Nessuno gli aveva rivolto domande. Nessuno lo aveva fermato. Nell'isolamento sociale di un Tecnico, per lo meno, c'era quel vantaggio. Aveva usato il corridoio dei cronoscafi per raggiungere una porta sul Tempo, e subito aveva regolato i comandi. C'era stata la possibilita che qualcuno fosse giunto nello stesso momento, per qualche missione legittima, e si fosse domandato per quale motivo la porta fosse stata in funzione. Aveva esitato, e poi aveva deciso di lasciare il proprio sigillo sui comandi. Una porta sigillata avrebbe attirato scarsa attenzione. Una porta priva di sigillo in funzione avrebbe causato sorpresa e meraviglia.
Naturalmente, era esistita la possibilita che lo stesso Finge si fosse presentato davanti a quella porta. Ma si era trattato di un rischio inevitabile, da correre.
Aveva trovato Noys come l'aveva lasciata. Erano passate delle ore maledette (delle fisioore, naturalmente!) dal momento in cui Harlan aveva lasciato il 482° per rientrare in una solitaria Eternita, ma lui era ritornato nello stesso Tempo, pochi secondi dopo il momento in cui se ne era andato. Aveva trovato Noys nella stessa posizione, nello stesso atteggiamento.
Lei lo aveva fissato, sorpresa:
«Hai dimenticato qualcosa, Andrew?»
Harlan l'aveva guardata con infinito desiderio, ma non aveva cercato di toccarla. Aveva ricordato le parole di Finge, e non aveva voluto correre il rischio di scontrarsi con un rifiuto. Le aveva detto, rigidamente:
«Devi fare quello che ti dico.»
«C'e qualcosa che non va, allora? Sei appena andato via. Sei andato via in questo preciso istante.»
«Non ti preoccupare,» aveva detto Harlan. Avrebbe voluto prenderle la mano e confortarla, ma non gli era stato possibile. Le aveva parlato invece in tono secco, duro, come se un oscuro demone lo avesse costretto a comportarsi sempre nella maniera sbagliata. Perche era ritornato nel primo istante accessibile, dopo quello della partenza? L'aveva turbata, con quel ritorno immediato dopo il commiato.
(In realta, aveva saputo fin dall'inizio la risposta a quella prima domanda. Lui aveva avuto un margine di sicurezza di due giorni, secondo la Carta Spazio-temporale: e la primissima parte di quel periodo di tregua gli avrebbe facilitato il compito, perche ben difficilmente qualcuno lo avrebbe scoperto. La tendenza a concentrare tutti gli avvenimenti nello stesso Tempo era sempre stata una caratteristica di molti Eterni; anche se in quel caso Harlan aveva corso un rischio inutile, quello di arrivare con troppo anticipo, entrando nel Tempo in un momento precedente a quello dell'incontro tra lui e Noys. E che cosa sarebbe accaduto, allora? E che cosa sarebbe accaduto, se lui avesse sbagliato di qualche ora? Era stato il primo rischio dal quale lo avevano messo in guardia, come Osservatore: una persona che occupava due punti nello stesso Tempo della stessa Realta correva il rischio di incontrare se stessa. Per qualche oscuro motivo, si trattava di un rischio che doveva essere evitato. Perche? Fin dall'inizio, Harlan aveva provato un'istintiva riluttanza all'idea d'incontrare se stesso. Non avrebbe mai voluto guardare negli occhi un Harlan piu giovane o piu vecchio. Oltre a questo, ci sarebbe stato un paradosso, e, come Twissell aveva ripetuto spesso, 'Non esistono dei paradossi nel Tempo, ma questo accade solo perche il Tempo evita deliberatamente i paradossi'.)
E mentre Harlan aveva pensato confusamente a tutte queste cose, Noys lo aveva fissato negli occhi, attenta, preoccupata:
«Sei nei guai,» aveva detto.
Agli occhi di Harlan, quello sguardo era sembrato innamorato e dolce. Eppure aveva saputo che questo non poteva essere. Lei aveva ottenuto cio che aveva desiderato. Cos'altro avrebbe potuto desiderare da lui? L'aveva afferrata per i polsi, e le aveva detto, raucamente:
«Vuoi venire con me? Subito? Senza fare domande? Sei disposta a fare esattamente quello che ti dico?»
«E necessario?» aveva domandato lei.
«Si, Noys. E molto importante.»
«Allora verro.» Lo aveva detto con semplicita, come se fosse stata una richiesta normale, di tutti i giorni.
Quando erano giunti davanti alla gabbia del cronoscafo, Noys aveva esitato per un momento, e poi aveva fatto un passo avanti.
«Andiamo avanti, Noys,» le aveva detto Harlan.
«Nel futuro, vuoi dire?»
Il cronoscafo aveva gia cominciato a ronzare sommessamente, quando Noys era salita a bordo, e la ragazza si era appena seduta quando Harlan aveva spostato i comandi.
Noys non aveva mostrato alcun segno di nausea all'inizio di quell'indescrivibile sensazione di 'movimento' attraverso il Tempo. Harlan lo aveva notato con soddisfazione.
Lei era rimasta seduta, in silenzio, cosi bella e cosi disinvolta e cosi sicura… e Harlan aveva sentito un nodo alla gola, e non aveva provato la minima ombra di pentimento per la colpa di cui si era macchiato… la colpa di avere introdotto nell'Eternita una Temporale, senza alcuna autorizzazione.
Lei aveva rotto il silenzio per prima.
«Quel quadrante mostra il numero degli anni, Andrew?»
«Dei Secoli.»
«Vuoi dire che siamo gia a mille anni di distanza nel futuro?»
«Esatto.»
«Non mi fa alcun effetto.»
«Lo so.»
Lei si era guardata intorno.
«Ma come facciamo a muoverci?»
«Non lo so, Noys.»
«Non lo sai?»
«Ci sono molte cose, nell'Eternita, che non e facile capire.»
I numeri avevano continuato a passare sul temporometro, muovendosi veloci, in rapida successione, cosi veloci da apparire indistinti. Con il gomito, Harlan aveva affrettato lo spostamento nel tempo. L'energia richiesta avrebbe potuto suscitare una certa perplessita nelle Centrali, ma Harlan non se ne era preoccupato troppo. Nessuno lo aveva aspettato nel corridoio, al suo ritorno nell'Eternita, e questa era stata la prova migliore del suo successo. Ora gli rimaneva semplicemente da portare Noys in un posto sicuro.
Harlan l'aveva guardata di nuovo. «Gli Eterni non sanno tutto.»
«E io non sono un'Eterna,» aveva detto lei. «E so cosi poco…»
Il cuore di Harlan aveva affrettato i battiti. Lei non si era considerata ancora un'Eterna? Ma allora, quanto gli era stato detto da Finge…
Lascia perdere, si era detto, mentalmente. Lascia stare le cose a questo punto. Lei viene con te. Ti sorride. Cosa vuoi di piu?
Ma non era riuscito a tacere.
«Tu pensi che gli Eterni vivano per sempre, vero?»
«Be', li chiamano tutti Eterni, e cosi tutti sono convinti che lo siano davvero.» Lei gli aveva rivolto un luminoso sorriso. «Ma non e vero, giusto?»
«Allora non lo pensi anche tu?»
«Dopo essere stata per un poco nell'Eternita, non l'ho piu pensato. La gente non parlava come se avesse dovuto vivere per sempre, e ho visto dei vecchi in giro.»
«Eppure mi hai detto che io avrei vissuto per sempre… quella notte.»
Lei si era avvicinata a lui, muovendosi sul sedile, continuando a sorridere:
«Ho pensato che poteva esserci sempre una possibilita.»
Harlan le aveva chiesto, senza riuscire a nascondere la tensione che lo aveva pervaso:
«Come puo diventare Eterno un semplice Temporale?»
Il sorriso era scomparso, sul volto di Noys, e per un istante Harlan aveva creduto di notare una traccia di rossore.
«Perche me lo chiedi?»
«Per saperlo.»
«E una sciocchezza. Preferirei non parlarne.» Aveva abbassato lo sguardo, osservandosi le dita affusolate e le unghie che nella luce soffusa del cronoscafo avevano riflesso soltanto un colore neutro, lattescente. Harlan aveva pensato, senza alcun motivo, a quelle unghie… unghie che durante una riunione serale, con l'aiuto di una lieve irradiazione ultravioletta, potevano brillare di un verde pastello o di un rosso cupo, a seconda della posizione delle mani. Una ragazza abile, come Noys, avrebbe potuto trarre una mezza dozzina di colori da quelle unghie, dando l'impressione che quei colori riflettessero il suo stato d'animo. L'azzurro come simbolo dell'innocenza, il giallo per l'allegria, il viola per il dolore, e il rosso per la passione.
«Perche hai fatto all'amore con me?» le aveva chiesto.
Lei aveva scosso il capo, e lo aveva guardato, pallida e seria in volto.
«Se proprio vuoi saperlo, l'ho fatto in parte per la teoria che dice come una ragazza possa diventare Eterna in questo modo. Non mi dispiacerebbe di vivere per sempre.»
«Credevo che tu non credessi a questa teoria. Me l'hai appena detto.»
«Infatti non ci credevo, ma come ti ho detto, non si puo mai essere sicuri. Non c'e niente di male a provare. Tanto piu che…»
L'aveva fissata duramente, con un volto oscurato dalla disapprovazione, cercando rifugio nella morale del suo Secolo natale, per sfuggire a quella delusione.
«Ebbene?»
«Tanto piu che desideravo farlo comunque.»
«Desideravi fare all'amore con me?»
«Si.»
«Perche proprio con me?»
«Perche mi piacevi. Perche mi sembravi cosi buffo.»
«Buffo?…»
«Be', strano, se preferisci questo termine. Ti sforzavi sempre di non guardarmi, e invece mi guardavi sempre. Cercavi di detestarmi, e capivo che mi desideravi. Credo di avere provato un po' di compassione per te.»
«Perche?» Il volto di Harlan era stato in fiamme.
«Perche dovevi soffrire tanto perche mi desideravi. E una cosa tanto semplice, invece. Devi solo chiederlo alla ragazza che desideri. E cosi facile essere amici. Perche soffrire?»
Harlan aveva annuito. La morale del 482°!
«Basta solo chiederlo alla ragazza,» aveva borbottato. «Cosi semplice. Non e necessario nient'altro.»
«La ragazza deve essere d'accordo, naturalmente. Ma se non e impegnata con un altro, generalmente e disposta. Perche no? Mi sembra cosi semplice.»
A questo punto, era stato Harlan ad abbassare lo sguardo. Naturalmente, era stato tutto cosi semplice. E non c'era stato niente di male. Non nel 482°. E chi avrebbe potuto saperlo meglio di lui, in tutta l'Eternita? Sarebbe stato uno stupido, un maledetto stupido, se in quel momento le avesse chiesto quali fossero state le sue precedenti relazioni. Sarebbe stato come domandare a una ragazza del suo Secolo natale quante volte avesse mangiato in presenza di un uomo, e come avesse osato farlo.
Le aveva detto invece, in tono umile:
«E adesso che cosa pensi di me?»
«Che sei molto carino,» aveva detto, dolcemente. «E che se ti lasciassi un po' andare… perche non sorridi?»
«Non c'e niente da sorridere, Noys.»
«Ti prego! Voglio vedere se le tue labbra sono capaci di piegarsi… se le tue guance rispondono come dovrebbero. Non ti ho mai visto sorridere. Ti prego!» Aveva posato gli indici sugli angoli della bocca di Harlan, e gli aveva tirato le labbra. Lui aveva sollevato di scatto il capo, per la sorpresa, e non aveva potuto fare a meno di sorridere.
«Visto? Neanche una ruga nelle guance. Sei quasi bello. Con un po' di esercizio… rimanendo davanti allo specchio, e imparando a sorridere, e ad avere l'espressione giusta negli occhi… scommetto che riusciresti ad essere veramente bello.»
Ma il sorriso, che era gia stato fragile, era svanito del tutto.
Noys aveva detto:
«Siamo veramente nei guai, vero?»
«Si, Noys. Guai grossi.»
«Per quello che abbiamo fatto? Tu e io, quella sera?»
«Non e esattamente questo il motivo.»
«E stata colpa mia, lo sai. Se vuoi, lo dichiarero a tutti.»
«Non fare mai una cosa simile!» aveva esclamato Harlan, con veemenza. «Non pensare di essere colpevole. Non hai fatto niente, niente, di male. E un'altra cosa…»
Noys aveva osservato il temporometro, con espressione inquieta.
«Dove siamo? Non riesco nemmeno a vedere i numeri.»
«Quando e il termine piu esatto,» l'aveva corretta Harlan, facendo rallentare il cronoscafo, in modo che i numeri dei Secoli fossero visibili.
I meravigliosi occhi di Noys si erano spalancati. «E giusto?»
Harlan aveva dato una breve occhiata all'indicatore. Il 72.000°.
«Sono sicuro che e giusto.»
«Ma dove stiamo andando?»
«Quando, come ti ho gia detto, e il termine giusto da usare. Andiamo avanti, il piu lontano possibile,» le aveva detto, con calma. «Molto lontano. Dove non potranno trovarti.»
E in silenzio avevano osservato i numeri cambiare sull'indicatore. Silenziosamente, Harlan aveva continuato a ripetersi che la ragazza doveva essere innocente, che le accuse di Finge erano state dettate solo dalla collera e dalla gelosia. Lei era stata sincera nel rivelargli che quella esposta da Finge era stata solo una parte della verita, e che l'altra parte era stata dovuta a un'attrazione personale.
E poi aveva sollevato lo sguardo, perche Noys aveva cambiato posizione. Si era alzata, era venuta nella parte occupata da Harlan e, con un gesto risoluto, aveva fermato il cronoscafo, abbassando la leva con la mano, e provocando una brusca decelerazione temporale.
Harlan aveva deglutito, e aveva chiuso gli occhi, per vincere l'ondata di nausea. Poi aveva detto:
«Che cosa succede?»
La ragazza era stata pallidissima, e per un momento non aveva risposto. Poi aveva ritrovato la voce:
«Non voglio andare piu avanti. Il numero e gia cosi alto!…»
Il temporometro aveva indicato il 111.394°. Harlan aveva annuito:
«Penso che basti cosi.» Poi le aveva teso la mano:
«Vieni, Noys. Questa sara la tua casa, per un po' di tempo.»
Avevano percorso i corridoi silenziosi come bambini, tenendosi per mano. Le luci erano state accese, nei corridoi, e per illuminare le stanze buie era stato sufficiente un tocco della mano. L'aria era stata fresca e pulita, aveva indicato l'esistenza di un sistema di ventilazione in funzione.
Noys aveva bisbigliato:
«Non c'e nessuno, qui?»
«Nessuno,» aveva risposto Harlan. Aveva cercato di dirlo con voce sicura e tranquilla. Avrebbe voluto dissipare l'incantesimo che era stato prodotto in lui dalla consapevolezza di trovarsi in uno dei Secoli Nascosti, ma la sua voce era uscita in un rauco bisbiglio, malgrado tutta la sua determinazione.
Non aveva saputo neppure come chiamare un punto cosi lontano nel tempo. Chiamarlo 'il 111.394°' sarebbe stato certamente ridicolo. Sarebbe stato piu semplice riferirsi all'intera epoca… 'il centomila'.
Si era trattato di un problema stupido… soprattutto dopo tutto quello che Harlan aveva gia passato… eppure, nel momento in cui il senso di eccitazione prodotto dalla fuga si era attenuato, egli si era ritrovato solo in una regione dell'Eternita mai toccata dai piedi umani, e l'idea gli era sembrata subito paurosa e raggelante. Aveva provato un senso di vergogna, raddoppiato dalla consapevolezza della presenza di Noys, come testimone della sua debolezza… un senso di vergogna, perche quel lieve senso di freddo che aveva avvertito dentro di se era stato, inconfondibilmente, il brivido della paura.
«E cosi pulito,» aveva detto Noys. «Non si vede un granello di polvere.»
«La pulizia e automatica,» aveva risposto il Tecnico. Aveva compiuto uno sforzo violento per riportare la propria voce a un tono quasi normale. «Ma qui non c'e nessuno, ne avanti ne indietro nel Tempo, per migliaia e migliaia di Secoli.»
Apparentemente, Noys aveva accettato quelle parole con una certa calma.
«E tutto e pronto, come qui? Passando, ho visto dei depositi di viveri, delle librerie. Hai visto anche tu?»
«Si, ho visto. Oh, qui tutto e perfettamente a posto. Tutte le Sezioni sono pronte ed equipaggiate.»
«Ma perche, se qui non viene mai nessuno?»
«E logico,» aveva detto Harlan. Il semplice fatto di parlarne aveva dissipato in parte l'atmosfera spettrale. Dicendo ad alta voce quello che aveva saputo fino a quel momento in astratto, certamente avrebbe isolato il problema, scoprendone il lato pratico, prosaico. E cosi aveva proseguito, «Agli inizi dell'Eternita, verso il 300° Secolo, venne inventato il duplicatore di massa. Sai che cosa significa? Creando un campo di risonanza, l'energia poteva essere convertita in materia con le particelle subatomiche che assumevano l'esatta disposizione di quelle del modello usato. Ne risultava una copia esatta.
«Noi dell'Eternita ci appropriammo dell'apparecchio, usandolo per i nostri scopi. In quel tempo erano state costruite solo seicento o settecento Sezioni. Avevamo dei progetti di espansione, naturalmente; lo slogan dell'epoca era 'Dieci nuove Sezioni per ogni fisioanno'. Il duplicatore di massa rese inutili queste fatiche. Costruimmo una nuova Sezione completa di riserve di cibo, d'acqua, di energia, attrezzandola con tutti i dispositivi automatici piu progrediti; poi regolammo la macchina, e riproducemmo la Sezione, una per ogni Secolo, per tutta l'Eternita. Non so per quanto tempo abbiamo continuato a riprodurle… credo che ce ne siano per milioni e milioni di Secoli.»
«Tutte uguali a questa, Andrew?»
«Tutte uguali a questa. E mano a mano che l'Eternita si espande, noi ci limitiamo a occupare le Sezioni gia esistenti, adattando l'unico modello alla moda corrente del Secolo. L'unico problema nasce quando ci troviamo in un Secolo orientato sull'energia. Noi… noi non abbiamo ancora raggiunto questa Sezione.» (Sarebbe stato inutile rivelarle che gli Eterni non potevano penetrare nel Tempo in nessuno dei Secoli Nascosti. Che cosa avrebbe potuto cambiare, se lei lo avesse saputo?)
L'aveva fissata, e aveva colto un'ombra di turbamento sul suo volto. Si era affrettato ad aggiungere:
«La costruzione di tutte le Sezioni non e stata uno spreco. Ci voleva solo dell'energia, e potendo attingere alla riserva della nova…»
«No,» lo aveva interrotto Noys. «Solo che io non ricordo…»
«Che cosa?»
«Mi hai detto che il duplicatore e stato inventato intorno al 300°. Nel 492° non lo possediamo. Non ricordo di avere visto nulla del genere, nei testi di storia.»
Harlan aveva taciuto per un momento, pensieroso. Benche Noys fosse stata alta quasi quanto lui, d'un tratto si era sentito un gigante, nei suoi confronti. Noys era diventata una bambina, in quel momento, e lui era stato un semidio dell'Eternita, che avrebbe dovuto insegnarle tante cose, e condurla gradualmente e pazientemente alla verita.
Serio in volto, le aveva detto:
«Noys, cara, cerchiamo una stanza dove sederci comodamente e… e poi dovro spiegarti alcune cose.»
Il concetto di una Realta variabile, di una Realta che non era fissa ed eterna e immutabile, non era facile, e nessuno poteva affrontarlo con noncuranza.
Spesso, durante il sonno, Harlan ricordava i primi giorni trascorsi nell'Eternita, quando era stato un Cucciolo… e ricordava soprattutto i tentativi dolorosi compiuti per separarsi per sempre dal suo Secolo e dal Tempo.
Occorrevano sei mesi perche un normale Cucciolo apprendesse tutta la verita, e scoprisse che non avrebbe mai piu potuto fare ritorno a casa, nel senso piu letterale dell'espressione. Non era soltanto la legge dell'Eternita a impedirgli questo ritorno, ma il semplice, terribile fatto che la vecchia casa, come il Cucciolo l'aveva conosciuta, probabilmente non esisteva piu… anzi, non era mai esistita.
Questa rivelazione colpiva i Cuccioli in maniera diversa, a seconda del loro carattere e della loro sensibilita. Harlan ricordava ancora il viso di Bonky Latourette, che era impallidito spaventosamente il giorno in cui l'Educatore aveva chiarito al di la di ogni dubbio la vera natura della Realta.
Nessuno dei Cuccioli aveva cenato, quella sera. Erano rimasti insieme, rannicchiandosi in cerca di un po' di conforto nella reciproca vicinanza, tutti, a eccezione di Latourette, che era scomparso. C'erano state molte false risate, e molti tentativi di fare dello spirito, tutti miseramente falliti.
Qualcuno aveva detto, con voce un po' tremula e incerta:
«Allora suppongo di non avere una madre. Se tornassi nel 95°, mi chiederebbero, 'Chi sei? Non ti conosciamo. Non risulti da nessun documento. Non esisti. Chi sei?'.»
Avevano sorriso, debolmente, e avevano chinato il capo, ragazzi smarriti in una grande solitudine, ai quali non era rimasto niente all'infuori dell'Eternita.
All'ora di andare a coricarsi avevano trovato Latourette gia a letto; il ragazzo era stato profondamente addormentato, e il suo respiro era stato lieve e irregolare. C'era stato il leggero rossore di un'iniezione, nell'incavo del gomito sinistro, e fortunatamente anche quel segno era stato notato.
Yarrow era stato chiamato immediatamente, e per qualche tempo era sembrato che il numero dei Cuccioli fosse diminuito di una unita, ma alla fine anche Latourette era stato riportato tra i vivi. Una settimana dopo, era stato nuovamente al suo posto. Tuttavia da quel giorno il segno della rivelazione aveva pesato sulla sua personalita; era stato un peso che Latourette aveva sempre portato con se.
E in quel momento, in quel Secolo remoto, Harlan aveva dovuto spiegare la Realta a Noys Lambent, una ragazza che non era stata molto piu vecchia di quei Cuccioli sperduti, e aveva dovuto spiegare tutto in una volta sola, e in tutti i particolari. Era stato costretto a farlo; non c'era stata altra scelta. Aveva subito compreso la necessita di farle conoscere cio che avrebbe dovuto affrontare, e quello che avrebbe dovuto fare.
Cosi le aveva detto ogni cosa. Si erano seduti a una gran tavola rotonda, mangiando carne e frutta in scatola e bevendo latte, e Harlan le aveva spiegato la verita.
Aveva cercato di farlo nella maniera meno violenta, ma non c'era stato bisogno di quella precauzione. La ragazza aveva capito rapidamente ogni concetto, e quando Harlan era giunto a meta della sua spiegazione, aveva cominciato a capire, con grande sorpresa, che Noys Lambent non aveva mostrato una reazione negativa, tutt'altro. Non aveva avuto paura. Non aveva mostrato alcun segno di smarrimento. Gli era sembrata semplicemente in collera.
La collera era apparsa sul volto di Noys, aveva brillato nei suoi occhi scurissimi.
«Ma e criminale,» aveva esclamato. «Chi sono gli Eterni, per fare una cosa simile?»
«E per il bene dell'umanita,» aveva detto Harlan. Naturalmente, aveva saputo che sarebbe stato impossibile farle capire esattamente questo. Il pensiero di un Temporale era strettamente legato al Tempo; Harlan lo aveva saputo fin dall'inizio.
«Davvero? Immagino che sia stato eliminato cosi il duplicatore di massa.»
«Ne possediamo ancora delle copie. Non preoccuparti di questo; l'abbiamo conservato.»
«Voi lo avete conservato. E noi, allora? Noi del 482° potremmo averlo, ora, e invece non lo abbiamo.»
«Non vi avrebbe portato niente di buono. Ascolta, cara, non eccitarti e ascolta.» Con un movimento quasi convulso (avrebbe dovuto imparare a toccarla in maniera naturale, e non in maniera tale da spaventarla) le aveva preso la mano, e l'aveva stretta con forza.
Per un momento, lei aveva cercato di liberarsi da quella stretta, poi si era rilassata, e aveva trovato perfino la forza di ripetere:
«Oh, va' avanti, sciocco, e smettila con quell'aria cosi solenne. Non sto dando la colpa a te personalmente!»
«Non devi dare la colpa a nessuno. Non esiste alcuna colpa. Noi facciamo quello che deve essere fatto. Quel duplicatore di massa e un caso classico. L'ho studiato a scuola. Quando si e in grado di duplicare una massa, si e anche in grado di duplicare un essere umano. Il problema che ne scaturisce e estremamente complesso.»
«Non spetta alla societa risolvere i propri problemi?»
«Si, ma noi abbiamo studiato quella societa nel corso del Tempo, ed essa non ha risolto il problema in modo soddisfacente. E ricorda sempre che un insuccesso di questo tipo non colpisce solo la societa di quel tempo, ma anche tutte le successive. In realta, il problema del duplicatore di massa non ha alcuna soluzione soddisfacente. E una di quelle cose che non possono essere permesse, come le guerre atomiche. Gli sviluppi non sono mai soddisfacenti.»
«Perche ne siete cosi sicuri?»
«Abbiamo le nostre macchine Calcolatrici, Noys; dei Computaplex infinitamente piu perfezionati di quelli esistenti nelle singole Realta. Queste macchine Calcolano le possibili Realta e il grado di opportunita di ciascuna, sommando migliaia e migliaia di possibili varianti.»
«Delle macchine!» aveva detto lei, in tono sprezzante.
Harlan aveva corrugato la fronte, poi aveva detto:
«Non fare cosi, adesso. Naturalmente tu reagisci a questa scoperta… e una reazione naturale per chi scopre che la vita non e solida come la si credeva. Tu, e il mondo nel quale hai vissuto, un anno fa non erano forse che una remota probabilita, ma cosa importa? Tu hai tutti i tuoi ricordi, e che importa se questi ricordi appartenevano a un mondo crepuscolare che un Mutamento ha reso possibile? Tu ricordi la tua infanzia e i tuoi genitori, vero?»
«Certo.»
«Quindi e esattamente come se l'avessi vissuta, no? Non e cosi? Voglio dire, indipendentemente dalla Realta?»
«Non lo so. Dovro pensarci. E se domani quel mondo ritornasse un fantasma, un'ombra, o come altrimenti lo vuoi chiamare?»
«Allora ci sarebbe una nuova Realta, e una nuova Noys occuperebbe quella Realta, con nuovi ricordi. Proprio come se non fosse accaduto niente… solo che il totale della felicita umana sarebbe stato nuovamente aumentato.»
«Qualcosa non mi piace, in questa soluzione. Non la trovo soddisfacente.»
«Inoltre,» si era affrettato ad aggiungere Harlan, «Ormai a te non accadra piu niente. Ci sara veramente una nuova Realta, ma tu ora sei nell'Eternita. Non sarai cambiata.»
«Ma non hai appena detto che sarebbe stato lo stesso? Perche prenderti tanti disturbi, se il risultato sarebbe uguale?»
Harlan aveva detto, con un improvviso ardore:
«Perche io ti voglio come sei. Esattamente come sei. Non voglio che tu cambi, in nessun modo…»
Per un momento era stato sul punto di rivelarle la verita… di dirle che senza il vantaggio della superstizione sugli Eterni e sulla vita eterna, lei non avrebbe mai iniziato una relazione con lui.
Noys lo aveva fissato, con espressione seria:
«Dovro rimanere qui per sempre, allora? Mi sembra cosi… solitario.»
«No, no. Non pensarci,» le aveva detto, stringendole le mani con forza. «Io cerchero di scoprire quello che tu sarai nella nuova Realta del 482°, e tu farai ritorno nel tuo Secolo travestita, naturalmente in senso figurato. Mi occupero io di tutto. Chiedero che la nostra relazione divenga ufficiale, e faro in modo che tu rimanga inalterata, attraverso tutti i futuri Mutamenti di Realta. Io sono un Tecnico dei migliori, e conosco bene i Mutamenti.» Poi aveva aggiunto, a denti stretti, «E conosco certe altre cose importanti, altrettanto bene…» poi si era interrotto.
«Tutto questo e consentito?» aveva domandato Noys. «Voglio dire, e possibile condurre delle persone nell'Eternita, e impedire che esse vengano cambiate? Da quello che mi hai detto, non mi sembra… giusto.»
Per un momento Harlan si era sentito minuscolo e tremante nell'immenso vuoto delle migliaia di Secoli che lo avevano circondato, avanti e indietro nel Tempo. Per un momento, si era sentito tagliato fuori perfino dall'Eternita, sua unica casa e la sua unica fede, doppiamente escluso dal Tempo e dall'Eternita; e gli era parso che solo la donna per la quale egli aveva sfidato il suo mondo, e abbandonato ogni cosa, fosse rimasta al suo fianco.
Le aveva risposto, e nella sua voce c'era stata una profonda, intensa sincerita:
«No, si tratta di un delitto. E uno dei delitti piu grave, e ne provo molta vergogna. Ma lo rifarei, se fosse necessario, anche mille volte.»
«Per me, Andrew? Per me?»
Non aveva alzato lo sguardo. Non l'aveva guardata negli occhi.
«No, Noys. Per me. Non posso sopportare neppure l'idea di perderti.»
«E se ci prendessero…?» aveva domandato lei.
Harlan aveva conosciuto la risposta, anche per quella domanda. Aveva conosciuto la risposta da quel momento di rivelazione improvvisa, nel letto del 492°, con Noys addormentata al suo fianco. Ma non aveva osato pensare alla folla verita, neppure in quel momento.
«Non ho paura di nessuno,» le aveva detto. «So come proteggermi: ne ho i mezzi. Loro non immaginano neppure quello che so!»