TYRION

Tyrion Lannister si ammantò di tenebra e rimase ad ascoltare il respiro leggero di sua moglie nel letto che condividevano. “Sta sognando” pensò quando Sansa Stark sussurrò qualcosa, forse un nome, ma fu un sussurro troppo debole perché lui potesse capire, mentre si girava sul fianco. Come marito e moglie condividevano il letto, certo. Ma il letto e niente altro. “Tiene per sé perfino le lacrime.”

Quando le aveva dato la notizia della morte di suo fratello, si era aspettato disperazione e furore. Invece la sua espressione era rimasta talmente cristallizzata da fargli credere per un momento che la fanciulla non avesse capito. Era stato solo in seguito, con una robusta porta di quercia a dividerli, che l’aveva udita singhiozzare. Tyrion aveva valutato se andare da lei, per offrirle un po’ di conforto. “No” aveva poi ricordato a se stesso “non vorrà alcun conforto da un Lannister.” Tutto quello che aveva potuto fare era stato evitarle i dettagli più cruenti delle “Nozze rosse”, mano a mano che arrivavano dalle Torri Gemelle. Non era necessario, aveva deciso, che Sansa venisse a sapere come era stato macellato e mutilato il corpo di suo fratello Robb. Né di come il cadavere nudo di sua madre lady Catelyn era stato scaraventato nella Forca Verde del Tridente, in un osceno oltraggio alla tradizione funeraria della Casa Tully. L’ultima cosa di cui Sansa Stark aveva bisogno era altro materiale per gli incubi.

Però gli sforzi di Tyrion non erano bastati. Aveva drappeggiato il suo mantello attorno alle spalle della giovane moglie, giurando di proteggerla. Gesto che si era rivelato una beffa crudele quanto la corona che i Frey avevano collocato sulla testa mozzata del meta-lupo di Robb Stark, dopo averla cucita sul suo cadavere decapitato. Anche questo sapeva Sansa. Il modo in cui lo guardava, la rigidità delle sue membra quando si sdraiava nel letto accanto a lui… Quando Tyrion era con lei, mai, neppure per un istante, Sansa poteva dimenticare chi era lui. Così come non poteva dimenticare chi era lei. Ogni notte Sansa continuava ad andare a pregare nel parco degli dèi. Tyrion si domandava se pregasse per la sua morte. Sansa aveva perduto la sua casa, il suo posto nel mondo, tutti quelli che aveva amato, di cui si era fidata. “L’inverno sta arrivando”, avvertiva il motto della Casa Stark, e per loro l’inverno era veramente arrivato, e con grande ferocia. “Ma se per la Casa Lannister questo è il cuore dell’estate, come mai sento un terribile freddo dentro?”

Tyrion infilò gli stivali, si chiuse il mantello con il fermaglio a forma di testa di leone e scivolò nel corridoio illuminato dalle torce. C’era almeno un aspetto positivo nel suo matrimonio: gli aveva consentito di abbandonare il Fortino di Maegor. Adesso che aveva moglie e servitù, suo padre lord Tywin aveva decretato che gli occorreva una sistemazione più appropriata. Di colpo, l’anziano, malandato lord Gyles Rosby si era ritrovato sbattuto fuori dai suoi spaziosi appartamenti in cima al Maniero delle cucine. E si trattava di magnifici appartamenti, dotati di un’ampia camera da letto e di un adeguato solarium, con bagno e vestibolo per la signora, con annessi piccoli alloggi per Podrick Payne, lo scudiero di Tyrion, e per le servette di Sansa. Perfino l’alloggio di Bronn, vicino alle scale, aveva una specie di finestra. “Be’, molto simile a una feritoia per arcieri, ma quanto meno lascia passare la luce del mondo esterno.” Le cucine principali della Fortezza Rossa erano proprio dall’altra parte del cortile, era vero, ma Tyrion trovava i loro rumori e odori infinite volte preferibili alla coabitazione con sua sorella nel Fortino di Maegor. Meno vedeva la cara Cersei meglio si sentiva.

Superando un’altra cella, poté udire il russare di Brella. Shae si era lamentata, ma era stato comunque un ben piccolo pedaggio da tollerare. Era stato Varys a suggerirgli la donna: all’epoca, Brella gestiva gli appartamenti in città di lord Renly Baratheon, compito che l’aveva istruita a essere perfettamente cieca, sorda e muta.

Tyrion accese una candela, raggiunse gli alloggi della servitù e cominciò a scendere. I piani sotto il suo erano silenziosi. L’unico rumore che udì fu quello dei propri passi. Continuò a scendere, fino al pianterreno e oltre, sbucando in uno scantinato con il soffitto a volta in pietra immerso nell’oscurità. La maggior parte degli spazi della Fortezza Rossa erano collegati da un dedalo sotterraneo e il Maniero delle cucine non faceva eccezione. Tyrion arrancò per un lungo passaggio buio fino a trovare la porta che cercava. La varcò.

Al di là, lo attendevano i teschi di drago dei Targaryen. Anche Shae lo attendeva. «Pensavo che milord mi avesse dimenticato.» Il suo vestito era appeso a una zanna nera alta quasi quanto lei. Shae era in piedi tra le mascelle spalancate del drago, nuda. “Balerion, il terrore nero?” pensò. O forse era Vhagar? I teschi di drago si assomigliavano un po’ tutti.

La semplice vista di Shae bastò a farglielo venire duro. «Vieni fuori da lì.»

«No che non vengo» e gli scoccò il più lascivo dei sorrisi. «Milord verrà a prendermi lui dalle fauci del drago, lo so.» Ma quando Tyrion si avvicinò, lei si sporse in avanti e spense la candela con un soffio.

«Shae…» Lui tentò di abbracciarla. Niente da fare, lei si ritrasse dalla sua stretta.

«Prima devi prendermi.» La voce della ragazza proveniva dalla sinistra di Tyrion. «Milord avrà pure giocato a vergini e mostri quando era bambino.»

«Mi stai dando del mostro?»

«Non più di quanto io sono una vergine.» Adesso Shae era alle sue spalle, sentiva i passi leggeri sull’impiantito. «Ma devi prendermi lo stesso.»

Tyrion alla fine ci riuscì, ma solo perché lei si lasciò prendere. Quando scivolò tra le sue braccia, lui era sudato e senza fiato per le contorsioni dentro e fuori le fauci dei draghi. Ma poi, in un attimo, tutto fu dimenticato: i piccoli seni premevano nel buio contro il suo viso, i capezzoli duri ed eretti gli sfioravano le labbra e la cicatrice frastagliata che aveva preso il posto del suo naso, mutilato durante la battaglia delle Acque Nere. Tyrion la trascinò sul pavimento.

«Il mio gigante» sussurrò Shae mentre lui la penetrava. «Il mio gigante che viene a salvarmi.»

Più tardi, mentre giacevano avvinti l’uno all’altra tra i teschi di drago, Tyrion rimase con il capo appoggiato a lei, odorando il profumo dei suoi capelli lavati di fresco. «Meglio rientrare» disse di malavoglia. «Dev’essere l’alba ormai. Sansa starà per svegliarsi.»

«E tu falle bere il vino dei sogni» disse Shae «come fa lady Tanda con Lollys. Una coppa prima di andare a dormire, e possiamo scopare nello stesso letto senza che lei nemmeno si svegli». Ridacchiò. «Perché non lo facciamo, una notte? A milord piacerebbe?» La sua mano trovò la spalla di Tyrion e cominciò a massaggiargli i muscoli. «Hai il collo duro come la roccia. Che cosa ti preoccupa?»

Tyrion non poteva vedere le proprie dita, ma le sollevò ugualmente l’una dopo l’altra. «Mia moglie Sansa. Mia sorella Cersei. Mio nipote Joffrey. Mio padre lord Tywin. I Tyrell…» Passò all’altra mano. «Varys. Pycelle. Ditocorto. La Vipera rossa di Dorne.» Gli restava l’ultimo dito. «E la faccia che vedo riflessa nell’acqua quando mi lavo alla mattina.»

Shae baciò i resti scavati del suo naso. «Una faccia coraggiosa. Una faccia gentile e buona. Vorrei proprio vederla.»

Nella sua voce c’era tutta la dolce innocenza del mondo. “Innocenza? Idiota: è una puttana! Tutto quello che conosce degli uomini è l’arnese che hanno in mezzo alle gambe. Idiota, idiota.” «Meglio che tu la veda, allora.» Tyrion si mise seduto. «Abbiamo una lunga giornata davanti a noi, sia tu sia io. Non avresti dovuto spegnere la candela. Come facciamo a trovare i nostri vestiti adesso?»

Lei rise. «Magari usciamo nudi.»

“Certo, per farci anche notare… in modo che poi mio padre possa impiccarti.” Prendere Shae come una delle servette di Sansa gli forniva la scusa per essere visto a parlare con lei, ma Tyrion non si faceva comunque troppe illusioni sul fatto di essere al sicuro. Varys lo aveva avvertito…


«…Ho creato per Shae una falsa storia passata, che però è a uso e consumo di Lollys e lady Tanda. Tua sorella la regina è molto più sospettosa, e se dovesse chiedermi quello che so…»

«Tu le racconterai un’abile menzogna.»

«No. Le dirò che è una baldracca da soldati che hai conosciuto prima della battaglia della Forca Verde e che hai portato quindi ad Approdo del Re contro la volontà del lord tuo padre.»

«Varys, hai già mentito a mia sorella in altre circostanze. Vuoi che le dica questo?»

L’eunuco principe delle spie sospirò. «Le tue parole feriscono più profondamente di una lama, mio signore. Io ti ho servito con lealtà, ma devo anche servire tua sorella ogni volta che posso. Quanto pensi che la nobile Cersei mi lascerebbe vivere nel momento in cui non le fossi più di alcuna utilità? Io non ho feroci mercenari a proteggermi, né un valoroso fratello pronto a vendicarmi. Ho solamente qualche uccellino che mi sussurra all’orecchio. Ed è proprio grazie a quei sussurri che ogni giorno sono costretto a comprare la mia vita.»

«Spero che mi perdonerai, Varys, se non verso lacrime per te.»

«Certo, ma spero che anche tu mi vorrai perdonare se non verso lacrime per Shae. Confesso, mio signore, che proprio non riesco a capire come quella fanciulla possa spingere un uomo arguto come te a comportarsi in modo tanto stolto.»

«Potresti capirlo… se tu non fossi un eunuco.»

«Per cui è questa la risposta? Un uomo può avere o buonsenso o un’escrescenza di carne tra le gambe. Ma non può avere l’una e l’altra cosa contemporaneamente?» Varys ridacchiò. «Allora dovrei essere lieto di essere stato mutilato…»


“…Il Ragno tessitore ha ragione.” A tentoni, Tyrion andò alla ricerca delle sue brache in quelle tenebre infestate da draghi-spettro. Si sentiva uno schifo. Stava correndo rischi che avrebbero potuto portarlo dritto con la testa sul ceppo del boia, per non parlare dei sensi di colpa. “Che gli Estranei se li portino alla dannazione, i miei sensi di colpa!” Infilò la testa nella tunica. “Perché mai dovrei sentirmi in colpa? Mia moglie non vuole nessuna parte di me, specialmente non quella parte di me che sembra volere Shae.” Forse avrebbe dovuto dirle di Shae e basta. Non sarebbe certamente stato il primo ad avere una concubina. Il padre di Sansa, quell’uomo dall’onore immacolato chiamato lord Eddard Stark, le aveva dato un fratello bastardo. A quanto ne sapeva, Sansa avrebbe potuto fare salti di gioia alla notizia che lui scopava Shae, fintanto che questo le evitava il suo sgradito contatto.

“No, non oso dirglielo.” Promesse nuziali o no, di sua moglie non c’era da fidarsi. Tra le gambe poteva anche essere una vergine, ma di certo non lo era in fatto di tradimenti: l’aver rivelato a Cersei i piani del lord suo padre all’epoca della morte di Robert bastava e avanzava. Inoltre, era fin troppo risaputo che le ragazze dell’età di Sansa non sapevano tenere segreti.

L’unica direzione sicura per lui sarebbe stata quella di sbarazzarsi di Shae. “Potrei mandarla da Chataya” rimuginò Tyrion, con riluttanza. Nel bordello di Chataya, il più rinomato e costoso di Approdo del Re, Shae avrebbe potuto avere tutte le gemme e le sete che voleva, oltre ai più ricchi clienti di alto lignaggio. Sarebbe stata una vita di gran lunga migliore di quella che conduceva quando lui l’aveva incontrata, nelle retrovie dell’esercito di lord Tywin.

Oppure, se si fosse stancata di guadagnarsi il pane stando sdraiata sulla schiena, lui avrebbe potuto combinarle un matrimonio. “Forse Bronn?” Il mercenario non era mai stato schizzinoso degli avanzi del suo padrone. E poi Bronn adesso era cavaliere, un’unione assai migliore di quanto Shae avrebbe mai potuto sperare. “O magari ser Tallad?” che Tyrion aveva notato sbirciare Shae in più di un’occasione. “Perché no? È alto, forte, non male d’aspetto, la quintessenza del giovane cavaliere valoroso.” Ovviamente, Tallad conosceva Shae solamente come graziosa servetta al servizio di una lady del castello. “Ma se lui la sposasse per poi scoprire che faceva la puttana…”

«Milord, dove sei? Ti hanno mangiato i draghi?»

«No. Sono qui.» Brancolò nel buio in uno dei teschi di drago. «Ho trovato una scarpa, ma credo che sia tua.»

«Milord parla in modo molto solenne. Non ti ho forse compiaciuto?»

«Certo» rispose lui, troppo seccamente. «Mi compiaci sempre.»

“Ed è proprio questo il guaio.” Aveva sognato altre volte di allontanarla da sé, ma erano sogni che non duravano mai a lungo. Nell’oscurità incombente, Tyrion aveva un’immagine vaga di lei, Shae che faceva scivolare una calza di lana su per la gamba affusolata. “Riesco a vedere…” Una luce fioca filtrava dalla fila di finestre nella parte alta del muro del sotterraneo. Neri contro uno sfondo grigio, i teschi degli antichi draghi dei Targaryen stavano emergendo dalle tenebre che li circondavano.

«Tra poco sarà giorno.»

Un nuovo giorno. Un nuovo anno. Un nuovo secolo. “Sono sopravvissuto alla Forca Verde e alle Acque Nere. Sopravvivrò anche allo strafottuto matrimonio di re Joffrey.”

Shae tolse il vestito dalla zanna di drago e lo infilò dalla testa. «Salgo prima io. Brella mi aiuterà con l’acqua per il bagno.» Si chinò a dargli un ultimo bacio, sulla fronte. «Mio gigante di Lannister, quanto ti amo.»

“Anch’io ti amo, tesoro.” Sarà anche stata una puttana, ma meritava più di quanto lui aveva da offrire. “La farò sposare a ser Tallad. Sembra un uomo decente. E alto…”

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