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Sabato 27 luglio 2002


La luce del sole era ancora viva nelle fessure delle imposte di legno mentre Falcón, sdraiato sul letto, pensava a Nadia, resa cieca e vulnerabile, un’immagine vivida dentro di lui. Aveva superato l’iniziale reazione di orrore e indotto la parte analitica della sua mente a ragionare sul significato di quell’ultimo avvertimento. Quelle minacce, l’una peggiore dell’altra, ognuna frutto di un’invasione sempre più approfondita nella sua vita privata e che ora coinvolgevano anche Consuelo… qual era il loro scopo? La macchina che lo aveva seguito la sera del primo giorno e la fotografia di Inés appuntata sul pannello erano state un tentativo di togliergli sicurezza. Erano avvertimenti arroganti: siamo in grado di seguirti e non ci importa che tu ci veda, possiamo entrare in casa tua e sappiamo molte cose di te. L’implicita minaccia fisica a Nadia e il coinvolgimento di Consuelo alzavano la posta, ma qual era il loro vero significato? Rinunciò a qualsiasi tentativo di dormire e si trascinò sotto la doccia, lasciando che l’acqua gli scrosciasse sulla testa e si portasse via i fumi del vino. Nessuna di quelle minacce apparentemente spavalde fino a quel momento aveva avuto seguito. Si stava cercando di distoglierlo… ma da che cosa?

Si mise a pensare a Rafael Vega e ai russi. La frase usata da Vásquez — «aiutandoli nei loro affari» — gli era rimasta impigliata nel cervello. Sarebbe stato logico pensare che un imprenditore legato in modo oscuro alla mafia russa e successivamente trovato morto fosse stato assassinato a causa di qualche disaccordo con loro. In questo particolare caso, però, non sembrava un ragionamento tanto logico. I russi traevano vantaggi enormi dai rapporti con Vega: perché ucciderlo?

Non c’era ragione di non credere a Vásquez quando diceva che non era stato coinvolto nelle trattative per l’acquisto dei terreni e non aveva avuto modo di mettersi in contatto diretto con i russi; era una cosa che si accordava con lo stile di Vega, sempre attento a tenere tutto diviso in compartimenti stagni. Il fatto che Pablo Ortega avesse visto i russi a Santa Clara sembrava indicare che Ivanov e Zelenov si vedevano con lui soltanto a casa sua e il numero memorizzato nel telefono del suo studio era forse una conferma dell’esclusione di ogni contatto nella sede dell’impresa. E questo spiegava anche come mai il sistema di sicurezza fosse stato staccato: né Vega né i russi avevano voluto che rimanesse traccia di quelle visite.

Falcón si vestì e scese nello studio, dove mise la busta e la fotografia di Nadia in una busta di plastica, poi si allungò sulla poltrona mentre la furia e la frustrazione si mettevano all’opera nel suo organismo. Era impotente. Riorganizzare le indagini sulla base del rapimento di Nadia sarebbe stato inutile. Cominciava a pensare che i russi volessero distoglierlo dall’inchiesta sulla morte di Vega, perché erano ansiosi di nascondere un delitto molto più grave del probabile assassinio del costruttore.

Ricordò all’improvviso il fallito tentativo di telefonare a Ignacio Ortega e provò un’altra volta. Il cellulare era ancora spento e dagli altri numeri trovati sulla rubrica di Pablo non ebbe risposta. Tirò fuori il taccuino e controllò l’elenco delle cose che aveva pensato di fare quella mattina, se non fosse stato per il suicidio di Pablo Ortega. Interrogare Marty Krugman.

Marty Krugman era negli uffici della Vega Construcciones in Avenida de la República de Argentina, impegnato a finire alcuni disegni sul computer più potente che aveva a disposizione. Disse che sarebbe stato felice di vederlo, lo avrebbe aspettato in ufficio e si sarebbe accertato che il conserje lo lasciasse passare. Mentre era al telefono Falcón buttò giù tre argomenti di cui voleva parlare con Marty Krugman: l’11 settembre, i russi, la moglie.


L’entrata del palazzo della Vega Construcciones si trovava fra due grosse agenzie immobiliari che pubblicizzavano nelle vetrine i progetti della Vega. Il conserje lo lasciò entrare e lo fece salire direttamente nell’ufficio di Marty Krugman.

Marty era seduto con i piedi sulla scrivania. Indossava scarpe rosse da basket. Si strinsero la mano.

«Maddy mi ha detto che ieri avete parlato di Reza Sangari», esordì Marty.

«Proprio così», rispose Falcón, rendendosi conto che il motivo per cui Krugman era stato così pronto a vederlo di sabato sera era che ce l’aveva con lui.

«Ha anche detto che lei ha ipotizzato una sua relazione con Rafael.»

«Sono domande che dovevano essere fatte», spiegò Falcón, «mi interessava solo sapere se sua moglie avesse potuto influenzare in qualche modo la stabilità psichica del signor Vega.»

«Era una domanda assurda e non ho affatto apprezzato che gliela abbia rivolta», ribatté Marty. «Lei non ha idea di che cosa abbiamo passato per il fatto di Reza Sangari.»

«È vero… e per questo ho dovuto farle quelle domande. Io non so nulla su di voi e devo scoprirlo; e voi siete stati comprensibilmente reticenti su certi eventi drammatici della vostra vita.»

«Ora è soddisfatto?» disse Marty, accennando a fare marcia indietro.

«Per il momento… sì.»

Marty gli fece cenno di accomodarsi sulla sedia di fronte a lui.

«Sua moglie mi ha detto che lei parlava molto con il signor Vega», riprese Falcón.

«Sul piano intellettuale era un rapporto stimolante», rispose Marty. «Sa com’è, non ci si diverte a conversare con qualcuno che ci dà sempre ragione.»

«Sua moglie ha detto che lei era sorpreso di quanto voi due foste d’accordo.»

«Sì, non mi sarei mai aspettato di avere qualche punto in comune con chi pensa che Franco avesse ragione a proposito dei comunisti: avrebbero dovuto essere fucilati tutti quanti, secondo lui.»

«E su che cosa vi trovavate d’accordo allora?»

«Avevamo le stesse idee a proposito dell’impero americano.»

«Non sapevo che ce ne fosse uno.»

«Si chiama mondo», spiegò Marty. «Noi americani non ci perdiamo in quell’idiozia del colonialismo tradizionale, che fa perdere un sacco di tempo e costa un sacco di soldi, a noi basta… globalizzare.»

«Il biglietto che aveva nella mano Rafael Vega, con quel riferimento all’11 settembre», disse Falcón, interrompendolo con decisione prima che Marty partisse in quarta. «Pablo Ortega mi ha detto che Vega riteneva che l’America si fosse meritata quello che è avvenuto l’11 settembre.»

«Su questo abbiamo avuto discussioni accese», disse Marty. «È uno dei pochi argomenti che mi emozionano. Due amici miei lavoravano per la Cantor Fitzgerald e, come moltissimi americani e specialmente newyorchesi di diverse culture, non vedo perché loro e gli altri tremila siano dovuti morire.»

«Ma perché crede che lui lo pensasse?»

«L’impero americano non è diverso dagli altri. Noi crediamo che la ragione per cui siamo diventati così potenti non sia soltanto l’aver potuto disporre delle risorse necessarie al momento storico opportuno per sconfiggere l’unico altro contendente, ma sia anche il nostro essere nel giusto. Abbiamo sconfitto un’ideologia di massa non con la bomba atomica, ma con la pura e semplice brutalità delle cifre. Abbiamo costretto l’Unione Sovietica a stare al nostro gioco e le abbiamo fatto fare bancarotta. E la gran cosa del nostro sistema imperiale è che possiamo invadere gli altri Paesi senza occuparli fisicamente. Possiamo comandare pur facendo mostra di essere una forza del bene. Il capitalismo permette di dominare, dando l’illusione della libertà e della possibilità di scelta, mentre al contrario si costringono gli altri ad aderire a un principio rigido al quale è possibile resistere soltanto a costo della rovina personale. Non c’è Gestapo, non ci sono stanze della tortura… è perfetto. Noi lo chiamiamo Impero Light, come la Coca-Cola.»

Falcón fece per inserirsi nell’esposizione della teoria di Krugman, ma fu bloccato dalla mano alzata di Marty.

«Paciencia, Inspector Jefe, ci sto arrivando. Le ho spiegato quali siano gli ingredienti base dell’imperialismo americano e, come avrà capito, ho appena usato quello che secondo Rafael è il più grande talento degli americani: l’arte del presentare. La verità, i fatti, la realtà sono prodotti nelle mani di un bravo presentatore. Per esempio, come facciamo a essere aggressivi verso un Paese senza invaderlo? Basta guardare alla nostra storia di Difensori del Bene contro le Forze del Male. Noi abbiamo salvato l’Europa dai nazisti, il Kuwait da Saddam.

«Per Rafael questo è arroganza, la quale arroganza, in combinazione con il fondamentalismo cristiano e il deciso sostegno a Israele da parte dell’attuale governo, è diventata insopportabile per gli islamici duri e puri. Rafael pensava che questa fosse la Guerra Santa che entrambe le parti aspettavano. Stavamo tornando indietro di secoli, diceva, alle Crociate, tranne che ora l’arena era più vasta e le tecniche disponibili più devastanti.

«Quando Al-Qaeda ha colpito il simbolo dell’impero americano, e Rafael riteneva che per svegliare duecentocinquanta milioni di persone da uno stato di piacevole sonnolenza occorresse un botto molto forte, Rafael ha pensato che la cosa veramente terribile per noi sarebbe stata scoprire che Al-Qaeda ci conosceva meglio di quanto ci conoscessimo noi stessi. Al-Qaeda aveva capito come funzionasse la nostra società: noi reagiamo a una presentazione efficace e abbiamo bisogno di impressionare. Attribuiva una grande importanza al lasso di tempo intercorso tra il primo aereo e il secondo. Significava che i mezzi di comunicazione sarebbero stati sulla scena.»

«Mi sorprende che non siate venuti alle mani», osservò Falcón.

«Le ho fatto un riassunto delle sue idee sull’11 settembre, non delle nostre discussioni», spiegò Marty. «Spesso io me ne andavo, per così dire, sbattendo la porta e lui mi riportava indietro a furia di discorsi. Ci sono stati giorni di rottura totale delle nostre relazioni diplomatiche. Era sorpreso della mia collera, non si era reso conto fino a quel momento di quanta rabbia stesse covando nell’animo degli americani.»

«È in grado di collegare in qualche modo tutto questo con il biglietto trovato in mano al signor Vega?»

«Ho cercato, ma non ci sono riuscito.»

«Sua moglie dice che lei è certo che Vega abbia vissuto in America e che gli Stati Uniti gli piacessero. Eppure le sue idee avrebbero irritato moltissimi americani…»

«Non sono idee poi tanto diverse da quelle della maggior parte degli europei, Inspector Jefe. Per questo molti miei compatrioti cominciano a considerare gli europei traditori e invidiosi.»

«Invidiosi?»

«Sì, e anche su questo Rafael si era fatto un’opinione. Diceva che gli europei non invidiano il modo di vivere americano, è una società troppo aggressiva per poterla invidiare. E, comunque sia, l’invidia non ispira l’odio. Secondo lui gli europei hanno paura degli americani e la paura ispira l’odio.»

«Di che cosa avrebbero paura gli europei?»

«Del fatto che la nostra potenza economica e la nostra forza politica ci danno il potere di rendere inutili i loro sforzi: mi capisce, il protocollo di Kyoto, le tariffe commerciali, la Corte penale internazionale…»

«Però il signor Vega era assolutamente filoamericano.»

«Se si è anticomunisti come lo era lui, bisogna esserlo per forza», rispose Marty. «Il punto era che le sue idee non venivano influenzate dalle emozioni. Certamente non approvava Al-Qaeda, ma per lui… era così che andavano le cose. Quelli che fanno i bulli sul campo da gioco finiscono sempre per prendersi un pugno sul naso e il pugno arriva sempre da dove meno lo si aspetta. Credeva anche che quando il resto della squadra vede il sangue, si butta sempre nella mischia. Stando a Rafael, quello era il principio della fine per l’impero americano.»

«Mi stupisco che lei abbia potuto accettare questo genere di idee», disse Falcón, «sua moglie mi ha ripetuto spesso che per lei l’America è la più grande nazione del mondo.»

«Non mi ha fatto venire voglia di ucciderlo, se è questo che vuole dire, Inspector Jefe», disse Marty, guardandolo di sottecchi. «Lei non deve fare altro che riflettere sulla storia. Rafael diceva che l’America, come tutti gli imperi precedenti, avrebbe finito per sferrare colpi a destra e a manca. Non avrebbe potuto fare diversamente. Ma gli attacchi degli americani sarebbero stati diretti contro qualcosa di troppo piccolo per essere visto oppure avrebbero schiacciato con forza e potenza eccessive il nemico sbagliato. Avremmo avuto un indebolimento graduale, seguito da un collasso economico. E qui io penso che avesse torto, perché la cosa a cui gli americani presteranno sempre la massima attenzione è il dollaro. Non permetterebbero a nessuno di mettere in pericolo il dollaro.»

«Le vostre discussioni duravano a lungo, fino all’alba, dice sua moglie.»

«E più calava il brandy nella bottiglia e più si consumava il suo sigaro, più Rafael si esaltava. Credeva che l’impero americano sarebbe crollato, non durante la nostra vita, ma prima della fine del secolo e che sarebbe accaduta una di queste due cose. O la Cina avrebbe preso il sopravvento, imponendo al mondo un capitalismo ancora più rapace, oppure ci sarebbe stata una reazione alla decadenza del capitalismo e in questo caso si sarebbe affermato un impero religioso sorto dai Paesi più popolosi della terra (piuttosto che dalle nostre agonizzanti nazioni di pensionati) e quell’impero sarebbe stato islamico.»

«Mio Dio», disse Falcón.

«Allah è grande, vuole dire, Inspector Jefe.»

«Dalle fotografie di sua moglie abbiamo potuto capire che Vega era in una crisi iniziata verso la fine dell’anno. E il suo medico ce l’ha confermato. Ha notato qualcosa di diverso nelle vostre discussioni a partire da quella data?»

«Beveva di più», rispose Marty. «Talvolta perdeva i sensi per qualche minuto. Ricordo che in un’occasione mi ero avvicinato per mettergli addosso una coperta e proprio mentre mi chinavo su di lui, Rafael aveva aperto gli occhi e io avevo visto che era terrorizzato. Aveva cominciato a supplicarmi come se fosse un prigioniero sul punto di essere torturato, poi si era reso conto di chi fossi e di dove si trovasse.»

«Il signor Ortega mi ha detto che sembrava molto deluso dal concetto di lealtà degli americani», disse Falcón, «diceva che ti sono amici finché gli sei utile e poi basta. Lei sa perché la pensasse così?»

«Deve essere stato per un questione di affari, immagino. Non entrava mai in particolari. Prendeva molto sul serio l’onore, dava l’impressione di agire secondo un codice rigido che poteva anche essere considerato antiquato secondo i criteri di comportamento moderni. Lo sgomentava il modo di pensare pratico degli americani: l’onore va benissimo finché non si comincia a perdere soldi, poi possiamo buttarlo dalla finestra.»

«Forse si è trattato di qualcosa di più personale. Non sarebbe diventato l’uomo d’affari di successo che era, se non avesse avuto un codice morale più flessibile nelle questioni economiche. Il suo matrimonio era stato in parte una questione di affari. Il suo codice di comportamento era tale che, avendo dato la sua parola, non avrebbe lasciato la moglie a causa del suo stato mentale, ma non era così rigido da impedirgli di sposarla per mettere le mani su certi terreni.»

«Mi spieghi, allora.»

Falcón scorse i suoi appunti.

«Pablo Ortega ha riferito di averlo sentito dire: ‘Appena smetti di fare soldi per loro o di fornire le informazioni che vogliono, ti lasciano cadere come un sasso’.»

«Be’, suona un po’ bizzarro, sa di spionaggio industriale. Denaro. Informazioni. Se era in quel genere di attività, non capisco dove sperasse di trovare l’onore.»

«O si trattava di politica?» disse Falcón. «Le vostre conversazioni erano principalmente politiche.»

«Non posso pensare che la politica abbia a che vedere con la sua morte, qui a Siviglia.»

«Sa niente degli investitori russi nei progetti immobiliari di Vega?»

«So che ci sono, ma questo è tutto. Io sono solo l’architetto, io faccio i progetti, mi occupo degli aspetti pratici, ma non ho mai a che fare con gli investitori. Questo avviene a un livello direttivo più alto.»

«Questi russi sono noti mafiosi e noi siamo convinti che riciclassero denaro sporco per mezzo dei progetti immobiliari di Vega.»

«È possibile. È nella natura dell’edilizia, ma io non ne so niente, io mi occupo dell’aspetto creativo dell’impresa.»

«Riesce a pensare a una ragione per cui i russi volessero uccidere Vega?»

«Forse li stava imbrogliando? In genere è così nei delitti di mafia. Ma sarà difficile da provare.»

«Abbiamo ricevuto minacce», disse Falcón. «Lei è stato minacciato?»

«Non ancora.»

Se Marty Krugman era innervosito, non lo dimostrava. Le scarpe da basket erano rimaste sulla scrivania. Sembrava perfettamente rilassato.

«Perché ha lasciato l’America, signor Krugman?» domandò Falcón, passando alla terza fase del colloquio.

«È una domanda che mi ha già fatto.»

«La sua risposta sarà diversa ora che la storia di Reza Sangari è venuta alla luce.»

«Allora conosce già la risposta.»

«Voglio sentirla da lei.»

«Per far sopravvivere il nostro rapporto, mia moglie e io decidemmo che avremmo dovuto allontanarci dall’ambiente dove era nato. Amiamo tutti e due l’Europa e pensavamo che una vita semplice insieme ci avrebbe riavvicinato.»

«Ma la vostra qui non è una vita semplice: una grande città, il lavoro, la casa a Santa Clara…»

«All’inizio avevamo provato con una casa piccola in Provenza. Ma non aveva funzionato.»

«E qui come è andata?»

«Una domanda molto personale, Inspector Jefe, ma se proprio deve saperlo, le dirò che sta andando molto bene.»

«Lei ha quasi venti anni più di sua moglie. Questo fatto ha mai costituito un problema per voi?»

Marty si spostò sulla poltrona, primo segno di disagio in tutto il colloquio.

«Maddy produce un certo effetto sugli uomini, un effetto prevedibile e tedioso. Il contatto principale che ho con Maddy è qui…» disse, battendosi la mano sulla fronte. «L’ho sorpresa e continuo a farlo. Ora lei potrà definire questa sindrome come le pare, padre/figlia, maestro/allieva, ma io so soltanto che funziona e che continuerà a funzionare, perché, a differenza degli altri uomini, non sono e non sono mai stato concentrato unicamente sul sesso.»

«Perciò quanto è accaduto tra sua moglie e Reza Sangari è stato… imprevedibile», osservò Falcón, sentendo crescere la tensione nell’aria.

Marty Krugman, le spalle appoggiate allo schienale, le mani affusolate da artista posate sul ventre asciutto, fissò Falcón con i suoi occhi scuri e infossati, annuendo.

«È un uomo geloso, signor Krugman?»

Silenzio.

«Si secca nel vedere sua moglie che parla con altri uomini, ride con loro, si interessa a loro?»

Altro silenzio.

«C’è qualcosa di cui si è sorpreso, quando ha scoperto che sua moglie la tradiva con Reza Sangari?»

Marty aggrottò la fronte. Poi si sporse in avanti.

«Che sarebbe questo qualcosa di cui parla?»

«Il fatto che lei, l’intellettuale, l’animale politico, uomo di idee e di pensiero, potesse provare… passione?»

«Ciò che è accaduto tra Maddy e Reza Sangari era stato un coup de foudre, come dicono i francesi, un fulmine che ha appiccato un incendio subito esaurito. Al momento in cui Reza Sangari è stato ucciso, tra lui e Maddy non restavano che cenere, braci e fumo. È questa la natura della passione, Inspector Jefe, brucia con violenza e in fretta e si consuma troppo rapidamente perché l’attrazione sessuale basti a mantenerla viva. Perciò, una volta che il sesso ha fatto il suo corso, la passione si spegne, ma, se si è fortunati, si può sopravvivere.»

«Sarebbe vero se si fosse trattato soltanto di sesso», obiettò Falcón. «Ma se vi fosse stato qualcosa di più…»

«Che cosa sta cercando di fare, Inspector Jefe? Sento le sue antenne in movimento, le sento fisicamente, fanno male, riportano alla superficie ricordi che preferirei non disturbare. Ma lei che cosa pensa di ottenere?»

«Il signor Vega accompagnava sua moglie alla corrida», disse Falcón, deciso ad arrivare fino in fondo. «Lei come si sentiva in proposito?»

«Se due persone intelligenti vogliono vedere uno spettacolo disgustoso come quello di una tortura inflitta a un animale muto, è affar loro e possono goderselo senza di me.»

«Sua moglie mi ha detto di essere rimasta stupita dalla rapidità con cui si è abituata alla vista del sangue e della violenza», riprese Falcón. «Nel dramma della corrida aveva percepito un aspetto erotico.»

Marty scosse la testa incredulo.

«Descriverebbe il vostro come un matrimonio aperto, signor Krugman? Con questo intendo dire che in società non date l’impressione di voler essere considerati una coppia, ma che lei non abbia nulla in contrario a che sua moglie trascorra del tempo con altri uomini, come faceva con il signor Vega. Anche nel Connecticut sua moglie aveva una vita indipendente, il suo lavoro, la libertà…»

«Perché ‘altri uomini’?» domandò Marty, allargando le mani, in apparenza contento di quella specie di sfida.

«Il Juez Calderón, per esempio.»

Marty batté le palpebre. Mentre la mente di Krugman assorbiva la notizia, Falcón si rese conto che gli era del tutto nuova.

«Maddy ha energie e interessi diversi dai miei», disse Marty dopo un po’. «È capace di restare per ore seduta sulla sponda del fiume a fare fotografie. È il suo mondo. Le piace anche la vita della strada e dei bar di Siviglia. Io non ho tempo per certe cose. Le piacciono la vitalità e le emozioni che si percepiscono in mezzo alla gente. Io non sono capace di darle tutto questo, mentre Rafael era contento di mostrarglielo, come sono certo che faccia anche il giudice. Non ho nessun desiderio di impedirle di divertirsi. Sarebbe controproducente.»

Le parole gli erano uscite di bocca come le dichiarazioni già pronte degli uomini di governo sotto pressione.

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