TYRION

«Tyrion» esordì con cautela ser Kevan Lannister «se tu davvero sei innocente per la morte di Joffrey non avrai difficoltà a provarlo al processo.»

Tyrion si girò dando le spalle alla finestra. «Chi sarà a giudicarmi?»

«La giustizia è amministrata dal trono. Il re è morto, ma tuo padre è ancora Primo Cavaliere. Dal momento che suo figlio è accusato dell’assassinio di suo nipote, ha chiesto a lord Tyrell e al principe Oberyn di sedere con lui nel giudizio.»

Notizia ben poco rassicurante per Tyrion. Sia pure per breve, brevissimo tempo, Mace Tyrell era stato il suocero di Joffrey, quanto alla Vipera rossa, be’, lui era… un serpente velenoso. «Mi verrà concesso di chiedere un verdetto per singolar tenzone?»

«Cosa che non raccomanderei.»

«Perché no?» Il verdetto per singolar tenzone lo aveva già salvato a Nido dell’Aquila, quando Bronn aveva sconfitto e ucciso ser Vardis Egen, capo delle guardie di Lysa Arryn. Per quale ragione non avrebbe potuto salvarlo di nuovo anche alla Fortezza Rossa? «Rispondimi, zio Kevan. Mi verrà concesso il verdetto per singolar tenzone, in cui un mio campione proverà la mia innocenza?»

«Senz’altro, se è questo il tuo desiderio. Tuttavia, è bene che tu sappia che, in questa circostanza, tua sorella intende nominare ser Gregor Clegane quale suo campione.»

“Maledetta troia. Anticipa ogni mia mossa anche prima che io la compia. Peccato che non abbia scelto un Kettleblack.” Bronn si sarebbe mangiato in un boccone uno qualsiasi di quei tre ridicoli fratelli. La Montagna che cavalca però era tutt’altro genere di pietanza. «Devo dormirci sopra.» “E devo anche parlare con Bronn. In fretta.” Non voleva nemmeno pensare a quanto gli sarebbe costato. Bronn aveva una nozione molto particolare di qual era il prezzo della pelle del Folletto. «Cersei ha qualche testimone contro di me?»

«Ogni giorno più numerosi.»

«In tal caso, anch’io devo avere dei testimoni.»

«Dimmi chi, e ser Addam farà sì che la Guardia cittadina li produca al processo.»

«Preferirei trovarli di persona.»

«Sei accusato di regicidio e di omicidio di consanguineo. Credi veramente che ti verrà permesso di andare e venire a tuo piacimento?» Ser Kevan indicò il tavolo con un gesto vago. «Hai a disposizione penna, inchiostro e pergamena. Scrivi i nomi dei testimoni che richiedi, e io farò tutto quanto è in mio potere per trovarli, hai la mia parola di Lannister. Ma non lascerai questa torre, eccetto che per presentarti al processo.»

Tyrion non intendeva abbassarsi a supplicare. «Permetterai almeno al mio scudiero di andare e venire? Il giovane Podrick Payne?»

«Certo, se è questo che desideri. Lo manderò da te.»

«Fallo. Meglio prima che dopo, meglio adesso che prima.» Si accostò allo scrittoio con la sua andatura ondeggiante. Ma quando udì aprirsi la porta, si girò. «Zio?»

Ser Kevan si fermò sulla soglia. «Che cosa?»

«Non sono stato io.»

«Vorrei poterlo credere, Tyrion.»

La porta si richiuse. Tyrion Lannister si issò sulla sedia, affilò una penna d’oca e mise davanti a sé una pergamena vergine. “Chi parlerà in mia difesa?” Intinse la penna nel calamaio.

Ma quando Podrick Payne apparve, qualche tempo dopo, quella pergamena era ancora vergine.

«Mio signore» disse il ragazzo.

Tyrion depose la penna. «Trova Bronn e portalo qui. Subito. Digli che c’è dell’oro in ballo, più oro di quanto lui possa averne mai sognato. Vedi di non tornare senza di lui, Podrick.»

«Sì, mio signore. Volevo dire, no. Non lo farò. Non tornerò senza di lui.» Se ne andò.


Al tramonto, non era ancora tornato. E non tornò nemmeno al sorgere della luna. Tyrion finì con l’addormentarsi sul sedile sotto la finestra, svegliandosi all’alba, indolenzito e dolorante. Un servo gli portò porridge e mele per colazione, con un corno di birra al malto. Mangiò seduto al tavolo, con la pergamena bianca davanti a sé. Un’ora dopo, il servo entrò per riprendere la ciotola vuota.

«Hai visto il mio scudiero?» gli chiese Tyrion.

L’uomo scosse la testa.

Con un sospiro, il Folletto tornò a girarsi verso il tavolo, intingendo di nuovo la penna. “Sansa” scrisse sulla pergamena. Rimase immobile fissando il nome, con la mascella serrata al punto di farsi dolere i denti.

Nell’ipotesi che Joffrey non fosse effettivamente soffocato a causa di quel pasticcio di piccioni, ipotesi che perfino Tyrion trovava difficile da mandare giù, allora doveva essere stata Sansa ad avvelenarlo. “Joff le ha praticamente scaricato quel calice d’oro in grembo, dopo averle dato ampi motivi per ucciderlo.” Tutti i dubbi che Tyrion poteva aver avuto erano scomparsi nel momento in cui anche sua moglie era scomparsa. “Un unico corpo, un unico cuore, un’unica anima.” La sua bocca si torse in un ghigno. “Non ha sprecato troppo tempo a provare nei fatti quanto quel giuramento significasse per lei, o sbaglio? Be’, che altro ti aspettavi, nano?”

Eppure… Sansa dove avrebbe preso il veleno? Rifiutava di credere che la ragazza potesse avere agito da sola. “Voglio veramente trovarla?” E i giudici avrebbero veramente creduto che la sposa-bambina di Tyrion Lannister aveva avvelenato il re senza che suo marito lo sapesse? “Io non ci crederei.” Cersei avrebbe insistito che lui e Sansa avevano perpetrato il misfatto assieme.

Ma nonostante tutte queste considerazioni, il giorno seguente Tyrion diede la pergamena a ser Kevan. Il quale reagì con un’espressione perplessa. «Lady Sansa è quindi la tua unica testimone?»

«Poi me ne verranno in mente anche altri.»

«Meglio che ti vengano in mente subito. I giudici intendono iniziare il processo fra tre giorni.»

«È troppo presto. Se continuate a tenermi qui dentro, come faccio a trovare testimoni per provare la mia innocenza?»

«Tua sorella non ha avuto troppa difficoltà a trovare testimoni per provare la tua colpevolezza.» Ser Kevan arrotolò la pergamena. «Ser Addam ha mandato uomini a dare la caccia a tua moglie. Varys ha offerto una ricompensa di cento cervi d’argento per informazioni su dove si trova e cento dragoni d’oro per la cattura della ragazza. Se lady Sansa può essere trovata, verrà trovata, e io te la porterò. Non vedo alcun male nel fatto che marito e moglie condividano la stessa cella, confortandosi a vicenda.»

«Troppo gentile da parte tua. Hai visto il mio scudiero?»

«L’ho mandato da te ieri. Non è ancora arrivato?»

«Sì, è arrivato» rispose Tyrion «ed è anche ripartito.»

«Te lo manderò di nuovo.»

Ma Podrick Payne non riapparve fino alla mattina successiva. Entrò nella stanza a passi esitanti, il viso segnato dalla paura. Bronn entrò un momento dopo. Il mercenario divenuto cavaliere indossava una giubba di cuoio con borchie d’argento con sopra uno spesso mantello per cavalcare. Infilato nel cinturone della spada, portava un paio di costosi guanti di pelle.

A Tyrion bastò meno di un’occhiata alla faccia di Bronn per sentire un vuoto allo stomaco. «Ce ne hai messo di tempo.»

«Il ragazzo mi ha implorato, altrimenti non sarei venuto affatto. Sono atteso a cena al Castello Stokeworth.»

«Stokeworth?» Tyrion saltò giù dalla branda. «Illuminami, Bronn, che cosa ci sarebbe per te a Stokeworth?»

«Una sposa.» Il mercenario sorrise come un lupo famelico pronto ad avventarsi su un agnellino perduto dal branco. «Sposerò Lollys dopodomani.»

«Lollys…» “Perfetto, maledettamente perfetto.” La figlia ritardata di lady Tanda, somma cortigiana, che si ritrova con un marito cavaliere e una sorta di padre per il figlio bastardo che ha in pancia. Mentre ser Bronn delle Acque Nere scala un altro gradino. C’erano le viscide dita di Cersei in tutto questo. «Quella baldracca di mia sorella ti ha venduto un cavallo zoppo, Bronn. La ragazza non ha nemmeno mezzo cervello.»

«Se avessi voluto un cervello intero sposavo te.»

«Lollys è incinta di un altro.»

«E quando l’avrà scodellato, sarà incinta di me.»

«Non è nemmeno lei l’erede di Stokeworth» precisò Tyrion. «Ha una sorella maggiore, Falyse. Una sorella maggiore sposata.»

«Da dieci anni e ancora non ha figli» disse Bronn. «Il lord suo marito evita il talamo nuziale. Si dice che gli piacciono le verginelle.»

«Potrebbero piacergli le capre e non farebbe nessuna differenza. Alla morte di lady Tanda, le terre degli Stokeworth passerebbero comunque a Falyse.»

«A meno che Falyse non tiri le cuoia prima di sua madre.»

Tyrion non poté fare a meno di chiedersi se Cersei avesse qualche idea sul genere di turpe predatore cui aveva gettato in pasto lady Tanda. “Ma se anche l’avesse, gliene importerebbe?” «E allora perché sei qui, Bronn?»

Il mercenario alzò le spalle. «Una volta mi hai detto che se qualcuno mi avesse chiesto di svenderti, tu eri pronto a raddoppiare l’offerta.»

“Ci siamo.” «Sono due mogli che vuoi, o due castelli?»

«Uno per tipo andrebbe bene. Ma se è Gregor Clegane che dovrei uccidere per te, dovrà essere un castello molto grosso.»

I Sette Regni erano pieni di vergini di alto lignaggio, ma perfino la più vecchia, la più zitella, la più miserevole donzella del reame si sarebbe ritirata davanti all’idea di un matrimonio con un’infame feccia del volgo qual era Bronn. “A meno che la donzella in questione non fosse molle di corpo e molle di testa, con in pancia un bimbo dopo essere stata stuprata cento volte.” Lady Tanda Stokeworth aveva così disperato di riuscire a trovare un marito per Lollys che per un po’ di tempo aveva addirittura cercato di blandire Tyrion. E questo era stato prima che le orde di Approdo del Re si godessero la ragazza. Cersei doveva avere reso l’offerta in qualche modo più appetitosa, nessun dubbio al riguardo, e adesso Bronn era un cavaliere, il che lo rendeva un buon partito per la figlia cadetta di una casata minore.

«Al momento, mi trovo dannatamente a corto sia di castelli sia di signorine nubili di lignaggio» fu costretto ad ammettere Tyrion. «Posso però offrirti oro e gratitudine, come al Nido dell’Aquila.»

«Oro ne ho. Che cosa posso comprare con la gratitudine?»

«Potresti essere sorpreso. Un Lannister ripaga sempre i propri debiti.»

«Anche tua sorella è una Lannister.»

«E la lady mia moglie è l’erede di Grande Inverno. Se io alla fine dovessi uscire da tutto questo con la testa ancora attaccata alle spalle, un giorno potrei dominare il Nord in sua vece. E potrei darne a te una bella fetta.»

«Se e quando accadrà» ritorse Bronn. «E fa anche fottutamente freddo da quelle parti. Lollys è morbida, calda. Da qui a due notti, potrei già piantarglielo dentro.»

«Non mi sembra una prospettiva particolarmente seducente.»

«Davvero?» Bronn sogghignò. «Ammettilo, Folletto. Dovendo scegliere tra fottere Lollys e combattere la Montagna che cavalca, avresti le brache calate e l’uccello duro in meno di un battito di ciglia.»

“Mi conosce troppo bene.” Tyrion decise di tentare un altro approccio. «Ho sentito dire che ser Gregor è stato ferito sulla Forca Rossa del Tridente, e poi di nuovo a Duskendale. Ferite che lo rallentano parecchio.»

Bronn sembrò irritato. «Non è mai stato rapido. Solo schifosamente grosso e schifosamente forte. D’accordo, è più rapido di quanto uno s’immagini per un individuo di quella mole. Ha un allungo mostruoso, e non sembra incassare i colpi come gli esseri normali.»

«Davvero ti fa tanta paura?» cercò di provocarlo Tyrion.

«Sarei un vero coglione se non mi facesse paura.» Bronn alzò di nuovo le spalle. «Forse riuscirei a farlo fuori. Danzargli intorno fino a quando è così stanco da non riuscire nemmeno più a sollevare la spada. Buttarlo giù, in qualche modo. Una volta che vanno a terra, non ha importanza quanto sono alti. Ma anche così, è un tiro di dadi. Un passo falso, uno solo, e sono morto. Perché dovrei rischiare? Tu mi sei abbastanza simpatico, Tyrion, da quel brutto nanerottolo figlio di puttana che sei… ma se combatto la tua battaglia, perdo comunque. O la Montagna mi tira fuori le budella, o io uccido lui ma mi fotto Stokeworth. La mia spada è in vendita, non in regalo. E non sono il tuo fottuto fratello.»

«No» riconobbe tristemente Tyrion. «Non lo sei.» Fece un cenno di commiato. «E allora va’, ser Bronn delle Acque Nere. Corri pure a Stokeworth, per la tua cena con lady Lollys. Che tu possa trovare più gioia nel tuo matrimonio di quanta io ne ho mai trovata nel mio.»

Arrivato alla soglia, Bronn ebbe un’esitazione. «Che cosa farai, Folletto?»

«Ucciderò ser Gregor con le mie mani. Che te ne pare, non sarebbe un’impresa degna di una bella canzone?»

«Spero di udirla, quella canzone.»

Bronn, mercenario e cavaliere, sogghignò un’ultima volta. Dopo di che uscì da quella stanza, da quella fortezza e dalla vita di Tyrion Lannister.


«Mi dispiace.» Podrick strisciò i piedi sul pavimento di pietra.

«E perché mai? È forse colpa tua se Bronn è un insolente figlio di puttana dal cuore di rettile? Lo è sempre stato, ed è per questo che mi è sempre piaciuto.»

Tyrion si versò una coppa di vino e andò a sedersi sulla panca sotto la finestra. Era una giornata grigia, piovosa, ma comunque molto più allegra di come lui si sentiva. Avrebbe potuto mandare Podrick Payne alla ricerca di Shagga figlio di Dolf, il colossale barbaro guerriero armato di ascia, ma nel cuore della foresta del Re c’erano così tanti posti in cui nascondersi che certi fuorilegge riuscivano a eludere la cattura per decenni. “Inoltre, quando lo mando a prendere il formaggio, certe volte Pod ha addirittura difficoltà a trovare le cucine.” Quanto a Timett figlio di Timett, del clan degli Uomini Bruciati, doveva essere tornato da un pezzo sulle montagne della Luna. A dispetto di quello che aveva detto a Bronn, il Folletto che affronta di persona Gregor Clegane sarebbe stato una farsa ancora più grottesca dei nani giullari di Joffrey. Tyrion non intendeva crepare assordato da un mare di risate. “E qui miseramente finisce la brillante idea del verdetto per singolar tenzone.”

Più tardi quel giorno, ser Kevan venne a fargli nuovamente visita. Venne anche il giorno successivo. Sansa Stark non era stata trovata, lo informò cortesemente. Lo stesso valeva per il giullare ser Dontos, svanito nel nulla anche lui la notte del banchetto. Aveva altri testimoni che potessero essere chiamati a discolparlo? No, non li aveva. “Come cazzo farò a provare di non averlo avvelenato io, il vino, con mille persone che mi hanno visto riempire il calice di Joffrey?”

Quella notte non riuscì a chiudere occhio.

Giacque nelle tenebre, con lo sguardo fisso sul baldacchino, rincorrendo spettri. Vide Tysha, la giovane baldracca che era stata brevemente sua moglie. Tysha che gli sorrideva, che lo baciava. Vide Sansa, nuda, tremante di terrore. Vide Joffrey che si artigliava la gola, con il sangue che gli ruscellava sul collo, la faccia che diventava livida e poi nera. Vide gli occhi gelidi di Cersei, il sorriso da sciacallo di Bronn, il sogghigno quasi malefico di Shae. Neppure l’immagine di Shae riuscì a eccitarlo. Si toccò, con l’idea che se avesse risvegliato il proprio uccello arrivando a una qualche soddisfazione, forse dopo sarebbe riuscito a riposare. Non funzionò.

Arrivò l’alba. E con l’alba, arrivò l’ora dell’inizio del processo.


Non fu ser Kevan Lannister a recarsi da lui quel mattino, ma ser Addam Marbrand, assieme a una dozzina di cappe dorate. Tyrion aveva fatto colazione a base di uova bollite, pancetta abbrustolita e pane tostato. Aveva anche indossato i suoi abiti più sontuosi.

«Ser Addam» esordì. «Pensavo che mio padre avrebbe mandato la Guardia reale per scortarmi al processo. Sono ancora un membro della famiglia reale, o sbaglio?»

«Lo sei, mio signore, ma temo che molti cavalieri della Guardia reale siano chiamati a testimoniare contro di te. Lord Tywin ha reputato inappropriato che fossero loro a sorvegliarti.»

«Gli dèi ci scampino dal fare qualcosa di inappropriato. Prego, ser Addam, fai strada.»

Il processo si sarebbe svolto dove Joffrey era morto: nella sala del Trono di Spade. Mentre ser Addam lo accompagnava oltre le torreggianti porte di bronzo e poi a percorrere il lungo tappeto centrale, Tyrion poté sentire tutti gli occhi puntati su di sé. Erano venuti a centinaia a godersi lo spettacolo. Ó per lo meno così ipotizzava. “Per quello che ne so, potrebbero essere tutti testimoni d’accusa.” Nella galleria individuò la regina Margaery, pallida e bellissima nell’abito a lutto. “Soltanto sedici anni… due volte sposata, due volte vedova.” Sua madre, lady Alerie, si ergeva alta al suo fianco. All’altro fianco sua nonna, lady Olenna, la regina di Spine, con la sua figura minuta. Affollavano il resto della galleria le cortigiane e i cavalieri al seguito dei Tyrell.

La piattaforma si allargava sotto il Trono di Spade vuoto. Tutti i tavoli erano stati rimossi eccetto uno. Dietro di esso sedevano lord Mace Tyrell, massiccio nella cappa dorata con un farsetto verde, e il principe Oberyn Martell, snello in una fluente tunica a strisce nei colori arancione, giallo e scarlatto. In mezzo a loro c’era lord Tywin Lannister. “Forse per me c’è ancora una speranza.” Il nobile dorniano e il signore di Alto Giardino si disprezzavano a vicenda. “Se trovassi il modo di sfruttare la cosa a mio vantaggio…”

L’Alto Sacerdote cominciò con una preghiera, chiedendo al Padre di lassù di guidarli fino al raggiungimento della giustizia. Quando ebbe finito, l’altro padre, quello presente nella sala, si protese in avanti.

«Tyrion, hai tu ucciso re Joffrey?» esordì lord Tywin.

“Non perde certo tempo.” «No.»

«Bene» intervenne seccamente Oberyn Martell «questo è un sollievo.»

«Quindi lo ha ucciso Sansa Stark?» riprese lord Tywin.

“Io lo avrei fatto, se fossi stato in lei.” Eppure, dovunque Sansa si trovasse, quale che fosse stato il suo ruolo nella fine di Joffrey, rimaneva pur sempre sua moglie. Tyrion aveva posto sulle sue spalle il mantello della protezione, anche se per farlo era stato costretto a salire sulla schiena di un giullare.

«Gli dèi hanno ucciso Joffrey. È morto soffocato dal pasticcio di piccioni.»

Lord Tywin si alterò. «Stai dando la colpa ai fornai?»

«O a loro, o ai piccioni. Semplicemente, lasciatemi fuori da questa faccenda.» Dalla galleria, Tyrion udì poche risatine nervose. E seppe di aver commesso un errore. “Attento alla tua lingua, piccolo idiota, prima che ti scavi la fossa.”

«Ci sono testimoni che ti accusano» disse lord Tywin. «Cominceremo con udire loro. Poi ti sarà concesso di presentare i tuoi testimoni. Per converso, ti è concesso parlare solamente con nostra licenza.»

Tyrion non poté fare altro che annuire.

Ser Addam aveva detto il vero riguardo alle Spade bianche: il primo uomo a essere fatto entrare fu ser Balon Swann della Guardia reale.

«Lord Primo Cavaliere» cominciò ser Balon dopo che l’Alto Sacerdote gli aveva fatto giurare di dire tutta la verità e nient’altro che la verità. «Nella battaglia delle Acque Nere ho avuto l’onore di combattere a fianco di tuo figlio Tyrion sul ponte di navi venute ad arenarsi contro la grande catena. È un uomo valoroso, a dispetto della sua statura, e io non credo che abbia commesso questo crimine.»

Un mormorio percorse la sala. Tyrion si chiese a che razza di folle gioco Cersei stesse giocando. “A che scopo presentare un testimone che mi ritiene innocente?”

Non ci mise molto a scoprirlo. Con riluttanza, ser Balon illustrò come avesse separato Tyrion da Joffrey il giorno della sommossa nelle strade di Approdo del Re. «Ha colpito sua maestà, questo è vero. Ma si è trattato di un accesso di rabbia, nulla di più. Un temporale d’estate. La folla inferocita per poco non ci uccise tutti.»

«Nei giorni dei Targaryen, chiunque avesse osato colpire qualcuno di sangue reale si sarebbe visto mozzare la mano con cui aveva colpito» osservò la Vipera rossa di Dorne. «Al nano quella mano è forse ricresciuta, oppure voi Spade bianche avete dimenticato di fare il vostro dovere?»

«Lui stesso è parte del sangue reale» rispose ser Balon. «E, all’epoca, era anche Primo Cavaliere del re.»

«Errato» intervenne lord Tywin. «All’epoca, era Primo Cavaliere del re ad interim, in mia vece.»

Quando venne il suo turno di testimoniare, ser Meryn Trant ebbe il piacere di fornire maggiori dettagli al resoconto di ser Balon. «Gettò il re a terra e lo prese a calci. Gli gridò che era ingiusto che sua maestà fosse uscito illeso dall’ira della folla.»

A quel punto, Tyrion cominciò a intuire quale fosse la trama ordita da sua sorella. “Ha cominciato con un uomo noto per la sua onestà, e gli ha tirato fuori tutto quello che poteva dare. Tutti i testimoni che seguiranno ser Balon racconteranno di me cose sempre peggiori, fino a quando non verrò fuori come una combinazione tra Maegor il Crudele e Aerys il Folle, con anche un pizzico di Aegon il Mediocre, tanto per gradire.”

Ser Meryn proseguì descrivendo come Tyrion era intervenuto a interrompere la punizione che Joffrey stava infliggendo a Sansa Stark. «Il nano chiese a sua maestà se sapesse che fine aveva fatto Aerys Targaryen. Quando ser Boros si schierò a difesa del re, il Folletto minacciò di farlo uccidere.»

Il testimone successivo fu ser Boros Blount in persona, rievocando il medesimo tetro episodio. Per quanto rancore Blount potesse nutrire nei confronti di Cersei per averlo estromesso dalla Guardia reale, il cavaliere pronunciò comunque tutte le parole che lei voleva udire.

«Già che ci sei, Boros» Tyrion non fu in grado di tenere a freno la lingua «perché non dici ai giudici anche in che modo esattamente sua maestà stava punendo Sansa Stark?»

L’uomo grande e grosso, dalla mandibola prognata, lo fulminò con lo sguardo. «Tu dicesti ai tuoi selvaggi calati dalle montagne della Luna di assassinarmi se io avessi osato aprire bocca, ecco che cosa dico ai giudici.»

«Tyrion» intervenne lord Tywin «ti è concesso parlare solo su nostra licenza. Considera questo come un avvertimento.»

Tyrion restò in silenzio, masticando furore.

Venne il turno dei Kettleblack, tutti e tre i fratelli l’uno dopo l’altro. Osfryd rievocò la cena tra Tyrion e Cersei appena prima della battaglia delle Acque Nere, precisando le minacce che lui aveva proferito.

«Disse a sua maestà la regina che le avrebbe fatto del male» disse Osfryd.

«Molto male» aggiunse Osney. «Disse che avrebbe aspettato il giorno in cui sua maestà fosse stata felice per trasformare quella gioia in una boccata di cenere.»

Nessuno dei due menzionò Alayaya, la giovane puttana che Cersei aveva fatto rapire e fustigare pensando che si trattasse dell’amante di Tyrion.

Ser Osmund Kettleblack, autentica visione di etichetta cavalieresca in candida armatura a scaglie smaltate e immacolato mantello di lana bianca, giurò che re Joffrey sapeva da molto tempo che suo zio Tyrion intendeva assassinarlo. «Accadde il giorno in cui mi diedero il mantello della Guardia reale, miei lord» disse ai giudici. «Quel coraggioso ragazzo mi disse: “Ser Osmund, sorvegliami da presso, in quanto mio zio Tyrion non ha amore per me. Intende essere re al mio posto”.»

Fu più di quanto Tyrion potesse tollerare. «Infame bugiardo!» Avanzò di due passi prima che le cappe dorate intervenissero a trascinarlo indietro.

Lord Tywin aggrottò la fronte. «Dobbiamo forse farti incatenare mani e piedi come un comune brigante?»

Tyrion digrignò i denti. “Un secondo errore… Stupido, stupido, stupido d’un nano. Rimani calmo o sei finito.” «No. Chiedo venia, miei lord. Le menzogne di questo individuo mi hanno fatto infuriare.»

«Le sue verità, vorrai dire» rincarò Cersei. «Padre, ti prego di farlo incatenare, per la protezione tua e degli altri giudici. Lo vedi anche tu come si comporta.»

«Io vedo che è un nano» intervenne il principe Oberyn. «Il giorno in cui avrò paura di un nano, sarà il giorno in cui mi annegherò da solo in un barile di vino rosso.»

«Non c’è alcun bisogno di catene.» Lord Tywin gettò un’occhiata alle finestre. «Si sta facendo tardi. Riprenderemo domani mattina.»


Quella notte, da solo nella sua cella con una pergamena intonsa e una coppa di vino, Tyrion si ritrovò a pensare a sua moglie. Non Sansa. La sua prima moglie: Tysha. “La moglie baldracca, non la moglie lupo.” L’amore che lei gli aveva dichiarato era stato una falsità, eppure lui ci aveva creduto, e aveva trovato gioia nel crederci. “Dammi le tue dolci menzogne, e tieni per te le tue crude verità.” Bevve il vino, pensando a Shae. Più tardi, quando ser Kevan passò da lui nella sua visita notturna, Tyrion chiese di Varys.

«Credi che l’eunuco testimonierà in tua difesa?»

«Non posso saperlo fino a quando non gli avrò parlato. Mandalo qui da me, zio.»

«Come desideri.»


Furono i maestri Ballabar e Frenken ad aprire il secondo giorno del processo. Anche loro avevano partecipato all’apertura del nobile cadavere di re Joffrey, giurarono, senza però trovare nella reale gola traccia alcuna né di pasticcio di piccioni né di altro cibo.

«Fu il veleno a uccidere il re, miei lord» dichiarò Ballabar. Frenken concordò, annuendo con espressione grave.

Poi venne introdotto il gran maestro Pycelle, il quale si appoggiava pesantemente su un bastone e tremava a ogni passo, con i radi peli bianchi che sporgevano dal lungo collo di gallinaccio. Era ormai troppo malandato per reggersi in piedi, per cui i giudici permisero che gli venissero forniti uno scranno e un tavolo. Sul tavolo erano collocate parecchie piccole ampolle. Pycelle fu lieto di identificarle l’una dopo l’altra.

«Essenza grigia» disse con voce anch’essa tremante «estratta dal sangue di rospo. Ombra della sera, dolcesonno, danza del demone. Questa è occhio cieco. Sangue di vedova è chiamata quest’altra, a causa del colore. Una pozione crudele. Sigilla la vescica e il retto di un uomo, facendo annegare il malcapitato nei suoi stessi escrementi. Questo è flagello di lupo, qui c’è il veleno di basilisco, e queste sono le lacrime di Lys. Sì. Li riconosco tutti. Il Folletto Tyrion Lannister le ha rubate dalle mie stanze, dopo avermi fatto ingiustamente imprigionare.»

«Pycelle» lo apostrofò Tyrion, rischiando l’ira di suo padre «potrebbe uno di questi veleni causare la morte di qualcuno per soffocamento?»

«No. Per causare quel genere di morte, è necessario un veleno più raro. Quando ancora ero un ragazzo, apprendista alla Cittadella, i miei insegnanti lo chiamavano semplicemente “lo strangolatore”.»

«Ma questo raro e terribile veleno non è stato trovato, o sbaglio?»

«No, mio signore» ammiccò Pycelle. «Tu lo hai usato tutto per assassinare il più nobile fanciullo che gli dèi abbiano mai posto su questa terra.»

«Il più nobile fanciullo, dici?» In Tyrion, il furore prese il sopravvento sulla ragione. «Joffrey era crudele e stupido, ma non sono stato io a ucciderlo. Volete la mia testa? Prendetevela pure. Ma io non ho avuto alcuna parte nella morte di mio nipote.»

«Silenzio!» sibilò lord Tywin. «Hai già avuto tre avvertimenti. La prossima volta, verrai imbavagliato e incatenato.»

A Pycelle seguì una vera e propria processione, senza fine e mortalmente tediosa. Lord, lady e nobili cavalieri, persone di alto lignaggio e del volgo, tutti erano stati presenti al banchetto di nozze, e tutti avevano visto Joffrey soffocare, con la faccia che gli diventava nera come una prugna dorniana. Lord Redwyne, lord Celtigar e ser Flement Brax avevano udito Tyrion minacciare il re. Due servitori, un giocoliere, lord Gyles, ser Hobber Redwyne e ser Philip Foote lo avevano osservato riempire il grande calice d’oro. Lady Merryweather giurò di averlo visto lasciar cadere qualcosa nella coppa mentre Joffrey e Margaery tagliavano la torta. Il vecchio Estermont, il giovane Peckledon, il cantastorie Galyeon di Cuy, gli scudieri Morros e Jothos Slynt raccontarono di come Tyrion avesse raccolto da terra il calice mentre Joffrey stava morendo, e avesse versato sul pavimento il poco vino ovviamente avvelenato che ancora conteneva.

“Ma come ho fatto a farmi così tanti nemici?” Lady Merryweather era una perfetta sconosciuta. Tyrion si domandò se fosse cieca, o se anche lei fosse stata comprata. Per fortuna Galyeon di Cuy non aveva messo in musica la sua testimonianza, altrimenti ci sarebbero stati settantasette fottutissimi versi da sorbire.


Quando lo zio arrivò per la visita serale, il suo atteggiamento era freddo e distante. “Anche lui è certo che io sia colpevole.”

«Hai testimoni per noi?» gli chiese ser Kevan.

«Al momento, nessuno. A meno che non abbiate trovato mia moglie.»

Ser Kevan scosse la testa. «Sembra che il processo stia andando molto male per te.»

«Dici? Ma guarda un po’. E io che non l’avevo notato.» Tyrion si tastò la cicatrice sul viso. «Varys non è venuto.»

«E non verrà nemmeno in futuro. Domattina testimonierà contro di te.»

“Splendido.” «Capisco.» Tyrion si agitò sullo scranno. «Toglimi una curiosità, zio Kevan. Tu sei sempre stato un uomo onorevole. Che cosa ti ha fatto cambiare idea su di me?»

«A che scopo rubare i veleni di Pycelle se non per usarli?» rispose senza mezzi termini ser Kevan. «E lady Merryweather ha visto…»

«…non ha visto niente! Perché non c’era niente da vedere! Ma come faccio a provarlo? Come faccio a provare qualsiasi cosa, stando inchiodato in questa cella?»

«Forse è giunto il momento che tu confessi.»

Perfino attraverso le monumentali pareti della Fortezza Rossa, Tyrion riuscì a percepire il duro scrosciare della pioggia. «Ti dispiace ripetere, zio Kevan? Sarei pronto a giurare di averti sentito chiedere una mia confessione.»

«Se tu ammettessi la tua colpa davanti al trono, e se quindi ti pentissi del tuo crimine, tuo padre fermerebbe la spada della giustizia. Ti verrebbe concesso di entrare nella confraternita dei Guardiani della notte.»

Tyrion gli rise in faccia. «Gli stessi termini negoziali che la mia dolce sorellina Cersei offrì a Eddard Stark. E sappiamo tutti com’è andato a finire quel negoziato, o sbaglio, zio Kevan?»

«Tuo padre non ebbe parte alcuna in quell’evento.»

Questo, almeno, era vero. «Il Castello Nero è un coacervo di assassini, ladri e stupratori» disse Tyrion «ma quando mi trovai da quelle partì, non ricordo di aver mai incontrato nemmeno un regicida. Vuoi davvero farmi credere che se io confessassi di aver assassinato un re e consanguineo, mio padre semplicemente farebbe un cenno con la testa, procedendo poi a perdonarmi e a imballarmi per la Barriera assieme a un po’ di caldi mutandoni di lana?» Il Folletto emise una risata sarcastica, al limite dell’offensivo.

«Nulla è stato detto riguardo a un tuo perdono» replicò ser Kevan, austero. «Una tua confessione porrebbe però fine a questo stato di cose. È la ragione per la quale tuo padre mi manda a farti la presente offerta.»

«Allora, zio, ringrazialo da parte mia» replicò Tyrion «ma digli anche che al momento non mi sento incline a confessare un bel niente.»

«Se fossi in te, cambierei inclinazione. Tua sorella vuole la tua testa e, a quanto mi pare di capire, lord Tyrell sembra disposto a dargliela.»

«Ti pare di capire che il mio giudice mi ha già condannato, senza avere neppure udito una parola in mia difesa?» In realtà, era esattamente quello che Tyrion si aspettava. «Mi sarà ancora concesso di parlare e di presentare testimoni?»

«Tu non hai testimoni» gli ricordò suo zio. «Tyrion, se veramente sei colpevole di questa atrocità, la Barriera rimane un fato ben più tollerabile di quello che ti meriteresti. Se invece sei senza colpa… al Nord si continua a combattere, lo so, ma perfino il Nord sarà per te un luogo più sicuro di Approdo del Re, qualunque sia l’esito di questo processo. La folla è convinta della tua colpevolezza. Dovessi essere così pazzo da avventurarti nelle strade, ti farebbero a pezzi, letteralmente a pezzi.»

«E salta all’occhio quanto una simile prospettiva ti rattristi.»

«Sei pur sempre il figlio di mio fratello.»

«Esatto, perché allora non glielo ricordi?»

«Credi che ti permetterebbe di prendere il nero se tu non fossi sangue del suo sangue e di Joanna? Tywin ti sembra un uomo duro, lo so, ma non è più duro di quello che deve essere. Nostro padre era gentile e amabile, e questo portò i suoi imbelli alfieri a deriderlo nelle loro gozzoviglie. Alcuni di loro osarono addirittura sfidarlo apertamente. Altri lord ricevettero a prestito il nostro oro e non si presero mai il disturbo di restituirlo. A corte, si esibivano in frizzi e lazzi riguardo ai “leoni senza denti”. Perfino la sua concubina lo derubò, era poco più di una baldracca, eppure si servì a piene mani dei gioielli di nostra madre! Fu su Tywin che ricadde il non facile compito di riportare la Casa Lannister al suo giusto posto. Nello stesso modo in cui su di lui è ricaduto il compito di dominare il reame, e questo quando aveva poco più di vent’anni. Per altri vent’anni lui portò quel fardello, e tutto quello che ne ricavò fu l’invidia di un re demente. Invece degli onori che meritava, soffrì oltraggi senza fine, e cionondimeno lui diede ai Sette Regni pace, opulenza, giustizia. Perché tuo padre è un uomo giusto, Tyrion. E tu faresti bene a confidare in lui.»

Tyrion ammiccò, stupefatto. Ser Kevan era sempre stato un uomo solido, stolido e pragmatico. Eppure mai, prima di allora, lo aveva sentito parlare con tale fervore. «Tu gli vuoi bene.»

«È mio fratello.»

«Io… io penserò a quello che mi hai detto.»

«Allora pensa profondamente, e rapidamente.»


Tyrion pensò a ben poco d’altro, quella notte. Ma al mattino non si ritrovò in alcun modo più vicino a decidere se davvero fidarsi di suo padre.

Un servo gli portò porridge e miele per colazione ma, alla sola idea di confessare, l’unico sapore che si ritrovò in bocca fu quello della bile. “Mi chiameranno assassino di consanguineo fino alla fine dei miei giorni. Per i prossimi mille anni, se mai sarà rimasto qualcuno a ricordarsi di Tyrion il Folletto, io sarò il nano mostruoso che ha avvelenato il giovane nipote alla sua festa di nozze.” Il solo pensiero lo fece inferocire. Lanciò ciotola e cucchiaio dall’altra parte della cella, lasciando una traccia frastagliata sulla parete. Traccia che ser Addam Marbrand osservò con una certa perplessità quando si presentò per scortare Tyrion al processo. Ebbe comunque la buona grazia di non fare domande.


«Lord Varys» annunciò l’araldo. «Maestro delle spie.» Incipriato, azzimato, profumato all’acqua di rose, il Ragno tessitore continuò a strofinarsi una mano sull’altra per tutta la sua deposizione.

“Ti lavi le mani della mia vita, eh, senzapalle?” Così pensò Tyrion nell’ascoltare il lacrimevole resoconto dell’eunuco su come il Folletto aveva complottato per sottrarre Joffrey alla protezione del Mastino, e aveva parlato con Bronn dei benefici di avere Tommen sul Trono di Spade. “Le mezze verità pesano molto di più delle complete menzogne.” Inoltre, a differenza degli altri, Varys si presentava di fronte alla giustizia del reame armato di documentazioni. Pergamene ossessivamente riempite di note, dettagli, date, intere conversazioni. Così tanto materiale, e quasi tutto incriminante, che la sua esplicazione richiese l’intera giornata. Varys confermò l’irruzione notturna fatta da Tyrion nelle stanze del gran maestro Pycelle, confermò le minacce proferite da Tyrion contro Cersei la sera della fatidica cena, confermò ogni maledetta cosa Tyrion avesse detto e fatto con la sola esclusione dell’avvelenamento vero e proprio di Joffrey. Quando il principe Oberyn gli chiese in che modo Varys fosse a conoscenza di tutto questo, l’eunuco si limitò a ridacchiare: «Me lo hanno riferito i miei uccelletti. Conoscere è il loro mestiere. E anche il mio».

“E come si fa a interrogare uno di quegli uccelletti?” rimuginò Tyrion. “Maledetto senzapalle. Avrei dovuto farti staccare quella tua brutta testa pelata il giorno stesso in cui misi piede ad Approdo del Re. E maledetto anche me, per essermi in qualche modo fidato di te.”

«Abbiamo sentito tutto?» chiese lord Tywin a Cersei una volta che Varys ebbe lasciato la sala del trono.

«Quasi» rispose la regina. «Chiedo tua licenza per introdurre un ultimo testimone, domattina.»

«Licenza accordata» concluse lord Tywin.

“Meno male che siamo quasi alla fine.” Tyrion continuava a ribollire. “Dopo questa farsa di processo, l’esecuzione sarà quasi un sollievo.”


Quella notte, Tyrion rimase seduto sul davanzale, continuando a bere. Udì voci fuori della sua porta. “Ser Kevan” pensò subito “che arriva per avere la mia risposta.” Ma non fu suo zio a entrare.

Tyrion si alzò, esibendosi in un inchino da guitto. «Da quando si permette ai giudici di fare visita agli accusati?»

«Ai principi è concesso andare dove loro meglio aggrada.» Il principe Oberyn Martell, Vipera rossa di Dorne, si accomodò. «O per lo meno così ho detto alle guardie.»

«Mio padre non sarà contento di questa tua mossa.»

«Il piacere di Tywin Lannister non è mai stato in vetta alla lista delle mie preoccupazioni. È vino dorniano quello che stai bevendo?»

«Vendemmia di Arbor.»

Oberyn fece una smorfia. «Acqua tinta di rosso. Sei stato tu ad avvelenare il re?»

«No. Sei stato tu?»

Il principe sorrise. «Tutti i nani hanno la lingua biforcuta come la tua? Uno di questi giorni, qualcuno finirà per tagliartela.»

«Non sei il primo che me lo dice. Forse dovrei tagliarmela da solo: sembra che la mia lingua mi crei un sacco di guai.»

«Così pare, infatti. Penso che berrò un po’ della spremuta d’uva di lord Redwyne, dopo tutto.»

«Come credi.» Tyrion gliene versò una coppa.

La Vipera rossa bevve un sorso, se lo fece girare in bocca e finalmente lo mandò giù. «Può andare, per adesso. Domattina di manderò un po’ di vigoroso rosso dorniano.» Bevve un altro sorso. «Ho fatto i conti con quella puttana dai capelli biondi.»

«Quindi hai trovato il bordello di Chataya?»

«Da Chataya mi sono portato a letto la ragazza dalla pelle nera. Alayaya, credo sia il suo nome. Squisita, a parte quelle cicatrici di frusta sulla schiena. No, la puttana cui mi riferivo è tua sorella.»

«Ti ha già sedotto?» Tyrion non era affatto sorpreso.

Oberyn scoppiò a ridere. «Non ancora, ma lo farà… se io dovessi accettare il suo prezzo, è chiaro. La regina si è addirittura spinta a suggerire il matrimonio. A sua maestà serve un nuovo marito, quindi chi meglio del principe di Dorne per interpretare il ruolo? Ellaria ritiene che dovrei accettare. Alla sola idea di Cersei nel nostro letto si bagna tutta, la temeraria donzella. E non avremmo neppure bisogno di pagare il soldino del nano. Tutto quello che tua sorella chiede è una testa mozzata, più grossa del normale e con mezzo naso mancante.»

«Quindi?» Tyrion rimase in attesa.

Per tutta risposta il principe Oberyn fece roteare il vino nella coppa. «Molto tempo fa» riprese «quando il Giovane drago Targaryen conquistò Dorne, dopo la sottomissione di Lancia del Sole lasciò a dominarci il lord di Alto Giardino. Questo Tyrell si spostava assieme al suo seguito di fortezza in fortezza, dando la caccia ai ribelli e assicurandosi che noi dorniani rimanessimo sempre in ginocchio. Arrivava in forze, questo Tyrell, prendeva possesso del castello, si fermava per un ciclo di luna e poi passava al castello successivo. Era sua abitudine sbattere il lord locale fuori dalle sue stanze e invadere il suo letto. Una notte si ritrovò sotto un pesante baldacchino di velluto. La fune di un campanello penzolava vicino alla testata, qualora avesse avuto desiderio di fare venire una donzella. Aveva sviluppato il gusto per le donne dorniane, questo lord Tyrell, e chi può dargli torto? Così tirò la fune. A quel punto… il baldacchino sopra di lui si aprì in due, e cento scorpioni rossi gli caddero in testa. La sua morte fu l’inizio di un incendio che presto dilagò per tutta Dorne, cancellando nel giro di un mese tutte le vittorie del Giovane drago. Gli uomini in ginocchio si alzarono. E oggi noi dorniani siamo di nuovo un popolo libero.»

«Conosco questa storia» disse Tyrion. «Che cosa ha a che fare con noi?»

«Semplicemente questo: se io dovessi tirare la fune accanto al mio letto, preferirei ritrovarmi coperto di scorpioni piuttosto che avere accanto a me la regina Cersei in tutto il suo ignudo splendore.»

Tyrion non trattenne un sogghigno. «Abbiamo qualcosa in comune, quindi.»

«A tutti gli effetti, ho molte ragioni per essere grato a tua sorella. Se al banchetto non avesse accusato te, oggi probabilmente saresti tu a giudicare me e non il contrario.» C’era una cupa nube di divertimento negli occhi del principe. «Dopo tutto, chi conosce l’arte dei veleni meglio della Vipera rossa di Dorne? E chi ha tutte le ragioni per volere i Tyrell ben lontani dalla corona? Con Joffrey nella tomba, secondo la legge dorniana il Trono di Spade passerebbe a sua sorella Myrcella, la quale, grazie a te, è appunto la promessa sposa di mio nipote.»

«La legge dorniana qui non è applicabile.» Tyrion era stato sommerso dagli eventi al punto da non essersi neppure soffermato a considerare la successione. «Mio padre incoronerà Tommen, ci puoi contare.»

«Potrà anche incoronare Tommen ad Approdo del Re. Il che non significa affatto che mio fratello non possa incoronare Myrcella a Lancia del Sole. Tuo padre farà quindi guerra alla tua nipotina per conto del tuo nipotino? O la farà tua sorella?» Oberyn scrollò le spalle. «In fin dei conti, forse dovrei davvero sposare la regina, a condizione però che lei appoggi Myrcella e non Tommen. Pensi che Cersei lo farebbe?»

“Mai e poi mai.” Ma a Tyrion quelle parole rimasero come intrappolate in gola. Cersei aveva sempre considerato oltraggioso ritrovarsi esclusa dal potere a causa del proprio sesso. “Ma se la legge dorniana venisse alla fine applicata nel reame, lei diventerebbe a pieno diritto l’erede di Castel Granito.” Lei e Jaime erano gemelli, ma Cersei era stata la prima ad arrivare su questa terra, e tanto bastava. Nello schierarsi per la causa di Myrcella, si sarebbe schierata al tempo stesso anche per la propria causa.

«Io non so, tra Tommen e Myrcella, quale scelta farebbe Cersei» ammise Tyrion. «E comunque non ha importanza. Si tratta di una scelta che mio padre non le concederà mai.»

«Tuo padre» ribatté la Vipera rossa «non vivrà in eterno.»

E ci fu qualcosa, nel modo in cui Oberyn Martell pronunciò quelle parole, che a Tyrion fece rizzare i peli del collo. Di colpo, la sua mente tornò alla principessa Elia, moglie di Rhaegar Targaryen e sorella di Oberyn Martell, stuprata e assassinata nell’assalto finale dei Lannister alla Fortezza Rossa. E tornò anche a tutto quello che lui e Oberyn si erano detti all’arrivo della delegazione dorniana, mentre attraversavano le foreste ridotte a desolazioni di ceneri. “Lui vuole la testa che diede l’ordine, non soltanto la mano che impugnò la spada.”

«Mio principe» avvertì Tyrion «non è salutare disquisire di siffatti tradimenti qui nella Fortezza Rossa. Gli uccelletti ascoltano.»

«Che ascoltino pure. È forse tradimento ricordare che un uomo è mortale? “Vaiar morghulis”, così si diceva nell’antica Valyria. “Tutti gli uomini devono morire.” E di questo, il Disastro fu la prova più eclatante.» Il guerriero di Dorne andò alla finestra, a scrutare nelle tenebre. «Si dice che tu non abbia testimoni a tua discolpa.»

«Speravo che una sola occhiata al mio bel viso bastasse a convincere tutti e tre voi giudici della mia innocenza.»

«Ti sbagli, mio lord» corresse Oberyn. «Il Fiore di Lardo di Alto Giardino è quanto mai convinto della tua colpevolezza, e altrettanto determinato a vederti morto. Anche la sua preziosa Margaery ha bevuto da quel calice, come lord Mace ci ha già ricordato almeno cento volte.»

«E tu? Di che cosa sei convinto?»

«Del fatto che raramente gli uomini sono come appaiono. E all’apparenza tu sei talmente colpevole da convincermi della tua innocenza. Questo però è irrilevante: verrai comunque condannato. La giustizia è una merce che scarseggia su questo versante delle montagne. Non c’è stata giustizia per Elia, né per i suoi figli, Aegon e Rhaenys. Perché dovrebbe essercene per te? Forse il vero assassino di Joffrey è stato divorato da un orso. Cosa che sembra accadere piuttosto spesso, qui ad Approdo del Re. Oh, un momento, l’orso era a Harrenhal, adesso ricordo.»

«È questo il gioco a cui stiamo giocando?» Tyrion si passò le dita sulla cicatrice che gli deturpava il naso. Non aveva nulla da perdere dicendo a Oberyn la verità. «Effettivamente c’è stato un orso a Harrenhal e ha divorato ser Amory Lorch.»

«Che triste fine, la sua» disse la Vìpera rossa. «E anche la tua. Mi domando se tutti i nani dal naso mozzato mentono così male.»

«Non sto mentendo. Ser Amory fece uscire la principessa Rhaenys da sotto il letto di suo padre Rhaegar e la pugnalò a morte. C’erano anche altri armati con lui, ma non conosco i loro nomi.» Tyrion si sporse in avanti. «Fu ser Gregor Clegane che sbatté la testa del principe Aegon contro il muro. E fu sempre ser Gregor Clegane che stuprò tua sorella Elia, con le mani ancora lorde del sangue e delle cervella del piccolo.»

«Ma che cosa abbiamo qui? Forse la verità? Da un Lannister?» Oberyn sorrise in modo glaciale. «E fu tuo padre a dare l’ordine di sterminarli tutti, non è così?»

«No.» Tyrion mentì senza la minima esitazione, continuando a chiedersi il motivo per cui lo aveva fatto.

La Vipera rossa inarcò un sopracciglio sottile, nero come la notte. «Che figlio devoto, e che patetica menzogna. Fu lord Tywin in persona a esibire davanti a re Robert Baratheon i cadaveri di mia sorella e dei suoi figli, avvolti nei mantelli porpora dei Lannister.»

«Forse è con mio padre che dovresti avere questa discussione. Lui era là. Io ero a Castel Granito, e ancora così giovane da credere che l’affare che avevo tra le gambe servisse solo per pisciare.»

«È vero. Però adesso sei qui, e in grave difficoltà, aggiungerei. La tua innocenza potrà anche essere evidente come quella cicatrice che hai in faccia, ma non servirà comunque a salvarti. Non più di quanto ti salverà tuo padre.» Il principe Oberyn fece una pausa calcolata. «Io invece potrei farlo.»

«Tu? Salvare me?» Tyrion lo scrutò. «Sei uno dei tre giudici. In che modo potresti salvarmi?»

«Non in qualità di tuo giudice.» La Vipera rossa di Dorne sorrise. «In qualità di tuo campione.»

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