che teneva sotto la camicia, saldamente premuta dal suo gomito, ed era solo quella che importava.


L'Assistente Calcolatore Hobbe Finge sollevo lo sguardo, all'entrata di Harlan, e la sorpresa fu sostituita da un vago allarme, nei suoi occhi.

Harlan lo osservo per qualche istante, permettendo che l'allarme aumentasse, aspettando che si trasformasse in paura. Poi avanzo, descrivendo un semicerchio, in modo da mettersi tra Finge e lo schermo di comunicazione.

Finge era seminudo; aveva indosso solo i pantaloni. Il grosso torace flaccido era quasi privo di peli, il petto era grasso, quasi femminile. Lo stomaco molliccio sporgeva dalla cintura.

Aveva un aspetto poco dignitoso, penso Harlan con soddisfazione, poco dignitoso e insignificante. Tanto meglio.

Infilo la mano destra sotto la camicia, e impugno con fermezza l'arma.

«Nessuno mi ha visto, Finge, cosi non guardare verso la porta,» gli disse, in tono aspro. «Non verra nessuno. Devi capire, Finge, che hai a che fare con un Tecnico. Lo sai cosa significa?»

La sua voce era metallica, cupa. Era in collera, perche la paura non entrava negli occhi di Finge, ma solo la preoccupazione. Il Calcolatore allungo la mano per prendere la camicia, e comincio a indossarla, in silenzio.

Harlan prosegui:

«Sai qual e il privilegio dei Tecnici, Finge? Non lo sei mai stato, quindi non puoi capire. Essere un Tecnico significa che nessuno bada a quello che fai, o a dove vai. Tutti guardano dall'altra parte, quando vedono un Tecnico, e si sforzano tanto per non vederti, che non ti vedono davvero. Io potrei, per esempio, andare nella biblioteca della Sezione, Finge, e prendere qualsiasi oggetto curioso, e il bibliotecario se ne starebbe chino sui suoi registri, e non mi guarderebbe nemmeno. Posso camminare attraverso i corridoi residenziali del 482°, e tutti coloro che mi incontrano si girano dall'altra parte, e se piu tardi qualcuno li interroga, giureranno di non avere visto nessuno. E automatico, Finge. E un condizionamento troppo forte. Cosi, vedi, posso andare dove voglio, fare quello che voglio. Posso entrare nell'appartamento privato del Calcolatore di una Sezione, e costringerlo a dirmi la verita, puntandogli contro un'arma, e nessuno mi puo fermare.»

Finge parlo, per la prima volta:

«Che cosa nascondi li?»

«Un'arma,» disse Harlan, e gliela mostro. «La riconosci?» Aveva una lunga canna, che terminava in una specie di bulbo metallico.

«Se mi uccidi…»

«Non ti uccidero.» disse Harlan. «Durante un nostro recente incontro, tu eri armato di disintegratore. Questo non e un disintegratore. E un'invenzione di una delle passate Realta del 575°. Forse non la conosci. E stata estirpata dalla Realta: troppo orribile. Puo uccidere, ma a bassa frequenza puo attivare i centri dolorifici del sistema nervoso, e puo anche paralizzare. Si chiama, o meglio, era chiamata, frusta neuronica. Funziona perfettamente. Questa e carica. L'ho provata su un dito.» Sollevo la mano sinistra, mostrando al Calcolatore il mignolo rigido e arrossato. «E stata un'esperienza davvero spiacevole.»

Finge era apparso finalmente turbato.

«Che cosa significa tutto questo, in nome del Tempo?»

«C'e una barriera che blocca i cronoscafi al 100.000°. Voglio che la barriera sia rimossa.»

«Una barriera che blocca i cronoscafi?»

«Non fingere di essere sorpreso. Ieri tu hai parlato a Twissell. Oggi c'e la barriera. Voglio sapere che cosa hai detto a Twissell. Voglio sapere che cosa e stato fatto, e che cosa sara fatto. Per il Tempo, Finge, se non parli, usero la frusta neuronica. Se dubiti delle mie intenzioni, mettimi alla prova. Non chiedo altro.»

«Ascolta…» La voce di Finge era esitante, e finalmente l'ombra della paura comincio a insinuarsi sul suo volto, insieme a una strana combinazione di collera e disperazione… «Se vuoi sapere la verita, te la diro subito. Sappiamo tutto di te e Noys.»

Harlan socchiuse gli occhi.

«Che cosa sapete, di me e Noys?»

Finge disse:

«Credevi davvero di potertela sempre cavare impunemente?» Il Calcolatore continuava a tenere lo sguardo fisso sulla frusta neuronica, e la sua fronte scintillava di sudore. «Per il Tempo, con la sovreccitazione che hai mostrato dopo il tuo periodo di Osservazione, con quello che hai fatto durante quel periodo, credi che noi non osservassimo te? Meriterei di essere radiato dai Calcolatori, se trascurassi qualcosa di tanto evidente. Noi sappiamo che tu hai portato nell'Eternita Noys. L'abbiamo saputo dall'inizio. Volevi la verita: eccola.»

In quel momento, Harlan maledisse la propria stupidita.

«Allora tu lo sapevi? Anche altri lo sapevano?»

«Si. Sapevamo che tu avevi portato la ragazza nei Secoli Nascosti. Ti abbiamo osservato tutte le volte che sei entrato nel 482° per portarle le cose che le servivano… comportandoti come un idiota, violando in maniera disgustosa il tuo Giuramento di Eterno.»

«E allora perche non sono stato fermato?» Harlan si senti avvampare; doveva assaporare fino all'ultima goccia le amarezze dell'umiliazione, dunque!

«Continui a volere la verita?» domando seccamente Finge, e parve acquistare coraggio, mano a mano che Harlan mostrava la propria umiliazione.

«Continua.»

«E allora, lasciami dire che fin dal primo momento ho sempre pensato che tu non fossi un vero Eterno. Forse un geniale Osservatore, certo, e magari anche un Tecnico di talento… ma non un vero Eterno. Quando ti ho fatto venire qui, per questo ultimo lavoro, ho chiesto espressamente il tuo intervento anche per dimostrare che non eri un vero Eterno a Twissell, che per qualche suo oscuro motivo sembra stimarti. Non volevo semplicemente mettere alla prova la societa del 482° nella persona di quella ragazza: stavo mettendo alla prova anche te, e tu hai fallito alla prima prova, esattamente come avevo pensato. E adesso, riponi quell'aggeggio, quella frusta neuronica, ed esci dalle mie stanze.»

«E tu sei venuto nelle mie stanze private, una volta,» disse Harlan, lentamente, lottando per conservare la propria dignita che gli sfuggiva come sabbia tra le dita, sentendo la mente e la volonta intorpidite come il mignolo sul quale aveva sperimentato la frusta neuronica, «Sei venuto per spingermi a fare quello che ho fatto.»

«Si, naturalmente. Se vuoi esprimere esattamente quello che ho fatto, puoi dire che ti ho indotto in tentazione. Ti ho detto la verita letterale… e cioe che tu avresti potuto conservare Noys soltanto nella Realta di quel momento. Tu hai deciso di comportarti non da Eterno, ma da ladro. Esattamente quello che mi aspettavo.»

«E sarei pronto a rifarlo,» disse Harlan, rabbiosamente. «E dal momento che sapete tutto, non ho piu niente da perdere.» Punto con maggiore decisione la frusta neuronica contro il ventre sporgente del Calcolatore, e disse, a denti stretti, «Cosa ne e stato di Noys?»

«Non ne ho idea.»

«Non raccontarmi storie. Cosa e successo a Noys?»

«Ti dico che non lo so.»

Le dita di Harlan si strinsero sull'impugnatura della frusta neuronica; la sua voce risuono bassa e minacciosa.

«Comincero con la gamba. Ti fara male.»

«Per l'amor del Tempo, ascolta! Aspetta!»

«Va bene. Cosa le e successo?»

«No, stammi a sentire. Fino a ora, la tua e stata soltanto un'infrazione disciplinare. La Realta non e stata influenzata. Ho controllato io stesso. Le tue mancanze sono relativamente minori: si risolvono in un comportamento indisciplinato, e nel modo irrispettoso col quale hai invaso i miei quartieri, e nel tono offensivo con cui mi parli. C'e la sovreccitazione del momento, che puo essere considerata una scusante. Ne uscirai solamente con una nota di demerito, e con una degradazione temporanea. Se adesso mi uccidi, pero, o se mi ferisci con l'intenzione di uccidermi, avrai attaccato un tuo superiore. Trattandomi, come adesso, come un tuo pari, manchi solo di rispetto. Se mi attacchi fisicamente, ferendomi o uccidendomi, sarai condannato a morte. A morte, capisci?»

Harlan sorrise, di fronte alla futilita di quella minaccia. Di fronte a tutto cio che era gia accaduto, la morte avrebbe offerto una via d'uscita senza uguali, per la sua semplicita e per la sua irrevocabilita.

Evidentemente, Finge fraintese i motivi di quel breve sorriso, perche si affretto a dire:

«Non credere che la pena di morte non esista, nell'Eternita, solo perche non hai mai assistito a un'esecuzione. Noi lo sappiamo, noi Calcolatori. E c'e di piu; sono gia avvenute delle esecuzioni. E molto semplice: in ogni Realta esiste un certo numero di incidenti mortali nei quali i cadaveri non vengono piu ritrovati. Dei razzi che esplodono in volo, degli aerei che precipitano nell'oceano, o si disintegrano urtando una montagna. Un assassino puo essere costretto a salire a bordo di uno di quegli apparecchi pochi minuti, o pochi secondi, prima che avvenga l'irreparabile. Ti sembra un rischio da correre, questo?»

Harlan si riscosse.

«Se cerchi di prendere tempo, nella speranza che venga qualcuno a soccorrerti, ti sbagli. Cerca di capire: io non ho paura di nessuna punizione. Inoltre, voglio Noys, la voglio subito. Lei non esiste nell'attuale Realta. Non ha analoghi. Non esiste alcun motivo per cui non si possa stabilire una relazione formale.»

«E contro i regolamenti, per un Tecnico…»

«Lasceremo decidere al Consiglio d'Ogniquando,» disse Harlan, e finalmente il suo orgoglio lo spinse a ribattere, «Non ho paura di una decisione contraria, esattamente come non ho paura a ucciderti. Io non sono un comune Tecnico.»

«Perche sei il Tecnico di Twissell?» domando Finge, e sul suo viso grassoccio e sudato apparve un'espressione che avrebbe potuto essere di odio, o di trionfo, o una mescolanza di entrambi.

«Per una ragione molto piu importante,» disse Harlan. «E adesso…»

Con cupa determinazione, sfioro il pulsante dell'arma.

Finge grido:

«E allora rivolgiti al Consiglio, al Consiglio d'Ogniquando; loro sanno. Se tu sei cosi importante…» si interruppe, gemendo.

Per un momento, il dito di Harlan esito.

«Che cosa?»

«Credi che io potessi agire unilateralmente, in un caso simile? Ho fatto rapporto sull'intero incidente al Consiglio, contemporaneamente all'annuncio del Mutamento di Realta. Ecco! Guarda le copie!»

«Aspetta, non muoverti!»

Ma Finge non si curo dell'ordine. Con una rapidita incredibile, raggiunse il suo classificatore. Con la punta delle dita formo la combinazione del documento che desiderava, che inseri poi nell'apposita fessura. Una lingua argentea di nastro perforato comincio a uscire dalla scrivania: la perforazione era appena visibile a occhio nudo.

«Vuoi ascoltarle? Ascolta!» grido Finge, come invasato. Premette un pulsante, senza aspettare risposta.

Harlan ascolto, raggelato. Era chiaro. Finge aveva fornito un rapporto completo. Aveva riferito tutti gli spostamenti di Harlan a bordo dei cronoscafi, nei minimi particolari. Non aveva trascurato un solo gesto del Tecnico, una sola mossa.

Quando il rapporto termino, Finge si volse ad Harlan, e grido:

«E adesso rivolgiti al Consiglio! Io non ho posto nessuna barriera nel Tempo. Non saprei neppure come fare. E non credere che a loro la faccenda non interessi! Tu hai detto che io ho parlato a Twissell, ieri. E esatto. Ma non sono stato io a chiamarlo; e stato lui a chiamare me. E adesso, vattene; vai a rivolgere la tua domanda a Twissell. Di' al Consiglio quanto sei importante. E se prima vuoi spararmi, sparami, falla finita, e accidenti a te!»

Harlan riconobbe il tono inconfondibile di selvaggia esultanza nella voce del Calcolatore. Era evidente che in quel momento lui si sentiva il vincitore, tanto da poter sfidare anche la morte ed essere ugualmente sicuro del successo.

Perche? La rovina di Harlan lo rendeva cosi felice, da fargli dimenticare tutto il resto, pur di conseguirla? La sua gelosia era una passione cosi violenta?

Harlan si pose fuggevolmente queste domande, e poi l'intera faccenda, e la persona di Finge, gli parvero irrilevanti. Cosa avrebbe ottenuto uccidendo quel misero individuo?

Infilo in tasca la sua arma, si volto, raggiunse la porta, deciso a raggiungere la piu vicina gabbia di un cronoscafo.

Era stato il Consiglio, dunque, o forse il solo Twissell. Non aveva paura di loro… era pronto ad affrontarli, uno per uno o tutti insieme.

Con il passare di ogni nuovo giorno, in quell'ultimo, incredibile mese della sua vita, Harlan si era convinto sempre piu di essere indispensabile. Il Consiglio, perfino il potente Consiglio d'Ogniquando, non avrebbe avuto scelta: avrebbe dovuto scendere a patti con lui, perche in cambio della vita di una ragazza lui poteva offrire la sopravvivenza dell'Eternita!

Загрузка...