16

Quando il telefono suonò, era ancora buio. Mi girai sul fianco verso la radiosveglia che tenevo sul comodino. Era odiosamente sintonizzata sulle 4.47. Dall’ultima volta che Lily Anne si era messa a piangere, avevo goduto di appena venti minuti di sonno reale, e quella sveglia telefonica non fu per niente gradita. Risposi comunque all’istante, con la speranza che lo squillo non svegliasse la piccola. — Pronto.

— Mi servi qui, presto — dichiarò mia sorella. Non sembrava affatto stanca, e la cosa mi infastidì almeno quanto l’essere stato svegliato a quell’orario assurdo.

— Deborah — obiettai, con la voce ancora impastata dal sonno — mancano ancora due ore e mezza prima che sia “presto”.

— Abbiamo confrontato il tuo campione di DNA — disse, senza considerare che, vista l’ora, si trattava di un’osservazione piuttosto complessa. — È di Tyler Spanos.

Sbattei un paio di volte le palpebre, perché il mio cervello si avvicinasse a una condizione il più possibile vicina alla veglia. — La ragazza delle Everglades? — feci. — Era Tyler Spanos? Non Samantha Aldovar?

— Già — confermò Deborah. — Così stamattina stanno organizzando una squadra. Chambers fa il coordinatore, ma io sono l’investigatore capo. — La voce le tremava dall’eccitazione.

— Grande — dissi — ma perché ti servo così presto?

Debs abbassò la voce, timorosa che qualcuno la sentisse. — Ho bisogno del tuo aiuto, Dex — disse. — La cosa si sta facendo sempre più grossa e non posso fare cazzate. Sta diventando una questione-politica, tu mi capisci. — Si schiarì leggermente la gola, un po’ in stile capitano Matthews. — Per questo ti voglio nella squadra come capo della Scientifica.

— Ma devo accompagnare i bambini a scuola — protestai, poi udii accanto a me un lieve fruscio.

Rita mi posò una mano sul braccio e disse: — Li posso portare io.

— Non dovresti ancora guidare — obiettai. — Lily Anne è troppo piccola.

— Non ne patirà — rispose lei. — E neanch’io. Dexter, non è la prima volta che partorisco, e le altre due non avevo aiuto.

Non parlavamo mai dell’ex di Rita, il padre biologico di Cody e Astor, ma da quel che sapevo non doveva essere stato un tipo molto collaborativo. Certo, Rita l’aveva fatto altre volte. E, a essere sinceri, mi sembrava in forma e per nulla sofferente, ma, ovviamente, era Lily Anne che mi preoccupava. — Ma il sedile della macchina… — feci.

— Andrà tutto bene — mi rassicurò. — Va’ a fare il tuo lavoro.

Mi parve di udire un suono proveniente da Deborah simile a un grugnito. — Ringrazia Rita da parte mia — disse. — A tra poco. — E tolse la linea.

— Ma… — protestai a vuoto.

— Vestiti — fece Rita, e ripeté: — Andrà tutto bene, fidati.

La nostra società prevede svariate leggi e consuetudini per proteggere una donna dalla forza bruta di un uomo, ma quando due donne si fissano su qualcosa e si coalizzano contro un uomo, a quest’ultimo non resta altro da fare che obbedire. Forse un giorno verrà eletta come presidente una donna più comprensiva e saranno approvate nuove leggi in materia; fino ad allora, resterò una vittima indifesa.

Mi alzai, feci una doccia e mi vestii. Nel frattempo Rita mi aveva preparato un panino con frittata da mangiare in macchina e un thermos metallizzato colmo di caffè.

— Datti da fare — disse, con un sorriso stanco. — Spero che tu riesca a catturarli. — La guardai sorpreso. — L’ho sentito al telegiornale — fece. — Hanno detto che… che quella poverina l’hanno mangiata. — Rabbrividì e bevve un sorso di caffè. — A Miami. Al giorno d’oggi. Non… cioè, sono stati dei cannibali, vero? Un’intera banda? Come si può… — Scosse il capo, bevve altro caffè, abbassò la tazza… e con grande sorpresa notai che all’angolo dell’occhio le era spuntata una lacrima.

— Rita…

— Lo so — fece lei, asciugandosi il viso. — È colpa degli ormoni, sicuro, perché… E non credo che… — Tirò su con il naso. — È per la bambina — disse. — E ora c’è di mezzo la figlia di qualcuno… Parti, Dexter. È importante.

Partii. Ero ancora assonnato, e reduce dalle frustate psicologiche infertemi da Rita e Debs, però partii ugualmente. Sembrerà strano, ma ero anche piuttosto sorpreso da quel che Rita aveva detto tra le lacrime. Cannibali. Potrebbe apparire stupido, ma a quella parola non ci avevo ancora pensato. Okay, Dexter non è un ritardato: sapevo che quella poverina era stata mangiata da alcune persone e sapevo che le persone che ne mangiavano altre si chiamavano “cannibali”. Ma non mi era proprio venuto in mente di fare due più due e di dire che erano stati i cannibali a mangiare Tyler Spanos, il che conferiva all’intera vicenda un tocco di realismo quotidiano, non privo di una certa sfumatura bizzarra e inquietante. So bene che il mondo abbonda di gente cattiva: in fondo lo sono anch’io. Ma che dire di un gruppo di festaioli che divora una ragazzina durante una grigliata fuori porta? Tutto ciò li rende cannibali veri, contemporanei, moderni, e tipici di Miami: il che significa che il livello di cattiveria si è alzato di qualche tacca.

Ecco un ulteriore tocco pittoresco che sembrava uscito dritto da un libro dell’orrore: prima vampiri e ora cannibali. Tutto a un tratto Miami si era fatta decisamente interessante. Magari la prossima volta mi sarei imbattuto in un centauro o in un drago, o addirittura in una persona onesta, chi lo sa.

Guidai verso l’ufficio al buio e con poco traffico. In cielo splendeva una bella fetta di luna, a rimproverarmi per la mia ignavia. Mettiti al lavoro, Dexter, sussurrava. Fa’ a pezzi qualcuno. Le mostrai il dito medio e tirai avanti.

Al primo piano, una sala conferenze era stata trasformata in quartier generale per la squadra speciale di Deborah e, al mio arrivo, tutti erano già in febbrile attività. Chambers, il tipo rasato dell’FDLE, sedeva a un grande tavolo su cui erano ammucchiati fascicoli, relazioni di laboratorio, cartine e tazze di caffè. Di fianco a lui facevano bella mostra sei o sette cellulari, e lui ne stava usando un ottavo.

E, purtroppo per i presenti (a esclusione forse del fantasma di J. Edgar Hoover, che doveva aleggiare vigile su di noi in una spettrale giacca da camera), accanto a Chambers sedeva l’agente speciale Brenda Recht. Sulla punta del naso portava un paio di occhiali da lettura molto chic che faceva scivolare di continuo per lanciarmi occhiate di disapprovazione. Le restituii il sorriso e guardai dall’altra parte della stanza, dove scorsi un tipo con la divisa della polizia statale di fianco al gigante d’ebano che avevo notato sulla scena del crimine. Si voltò a fissarmi, allora mi allontanai con un cenno del capo.

Deborah stava impartendo direttive a due detective di Miami e al socio, Deke, che le sedeva accanto, passandosi il filo interdentale. Non appena mi vide, mi fece segno di raggiungerli. Presi una sedia e mi unii al gruppo; intanto uno dei due detective, di nome Ray Alvarez, la interruppe.

— Ehi, ascolta — disse. — Questa storia non mi piace. Voglio dire, il tipo è fottutamente immanicato nell’amministrazione… sei già stata richiamata una volta.

— Ora è diverso — fece Deborah. — Abbiamo per le mani un delitto mai visto prima e la stampa sta impazzendo.

— Okay, chiaro — replicò Alvarez — ma tu sai fottutamente bene che Acosta sta solo aspettando di far saltare le palle a qualcuno.

— Non ti preoccupare — disse Deborah.

— Facile per te, che le palle non le hai — commentò Alvarez.

— Lo credi tu — fece Hood, l’altro detective, un enorme bruto che conoscevo appena. — Quella le ha il doppio delle tue, Ray.

— ‘Fanculo — disse Alvarez.

Deke grugnì, o forse stava ridendo, oppure il filo gli aveva fatto schizzar via una particella di cibo che gli era poi finita nel naso.

— Trovate Bobby Acosta — dichiarò mia sorella, tagliente — o le palle non saranno più un vostro problema. — Lanciò a Deke uno sguardo torvo. Lui strinse le spalle e alzò gli occhi al cielo, come se chiedesse al Signore perché ce l’aveva proprio con lui. — Comincia dalla moto — disse Debs rivolta ad Alvarez, indicando un fascicolo che aveva in grembo. — Si tratta di una Suzuki Hayabusa rossa, di un anno.

Deke fece un fischio.

— Una cosa? — domandò Alvarez.

— Una Hayabusa — ripeté Deke, piuttosto impressionato. — Un modello molto cool.

— Okay, ricevuto. — Alvarez fissò Deke con stanca rassegnazione.

Debs si rivolse a Hood. — Tu cerca l’auto di Tyler Spanos — disse. — È una Porsche del 2009, blu, decapottabile. Da qualche parte dev’essere pur finita.

— Forse in Colombia — fece Hood, e prima che Deborah aprisse la bocca per rimproverarlo aggiunse: — Okay, certo; se è ancora reperibile, la troverò. — Alzò le spalle. — Non che serva a molto, comunque.

— Ehi — intervenne Deke. — Il lavoro di routine va fatto, lo sai?

Hood lo guardò divertito. — Sì, Deke — disse. — Lo so.

— D’accordo — dichiarò Chambers a voce alta, e tutti si voltarono all’istante verso di lui. — Chiedo per un minuto la vostra attenzione. — Si alzò e si piazzò in un punto in cui fosse ben visibile. — Prima di tutto, voglio ringraziare il maggiore Nelson — indicò l’uomo con l’uniforme della polizia statale — e il detective Weems della polizia tribale miccosukee. — Il gigante scuro alzò un braccio in cenno di saluto e, stranamente, sorrise.

Diedi un colpetto a Deborah e mormorai: — Guarda e impara, Debs. È tutta politica.

Lei mi tirò una gomitata e mormorò: — Zitto.

Chambers continuò. — Sono qui con noi perché il caso è finito al centro dell’attenzione dei mass media e ha ormai fatto scalpore a livello internazionale, dunque potrebbe esserci utile il loro aiuto. Probabilmente esiste un collegamento con le Everglades — disse, riferendosi di nuovo a Weems — e abbiamo bisogno della massima collaborazione per pattugliare le strade di tutto il territorio statale. — Il maggiore Nelson non batté ciglio.

— E per quanto riguarda i federali? — Hood indicò l’agente speciale Recht.

Chambers lo fissò per un istante, e disse con prudenza: — L’FBI è qui perché quello che cerchiamo è un gruppo, e se è organizzato, forse a livello internazionale, loro devono esserne informati. D’altro canto, però, il caso riguarda pur sempre una ragazza scomparsa, e potrebbe saltare fuori che si tratta di rapimento. E francamente, visto che la situazione è già abbastanza anomala e incasinata, ritieniti fortunato di non avere qui presenti anche gli agenti del fisco, la Narcotici e i servizi segreti, quindi taci e cavalca, cowboy.

— Sissignore — fece Hood, mimando sarcasticamente il saluto militare.

Chambers lo fissò il tempo necessario per farlo sentire un verme, poi continuò. — D’accordo — disse. — Il sergente Morgan è il responsabile dell’area di Miami. Qualsiasi cosa accada in un’altra zona, fate capo innanzi tutto a me.

Deborah annuì.

— Domande? — Chambers si guardò intorno. Tutti tacquero. — Okay — disse. — Il sergente Morgan vi aggiornerà riguardo alle conclusioni cui siamo giunti fino a ora.

Deborah si alzò e lo raggiunse. Lui sedette e le cedette la parola. Lei si schiarì la gola e cominciò il riassunto. Lo spettacolo era penoso: mia sorella non è brava a parlare in pubblico e, a parte questo, è estremamente timida. Credo che, con la personalità da ispettore Callaghan che si ritrova, si sia sempre sentita a disagio nel corpo di una bella donna, e che detesti essere osservata dagli uomini. Quindi, per tutti quelli che davvero ci tenevano a lei, forse in quel momento soltanto io, non fu una bella esperienza vederla incespicare nelle parole, schiarirsi di continuo la gola e affidarsi ai luoghi comuni del poliziottese come ancora di salvezza.

Comunque, tutto prima o poi è destinato a finire, anche le cose più sgradevoli e, dopo un lungo ed esasperante interludio, Debs concluse e disse: — Domande? — Poi arrossì e guardò Chambers, accertandosi che non si fosse seccato perché lei era ricorsa alla sua stessa formula.

Il detective Weems alzò la mano. — Quale dev’essere, secondo voi, il nostro compito nelle Everglades? — chiese con una vocina incredibilmente acuta.

Deborah si schiarì la gola. Ancora. — Sapete — attaccò — dovete soltanto tenerci informati. Se qualcuno nota qualcosa laggiù, se quei tipi cercano di mettere su un’altra, sapete, un altro festino. O se ne scoprite una vecchia di cui non eravamo a conoscenza, un posto in cui ci sono prove di ciò che stiamo cercando. — E si schiarì la gola. Mi venne voglia di offrirle una pasticca per la tosse.

Fortunatamente per Deborah, Chambers decise che ne aveva abbastanza. Si alzò, prima che mia sorella si soffocasse del tutto, e disse: — D’accordo. Tutti sapete quello che dovete fare. L’unica cosa che vi raccomando è di tenere la bocca chiusa. La stampa si sta già sbizzarrendo fin troppo su questo caso, e non voglio darle altra materia per cazzeggiare. Chiaro?

Tutti annuirono, Deborah compresa.

— Bene — fece Chambers. — Andiamo a prendere quei bastardi.

La riunione terminò con stridio di sedie, strascicare di piedi e chiacchiere tra poliziotti. Tutti i presenti si alzarono e si misero a conversare con quelli che avevano intorno, eccetto il maggiore Nelson, che si calcò il berretto sulla testa rasata e marciò fuori dalla porta neanche avessero intonato la Marcia del colonnello Bogey. Il gigante della polizia tribale, Weems, si precipitò a parlare con Chambers, mentre l’agente Recht restò seduta e si guardò intorno con tacita disapprovazione.

Hood si sentì osservato e scosse il capo. — Merda — disse. — Quanto li detesto i federali, cazzo.

— Immagino che la cosa li preoccupi — osservò Alvarez.

— Ehi, Morgan, seriamente — fece Hood. — Non c’è un modo per farla in barba a quella zoccola dell’FBI?

— Certo — disse Debs, in un tono di voce così ragionevole che puzzava di complicazioni lontano chilometri. — Trova quella fottuta ragazzina, arresta quel fottuto killer e fa’ il tuo fottuto lavoro così l’FBI non ha nessuna scusa per farlo al tuo posto. — Gli mostrò i denti; non stava sorridendo, anche se forse Bobby Acosta avrebbe frainteso. — Te la senti, Richard?

Hood la scrutò per un istante, poi scosse il capo. — Merda — disse.

— Ehi, prima avevi ragione — fece Alvarez. — Quella le palle le ha più grosse persino delle tue.

— Merda — ripeté Hood. Infine, chiaramente in cerca di un facile bersaglio, si rivolse a Deke: — E tu?

— Io cosa? — fece lui.

— Tu di che cosa ti occupi?

Deke alzò le spalle. — Be’, sai — spiegò. — Il capitano vuole che io resti insieme a… uh, Morgan.

— Wow — commentò Alvarez. — Un compito rischioso.

— Siamo soci — replicò lui, lievemente offeso.

— Sta’ attento, Deke — disse Hood. — Morgan è parecchio severa con i suoi soci.

— Già, infatti ogni volta che ne trova uno, poi rimane senza — fece Alvarez.

— Ehi, voi due teste di cazzo, vi devo prendere per la manina e accompagnarvi al database della motorizzazione? — saltò su Deborah. — Oppure vi sono rimasti i neuroni sufficienti per andarci da soli?

Hood si alzò e fece: — Ci vado, capo. — E si diresse verso l’uscita.

Alvarez lo seguì, dicendo: — Guardati le spalle, Deke.

Deke li osservò allontanarsi, leggermente accigliato e, non appena si chiuse la porta, esclamò: — Perché mi devono spaccare i coglioni? Perché sono nuovo, o che cosa? — Deborah lo ignorò, e lui si voltò verso di me. — Insomma, che cosa c’è che non va? Che cosa gli ho fatto? Eh?

Non avevo nessuna risposta, a parte la più ovvia, cioè che i poliziotti sono come qualsiasi altro animale: se la prendono con i membri del branco che sembrano diversi o più deboli. Con quel suo aspetto assurdamente attraente e le capacità mentali in un certo senso limitate, Deke aveva le caratteristiche giuste per trasformarsi in bersaglio. Eppure discuterne mi parve brutto, così gli lanciai un sorrisetto rassicurante. — Sono certo che si calmeranno, quando vedranno quello che sai fare — dissi.

Scosse lentamente il capo. — Credi che io sia autorizzato a fare qualcosa? — replicò, voltandosi verso Debs. — Devo starle appiccicato come fossi la sua ombra.

Poiché mi guardava in attesa di una risposta, dissi: — Be’, sono sicuro che prima o poi verrà fuori l’occasione giusta per mostrare la tua capacità d’iniziativa.

— Iniziativa — ripeté, e per un istante pensai di dovergli spiegare che cosa fosse. Invece, per fortuna, scosse la testa, inacidito, e aggiunse: — Merda.

Prima che potessimo analizzare gli oscuri addentellati di quel suo pensiero, arrivò Chambers e posò una mano sulla spalla di Deborah. — D’accordo, Morgan — disse. — Lei sa quello che deve fare. Al piano di sotto, tra novanta minuti.

Debs lo guardò con l’espressione più vicina al terrore che le fosse mai comparsa sul viso. — Non posso — fece. — Insomma, credevo che lei… non può andarci lei?

Chambers scosse il capo con un crudele sorrisetto da elfo malvagio. — Non posso — disse. — Il capo qui è lei. Io sono solo il coordinatore. Il suo capitano vuole che sia lei a farlo. — Le diede un’altra pacca sulla spalla e se ne andò.

— Merda — mormorò Deborah, e per un attimo trovai profondamente irritante che per tutta la mattina quella fosse l’unica parola che tutti tiravano in ballo. Poi fece un gestaccio per aria e mi accorsi che la sua mano stava tremando.

— Di che cosa si tratta, Debs? — Mi domandavo che cosa mai potesse spingere la mia impavida sorellina a tremare come una foglia al vento.

Trasse un profondo sospiro e raddrizzò le spalle. — La conferenza stampa — rispose. — Vogliono che sia io a parlare con i giornalisti. — Deglutì e si leccò le labbra come se fosse già completamente disidratata. — Merda — ripeté.

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