Erano in una sala enorme, piena di luce azzurra. C’erano molti arazzi appesi alle pareti, e tra gli arazzi c’erano le finestre… i tratti di parete non mascherati. Sparsi qua e là c’erano gruppi di mobili. In un cestello imbottito, vicino alla porta, dormiva una bestiola raggomitolata. Sembrava un gatto ma non era un gatto.
— Edward — disse sottovoce Mary, — le finestre guardano sul mondo che abbiamo appena lasciato. Può darsi che ci fosse qualcuno, qui dentro, a osservarci… adesso e l’altra volta che siamo stati qui.
— Come un finto specchio — disse Lansing. — Un visitatore non può vedere niente, ma può essere visto dall’interno.
— Non è uno specchio — disse Mary.
— No, non lo è, naturalmente, ma il principio è lo stesso.
— Se ne stavano qui tranquilli — disse Mary, — a ridere di noi mentre cercavamo di entrare.
La stanza sembrava vuota. Poi Lansing li vide. Seduti in fila, su un grande divano in fondo, c’erano i quattro giocatori di carte; stavano seduti e attendevano, e li fissavano con quelle facce bianche simili a teschi.
Lansing toccò Mary e le indicò i giocatori. Quando lei li vide, indietreggiò rabbrividendo.
— Sono orribili — disse. — Non gli sfuggiremo mai?
— Hanno l’abitudine di ricomparire — disse Lansing.
Gli arazzi, notò, non erano arazzi normali. Si muovevano… o meglio, si muovevano le scene che vi erano raffigurate. Un ruscello scintillava al sole, e le increspature e i piccoli vortici formati dall’acqua che scendeva un pendio sassoso erano increspature e vortici veri, non dipinti. I rami degli alberi che crescevano lungo il ruscello stormivano nel vento, e gli uccellini svolazzavano qua e là. Un coniglio si acquattò per mangiucchiare un ciuffo di trifoglio, poi saltellò un po’ più lontano e riprese a mangiare.
In un altro arazzo alcune fanciulle abbigliate di veli trasparenti danzavano agilmente in una radura al suono del flauto di un fauno che danzava a sua volta, con più energia anche se con minor grazia, battendo ritmicamente gli zoccoli sulle zolle. Gli alberi che circondavano la radura, giganteschi e nodosi, ondeggiavano al suono della musica, danzavano anch’essi al suono del flauto.
— Tanto vale — disse Mary, — che attraversiamo la sala per vedere che cosa vogliono da noi.
— Se ci parleranno — disse Lansing. — Può darsi che si accontentino di guardarci.
Si avviarono. Era un distanza notevole e inquietante da percorrere, mentre i giocatori di carte li fissavano senza che un muscolo si muovesse sulle loro facce. Forse erano uomini (se erano uomini) che non potevano schiudere le labbra in un sorriso, non potevano ridere, non potevano essere umani.
Stavano seduti immobili, in fila sul divano, con le mani posate fermamente sulle ginocchia, e niente, nella loro espressione, indicava che vedessero qualcosa.
Erano così simili, come quattro piselli in un unico baccello, che Lansing aveva la sensazione che fossero, non quattro, ma un’unica entità. Non conosceva i loro nomi. Non aveva mai sentito i loro nomi. Forse non avevano neppure un nome. Per distinguerli l’uno dall’altro, assegnò loro identità arbitrarie. Incominciando da sinistra, li avrebbe chiamati A, B, C e D.
Risolutamente, Lansing e Mary attraversarono l’intera sala. Si fermarono a meno di due metri dai giocatori. Si fermarono e attesero. Per i giocatori di carte era come se loro non ci fossero.
Mi venga un accidente se sarò io il primo a parlare, si disse Lansing. Resterò qui fino a quando parleranno loro. Li costringerò a parlare.
Cinse con un braccio le spalle di Mary e la strinse a sé. Rimasero così, fianco a fianco, di fronte ai giocatori silenziosi.
Finalmente A parlò, muovendo appena appena lo squarcio sottile della bocca, come se fosse uno sforzo pronunciare le parole.
— Dunque — disse, — avete risolto il problema.
— Questa è una sorpresa — disse Mary. — Non sapevano di averlo risolto.
— Avremmo potuto risolverlo prima — disse Lansing, — se avessimo saputo di quale problema si trattava. O che c’era un problema. Ora, poiché dite che l’abbiamo risolto, che cosa succederà? Possiamo andare a casa?
— Nessuno lo risolve mai la prima volta — disse B. — Devono sempre ritornare.
— Non avete risposto alla mia domanda — insistette Lansing. — Adesso che cosa succede? Ce ne andiamo a casa?
— Oh, no — disse D. — No, non andrete a casa. Non possiamo lasciarvi andare.
— Dovete capire — disse C, — che riusciamo a ottenerne pochi, di quelli come voi. Da certi gruppi possiamo averne uno, quasi mai due come è accaduto con voi; quasi sempre non ne otteniamo nessuno.
— Se ne vanno brancolando in tutte le direzioni — disse A. — Scappano, cercano rifugio nel mondo dei meli fioriti, o si lasciano incantare dai translatori, oppure…
— I translatori — l’interruppe Mary, — sarebbero le macchine che canticchiano nella città?
— Noi li chiamiamo così — disse B. — Forse voi potete proporre un nome più adatto.
— Non ci penso nemmeno — disse Mary.
— C’è il Caos — disse Lansing. — Deve ingoiarne parecchi. Eppure, al Caos, voi mi avete lanciato una corda.
— Ti abbiamo lanciato la corda — disse A, — perché hai tentato di salvare il robot. A rischio della tua vita, senza esitare, hai tentato di salvarlo.
— Pensavo che lo meritasse. Era mio amico.
— Forse meritava di essere salvato — disse A, — ma ha commesso un errore di giudizio. Qui non abbiamo posto per chi commette errori di giudizio.
— Non so dove diavolo vogliate arrivare — disse Lansing, irosamente. — Non mi piace quella vostra aria di superiorità. Non mi piacete per niente, voi quattro, e non mi siete mai piaciuti.
— In questo modo — disse D, — non approderemo a niente. Ti riconosco il diritto all’animosità nei nostri confronti. Ma non possiamo permettere che queste beghe meschine ci distolgano dalla necessità di parlare tra noi.
— Un’altra cosa — disse Lansing. — Se la discussione deve prolungarsi, non abbiamo intenzione di restare in piedi davanti a voi come supplici davanti a un trono. Potreste avere almeno la gentilezza di farci sedere.
— Ma certo, sedete — disse A. — Portate qui un paio di sedie e mettetevi comodi.
Lansing andò in un angolo della sala e portò due sedie. Sedettero.
La bestiola che dormiva nel cestello si avvicinò, fiutando. Si strusciò affettuosamente contro le gambe di Mary e si sdraiò ai suoi piedi, levò il muso e la guardò con gli occhi liquidi, amichevoli.
— E questo è il Fiutatore? — chiese lei. — Girava intorno ai nostri bivacchi, ma non siamo mai riusciti a vederlo.
— È il nostro fiutatore — disse C. — Ce ne sono diversi. Questo era assegnato a voi.
— Il Fiutatore ci sorvegliava?
— Sì, vi sorvegliava.
— E riferiva?
— Naturalmente — disse C.
— Ci avete spiati minuto per minuto — disse Lansing. — Non vi siete persi una mossa. Sapevate tutto quello che facevamo. Ci leggevate come libri aperti. Vi dispiacerebbe dirmi come stanno le cose?
— Volentieri — disse A. — Vi siete guadagnati il diritto di sapere. Venendo qui, vi siete guadagnati il diritto di sapere.
— Se siete disposti ad ascoltarci — disse B, — cercheremo di spiegarvelo.
— Stiamo ascoltando — disse Mary.
— Voi sapete, naturalmente — disse A, — che esiste una molteplicità di mondi, mondi che si scindono nei punti critici e formano altri mondi. E immagino che conosciate il processo evolutivo.
— Sappiamo cos’è l’evoluzione — disse Mary. — Un sistema che rende possibile la selezione del più adatto.
— Esattamente. Se ci pensate, vi renderete conto che la scissione dei mondi alternativi è un processo evolutivo.
— Per la selezione di mondi migliori, vuoi dire? Non è un po’ difficile definire un mondo migliore?
— Sì, è un po’ difficile. Ed è la ragione per cui siete qui. È la ragione per cui abbiamo portato qui molti altri. L’evoluzione, in quanto tale, non funziona. Opera in base allo sviluppo delle specie dominanti. In molti casi, i fattori di sopravvivenza che portano al predominio sono difettosi. Tutti hanno lacune, e molti contengono in sé il germe della propria distruzione.
— È vero — disse Lansing. — Nel mio mondo abbiamo creato un meccanismo che ci permette, se lo volessimo o se l’attivassimo per errore, di commettere un atto di suicidio razziale.
— La specie umana, con la sua intelligenza — disse B, — è una forma di vita troppo affinata perché le si possa permettere di sprecarsi… di commettere, come hai detto, un suicidio razziale. È vero, naturalmente, che se e quando la specie giunge all’estinzione, un’altra le succede, un’altra specie con un fattore di sopravvivenza più forte dell’intelligenza. Non sappiamo immaginare quale fattore possa essere. Non è detto che sia inevitabilmente superiore all’intelligenza. Il guaio della specie umana è che non ha mai dato alla propria intelligenza l’occasione di svilupparsi al massimo potenziale.
— E voi pensate di avere un modo per sviluppare questo massimo potenziale? — chiese Mary.
— E ciò che speriamo — disse D.
— Avete visto il mondo nel quale ora vi trovate — disse A. — Avete avuto la possibilità di intuire alcuni dei risultati ottenuti, e la direzione verso cui tendeva la sua tecnologia.
— Sì — disse Lansing. — Le porte che si aprono su altri mondi. Un concetto migliore di quello scoperto nel mio mondo. Da noi, sognamo le astronavi. Le sognamo soltanto, perché forse non saranno realizzabili. Però, ora che ci penso, nel mondo di Jurgens la Terra era deserta perché gli umani erano andati alle stelle.
— E sai se ci sono arrivati? — chiese C.
— Presumo di sì — disse Lansing. — Ma non lo so con certezza.
— E ci sono quelli che voi chiamate translatori — chiese Mary. — Un altro modo di viaggiare… di viaggiare e di apprendere. Immagino che si potrebbe utilizzare quel metodo per studiare l’intero universo, e riportarne idee e concetti che la razza umana forse non saprebbe mai immaginare. Io ed Edward abbiamo risentito soltanto gli effetti marginali. Il generale si è avventato alla carica e si è perduto. Potete dirci dov’è andato?
— No, non possiamo — disse A. — Usato impropriamente, il metodo può essere pericoloso.
— Eppure l’avete lasciato accessibile — disse Lansing. — L’avete lasciato accessibile, spietatamente, come una trappola per i visitatori imprudenti.
— Ecco — disse D, — hai centrato il problema. Gli imprudenti vengono esclusi. Nel nostro piano non sappiamo che farcene di quelli che agiscono da stolti.
— E il modo in cui avete eliminato Sandra alla torre che canta, e Jurgens sui pendii del Caos.
— Percepisco un senso d’ostilità — disse D.
— Hai maledettamente ragione di percepirla, l’ostilità. Sono ostile. Avete eliminato quattro dei nostri.
— Siete stati fortunati — disse A. — Molto spesso viene eliminato un gruppo intero. Ma non per un intervento da parte nostra. Vengono eliminati dai loro difetti innati.
— E quelli dell’accampamento? Quella specie di campo profughi nei pressi della torre che canta?
— Quelli sono i falliti. Si sono arresi. Hanno desistito e si sono arenati. Voi due non avete desistito. Perciò siete qui.
— Siamo qui — disse Lansing, — perché Mary ha sempre creduto che la soluzione si trovasse in questo cubo.
— E grazie alla forza della sua convinzione, avete risolto l’enigma — disse A.
— È vero — disse Lansing. — Ma se è vero, perché sono qui anch’io? Semplicemente perché mi sono accodato a Mary?
— Sei qui perché, lungo il cammino, hai preso le decisioni giuste.
— Al Caos ho preso una decisione sbagliata.
— Noi non la pensiamo così — disse C. — Una questione di sopravvivenza, per quanto importante, non sempre è una decisione giusta. Vi sono decisioni che possono trascurare la sopravvivenza.
Il Fiutatore, adagiato sui piedi di Mary, s’era addormentato.
— E voi prendete decisioni morali — disse Lansing, irosamente. — Le decisioni più grandi. E con tanta sicurezza. Ditemi, che cosa diavolo siete? Gli ultimi superstiti dell’umanità che viveva in questo mondo?
— No — disse A. — Non possiamo neppure affermare d’essere umani. La nostra patria è un pianeta dall’altra parte della galassia.
— E allora perché siete qui?
— Non so se possiamo dirvelo in modo comprensibile. Nella vostra lingua non esiste una parola che esprima adeguatamente ciò che siamo. In mancanza di un termine più preciso, potreste considerarci assistenti sociali.
— Assistenti sociali! — esclamò Lansing. — Per l’amor di Dio! Siamo arrivati a questo! La razza umana ha bisogno di assistenti sociali. Siamo discesi tanto in basso, nel ghetto galattico, da aver bisogno di assistenti sociali!
— Ti ho spiegato — disse A, — che non è un termine preciso. Ma considera questo: nella galassia vi sono poche intelligenze che abbiano la potenzialità promettente di voi umani. Eppure, a meno che sia possibile evitarlo, siete avviati verso l’estinzione… tutti. Persino la civiltà grandiosa che esisteva un tempo su questo mondo alternativo finì in nulla. La follia causò la sua rovina… la follia economica, la follia politica. Tu, Lansing, devi sapere che se qualcuno preme un pulsante, anche il tuo mondo finirà. Tu, Mary, vivevi in un mondo avviato verso una grande catastrofe. Un giorno, molto presto, gli imperi cadranno, e passeranno molti millenni prima che una nuova civiltà emerga da quello sfacelo, se mai emergerà, E anche se emergerà, forse sarà una civiltà peggiore di quella che conoscevi. Su tutti i i mondi alternativi, il disastro incombe in un modo o nell’altro. La specie umana ha incominciato male e non è migliorata. Era spacciata fin dall’inizio. La soluzione, come la vediamo noi, consiste nel reclutare una schiera di umani selezionati in tutti i vari mondi, e usarli per dare alla specie un nuovo inizio e una seconda occasione.
— Hai parlato di reclutamento — disse Lansing. — Io non lo chiamerei così. Ci avete strappato ai nostri mondi. Ci avete sequestrati. Ci portate qui e, senza dirci niente, ci lasciate andare, soli, in questa stupida area di collaudo, per vedere come ce la caviamo, e ci spiate di continuo per vedere come ci destreggiamo, e ci giudicate.
— Sareste venuti, se ve l’avessimo chiesto? Avreste accettato?
— No, io no — rispose Lansing. — E neppure Mary, credo.
— Su tutti i mondi — disse B, — abbiamo i nostri agenti e i nostri reclutatori. Scegliamo gli umani che vogliamo… quelli che secondo noi hanno una possibilità di superare le prove. Non prendiamo il primo che capita. Siamo molto schizzinosi. Nel corso degli anni abbiamo raccolto alcune migliaia di umani che hanno superato la prova, gli umani che riteniamo più adatti a costruire il tipo di società che la vostra specie dovrebbe costruire. E lo facciamo perché ci sembra che sarebbe un grave spreco, per la galassia, perdere ciò che voi siete. Con l’andare del tempo, collaborando con altre intelligenze, contribuirete a formare una società galattica… una società che trascende al momento ogni immaginazione. Noi riteniamo che l’intelligenza possa costituire il coronamento glorioso dell’evoluzione cieca, che non esista nulla di meglio. Ma se l’intelligenza crolla sotto il proprio peso, come sta avvenendo ora, non soltanto qui ma anche altrove, allora l’evoluzione, ciecamente, cercherà un altro corredo di valori di sopravvivenza, e forse il concetto d’intelligenza andrà perduto per sempre.
— Edward — disse Mary, — forse c’è qualcosa di valido in ciò che dice, in ciò che hanno fatto.
— Può darsi — rispose Lansing. — Ma non mi piace il sistema che hanno adottato.
— Forse è l’unico sistema — disse Mary. — Come hanno detto loro, nessuno si arruolerebbe spontaneamente. E i pochi che magari accetterebbero sarebbero proprio quelli che a loro non servono.
— Sono lieto di constatare — disse A, — che vi state avvicinando al nostro punto di vista.
— E che altro ci resta da fare? — chiese Lansing in tono acido.
— Non molto — disse B. — Se volete, siete ancora liberi di uscire e di tornare nel mondo dal quale siete venuti.
— Non mi andrebbe — disse Lansing, pensando al campo profughi nella valle lungo il fiume. — E i nostri…?
S’interruppe bruscamente. Se fossero ritornati ai loro mondi, lui e Mary non avrebbero mai potuto restare insieme. Le cercò la mano, a tentoni, e la strinse.
— Volevi chiedere se potete tornare ai vostri mondi? — disse D. — Mi dispiace, ma non è possibile.
— Non ha importanza dove andiamo — disse Mary. — Purché io ed Edward restiamo insieme.
— Bene, allora — disse A, — è tutto risolto. Saremo lieti di avervi con noi. Quando sarete pronti, potete uscire dalla porta nell’angolo a sinistra. Non si apre sul mondo che avete appena lasciato, ma su un mondo nuovo.
— Un altro mondo alternativo? — chiese Mary.
— No. Si apre su un pianeta di tipo terrestre molto lontano da qui. Guardando il cielo, di notte, vedrete stelle e costellazioni sconosciute. Una seconda occasione, abbiamo detto… un pianeta nuovo per una seconda occasione. C’è una sola città… per l’esattezza, non è una città, ma un centro universitario. Là insegnerete le cose che sapete e imparerete ciò che non sapete. Forse anche moltissime discipline che non avete mai sentito nominare e che non avete mai immaginato. Continuerà così per molti anni, forse per tutta la durata delle vostre vite. E finalmente, fra un secolo o anche più, un gruppo altamente intellettualizzato e colto, armato di strumenti molto superiori a quelli posseduti prima d’ora da qualunque società terrestre, incomincerà naturalmente a formulare una società mondiale. È troppo presto per farlo ora. Vi sono ancora molte cose da apprendere, molte mentalità da assimilare e studiare, molti punti di vista da considerare, prima che sia possibile arrivare a questo. Durante il periodo di addestramento non sarete sottoposti a pressioni economiche, anche se con il tempo sarà necessario che la comunità crei un sistema economico. Per il momento sarà provveduto a tutto. Vi chiediamo soltanto di studiare e di dare a voi stessi il tempo di diventare completamente umani.
— In altre parole — disse Lansing, — continuerete a prendervi cura di noi.
— Te ne risenti?
— Credo di sì — disse Mary. — Ma gli passerà. Con l’andar del tempo, gli passerà.
Lansing si alzò dalla sedia e Mary si alzò con lui.
— Quale porta avete detto? — chiese Mary.
— Quella là — disse A, indicandola.
— Una domanda, prima che ce ne andiamo — disse Lansing. — Se non vi dispiace, spiegatemi che cos’è il Caos.
— Nel tuo mondo — disse D, — avete la Muraglia cinese.
— Sì, e credo che ci sia anche nel mondo di Mary.
— Il Caos è una specie di sofisticata Muraglia cinese — disse D. — Costruirla fu un’idea molto stupida. Fu l’ultima follia, e la più grande, compiuta dal popolo di questo pianeta. Contribuì alla sua caduta. È una storia troppo lunga per raccontarla.
— Capisco — disse Lansing, voltandosi verso la porta.
— Vi offendereste — chiese A, — se dicessimo che tutte le nostre benedizioni vi accompagnano?
— No, non ci offendiamo affatto — disse Mary. — Vi ringraziamo per la vostra bontà e per la seconda occasione.
Si avviarono alla porta ma, prima di aprirla, si voltarono a guardare. I quattro erano ancora seduti in fila sul divano, e le bianche facce, cieche e scheletrite, li seguivano.
Poi Lansing apri la porta, e uscirono insieme.
Erano in un prato e in distanza si scorgevano le guglie e le torri dell’università. Le campane della sera stavano suonando.
Tenendosi per mano, si avviarono incontro alla seconda occasione dell’umanità.