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— Ascolta queste parole — disse Surgenor nel silenzio della sua cabina.

— Ti ascolto, David.

— Le cose stanno peggiorando.

— Questa affermazione è troppo generica per avere un qualsiasi…

— Aesop! — Surgenor tirò un profondo respiro, ricordandosi che era inutile arrabbiarsi con un computer, per quanto dotato di parola.

— Mi riferisco alla tensione psicologica degli uomini. I segni si fanno sempre più evidenti.

— Ho osservato un aumento dei battiti cardiaci e una diminuzione della resistenza epidermica, ma solo occasionalmente. Non c’è motivo di allarme.

— Ah, non c’è motivo di allarme? Aesop, non ti è mai venuto in mente che io, essendo un essere umano, potrei saperne più di te su quello che succede nella testa di un essere umano? Voglio dire, tu non sei in grado di capire fino in fondo come ragiona un uomo.

— A me interessano di più le sue azioni, ma se avessi bisogno di informazioni sullo stato mentale dell’equipaggio, potrei sempre fare riferimento ai riassunti dei Rapporti Finali delle Missioni svoltesi negli ultimi secoli. Solo quelli del Servizio Cartografico constano di circa otto milioni di parole; quelli militari, per loro natura più estesi…

— Non ricominciare, adesso. -Un nuovo pensiero colpì Surgenor. — Supponiamo che ci siano motivi di allarme, supponiamo che le cose cominciassero effettivamente a diventare incontrollabili… tu cosa potresti fare?

La voce di Aesop era serena. — Potrei fare molte cose, David, ma direi che la semplice immissione di una sostanza psicotropica nell’acqua sarebbe sufficiente a ristabilire le condizioni normali.

— Tu avresti il potere di somministrare tranquillanti agli esseri umani ogni volta che vuoi?

— No. Solo quando vogliono loro.

Ancora una volta, Surgenor fu quasi certo che il computer usava la duttilità linguistica di cui era stato dotato per prendersi gioco di lui. — È sempre troppo per i miei gusti. Mi chiedo in quanti siano a saperlo.

— È impossibile calcolarne il numero. Però posso darti un’informazione importante.

— Cioè?

— Questa: che qualunque cosa tu possa ancora dire, non torneremo sulla Terra prima del venticinque dicembre. Surgenor guardò freddamente l’altoparlante montato sulla parete della cabina.

— Leggi dentro di me come se fossi un libro aperto, vero?

— Non esattamente, David. Ho qualche difficoltà a leggere i libri.

— Aesop, lo sai che hai un atteggiamento odiosamente arrogante?

— Questi aggettivi non hanno senso nel mio… — Aesop si interruppe a metà della frase, una cosa che Surgenor non gli aveva mai sentito fare prima. Dopo una pausa riprese con un tono di urgenza nella voce. — C’è un incendio nell’hangar.

— È grave? — Surgenor prese gli stivali e cominciò a infilarseli.

— C’è una certa concentrazione di fumo, ma registro solo un focolaio localizzato, e non ci sono corto circuiti. La situazione sembra facilmente controllabile dai miei sistemi automatici.

— Scenderò a dare un’occhiata — disse Surgenor, rilassandosi al pensiero che non si trattava di una catastrofe. Usci dalla cabina e raggiunse la scaletta principale, la scese di corsa e si precipitò verso la rampa che conduceva in basso, affollata di uomini ansiosi di vedere cosa fosse successo. L’hangar circolare era pieno di un fumo oleoso, che oscurava i contorni dei sei veicoli d’esplorazione nei loro box, ma mentre Surgenor entrava si rese conto che i condizionatori stavano già provvedendo ad aspirarlo dalle griglie nel soffitto. In poco più di un minuto, il fumo era sparito, tranne che per alcune volute che si alzavano da una scatola appoggiata a uno dei banconi.

— Ho spento il sistema anti-incendio a ultrasuoni — annunciò Aesop. — Completate l’estinzione manualmente.

— Guardate qua. — Voysey, che era arrivato per primo al bancone, prese un piccolo coltello laser appoggiato in modo che la lama colpisse una scatola metallica che conteneva olio usato. — Qualcuno l’ha lasciato acceso a bassa potenza. — Osservò attentamente l’arnese. — Questo affare è pericoloso. La protezione è rotta. Ecco perché ha provocato l’incendio.

Mentre uno degli uomini gettava una granata anti-incendio nella scatola, Surgenor si fece dare il coltello da Voysey e lo esaminò. La piastra di protezione era stata scardinata completamente, in una maniera che a lui non pareva per niente accidentale. Un altro fatto strano era che la vaschetta per l’olio usato, con il foro bruciacchiato su uno dei lati, di solito stava a terra, legata alla gamba del bancone. Pareva che qualcuno avesse cercato deliberatamente di provocare l’incendio, ma questa era una cosa che nessuna persona sana di mente avrebbe mai fatto. Un’astronave era una macchina costruita per proteggere gli uomini da un ambiente ostile quanto nessun altro, ed era impensabile che qualcuno cercasse di danneggiarla…

— Siamo stati fortunati — disse Voysey. — Non ci sono stati danni.

Aesop intervenne immediatamente. — Questo è ancora da vedere, signori. L’aria nell’hangar era stata filtrata e purificata per lavori di revisione ai circuiti elettronici dei moduli Uno, Tre e Sei. Tutte le unità esposte dovranno essere ispezionate per verificare la possibilità di contaminazione, quindi ripulite e sottoposte a controlli. Suggerirei di iniziare immediatamente il lavoro. In caso contrario, la prossima esplorazione dovrà subire un rinvio.

Si udirono brontolii di protesta da parte di alcuni, ma Surgenor sospettava che, in realtà, quasi tutti fossero contenti di avere un lavoro veramente necessario da fare: rompeva la monotonia del viaggio, e dava loro la sensazione di essere utili. Si mise al lavoro, mettendo da parte i suoi sospetti sull’origine dell’incendio, e trascorse due ore immerso nel controllo di circuiti stampati. I moduli erano stati progettati per essere riparati in gran parte mediante sostituzione, in modo che non fossero necessarie conoscenze specialistiche per procedere a una riparazione, ma nonostante ciò il controllo e la sostituzione di componenti importanti era un lavoro che richiedeva concentrazione. Come sempre, Aesop assisteva e controllava le operazioni. I suoi microscopi diagnostici a lunga portata, montati sul soffitto, si muovevano di tanto in tanto, mentre proiettavano su un grande schermo le immagini enormemente ingrandite dei circuiti.

Quando finalmente il pasto serale venne servito dalla cucina automatica, Surgenor era stanco morto, ma soddisfatto. Con suo grande sollievo, la cena si svolse senza litigi fra Hilliard e Barrow. Finito di mangiare, la maggior parte degli uomini si mise a guardare un olofilm. Surgenor bevve due whisky abbondanti, si accorse che si stava abbandonando pericolosamente alla nostalgia per la Terra e il Natale, e andò a letto presto.


La mattina dopo si svegliò beatamente rilassato, sapendo che era sabato e non doveva andare in ufficio. Il progetto che stava elaborando per il nuovo auditorium dell’università era giunto a uno stadio affascinante, che impegnava tutte le sue risorse mentali, ma sapeva per esperienza che un week-end di completo riposo gli avrebbe permesso di tornare al lavoro con entusiasmo ed efficienza ancora maggiori. La soddisfazione gli riempì la mente come una melodia di campane d’argento, mentre si voltava nel letto per toccare Julie.

Provò un attimo di disappunto accorgendosi che il suo posto era vuoto, poi si accorse del profumo di caffè che saliva dalle scale. Si alzò, si stirò, entrò in bagno nudo com’era e restò per un momento a guardare la vasca con i rubinetti d’oro a forma di delfini. Decise di non fare il bagno, e aprì la doccia, nel cubicolo di vetro fumé. Attraverso la finestra si vedevano i boccioli in fiore dei ciliegi, simili a fiocchi di neve nel sole, e lontano si udiva il giardiniere al lavoro con la falciatrice, intento a celebrare i primi riti della primavera.

— Dave? — La voce di Julie si udiva appena sopra lo scroscio dell’acqua. — Sei alzato? Vuoi il caffè?

— Non subito. — Surgenor sorrise fra sé, infilandosi sotto il getto caldo. — Non c’è neanche un asciugamano qui — gridò. — Me ne porti uno, per favore?

Un minuto più tardi, Julie entrava nel bagno con un asciugamano. Indossava una vestaglia gialla, legata alla vita con una cintura, e aveva i capelli biondi tirati all’indietro e fermati con un nastrino dorato. Surgenor non poteva staccarle gli occhi di dosso.

— Mi sembrava… — Julie si interruppe, mentre con un’occhiata in giro si accorgeva che il bagno era pieno di asciugamani. — Oh, Dave! Cosa ti è venuto in mente di farmi fare le scale per niente?

Surgenor le sorrise. — Non indovini?

Lei osservò il suo corpo teso. — Il caffè è pronto.

— Mai pronto come me. Vieni… l’acqua è deliziosa.

— Mi prometti di non farmi bagnare i capelli? — disse Julie, fingendo una riluttanza che faceva parte dei loro giochi d’amore.

— Te lo prometto.

Julie si slacciò la vestaglia, e se la lasciò cadere dalle spalle. Lo raggiunse sotto la doccia. Surgenor la prese fra le braccia, e nei minuti che seguirono, si liberò di tutti i desideri, di tutta la solitudine che un viaggiatore dello spazio è destinato ad accumulare durante le sue peregrinazioni.

Più tardi, mentre facevano colazione, gli venne in mente una cosa strana: «Se sono un architetto, se davvero sono un architetto, come faccio a sapere in che modo si sente uno spaziale?».

Guardò Julie con una specie di triste perplessità, e si accorse di qualcosa di morbido che gli premeva contro la nuca. Sembrava proprio un cuscino. Sollevò la testa, sbatté le palpebre, guardando senza capire il mobilio spartano della sua cabina sulla Sarafand, poi gettò via il cuscino. Sotto, c’era il disco piatto e argenteo di un registratore VT.

Surgenor lo prese in mano, mentre una parte della sua mente cercava di risolvere il mistero di quella presenza e un’altra, che si sentiva ferita e tradita, pensava: «Julie, Julie, perché non sei vera?».

Si vestì il più in fretta possibile, uscì dalla cabina, ed era quasi arrivato alla scaletta che conduceva alla mensa, quando si sentì spingere da parte. Si voltò irritato e vide Victor Voysey, con la faccia infuriata e pallida. Surgenor fece per protestare, poi si accorse che anche l’altro teneva in mano un registratore VT.

— Cosa succede, Vic? — chiese, con la mente ancora piena delle immagini della notte.

— Qualcuno mi ha cambiato il nastro, ecco cosa succede. Se lo trovo gli spacco la testa, a quel bastardo. — Voysey respirava affannosamente.

— Ti hanno cambiato il nastro?

— Proprio così. Qualcuno è entrato nella mia stanza, ha preso il mio nastro e ne ha messo un altro nel registratore.

Surgenor ebbe un brivido premonitore. — Che nastro ti ha messo? Potresti riconoscerlo?

— Mi pare che sia quello di Hilliard. La ragazza sembrava… — Voysey si interruppe, notando il disco in mano a Surgenor. — Si può sapere che diavolo sta succedendo qui, Dave? Credevo che tu non lo usassi.

— Infatti. Solo che quel burlone me ne ha infilato uno sotto il cuscino.

— Allora dev’essere il mio.

— No. È quello di Hilliard. Voysey lo guardò stupito. — Ma dovrebbero essere tutti diversi.

— Già, così si dice. — Surgenor scese la scaletta ed entrò nella mensa, seguito da Voysey. La maggior parte degli uomini erano già presenti e si erano radunati all’estremità “est”. Lo sguardo di Surgenor venne attratto dai dischi argentei sparsi sul tavolo. I suoi sospetti si trasformarono in un’irritata certezza.

— Salve Dave, salve Victor — disse Pollen. — Vedo che l’hanno fatta anche a voi. Benvenuti nel club.

— Che ve ne pare dello scherzo? — chiese Gillespie, con una risatina.

Lamereux gli gettò un’occhiata di fuoco, gli occhi scuri cerchiati di bianco. — Non c’è niente da ridere, Al. Io non uso i nastri, ma qualcuno è entrato nella mia stanza, nella mia testa… e questo non mi piace.

— Se tutti hanno avuto lo stesso nastro, vuoi dire che qualcuno è entrato nella stanza di Bernie Hilliard e ne ha fatto una dozzina di copie.

— Credevo che le cassette fossero costruite in modo da prevenire copiature.

— Infatti, ma un esperto potrebbe riuscirci lo stesso.

— Chi?

Surgenor si guardò intorno. Un uomo si era tenuto in disparte dalla discussione; sedeva al tavolo, intento a servirsi di uova e pancetta senza manifestare il minimo interesse per quanto gli succedeva intorno. Surgenor lo raggiunse, seguito dagli altri.

— Hai esagerato, Barrow disse.

Barrow sollevò le sopracciglia, fingendo sorpresa. — Non capisco di cosa stai parlando, vecchio mio.

— Lo sai benissimo. A parte la violazione delle cabine, farò rapporto su di te per aver appiccato un incendio a bordo. Non la passerai tanto liscia.

— Io! — Barrow sembrava sdegnato. — Non ho mai appiccato nessun incendio. Perché avrei dovuto?

— Per far scendere tutti nell’hangar, in modo da poter rubare il nastro di Hilliard, copiarlo, e infilarlo in tutte le stanze.

— Sei pazzo — disse Barrow sprezzante. — Per questa volta ti scuso, ma la prossima volta che fai un’accusa del genere, vedi di avere qualche prova, prima.

— Le prove le avrò questa volta — disse Surgenor. — Aesop sorveglia continuamente tutti i nostri movimenti, ma nel contratto è scritto che le registrazioni non possono essere usate a meno che non sia in gioco la sicurezza della nave o si tratti di un’indagine giudiziaria. E qui ci sono entrambi i casi. Chiamerò Aesop immediatamente.

— Un momento! — Barrow si alzò, allargando le braccia ed esibendo uno dei suoi sorrisi disarmanti. — Per l’amor di Dio, non sono mica un criminale. Possibile che non riusciate a capire uno scherzo?

— Uno scherzo! — Voysey spinse da parte Surgenor e prese Barrow per il bavero con tutte e due le mani. — Cosa ne hai fatto del mio nastro?

— L’ho messo al sicuro. Non ti preoccupare. — Barrow cominciava ad essere nervoso.

— Lascialo andare. Così non risolveremo niente — disse Surgenor, accorgendosi con una certa sorpresa che la preoccupazione principale di Voysey sembrava essere per il suo nastro.

Barrow si lisciò la camicia. — Sentite, ragazzi, mi dispiace di avervi sconvolto. Era solo…

— Si può sapere che intenzioni avevi? — Voysey non era ancora soddisfatto, e scrutava Barrow con la faccia scura. — Perché l’hai fatto?

— Io… — Barrow si interruppe, e nei suoi occhi apparve un lampo di trionfo, mentre Bernie Hilliard entrava nella sala rilassato e felice.

— Scusate il ritardo, ragazzi. — Mi stavo divertendo tanto che proprio non avevo voglia di svegliarmi, stamattina. Ma che sta succedendo qui? — Guardò gli uomini, con aria interrogativa.

— Qualcosa che ti riguarda — disse Voysey cupamente. — Il nostro caro compagno Barrow…

Surgenor gli prese un braccio. — Aspetta un momento, Vic.

Voysey si liberò con uno strattone. — …È entrato in camera tua ieri, ha preso il tuo nastro e ne ha fatto una dozzina di copie, poi ce le ha messe sotto i cuscini. Ecco cosa succede, Bernie. Hilliard si ritrasse come se fosse stato colpito, le guance si fecero esangui. Guardò Barrow, che faceva grandi cenni di assenso, poi Surgenor.

— È vero, Dave?

— È vero. — Surgenor guardò il ragazzo negli occhi, pensò a Julie che si strofinava nuda contro di lui, sotto il getto caldo della doccia, e distolse lo sguardo a disagio, con un senso di colpa. Hilliard guardò gli altri, scuotendo la testa e muovendo le labbra. Gli altri strascicarono i piedi, senza avere il coraggio di guardarlo in faccia.

— Vi ho fatto un favore a tutti — disse Barrow. — Una come quella Julie dovrebbe essere di proprietà pubblica.

Voysey si mise alle spalle di Barrow e con una mossa improvvisa gli afferrò le braccia. — Vieni, Bernie — disse a Hilliard. — Spaccagli il muso. Prendi una chiave inglese e riducilo in poltiglia. Se lo merita.

Barrow cercò di liberarsi, ma Voysey lo bloccò facilmente, mentre Hilliard, con gli occhi vitrei e i pugni chiusi, si avvicinava. Surgenor sapeva che avrebbe dovuto intervenire, ma si accorse di non averne nessuna voglia. Hilliard prese lentamente la mira, tirò indietro il pugno, esitò, poi si voltò.

Voysey lo chiamò. — Avanti, Bernie… Ne hai il diritto!

— E perché? — Le labbra di Hilliard si curvarono in un sorriso che era tutto tranne che un sorriso. — Tod ha ragione… un uomo dovrebbe sempre dividere una buona puttana con i suoi amici.

«Ma Julie non lo è!» stava per dire Surgenor, quando si rese conto che avrebbe fatto la figura dello stupido. Non stavano parlando di una vera donna, vestita di giallo e d’oro, con cui aveva fatto colazione e che gli aveva sorriso, ricordando episodi trascorsi insieme. L’oggetto dei loro discorsi era soltanto il risultato di impulsi magnetici registrati su un nastro.

— Lascialo andare — disse Hilliard sedendosi al tavolo. — Cosa c’è da mangiare? Dopo la notte che ho passato, ho bisogno di mettermi qualcosa di solido nello stomaco. Capisci cosa voglio dire? — Strizzò l’occhio all’uomo che gli era seduto a fianco. Surgenor guardò Hilliard con un’improvvisa incomprensibile antipatia, poi si voltò verso Barrow.

— Non te la caverai tanto facilmente — disse, e pieno di una rabbia che non voleva riconoscere né capire, lasciò la mensa, diretto verso la solitudine della sua cabina.


— Ascolta queste parole.

— Ti ascolto, David.

Surgenor era disteso sul letto, cercando di ordinare i propri pensieri.

— Ti comunico ufficialmente che l’incendio di ieri nell’hangar è stato appiccato da Tod Barrow. Deliberatamente. Ha appena ammesso di averlo fatto. — Surgenor continuò, descrivendo gli eventi soggettivi il più oggettivamente possibile.

— Capisco — disse Aesop, quando ebbe finito. — Credi che ci saranno altri attriti fra Barrow e Hilliard?

— Ecco… — Surgenor considerò la possibilità di aggiungere qualche altro argomento per indurre il calcolatore a porre fine alla missione, ma questi tentativi non avevano mai funzionato con Aesop. — Non credo che ci saranno altri guai. Mi sembra che si siano scaricati completamente.

— Grazie, David. — Vi fu un attimo di pausa, poi Aesop disse:

— Sarai felice di sapere che ho deciso di terminare la missione. Ciò significa che potrai tornare sulla Terra prima del venticinque dicembre, come desideravi.

— Come?

— Sarai felice di sapere che ho…

— Non occorre che tu ripeta; ho capito. — Surgenor si mise a sedere sul letto, quasi timoroso di credere a quello che aveva sentito. — Che cosa ti ha fatto cambiare idea?

— Le circostanze sono cambiate.

— In che modo?

Vi fu un’altra pausa. — Barrow è più imprevedibile di quanto tu creda, Dave.

— Va’ avanti.

— Ha manomesso i miei banchi mnemonici e logici. A mio giudizio è necessario che io torni al più vicino Quartier Generale Regionale, in modo che vengano al più presto eseguite alcune riparazioni al di là delle mie possibilità.

— Aesop, non ti capisco. — Surgenor guardò l’altoparlante sulla parete. — Che cosa ha fatto Barrow esattamente?

— Ha immesso una copia del nastro di Hilliard nel mio ingresso-dati.

Per Surgenor, quelle parole erano quasi un’oscenità. — Ma… non credevo che una cosa del genere fosse possibile.

— È possibile, per chi possiede le conoscenze necessarie. In futuro il Servizio Cartografico stabilirà dei limiti alla qualificazione che possono avere in certi campi i membri dell’equipaggio. Inoltre, sospenderanno probabilmente l’uso sperimentale dei Viaggi Trance.

— È incredibile — disse Surgenor, cercando di rendersi conto di tutte le implicazioni di quello che gli era stato detto. — Ma il nastro era compatibile col tuo linguaggio interno?

— In buona misura. Sono molto versatile, cosa che in una situazione come questa mi rende più vulnerabile. Per esempio, ho deciso di porre fine alla missione… ma non sono del tutto sicuro che la mia decisione sia basata sulla pura logica.

— A me sembra perfettamente logica. Un individuo pericoloso come Barrow ha bisogno di trattamento al più presto.

— Questo è vero, ma il fatto che io sia al corrente del pericolo riduce in maniera notevole la sua possibilità di fare danni. Forse ora sono in grado di comprendere il tuo desiderio di tornare a casa, e ne sono influenzato in maniera illogica.

— Questo è molto improbabile, Aesop. Credimi, è un argomento su cui sono molto meglio informato di te. — Surgenor si alzò e si avviò verso la porta. — Ti spiace se do la notizia agli uomini prima che tu faccia l’annuncio ufficiale?

— Non ho nessuna obiezione; basta che tu non accenni alle vere ragioni della decisione.

— Non lo farò. — Stava aprendo la porta quando Aesop parlò ancora. — David, prima che tu vada… — La voce senza corpo era stranamente esitante. — … i dati sul nastro di Hilliard… sono una riproduzione accurata del rapporto uomo-donna?

— È piuttosto idealizzato disse Surgenor lentamente ma può anche essere così.

— Capisco. Credi che Julie esista realmente, da qualche parte?

— No. Solo sul nastro.

— David, per me “tutto” esiste solo su nastro.

— Non posso aiutarti, Aesop. — Surgenor guardò le paratie metalliche, dietro ognuna delle quali correvano le miriadi di fili di rame che costituivano il sistema nervoso di Aesop, e provò una curiosa emozione. Pietà mescolata a disgusto. Cercò di pensare a qualcosa di appropriato e significativo da dire, ma le parole che gli vennero in mente furono banali e profondamente assurde.

— È meglio che tu cerchi di dimenticarla.

— Grazie per il consiglio — disse Aesop — ma ho una memoria perfetta. «È una sfortuna» pensò Surgenor chiudendo la porta alle sue spalle, e affrettandosi verso la sala mensa con la buona notizia.

Com’è abitudine degli esseri umani, il ricordo di Julie Cornwallis stava già svanendo dalla sua mente, per essere sostituito dal pensiero dei brevi, preziosi pomeriggi invernali sulla Terra, delle partite di calcio, dei negozi di sigari, delle donne sedute per la cena, del calore profondo nelle famiglie riunite per Natale.

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