— La morte — ricorda a Serifice. — Parlamene. L’hai promesso. Tutto.
— Era pace — dice lei. — Era essere vuoti. Era come un sonno profondo.
Si cullano in un lago di miele oscuro, tutti e sette. Manca solo lo sferoide, perché non è riuscito a tornare dal viaggio verso le stelle. Il miele sgorga da grandi alberi contorti le cui corone di foglie scendono verso il basso sotto il peso dell’elisir che contengono. Entra negli Sfioratori attraverso la pelle, aumentandone il bagliore luminoso. Clay di tanto in tanto ne assaggia qualche goccia; il miele gli chiude le orecchie. Tutti gli Sfioratori adesso sono femmine tranne Hanmer, che nuota con bracciate virili lungo i bordi del lago.
Clay dice: — Hai visto qualcosa, là? Eri consapevole di qualcosa intorno a te?
— Vuoto.
— Ma sapevi di essere esistita da qualche parte.
— Sapevo di non esistere.
— Che cosa sentivi?
— Sentivo di non sentire.
— Non potresti essere più precisa? — chiede Clay, leggermente esasperato. — Voglio sapere com’era.
— Muori e vedrai — suggerisce Serifice.
— Muori e vedrai — mormora Ninameen. — Muori e vedrai — dice Ti. — Muori e vedrai — da Angelon; poi Bril: — Vedi e morirai. — Ridono tutti. Hanmer dice: — Noi tutti moriremo. Noi tutti vedremo.
— E dopo un po’ tornerete indietro?
— Penso di no — dice pigramente Hanmer. — Toglierebbe ogni gusto.
— È un regno splendente — dice Serifice. — Tutte le cose sono là, unite, come tutti i colori si uniscono per fare il bianco. Era un posto al di fuori di tutti i luoghi. Era… se stesso. Con pareti luminose. Con bianchezza. Con un cielo che scende dietro l’orizzonte. E noi tutti eravamo nulla. E in breve tempo ci dimenticavamo di noi stessi. E io non ero Serifice, e loro non erano persone che avevo già conosciuto, e risplendevamo. E risplendevamo. E poi sono tornata.
— No — dice Clay, spruzzando intorno il miele per la confusione. — Non ci credo. La morte è morte, e dopo non c’è nulla. Nel significato letterale della parola. La fine dell’essere. Non è un luogo. E tu non sei stata da nessuna parte.
— Ci sono stata.
— Non puoi essere morta, allora — insiste lui.
— Serifice è morta — gli dice Hanmer, fluttuando a gambe incrociate.
— Io sono morta — dice Serifice. — E sono andata. Ero: e sono tornata. Ora te ne parlo. Un luogo, un luogo, un luogo!
— Un’illusione — dice testardo Clay. — Come i vostri viaggi tra le stelle. Come la scivolata nel cuore del mondo. Come il sollevamento del mare. Hai inventato un luogo della morte, e ci sei andata, e t’è piaciuto. Ma non era la morte.
— Era morte — dice Serifice.
Ti e Ninameen nuotano più vicine. — Rendete amaro il miele, con le vostre discussioni — dice Ti. E Ninameen: — La soluzione è semplice. Quando andremo a morire dov’è morta Serifice, vieni con noi, e vedrai di persona, e saprai la verità.
— Non sono uno Sfioratore — brontola Clay. — Quando morirò, sarò morto, e non potrò più tornare.
— Ne sei proprio sicuro? — chiede Bril, con una certa sorpresa.
— Ne sono convinto, ecco tutto.
— Come fai a crederlo, se non ci sei mai stato? — chiede Angelon. — Serifice c’è stata — dice Ti.
— Noi crediamo a Serifice — dice solennemente Ninameen.
È schiacciato dal numero. Discutono come bambini. Non riesce ad avere il minimo impatto sulle loro menti. Questi discorsi sulla morte e sul ritorno dalla morte lo lasciano teso e innervosito.
— È stata solo una piccola morte — annuncia Serifice. — Eventualmente possiamo tentare quella più grande. Lui ha ragione e ho ragione anch’io: era una morte, ma non tutta la morte, quella che ho assaggiato. E forse non è stato sufficiente. Per scoprire cos’è la morte, dobbiamo morire realmente. Quando arriva il momento.
— Basta — dice lui.
— Ti stiamo annoiando? — chiede Angelon.
— Mi ha annoiato la morte — dice Serifice. — La piccola morte che ho provato. Era bellissimo, ma è diventato noioso.
— Siamo bellissimi — osserva Ninameen — e forse stiamo diventando noiosi.
— Non mi annoiate — dice loro Clay. — Mi deprimete. Con questi discorsi sulla morte. Sul morire.
— L’hai chiesto tu — gli ricorda Serifice.
— Vorrei non averlo fatto.
— Dobbiamo interrompere la conversazione? — chiede Hanmer.
Clay lo fissa, irritato. Scuote la testa. Poi capisce cos’è che lo irrita: la presunzione di questi immortali nel giocare con la morte. Quando la sua gente viveva sempre sotto quella crudele sentenza! Per noi non era un gioco! Non gli piace pensare che gli Sfioratori accarezzino l’idea di morire. La morte è incompatibile con la loro natura; per loro la morte sarebbe antiestetica, un fallimento della legge naturale. Eppure giocano pon questa idea. Si burlano della mortalità. Scherzano, offrendosi di rinunciare alle loro vite preziose e ingioiellate. E io li amo, comprende all’improvviso.
— Ti senti solo, tra noi? — chiede Ninameen.
Una nuvola di lavanda scende su di loro. Cade un’improvvisa pioggia appassionata, colpendo la superficie mielata del suolo come un diluvio di proiettili. Geyser di fluido oscuro si innalzano e ricadono. Durante la tempesta nessuno parla. Luci verdi esplodono. C’è un tuono improvviso, e in alto si ode un suono possente che sulle prime sembra una grandinata, ma che subito dopo si riconosce come il pianto di Errore. Incontrerò infine questa divinità in crisi? Il singhiozzo non è più udibile, la pioggia cade con minor intensità; chiazze di acqua splendente rilucono sulla superficie viscosa del lago di miele. Gli Sfioratori si sono raccolti stretti intorno a lui, quasi protettivamente.
— Sognerai con noi? — chiede Angelon.
— Che cosa sognerete?
— Sogneremo il tuo mondo — ella risponde, sorridendo serenamente. — Perché tu sei solo.