Mercoledì 24 luglio 2002
Consuelo Jiménez aprì la porta a Javier Falcón e lo precedette lungo il corridoio fino al soggiorno, una stanza a elle affacciata su un prato ben tenuto, di un verde acceso nella luce abbagliante. L’acqua nella piscina azzurra, contornata di piastrelle bianche, tremolava contro le pareti che la trattenevano, sospingendo piccoli rombi di seta verso il capanno degli attrezzi ricoperto da una buganvillea fiammeggiante.
Falcón, davanti alla grande vetrata, con le mani allacciate dietro la schiena, si sentiva compreso del suo ruolo ufficiale in modo imbarazzante. Consuelo, in una gonna di seta color panna e una camicetta intonata, si accomodò sul divano. Erano tutti e due tesi, ma curiosamente a loro agio.
«Le piace la buganvillea?» gli domandò Consuelo.
«Sì», rispose Falcón d’impulso, «mi dà speranza.»
«Io sto cominciando a trovarla banale.»
«Forse se ne vedono troppe, qui a Santa Clara. E incorniciata da queste finestre fa pensare a un quadro un po’ scontato.»
«Già, potrei metterci un uomo nudo che si tuffa perennemente nella piscina e chiamarlo il mio Hockney vivant», disse lei. «Posso offrirle qualcosa? Ho preparato del tè freddo.»
Falcón fece segno di sì e la seguì con lo sguardo dirigersi verso la cucina, avvertendo un fremito alla vista dei muscoli che si disegnavano nei polpacci. Si guardò intorno. A una parete un’unica grande tela di un rosso ciliegia, attraversata diagonalmente da una striscia blu scuro che si allargava a un’estremità. Sui tavoli e sul tavolino a lato del divano fotografie dei figli, da soli o in gruppo. A parte il divano blu scuro che formava un angolo retto con la elle della stanza e una poltrona non c’era molto altro. Falcón voltò le spalle al giardino minimalista, pensando che la signora Jiménez avesse accennato a Hockney perché, sotto quel sole battente, il barrio ricordava più la California che l’Andalusia.
Consuelo Jiménez gli porse il bicchiere di tè freddo e gli indicò la poltrona, sprofondandosi poi sul divano, facendo dondolare uno dei suoi sandali bassi verso di lui.
«Non sembra di essere in Spagna qui», osservò Falcón.
«Vuol dire che non siamo tutti uno addosso all’altro come in un cesto di papaveri?»
«È tranquillo.»
Rimasero in silenzio per qualche momento, nessun rumore di traffico o suono di campane, nessuno che fischiettasse o battesse le mani per la strada.
«Doppi vetri», disse Consuelo. «E io sono in mezzo alla confusione tutto il giorno nei ristoranti. Là vivo al triplo la mia vita spagnola, perciò, quando sono qui è come essere… in una vita ultraterrena. Avrei detto che fosse così anche per lei, con il lavoro che fa.»
«In questo periodo preferisco trovarmi al centro delle cose. Ho passato abbastanza tempo nel limbo.»
«Sono sicura che non si senta proprio a suo agio in quell’imponente casa di suo padre… cioè, non suo padre. Mi scusi.»
«Mi riferisco ancora a Francisco Falcón come a mio padre, è un’abitudine di quarantasette anni che non sono ancora riuscito a perdere.»
«La trovo cambiato, Inspector Jefe.»
«Mi chiami Javier.»
«Ha uno stile diverso.»
«Mi sono tagliato i capelli, ho smesso di portare giacca e cravatta. C’è stato un rilassamento dei costumi, per così dire.»
«È meno teso, meno serio.»
«Oh, lo sono sempre, ma ora ho capito che agli altri non piace, così lo nascondo. Ho imparato a mostrarmi sorridente.»
«La madre di una mia amica le aveva dato questo consiglio: ‘Continua a muoverti, continua a sorridere’. E funziona», disse Consuelo. «Viviamo in un’epoca superficiale, Javier. Quando è stata l’ultima volta che ha fatto una conversazione seria con qualcuno?»
«Ne faccio in continuazione.»
«Dico con qualcuno che non sia lei stesso.»
«Vedo una psicoterapeuta.»
«Ma certo, dopo quello che ha passato! Ma non sono conversazioni quelle, no?»
«Non proprio», ammise Falcón. «Qualche volta è pura autocommiserazione, qualche altra è come vomitare.»
Consuelo prese il pacchetto di sigarette sul tavolino, ne accese una e si allungò sul divano soddisfatta.
«Con lei sono offesa», disse, puntandogli contro la sigaretta accesa. «Non mi ha più telefonato, e dovevamo andare a cena insieme… ricorda?»
«Lei ha cambiato casa.»
«Significa che ha provato a chiamarmi?»
«Non ho avuto molto tempo», disse Falcón sorridendo.
«Sorridere non funzionerà con me», ribatté Consuelo. «So perché lo fa. Dovrà imparare qualche strategia nuova.»
«Sono in un momento critico.»
«Nella terapia?»
«Sì, e ho anche problemi legali con mia sorella Manuela. La mia sorellastra.»
«È un tipo che mira al possesso, mi sembra di ricordare.»
«Vedo che ha letto tutto sullo scandalo.»
«Avrei dovuto essere in coma per evitarlo», precisò Consuelo. «E che cosa vuole Manuela?»
«Soldi. Voleva farmi scrivere un libro sulla mia vita con Francisco, pubblicando tutti i diari e spiegando la parte avuta da me nell’indagine che ha portato tutto quanto alla luce. O meglio, voleva che lo facessi insieme con il suo compagno, un giornalista che avrebbe scritto il libro al posto mio. Io ho rifiutato e lei si è arrabbiata. Ora sta cercando di farmi causa, contestando il mio diritto all’eredità di Francisco, alla casa di Francisco Falcón, visto che non sono suo figlio… Così stanno le cose.»
«Deve battersi.»
«Manuela ragiona in modo molto diverso dal mio. Ha la stessa mentalità di Francisco, il che forse spiega perché non gli sia mai piaciuta molto. È una manipolatrice e un’esperta in pubbliche relazioni, e questa, unita alla sua energia, alla sua ambizione e al suo portafogli, è una combinazione letale.»
«Offrirò io la cena.»
«Non sono ridotto a questo punto. È solo qualcosa che si aggiunge allo stress quotidiano.»
«Quello che le serve, Javier, è un po’ di distensione quotidiana. Quel suo fratello, l’allevatore di tori, Paco. Non le è di nessun aiuto?»
«Andiamo d’accordo, con lui non è cambiato nulla, ma queste cose non sono il suo forte. E ha bisogno anche lui di Manuela. È la sua veterinaria, e basterebbe che alludesse con le autorità a una possibile presenza del morbo della mucca pazza nelle mandrie di Paco per rovinarlo.»
«Lei ha davvero i piedi per terra, malgrado tutto.»
Falcón la ringraziò, senza precisare che probabilmente era merito dei calmanti.
«Però, dopo averne parlato con disprezzo, ora penso che lei abbia proprio bisogno di divertirsi un po’.»
Silenzio. Falcón tamburellò con le dita sul suo taccuino. Le labbra strette di lei mandavano un segnale di triste inevitabilità: Consuelo se ne liberò con una boccata di fumo.
«Avanti con le domande, Inspector Jefe», disse dopo un po’, facendogli segno di avvicinarsi.
«Può continuare a chiamarmi Javier.»
«Bene, Javier, perlomeno avrà imparato alcune cose.»
«Per esempio?»
«Come mettere a suo agio gli altri… o quanto meno i sospetti, inducendoli a parlare.»
«Pensa di appartenere a questa categoria?»
«Non mi dispiacerebbe, così potremmo riprendere l’interessante dinamica fra l’investigatore e il sospettato», rispose lei asciutta.
«E come sa che si è trattato di omicidio?»
«Perché si troverebbe qui, Javier?»
«Io svolgo indagini su qualsiasi decesso che non sia avvenuto per cause naturali.»
«Rafael è morto d’infarto?»
Falcón scosse il capo.
«Allora è un omicidio.»
«O un patto suicida.»
«Un patto?» Consuelo schiacciò il mozzicone nel posacenere. «Quale patto?»
«Abbiamo trovato la signora Vega al piano superiore, morta. È stata soffocata con il guanciale.»
«Oh, mio Dio!» Consuelo si guardò alle spalle un istante. «Mario!»
«Rafael Vega ha bevuto un litro di liquido sturalavandini, probabilmente potenziato con l’aggiunta di un acido o un veleno, o di qualche pillola presa in precedenza. Dovremo aspettare il rapporto del medico legale.»
«Non posso crederci.»
«Significa che non lo ritiene un uomo capace di suicidarsi?»
«Sembrava ben sistemato. Il lavoro, la famiglia… specialmente Mario. Si era appena comprato una macchina nuova, stavano per andare in vacanza…»
«Il signor Vega era presente quando lei ha telefonato per Mario ieri sera?»
«Ho parlato con Lucía. Ho dato per scontato che lui fosse in casa, ma in realtà non lo so.»
«Dove sarebbero andati in vacanza?»
«In genere andavano al Puerto de Santa Maria, ma questa volta avevano deciso che Mario ormai era abbastanza grande e così avevano affittato una casa a La Jolla, vicino a San Diego, volevano portarlo a Sea World e a Disneyland.»
«La Florida sarebbe stata più vicina.»
«Un caldo troppo umido per Lucía», spiegò Consuelo, accendendosi un’altra sigaretta e scotendo la testa, gli occhi rivolti al soffitto. «Davvero non si ha idea di che cosa si nasconda nella testa della gente.»
«Il suo avvocato non ci ha detto niente di tutto questo.»
«Forse non lo sapeva. Rafael era il tipo che teneva la sua vita ben divisa in compartimenti stagni, non gli piacevano le commistioni, una cosa che si confondesse con l’altra. Doveva essere tutto ben separato e al suo posto. Delle vacanze mi ha parlato Lucía.»
«Insomma Vega voleva avere il controllo di tutto?»
«Come molti uomini d’affari di successo.»
«Lo ha conosciuto tramite Raúl?»
«Era stato molto presente dopo l’omicidio di Raúl.»
«Permetteva a Mario di fermarsi a dormire da voi?»
«I miei ragazzi gli erano simpatici.»
«Era un’abitudine regolare, che Mario dormisse qui?»
«Perlomeno una volta la settimana, normalmente il sabato sera o d’estate anche la domenica sera, quando sono più libera. L’unica cosa che non gli lasciava fare era il bagno in piscina.»
«Strano che i Vega non ne avessero una.»
«C’era una piscina, ma Rafael l’aveva fatta riempire e ricoprire di terra. Non gli piacevano le piscine.»
«Chi altri sapeva del vostro accordo su Mario?»
«Qualcun altro avrebbe potuto saperlo, sì, se fosse stato abbastanza ficcanaso», rispose Consuelo. «Javier, non trova tutto questo incredibilmente tedioso?»
«Stando alla mia esperienza è proprio nelle minuzie della vita quotidiana che si scopre qualcosa degli altri. Piccoli particolari che conducono a cose più importanti», spiegò Falcón. «Qualche anno fa stavo cominciando a trovarlo noioso, ma ora, stranamente, ne sono affascinato.»
«Da quando ha cominciato a riorganizzarsi la vita, forse?»
«Prego?»
«Mi scusi, non volevo essere invadente.»
«Me n’ero quasi dimenticato… ma lei è fatta così, non è vero, Doña Consuelo?»
«Può fare a meno del Doña, Javier. E, mi dispiace. Era un pensiero che doveva rimanere tale.»
«Incontro sempre tanta gente che si fa delle idee su di me», disse Falcón. «Per via della mia storia sono diventato di dominio pubblico, l’unico motivo per cui non mi fanno troppe domande è che le domande sarebbero troppe. Non sanno da quale cominciare.»
«Io volevo dire soltanto, e parlo per esperienza, che quando crollano le fondamenta della propria vita, cominciano a contare appunto le piccole cose quotidiane. Sono queste a tenere insieme i pezzi. Sono stata anch’io molto impegnata a ricostruire dall’ultima volta che ci siamo visti.»
«Vita nuova, casa nuova… un nuovo amore?»
«Questa me la sono meritata.»
«È solo il mio mestiere», disse Falcón.
«Era una domanda personale o unicamente a scopo investigativo?»
«Diciamo tutte e due le cose.»
«Non ho nessuno e… se alludeva a questo, a Rafael non interessavo.»
Falcón esaminò mentalmente quelle parole e non vi trovò nessuna ambiguità.
«Torniamo alle minuzie», disse. «Quando ha parlato con i Vega l’ultima volta?»
«Ho parlato con Lucía verso le undici di sera, per dirle che Mario si era addormentato e che lo avrei messo a letto. Abbiamo scambiato qualche parola, cose di mamme, niente altro.»
«È stata al telefono più a lungo del solito?»
Consuelo batté ripetutamente le palpebre mentre gli occhi le si riempivano di lacrime, le labbra strette intorno alla sigaretta. Soffiò via il fumo, deglutì con sforzo.
«È stato come al solito», rispose.
«Non le ha chiesto di parlare con il bambino o…»
Consuelo si piegò in avanti, affondò i gomiti nelle cosce e pianse. Falcón si alzò e le si avvicinò per porgerle un fazzoletto, dandole qualche colpetto tra le scapole.
«Mi dispiace», le disse. «I piccoli particolari portano a cose più grandi.»
Le tolse di mano la sigaretta e la spense nel posacenere. Consuelo si ricompose e Falcón tornò alla sua poltrona.
«Dopo la morte di Raúl mi emoziono sempre quando si tratta di bambini. Di tutti i bambini.»
«Deve essere stato difficile per i suoi figli.»
«Sì, ma hanno dimostrato una grande capacità di ripresa. Credo di aver sofferto io al posto loro, in un certo senso. È sorprendente scoprire quali vie possa prendere il dolore», disse Consuelo. «Ma ora mi ritrovo a mandare soldi a bambini africani resi orfani dall’AIDS, a quelli sfruttati in India e in Estremo Oriente, ai bambini che vivono in strada a Città del Messico e a San Paolo, ai bambini soldato che vengono riabilitati… non riesco a farne a meno e non ho idea del perché mi sia successo all’improvviso.»
«Raúl non aveva lasciato del denaro alla fondazione benefica Los Niños de la Calle?»
«Credo che lo abbia fatto per motivi più profondi.»
«Il senso di colpa per… Arturo? Il figlio che gli era stato rapito e che non ha più ritrovato?»
«Non mi faccia piangere di nuovo», protestò Consuelo. «Ci penso continuamente.»
«Okay. Parliamo d’altro. Lucía ha una sorella a Madrid, non è vero? Forse si potrà occupare di Mario.»
«Sì, ha due bambini, uno dell’età di Mario. Mario mi mancherà», disse Consuelo. «Perdere il papà è terribile, ma perdere anche la mamma è una catastrofe, specialmente a quell’età.»
«Ci si adatta», affermò Falcón, avvertendo la ferita della sua stessa esperienza. «L’istinto di sopravvivenza non viene compromesso, si accetta l’affetto da qualsiasi parte arrivi.»
Si fissarono negli occhi per qualche istante, i pensieri in orbita intorno all’idea della morte dei genitori, finché Consuelo si alzò per andare in bagno. Mentre l’acqua scorreva dal rubinetto, Falcón si allungò sulla poltrona, già esausto. Doveva assolutamente trovare la forza interiore necessaria al suo lavoro o cercare qualche nuovo modo per tenere a distanza i mondi ai quali si affacciava.
«Allora, che cosa crede che sia accaduto ieri notte in quella casa?» gli domandò Consuelo, dopo essersi sistemata il trucco.
«Sembra che Rafael Vega abbia soffocato la moglie e poi si sia ucciso bevendo una bottiglia di liquido sturalavandini», le rispose Falcón. «La causa della morte deve ancora essere stabilita. Se il copione è questo, sotto le unghie di Vega dovremmo trovare tracce del tessuto del cuscino… o qualcosa di simile, che ci darebbe…»
«E se non lo si trova?»
«Allora dovremo cercare più a fondo. Siamo già… perplessi.»
«Per via della macchina nuova e del fatto che stesse per andare in vacanza?»
«Raramente i suicidi pubblicizzano le loro intenzioni. In genere si comportano normalmente. Pensi a quante volte abbiamo sentito dire ai parenti: ‘Sembrava così calmo e normale!’ Dipende dal fatto che aver preso la decisione dà loro finalmente un po’ di pace. No, a renderci perplessi sono la scena del cosiddetto suicidio e lo strano biglietto.»
«Ha lasciato una lettera?»
«Non esattamente. Nel pugno aveva un foglietto di carta con su scritto in inglese: ‘… nell’aria sottile che respirerete dall’11 settembre fino alla fine…’ Le dice qualcosa?»
«Be’, non spiega nulla, no? Perché l’11 settembre?»
«Uno della scientifica ha suggerito che stesse finanziando Al-Qaeda», disse Falcón. «Scherzava.»
«Però… non ci hanno indotto a credere che oggi tutto è possibile?»
«Vega le era parso in qualche modo instabile?»
«Rafael sembrava assolutamente stabile», affermò Consuelo. «Era Lucía a essere instabile. Soffriva di depressione, con qualche manifestazione ossessivo-compulsiva. Ha visto il guardaroba?»
«Un sacco di scarpe.»
«Molte della stessa forma e colore, come i vestiti, d’altronde. Se le piaceva un paio di scarpe, ne comprava tre uguali. Si stava curando.»
«Perciò, se Vega fosse stato in crisi, data la sua natura non si sarebbe mai rivolto a qualcuno al di fuori della famiglia, ma non avrebbe potuto confidarsi con la moglie.»
«Il lavoro nei ristoranti mi ha insegnato a non giudicare la vita delle persone dall’esterno. Le coppie, perfino le più stravaganti, hanno i loro modi per comunicare, forse non tutti gradevoli, ma che funzionano.»
«Che mi dice della situazione tra i Vega? Se ne sarà resa conto, frequentandoli.»
«Sì, ma la presenza di una terza persona modifica sempre i comportamenti, si comincia a recitare.»
«È un’osservazione generica o fondata su osservazioni specifiche?»
«Su osservazioni specifiche, ma la si può applicare in generale», rispose Consuelo. «E questa è la seconda volta che insinua che possa avere avuto una storia con Vega.»
«Davvero? Be’, non intendevo farlo. Stavo solo pensando che in quelle circostanze un’amante avrebbe potuto rappresentare una soluzione possibile e questo avrebbe modificato il paesaggio mentale e coniugale.»
«Non per Rafael», disse Consuelo, scotendo la testa. «Non era quel tipo d’uomo.»
«Chi sarebbe quel tipo d’uomo?»
Consuelo batté una sigaretta sul pacchetto, l’accese e soffiò il fumo verso il vetro.
«Il suo Inspector Ramírez, per esempio. A proposito, dov’è?»
«Ha accompagnato la figlia in ospedale per qualche accertamento.»
«Niente di serio, spero.»
«Non lo sanno. Ma ha ragione su Ramírez, è sempre stato un casanova… il tipo che si pettina per le segretarie dell’Edificio de los Juzgados.»
«Forse aveva occhio per le situazioni di fragilità, per via del mestiere che faceva. Un tipo che si poteva definire anche così.»
«Rafael Vega? Il Macellaio?»
«Giusto. Un passatempo che non si accorda molto con l’amore. ‘Vuoi vedere i miei ultimi tagli di carne?’»
«Che cosa ne pensava di questa sua passione?»
«Ne approfittavo. La sua carne era sempre la migliore. Quasi tutte le bistecche sul menu dei miei ristoranti le tagliava lui.»
«E psicologicamente…?»
«Una passione di famiglia, non credo che ci sia sotto niente di più. Se suo padre fosse stato un falegname…»
«Certo, avrebbe fabbricato mobili nel tempo libero. Però, macellare la carne…?»
«A Lucía dava i brividi. D’altronde era schizzinosa.»
«Ipersensibile?»
«Era piena di fisime, nervosa, depressa, non riusciva a dormire. Prendeva due pillole ogni notte, una per addormentarsi e l’altra quando si svegliava alle tre o alle quattro del mattino.»
«Vetri a prova di proiettile», osservò Falcón.
«Aveva bisogno di silenzio totale per dormire, la casa era sigillata ermeticamente, una volta dentro dal mondo esterno non arrivava più nulla. Non c’è da meravigliarsi che fosse un po’ matta. Qualche volta, quando mi apriva la porta, mi aspettavo di sentire lo spostamento d’aria, come se la pressione all’interno fosse diversa.»
«In un mondo di superficialità e di divertimenti non mi sembra che fosse una donna molto divertente», osservò Falcón.
«Ci risiamo, Javier. Numero tre», gli fece notare Consuelo. «Comunque sia, superficiale lo era, teneva insieme i pezzi della sua esistenza attaccandosi alle cose materiali e alle banalità, trovava i rapporti con gli altri troppo difficili. Perfino Mario talvolta era troppo per lei, per questo le faceva così piacere che stesse da me. Ma non vuol dire che lui non fosse al centro della sua vita.»
«E allora come si sentiva Rafael Vega in famiglia?»
«Non credo che volessero un figlio. In quel periodo non li vedevo spesso, però mi sembra di ricordare che era stato un colpo per loro. Ma un figlio può cambiare un matrimonio, forse un giorno lo scoprirà anche lei, Javier.»
«Finge di non capire che cosa sto facendo. Eppure sa che devo farlo, che devo cercare le fragilità, i punti deboli delle situazioni», protestò Falcón rendendosi conto di quanto sembrasse permaloso. «Le mie domande possono essere sgradevoli, ma, d’altronde, non è molto gradevole nemmeno l’idea di un pluriomicida che camuffa da patto suicida la scena del delitto.»
«D’accordo, Javier, ha ragione», lo rassicurò Consuelo. «Nonostante quello che ho detto a proposito delle attrattive della dinamica fra l’investigatore e il sospetto, preferisco essere esclusa dalla sua inchiesta, anche se dovrò rispondere a domande sgradevolissime. Ho buona memoria e non mi è piaciuto affatto essere sospettata dell’assassinio di Raúl.»
«Bene, siamo soltanto ai preliminari, spero di avere fatti più concreti su cui fondare i miei sospetti sulla morte dei Vega. Perciò mi rivedrà certamente.»
«Non vedo l’ora.»
«Come aveva fatto a entrare nella proprietà dei Vega?» le domandò Falcón.
«Lucía mi aveva dato il codice per aprire il cancello.»
«Lo conosceva qualcun altro?»
«La domestica. Probabilmente Sergei. Non ne ho idea, ma il giardino dei Krugman confina con quello dei Vega e c’è un cancello di collegamento. In quanto a Pablo Ortega, non lo so.»
«Sergei? Ha detto che è russo o ucraino. Una cosa un po’ insolita.»
«Perfino lei deve aver notato quanti immigrati dall’Est ci siano in giro. So che è sbagliato, ma la gente li preferisce ai marocchini.»
«Che cosa sa di Madeleine Krugman?»
«È molto cordiale al modo degli americani… un modo superficiale.»
«Si potrebbe dire lo stesso dei sivigliani», osservò Falcón.
«Forse è per questo che vengono tanti americani ogni anno», suggerì Consuelo. «Non me ne lamento, tra parentesi.»
«Madeleine Krugman è una donna attraente», disse Falcón.
«Secondo lei non per Rafael. Comunque sia, tutti gli uomini la trovano attraente: anche lei, Javier. Ho visto come la guardava.»
Arrossendo come un quindicenne, Falcón sorrise e armeggiò con le sue carte. Consuelo gli rivolse un sorriso triste dal divano.
«Maddy è ben consapevole del suo potere», commentò.
«Dunque sarebbe la femme fatale del barrio?» domandò Falcón.
«Sto cercando di scalzarla, ma ha qualche anno di vantaggio su di me. Scherzi a parte, sa bene che gli uomini si sciolgono per lei e cerca di ignorare la cosa. Che altro può fare una donna quando sembra che tutti, dall’operaio del gas al pescivendolo al Juez de Instrucción all’Inspector Jefe de Homicidios, perdano il controllo delle rispettive mandibole?»
«E che mi dice del marito?»
«Sono sposati da molto tempo. Lui ha qualche anno più di lei.»
«Sa che cosa fanno qui a Siviglia?»
«Hanno voluto vivere per un po’ lontani dall’America. Lui lavora per Rafael, sta realizzando o ha realizzato un paio di progetti per lui.»
«Sono venuti qui dopo l’11 settembre?»
«Erano in America quando è successo. Vivevano nel Connecticut, lui lavorava a New York e credo che fossero semplicemente stufi…»
«Figli?»
«Non credo.»
«È mai stata invitata a casa loro?»
«Sì… C’era anche Rafael.»
«Ma non Lucía?»
«Sarebbe stato troppo stressante per lei.»
«Qualche osservazione?»
«Personalmente sono sicura che a Rafael sarebbe piaciuto portarsela a letto, perché è questo che passa per la testa degli uomini quando sono in presenza di Maddy Krugman. Ma non credo che sia successo.»
Dal piano superiore giunse un suono lacerante, il verso terribile di un animale sofferente. L’urlo penetrò nella spina dorsale di Consuelo che balzò in piedi, mentre Falcón si alzava maldestramente dalla poltrona. Un rumore di passi precipitosi sulle scale, poi arrivò Mario di corsa, in pantaloncini e maglietta, le braccia tese in avanti, la testa gettata all’indietro, gli occhi chiusi, la bocca spalancata in un grido. Nella mente di Falcón si materializzò la visione della famosa fotografia dell’attacco al napalm contro un villaggio vietnamita, con la differenza che la figura principale non era la ragazza nuda che correva per strada, ma il bambino che le stava davanti, con la bocca scura aperta, contratta per l’orrore.