7

Targett guardò per un attimo il cilindro a bocca spalancata, con la faccia stravolta per la sorpresa, poi cominciò a correre verso la formazione rocciosa più vicina. Ostacolato dalla tuta e dalla gravita non riusciva a prendere velocità. Alla sua destra, il cilindro si muoveva pigramente disegnando una spirale, come una creatura mitologica svegliatasi da un sonno di millenni. Si spostò nella sua direzione.

Altri due si mossero nelle loro buche di sabbia.

Targett cercò di correre più in fretta, ma era come se fosse immerso nel miele fino alla vita. Davanti a sé vide un buco nero, triangolare, formato da due lastre di roccia appoggiate l’una all’altra, e si diresse da quella parte.

Il cielo alla sua destra di nuovo sgombro gli dava l’impressione che il cilindro fosse svanito. Poi vide che si era portato alle sue spalle e dirigeva la punta su di lui, come se prendesse la mira. Come in un incubo, si sforzò di muovere le gambe più in fretta, e l’apertura buia ondeggiò pazzamente davanti ai suoi occhi, troppo lontana. Sapeva che non ce l’avrebbe fatta.

Si tuffò verso l’apertura, proprio mentre una mazzata terribile lo colpiva alle spalle. La telecamera gli cadde di mano, mentre il colpo lo sollevava da terra e lo scagliava nell’apertura fra le due rocce. Stupito di essere ancora vivo, Targett strisciò disperatamente al coperto. Lo spazio triangolare era lungo abbastanza per il suo corpo. Si infilò dentro, singhiozzando per il terrore al pensiero che un’altra pallottola poteva raggiungerlo da un momento all’altro.

«Sono vivo» pensò confusamente. «Ma come?»

Si tastò con la mano guantata dietro la schiena, dove il proiettile l’aveva colpito e sentì una sporgenza metallica irregolare. Esplorò con le dita un oggetto fracassato, a forma di scatola. Gli ci volle qualche secondo per rendersi conto che si trattava dei resti del generatore d’ossigeno.

Fece per allungare la mano verso lo zaino dove si trovava l’unità di riserva, poi si ricordò che lo zaino l’aveva lasciato vicino al cilindro, quando aveva cominciato a lavorare. Si contorse affannosamente nella stretta apertura, finché non riuscì a girarsi, e sbirciò fuori. Il piccolo triangolo di cielo che poteva vedere era attraversato in continuazione dalle forme nere delle torpedini in volo.

Targett strisciò un po’ in avanti per vedere meglio. Spalancò gli occhi quando si accorse che le torpedini si erano alzate in volo a centinaia, silenziosamente, e che le loro ombre scivolavano sinuose sulle rocce e sulla sabbia bruna. Mentre guardava, alcuni ritardatari alzarono il muso in aria, ondeggiarono incerti per qualche istante, poi si sollevarono per unirsi allo stormo circolare dei loro compagni. Una piccola protuberanza del terreno gli impediva di vedere dove fosse il suo zaino, e se anche il cilindro che aveva smontato si era alzato in volo. Sollevò un poco la testa, e la riabbassò subito fra una pioggia di schegge rocciose e di polvere. L’eco minacciosa degli spari lasciava intendere chiaramente che parecchie delle torpedini avevano notato il suo movimento e avevano reagito nella sola maniera possibile, secondo le direttive del loro antico progettista.

— Comunica la tua posizione, Michael. — La voce di Aesop pareva provenire da un altro mondo.

— La mia posizione non è molto allegra — disse Targett con voce roca, cercando di calmare il respiro.

— Sembra che questi affari siano robot cacciatori, equipaggiati con mitragliatrici. La maggior parte si sono alzati in volo, ormai. Forse sono stati attivati dalle radiazioni della telecamera o della radio. Stanno ronzando intorno come mosche. Sono nascosto sotto una roccia, ma…

— Resta dove sei. Arriverò con la Sarafand in meno di un’ora.

— Non servirà a niente, Aesop. Una delle torpedini mi ha colpito mentre mi nascondevo. La tuta non è stata forata, ma il generatore d’ossigeno è fuori uso.

— Usa quello di riserva — intervenne Surgenor prima che Aesop potesse rispondere.

— Non posso. — Targett scoprì, con sua sorpresa, di essere più imbarazzato che impaurito. — Ho lasciato lo zaino all’aperto e non posso raggiungerlo. Sono completamente tagliato fuori.

— Ma questo ti lascia solo… — Surgenor fece una pausa. — Devi raggiungere lo zaino, Mike.

— È quello che stavo pensando anch’io.

— Senti, forse le torpedini reagiscono solo a dei movimenti improvvisi. Se strisciassi fuori molto lentamente…

— Ipotesi errata — l’interruppe Aesop. — La mia analisi dei circuiti sensori della torpedine aperta da Michael indica che possiede un doppio sistema, i cui canali usano il movimento e il calore come sistemi di puntamento. In qualsiasi modo si esponga, attirerà certamente il fuoco su di sé.

— È già successo: ho cercato di mettere la testa fuori da questo buco un minuto fa — disse Targett. — Per poco non me l’hanno portata via.

— Questo dimostra che le mie conclusioni sui circuiti sensori sono esatte, il che a sua volta…

— Non abbiamo tempo di ascoltare quanto sei bravo, Aesop. — La voce di Surgenor rimbombò nell’elmetto. — Mike, hai provato a usare la pistola?


Targett allungò una mano verso l’ultralaser, che era ancora appeso alla sua spalla, poi la ritrasse. — Non servirebbe a niente, Dave. Ce ne sono centinaia di quelle cose, là fuori, e una pistola ultralaser ha… quanti colpi?

— Vediamo: se è uno dei modelli a capsule ce ne dovrebbero essere ventisei.

— Allora non vale neanche la pena di tentare.

— Forse hai ragione, Mike, ma cosa vorresti fare: restartene lì a soffocare? Fanne saltare qualcuno, tanto per la soddisfazione.

— David Surgenor — si intromise seccamente Aesop — ti ordino di stare zitto mentre mi occupo di questa emergenza.

— Te ne occupi tu? — Targett sentì svegliarsi in lui una cieca e forse illogica fiducia nel computer. — Va bene, Aesop. Cosa vuoi che faccia?

— Riesci a vedere qualcuna delle torpedini senza correre rischi?

— Sì. — Targett guardò verso il triangolo di cielo proprio mentre un oggetto a forma di sigaro lo attraversava. — Solo una alla volta, però.

— È sufficiente. La tua cartella dice che sei un discreto tiratore. Voglio che tu colpisca una delle torpedini. Mira alla punta.

— E a cosa può servire? — La breve, irrazionale speranza di Targett si trasformò in rabbia e panico. — Ho ventisei colpi e ci sono trecento di quei robot là fuori.

— Trecentosessantadue, per essere precisi — disse Aesop. — Adesso ascolta le mie istruzioni e obbedisci senza perdere altro tempo. Spara un colpo di ultralaser contro una delle torpedini. Cerca di colpire il più possibile vicino alla punta, senza rischiare di mancare il colpo. Poi descrivi esattamente gli effetti.

— Maledetto presuntuoso! Rendendosi conto dell’inutilità di insultare un computer, Targett estrasse la pistola dalla fondina e alzò il mirino telescopico. Lo regolò su un debole ingrandimento, e si contorse nello spazio ristretto fra le due rocce, finché non trovò una buona posizione per sparare. Il controllo del respiro, essenziale per una buona mira, era impossibile, con i polmoni che ansimavano come mantici per l’aria viziata, ma le torpedini erano un bersaglio relativamente facile per un’arma a radiazione. Attese finché non ne apparve una nel suo segmento di cielo, centrò il reticolo sulla punta conica e premette il grilletto. Mentre la prima capsula del caricatore scaricava la sua energia, un lampo abbagliante della durata di un quarto di secondo uscì dalla canna e si rifranse per un attimo contro il muso della torpedine. Il cilindro nero sembrò ondeggiare per un attimo, poi si riprese e sparì dalla vista, apparentemente illeso.

Targett sentì che la fronte gli si copriva di sudore. Per quanto incredibile potesse sembrare, lui, Mike Targett, l’individuo più importante dell’universo, stava per morire, come tutti gli esseri anonimi che erano morti prima di lui.

— Ne ho colpito uno — disse muovendo a fatica le labbra. — Proprio sulla punta. Ha continuato a volare come se non fosse successo niente.

— È rimasto qualche segno sul metallo?

— Non credo. Ma li vedo contro luce, e non posso esserne del tutto sicuro.

— Hai detto che la torpedine ha continuato a volare come se non fosse successo niente — insistette Aesop. — Pensaci bene, Michael: non c’è stata nessuna reazione?

— Ecco, mi sembra che abbia vacillato per una frazione di secondo, ma…

— Proprio come mi ero aspettato — commentò Aesop. — L’interno della torpedine che hai esaminato suggeriva che fosse dotata di duplici sistemi sensori e di controllo. I nuovi dati confermano questa interpretazione.

— Accidenti a te, Aesop — mormorò Targett — credevo che avessi intenzione di aiutarmi, invece ti preoccupi solo di raccogliere nuovi dati. D’ora in poi, fa’ da solo il tuo sporco lavoro. Mi dimetto dal Servizio.

— La radiazione dell’ultralaser dovrebbe aver neutralizzato i sensori primari — continuò Aesop imperturbabile — facendo entrare in azione quelli secondari. Un altro colpo contro la stessa torpedine la renderebbe ingovernabile, e ci sono buone probabilità che l’impatto provochi la rottura dello schermo protettivo del motore, che sembra essersi deteriorato col tempo. L’alto livello di radiazioni non-direzionali prodotte da un incidente a un motore di questo tipo, a sua volta, dovrebbe essere sufficiente a saturare entrambi i canali sensori delle altre torpedini, il che provocherebbe…

— Può funzionare! — Targett provò una fitta di sollievo, simile a un raggio di sole, che svanì rapidamente com’era giunta. Cercò con uno sforzo di nascondere le proprie emozioni, soprattutto a Dave Surgenor. — Il guaio è che non si vede nessun segno sulle torpedini, dopo che sono state colpite, e se cerco di tirare fuori la testa per guardarmi in giro, me la riducono a un colabrodo. Forse questa è la soluzione migliore, almeno finirebbe tutto in fretta.

— Lasciami dire una cosa, Aesop — si udì la voce di Surgenor. — Ascolta, Mike, hai ancora una possibilità. Ti restano venticinque capsule nel caricatore. Spara alle torpedini che passano, e forse riuscirai a colpirne una due volte.

— Grazie, Dave. — Con un grigio senso di rassegnazione si rese conto di quello che restava da fare. -Apprezzo il tuo interessamento, ma ricordati che sono io che devo giocare. Ventisei su trecentosessantadue significa una probabilità su tredici. Tredici è un brutto numero, e non mi sento molto fortunato.

— Ma se è la tua sola possibilità…

— Non la sola. — Targett si mise in ginocchio, preparandosi a una mossa estrema. — Ho una buona mira con le armi a radiazione. La mia scommessa migliore è di uscire e cercare di colpire una di quelle cose due volte.

— Non farlo, Mike — disse Surgenor con ansia.

— Mi spiace. — Targett si mosse in avanti, teso. — Ormai la mia decisione…

— La tua decisione è piuttosto irrazionale — lo interruppe Aesop — forse a causa della mancanza di ossigeno. Ti sei dimenticato di aver lasciato cadere la telecamera fuori dal tuo rifugio?

Targett esitò nell’attimo di gettarsi fuori. — La telecamera? Funziona ancora? Riesci a vedere tutto lo stormo?

— Non tutto, ma abbastanza da permettermi di seguire ciascuna torpedine per una buona parte del suo giro. Ti dirò io quando sparare, e regolando i colpi secondo il periodo di rotazione dello stormo, possiamo avere buone probabilità di colpire la stessa torpedine due volte.

— Va bene, Aesop, hai vinto. — Targett tornò a distendersi a terra, oppresso dal triste pensiero che ormai qualsiasi cosa facesse, il risultato finale sarebbe stato lo stesso. Respirava affannosamente, boccheggiando: i suoi polmoni rifiutavano ormai l’aria viziata, e le dita si muovevano a fatica dentro i guanti. Sollevò la pistola e guardò attraverso il mirino.

— Comincia a sparare quando vuoi, per iniziare la serie. — La voce di Aesop gli giunse debolmente, attraverso il rombo che sentiva nelle orecchie.

— Va bene. — Attese che una torpedine apparisse nel triangolo di cielo, e sparò una vampata di energia verso la punta. La torpedine ondeggiò per un istante, poi continuò il suo volo. Targett ripeté l’operazione altre volte, sempre con lo stesso risultato, finché il mucchietto di capsule vuote espulse dall’arma superò la dozzina.

— Dove sei, Aesop? — disse affannosamente. — Perché non mi aiuti?

— Le radiazioni ultralaser non lasciano alcun segno sulla superficie delle torpedini, perciò sono costretto a lavorare su una base puramente statistica — disse Aesop. — Ma ormai ho una quantità di dati sufficienti per prevedere il loro movimento con un indice di probabilità soddisfacente.

— E allora fallo, per l’amor di Dio!

Vi fu una piccola pausa. — Ogni volta che dico “ora” spara alla prima torpedine che appare nel tuo campo visivo.

— Sono pronto. — Targett sbatté le palpebre per schiarirsi la vista. Puntini neri, circondati da un alone luminoso, avevano cominciato a danzargli davanti agli occhi.

— Ora!

Una torpedine apparve un istante dopo e Targett premette il grilletto. Il raggio ultralaser investì la punta, ma dopo un tremito iniziale, il cilindro nero continuò per la sua rotta, sparendo dalla vista di Targett.

— Ora!

Targett sparò ancora, con lo stesso risultato.

— Ora!

Ancora una volta il raggio d’energia colpì una torpedine senza nessun effetto visibile.

— Non funziona. — Targett mise a fuoco con difficoltà gli occhi sull’indicatore posto sul calcio. — Mi restano otto cariche. Comincio a pensare… a pensare che dovrei applicare il mio piano prima che…

— Non perdere tempo, Michael. Ora!

Targett tirò il grilletto e un’altra torpedine continuò indisturbata la sua corsa.

— Ora!

Disperato, Targett sparò ancora. La torpedine era uscita dal suo campo visivo, prima che gli venisse il sospetto che forse aveva cambiato direzione.

— Aesop — riuscì a dire — credo che…

Si udì un’esplosione sorda, e il segmento triangolare di cielo divenne di un bianco abbagliante. Soltanto l’oscuramento immediato dell’elmetto salvò gli occhi di Targett dalla furia dell’esplosione. Il bagliore accecante continuò per qualche secondo, mentre il motore alieno finiva di disintegrarsi. Poteva immaginare i sensori primari e quelli secondari delle torpedini saltare, e le macchine precipitare al suolo o andare a fracassarsi contro i fianchi delle colline e…

Appena in tempo, Targett chiuse gli occhi e si coprì la testa con le mani mentre un cataclisma ininterrotto esplodeva intorno a lui, sconvolgendo il terreno. «Posso ancora morire» pensò. «Il Capitano Aesop ha fatto del suo meglio, ma se non sono fortunato per me è finita».

Quando il rombo continuo delle esplosioni e il torrente di luce si furono calmati, Targett strisciò da sotto le rocce e si rialzò in piedi a fatica. Aprì cautamente gli occhi. Lo spiazzo era coperto dai cilindri delle torpedini ormai inerti, con il loro compartimento motore vaporizzato. Alcuni dei cacciatori robot erano ancora in volo, ma non gli prestarono alcuna attenzione mentre correva, malfermo come un ubriaco, verso il punto dove aveva lasciato lo zaino.

Lungo la strada, gli venne in mente che una delle torpedini poteva essere caduta proprio sullo zaino: era una cosa che neppure il Capitano Aesop sarebbe stato in grado di prevenire. Ma lo trovò intatto vicino al cilindro smontato, che non si era levato in volo. Aprì lo zaino con dita tremanti, prese il generatore di riserva, e provò un attimo di terrore quando quello avariato non volle staccarsi dal bocchettone della tuta. Facendo appello alle sue ultime forze, lo strappò, inserì quello nuovo e si stese a terra, esausto.

— Mike? — La voce di Surgenor sembrava esitante. — Stai bene?

Targett respirò profondamente.

— Tutto bene, Dave. Il Capitano Aesop mi ha salvato.

— Hai detto “Capitano”?

— Mi hai sentito. — Targett si alzò in piedi, guardando quel campo di battaglia pieno di relitti sul quale lui e un computer lontano migliaia di chilometri avevano sconfitto un’armata in attesa da settemila anni. Con tutta probabilità, non avrebbe mai saputo quale fosse lo scopo originario delle torpedini, né perché erano state lasciate su Horta VII; ma ormai il gusto per l’archeologia gli era passato del tutto. Gli bastava essere vivo, nel presente. Mentre osservava quella scena incredibile, una delle torpedini ancora intatta volò alla cieca contro una cresta rocciosa, a due chilometri di distanza. L’esplosione che ne seguì inondò lo spiazzo di luce.

Targett si ritrasse istintivamente.

— Un’altra se n’è andata, Aesop. — Non capisco cosa vuoi dire, Michael — rispose Aesop.

— Un’altra torpedine, naturalmente. Non hai visto il lampo?

— No. La telecamera non funziona.

— Oh? — Targett guardò verso il suo rifugio, dove era caduta la telecamera.

— Forse la luce di tutte quelle esplosioni ha fatto bruciare qualcosa.

— No. — Aesop fece una pausa. — Le trasmissioni sono cessate quando l’hai lasciata cadere. È probabile che si sia spenta per l’urto.

— Niente di più facile. Stavo correndo piuttosto… — Targett si interruppe. C’era qualcosa che non andava. — Allora mi hai mentito. Non potevi seguire i movimenti delle torpedini.

— Era necessario che ti mentissi, date le tue condizioni mentali.

— Ma mi dicevi anche quando sparare. Per l’amor di Dio, come facevi a sapere che ne avrei colpito una due volte?

— Non lo sapevo. — La voce di Aesop era impassibile. — Questa è una cosa che tu dovresti capire meglio di ogni altro, Michael. Ho giocato sulle probabilità.


— Questo è proprio quello che ci vuole per il mio libro, Mike. — La voce di Clifford Pollen era acuta per l’eccitazione, mentre si chinava verso di lui, al tavolo della mensa. — Intitolerò il capitolo: «Targett tira al bersaglio». Bello, no?

Targett, che si era aspettato di peggio, annuì. — Molto originale.

Pollen guardò le sue note corrugando la fronte. — Devo controllare la storia attentamente, però. C’erano trecentosessantadue torpedini che ti ronzavano intorno, e tu avevi solamente ventisei colpi. Questo vuol dire che Aesop ha scommesso la tua vita a uno contro tredici… e il gioco gli è riuscito!

— Sbagliato! Non è affatto così. — Targett sorrise con aria di commiserazione, mentre tagliava la sua bistecca. — Ti do un consiglio, Clifford: non giocare mai a poker, non hai la più pallida idea di come si calcolano le probabilità.

Pollen gli lanciò un’occhiata offesa. — Sono capacissimo di fare un calcolo così semplice. Trecentosessantadue diviso ventisei…

— Questo non c’entra niente con il calcolo reale nel caso in questione, amico mio. Io dovevo colpire la stessa torpedine due volte, giusto?

— Giusto — disse Pollen, impaziente.

— Bene, nel caso in questione non si possono trovare le probabilità semplicemente dividendo il numero più grande per quello più piccolo, come hai fatto tu, perché a ogni colpo sparato le probabilità cambiano. Ogni volta che colpivo una torpedine, inoltre, le probabilità che il colpo successivo fosse quello buono aumentavano, anche se di poco, e il solo modo per calcolare l’esatta probabilità globale è quello di moltiplicare tra loro venticinque serie di probabilità gradualmente crescenti. È un calcolo piuttosto difficile, a meno di non essere un computer, ma se l’avessi fatto avresti trovato che il risultato finale era di due contro uno di colpire una stessa torpedine due volte. Come vedi, non era una vera scommessa.

— Non ne sono convinto.

— Fai tu la prova con un calcolatore. — Targett s’infilò in bocca un pezzo di bistecca e masticò con aria soddisfatta. — È un buon esempio di quanto sia difficile calcolare possibilità complesse in base al semplice buon senso.

Pollen scribacchiò qualche numero. — È troppo complicato per me.

— È per questo che non diventerai mai un buon giocatore.

Targett sorrise, mangiando la sua bistecca. Evitò di dire che anche il suo buon senso si era ribellato a quel calcolo, e che gli ci era voluta una lunga e noiosa seduta sul suo canale privato con Aesop per convincerlo che le cose stavano effettivamente così. E non avrebbe mai raccontato a nessuno quale senso di desolazione si era impadronito di lui quando finalmente aveva capito che Aesop, quell’entità che proteggeva la sua vita, gli preparava i pranzi e rispondeva pazientemente a tutte le sue domande, non era niente di più che una macchina logica. Era molto meglio recitare la stessa commedia di tutti gli altri, rivolgersi di tanto in tanto a lui col titolo di “Capitano”, pensarlo come un essere superiore, che non scendeva mai dal suo posto di comando, situato da qualche parte sui ponti superiori della Sarafand.

— Faremo scalo a Parador alla fine della missione — disse Dave Surgenor, seduto dall’altra parte del tavolo. — Così potrai darci una dimostrazione pratica della tua abilità di giocatore.

— Non credo. — Targett addentò un altro boccone di bistecca. — Le case da gioco usano i computer per calcolare le probabilità. Questo gli da sempre un vantaggio sleale.

Загрузка...