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La figura intabarrata della Saladiana fece due passi avanti e si fermò. McErlain si mise tra di lei e il disco, obbligandola ad allontanarsi.

— Tenetela lì, sergente. — La voce di Giyani sembrava quasi soddisfatta. — Dopo tutto, può darsi che faremo in tempo a tornare per colazione.

— Ecco quello che cercava — disse il tenente Kelvin. — Scommetto che è una specie di salvagente. Di là c’è il nostro tempo.

Surgenor si fece schermo con una mano e sbirciò nel disco. Le stelle sembravano proprio quelle che aveva visto splendere sopra il deserto saladiano nel XXIII secolo d.C., anche se doveva ammettere che le stelle spesso si assomigliano. Ebbe un brivido, e si accorse che una leggera brezza proveniva dalle sue spalle e soffiava apparentemente verso l’enigmatico disco. Si avviò attraverso la vegetazione intatta, che separava l’inizio della pista tracciata dal modulo e il disco nero.

— Cosa vuoi fare, David? — chiese Giyani.

— Solo un piccolo esperimento. — Surgenor si fermò vicino al disco, il cui orlo inferiore era sospeso appena sopra la sua testa. Aspirò profondamente dalla sigaretta e soffiò il fumo verso l’alto. La nuvola, dopo essersi alzata per un breve tratto, venne risucchiata nel buio. Surgenor gettò nel disco il mozzicone. Il cilindro bianco brillò per un attimo nel sole, ma non fu attratto dall’interno del disco.

— C’è una differenza di pressione — disse, ritornando verso gli altri. — L’aria calda scorre attraverso il buco. Nel futuro, immagino.

Insieme a Giyani e a Kelvin, girarono attorno al disco, ma dall’altra parte sembrava che non esistesse. Si vedeva solo McErlain, impassibile, che sorvegliava la prigioniera col fucile imbracciato. Giyani prese una moneta dalla tasca e la gettò verso il punto dove doveva trovarsi il disco. La monetina cadde a terra, vicino a McErlain.

— È una tentazione — disse Giyani mentre tornavano al punto di partenza, osservando il buio trasformarsi da una linea, a un’ellisse, a un cerchio. — Sarebbe bello pensare che dobbiamo solo saltare attraverso quel cerchio per arrivare nel nostro tempo sani e salvi; ma come possiamo esserne sicuri?

Kelvin si passò una mano sulla fronte. — Ma signore, è ovvio. Altrimenti perché ci sarebbe?

— Cercate di ragionare, tenente. Capisco che siate ansioso di tornare alla nave, ma non bisogna essere troppo precipitosi. Pensate davvero che i Saladiani siano avversari così generosi che prima vi ripuliscono a poker, e poi vi ridanno indietro i soldi?

— Signore?

— Perché avrebbero dovuto colpirci con una bomba temporale, e poi salvarci? Come facciamo a sapere che non c’è un salto di un migliaio di metri dall’altra parte di quel buco?

— In questo caso non riuscirebbero a salvare la loro donna.

— Chi lo dice? Dopo che abbiamo fatto il salto e ci siamo ammazzati, potrebbero spostarlo in qualche modo, e lasciarla passare sana e salva.

La faccia di Kelvin divenne dubbiosa. — Mi sembra troppo complicato, signore. E se mandassimo la prigioniera per prima?

— Così dopo potrebbero chiudere il passaggio. Non voglio complicare le cose, tenente, ma non possiamo permetterci di sbagliare.

Giyani raggiunse la donna silenziosa, indicò il disco e fece un movimento ad arco con la mano. Lei lo guardò per un momento, emise un leggero sibilo e ripeté il movimento. Poi tornò a guardare il sergente McErlain, e i loro sguardi si incontrarono come se fra i due vi fosse un qualche rapporto. Surgenor cominciò ad osservarli.

— Vedete, signore — disse Kelvin. — Dobbiamo saltare.

— Ne siete sicuro, tenente? Potete garantire che quando un Saladiano ripeté un gesto questo non significhi “no”, oppure “annullare”?

Surgenor staccò gli occhi dal sergente. — Dobbiamo pur partire da qualche premessa. Proviamo a buttare qualcosa di pesante nel buco, e vediamo se fa rumore arrivando dall’altra parte.

Giyani fece un cenno di assenso. Surgenor raggiunse il piccolo cratere creato dal primo impatto del Modulo Cinque e prese una pietra grossa come un pallone da calcio. La riportò indietro, e usando entrambe le mani la gettò nel cerchio di oscurità. La sua scomparsa fu seguita da un completo silenzio.

— Questo non prova niente — disse Surgenor dopo l’esperimento. — Forse il suono non passa attraverso l’apertura.

— Il suono è una vibrazione — disse Giyani pedantemente. — Anche la luce è vibrazione, e noi possiamo vedere le stelle.

— Ma… — Surgenor cominciava a perdere la pazienza. — Io sono pronto a correre il rischio.

— Ci sono! — intervenne Kelvin. — Possiamo dare un’occhiata in basso. — Senza attendere il permesso del maggiore si arrampicò sul tronco di un albero, poi su un ramo che sporgeva orizzontalmente verso il disco scuro. Quando fu arrivato il più vicino possibile, si alzò in piedi, aggrappandosi ai rami sopra la sua testa per tenersi in equilibrio, e si fece ombra agli occhi.

— Tutto bene, signore — gridò. — Si vede la superficie del deserto.

— A che distanza?

— Meno di un metro. Di là il terreno è a un livello più alto che da questa parte.

— È questo che ha provocato l’impatto al nostro arrivo — disse Surgenor. — Siamo stati fortunati che il livello sia cambiato tanto poco in qualche milione di anni.

Inaspettatamente, Giyani sorrise. — Buon lavoro, tenente. Scendete, e vediamo di costruire una rampa, o qualcosa del genere, per arrivare al disco.

— E perché? — La voce di Kelvin era tesa, e una smorfia disperata gli alterava i lineamenti. — Posso saltare da qui.

— Tenente! Scendete… — Giyani non finì la frase. Kelvin si tuffò a testa avanti verso il cerchio, ma scivolò e la traiettoria fu più bassa del previsto. Mentre il suo corpo spariva nel settore inferiore del disco, una delle caviglie urtò contro l’orlo. Lo stivale cadde fra la vegetazione, con un tonfo pesante. Ancora prima di vedere il sangue, Surgenor seppe che il piede di Kelvin era ancora nello stivale.

— Che idiota! — disse Giyani disgustato. — Questa volta è spacciato.

— Non preoccupatevi per questo — gridò Surgenor. — Guardate il cerchio. Il disco nero si stava stringendo.

Surgenor lo osservò contrarsi, affascinato, come l’iride di un occhio investito da una luce troppo forte, finché il suo diametro si ridusse a un paio di metri. Anche quando si fu fermato continuò ad osservarne i contorni, come per rassicurarsi che la porta verso il futuro non stava per sparire del tutto. — È un guaio, David — mormorò Giyani. — È un vero guaio.

Surgenor annuì. — Si direbbe che la forza che tiene aperto il buco si esaurisca parzialmente ogni volta che qualcosa lo attraversa. E se la contrazione è proporzionale alla massa trasportata… Che diametro poteva avere prima che Kelvin lo attraversasse?

— Circa tre metri.

— Ora saranno un paio. Questo significa che l’area è stata… dimezzata.

I tre uomini si guardarono l’un l’altro, eseguendo mentalmente il semplice calcolo che li rendeva mortali nemici. E lentamente, istintivamente, si allontanarono l’uno dall’altro.

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