Si ritrova a nuotare con le mani e le gambe verso il bordo della polla. È arrivato il mattino. Gli uomini-capra sono scomparsi. Il suo corpo si sbarazza dell’acqua; riempie i polmoni d’aria e offre se stesso alla luminosa luce solare. Gli alberi, qui, hanno sviluppato foglie dorate. Fa qualche passo incerto e indeciso. Nel giro di pochi istanti ricorda com’è che si cammina. Adesso analizza con attenzione il suo corpo. Il rozzo strato di peli che gli erano caduti durante i suoi primi vagabondaggi è adesso ricresciuto completamente.
Il suo prepuzio è scomparso. Porta i segni di un’operazione di appendicite. La coscia è segnata. Ha ripreso integralmente la sua forma primitiva. Si stanno prendendo gioco di lui? Era ancora abbastanza primitivo nella versione riveduta e corretta, ma almeno lo consolavano l’aspetto giovane e glabro del suo petto, delle cosce e del pube, e aveva cominciato ad affezionarcisi. Adesso, vedendo di nuovo la punta rosea del suo membro spuntare da quella folta peluria nera, sente un profondo imbarazzo per la sua nudità. Si copre con mani spalancate. Ma potrà nascondere il sedere peloso? Mette le mani qui, e qui, e qui. Si sfrega una guancia contro la spalla: ispide e ruvide come carta vetro. Perdonatemi, sono un animale. Perdonatemi, il mio corpo mi tradisce.
Dai suoi fianchi spuntano mutande bianche e aderenti. Sospira, sollevato, sentendo come un applauso distante a questa azione di copertura. Aggiunge una camicia sportiva. Calze. Pantaloni. Cravatta. Giacca. Fazzoletto nel taschino. Scarpe nere di finta pelle. Un portafoglio gonfio preme contro la coscia destra. Un borsello nella mano destra. Profumo di lozione dopobarba sulle guance appena rasate. Trova un’automobile e ci sale sopra. Chiave nell’accensione. Vroom! Il piede destro preme sull’acceleratore. La mano destra stringe il volante. Il motore romba: l’auto scivola silenziosa sulla strada. Un clacson strombazza. Risponde al suono con il suo. La giornata è coperta, ma presto il sole farà capolino tra le nuvole. Tocca la manopola e alza il finestrino, accende il condizionamento interno, perché quel pullman gli starà davanti per tutta la strada fino alla tangenziale, inquinando tutta l’aria che respira. E così, tutto è normale. Infine riesce a liberarsene, girando sulla rampa d’accesso, fermandosi al casello per prendere il biglietto. Gli specchietti retrovisori gli mostrano i grattacieli della città, avvolti dallo smog, ma presto sarà lontano da tutto questo. Adesso è sulla corsia di accelerazione, e sta prendendo lentamente velocità, e quando si inserisce nel flusso del traffico ha raggiungo gli ottanta all’ora. Passa velocemente i cento, i centoventi, e si mantiene su questa velocità. Con un movimento di un dito accende la radio. Mozart riempie l’aria dagli altoparlanti. Lo Haffner? Il Linz? Dovrebbe conoscerli bene, a questo punto. Si sposta nella corsia accanto, destinata alle alte velocità, e si lancia, tenendo d’occhio la striscia tratteggiata che separa le corsie. Un grande cartello verde gli indica lo svincolo per entrare in città; ci ride sopra. Poco dopo è fuori dai confini della metropoli. E, sì, le nuvole sono scomparse; c’è il sole, c’è il dolce cielo azzurro, ingioiellato dalle ali risplendenti di un jet che si sta staccando dall’aeroporto alla sua destra. Adesso l’autostrada è fiancheggiata da campi verdi. Filari e frutteti passano vertiginosamente e rimangono indietro. Apre il finestrino e lascia entrare la dolce aria estiva. È quasi solo sulla strada, adesso, in aperta campagna. E cos’è quello, laggiù davanti, su un fianco della strada? Uno spaventapasseri? Sì. Una ragazza? Sì. Una ragazza nuda? Sì. Le sue vecchie fantasie. Ovviamente lei ha avuto delle difficoltà a far fermare un’auto che la raccolga; si è spogliata, ed egli può vedere i suoi vestiti buttati disordinatamente sulla valigia, per terra, accanto alla ragazza: zoccoli, camicetta, pantaloncini, reggiseno. Preme con forza il pedale del freno. Ciò nonostante, non riesce a fermarlesi accanto, la supera di un centinaio di metri prima di riuscire ad arrestare completamente l’auto. Comincia la retromarcia, ma lei sta già correndo verso di lui, valigia in mano, vestiti fluttuanti in spalla, seni che ballonzolano graziosamente. È abbastanza giovane; non più di vent’anni, suppone. I suoi capelli dorati sono lisci e serici, e le arrivano quasi sulle spalle. La sua pelle ha il colorito roseo della gioventù e della salute; i suoi occhi azzurri scintillano. Ha seni rotondi, sodi, pieni, alti sul torace e vicini tra loro. La vita è stretta, i fianchi forse leggermente troppo larghi. Una fine peluria dorata le copre il pube, con un ricciolo centrale che punta come una freccia verso la piccola e profonda fessura. Senza respiro, arriva all’auto.
— Cielo! — grida. — Pensavo che nessuno mi avrebbe dato un passaggio, oggi!
— Può essere difficile, sull’autostrada — conviene lui. — Sali. Qui, dai a me. — Le prende la valigia e la posa sul sedile posteriore. I vestiti sono ancora stretti nelle sue mani; le toglie anche quelli, posandoli sulla valigia. Lei gli si accomoda accanto. Lui ha un’auto molto costosa, e lei rabbrividisce, compiaciuta, quando il suo sedere nudo tocca la costosa pelliccia che copre il sedile. Passando sopra i suoi seni, Clay chiude la portiera. Lei gli sorride, vogliosa. — Dove sei diretto? — chiede.
— Solo a fare un giro. Ho tutto il tempo del mondo.
— Grande — dice lei.
L’auto balza in avanti. In breve ha di nuovo raggiunto i centoventi. Si sposta nella corsia più veloce. Mentre guida, lui lancia occhiate alla sua passeggera. Ha piccoli capezzoli ambrati e sottili capillari azzurri sul seno. Diciannove anni al massimo, decide.
— Io sono Clay — dice.
— Io sono Quoi.
— Hai mai avuto una relazione vera, significativa, con un uomo? — chiede lui.
— Non ne sono sicura. Ce ne sono stati un paio…
— Che ci sono arrivati vicini?
— Sì.
— Ma alla fine si sono innalzate le maledette barriere difensive, e tu ti sei ritrovata ad abbracciarli come se fossi lontana chilometri, eh?
— Sì, proprio così! — gli risponde.
— È stato così anche per me, finora, Quoi. La scopata rapida, il momento rapido e intenso di erotismo, la chiacchierata intelligente che sostituisce qualsiasi vera intimità dell’anima…
— Sì.
— Ma c’è sempre speranza…
— Che la prossima volta…
— Che questa volta…
— Proprio questa.
— Sì.
— Sì.
— Proprio questa.
— Se potessimo realmente credere…
— Aprirci…
— Non solo fisicamente…
— Ma anche la parte fisica è importante.
— Come aspetto della relazione più profonda, dell’amore vero e proprio, dell’apertura delle anime.
— Sì.
— Sì.
— Ci capiamo meravigliosamente.
— Ci stavo pensando anch’io.
— Non succede spesso.
— Non così velocemente.
— Non così certamente.
— No. È raro.
— È bellissimo.
— È quello che stavo pensando.
— Una comprensione così completa. Una… una reazione sintonizzata…
— Un flusso. Una fusione.
— Uno scambio. Un’emersione.
— Esattamente.
— Perché dobbiamo lottare contro il destino? — si chiede Clay, dirigendosi verso la prima uscita dall’autostrada. Lascia scivolare la mano destra sulla soda e fresca rotondità delle sue cosce mentre la macchina imbocca lo svincolo. Lei tiene le gambe castamente strette, ma gli sorride. Lui le accarezza la curva delicata della pancia e prende da una tasca un biglietto da un dollaro. L’uomo al casello di uscita ammicca. — C’è un motel da queste parti? — chiede Clay. Il casellante dice: — Ce n’è uno a sinistra sulla Strada 71, a quattrocento metri da qui. — Lui annuisce ringraziando e si dirige verso il motel. È una struttura squadrata che sembra fatta di plastica, una "U" dalle pareti verdi posta accanto alla strada. La ragazza aspetta nell’auto; Qay va nell’ingresso. — Stanza matrimoniale? — L’impiegato prende il registro del motel. — Tutta la notte? — s’informa, e Clay risponde: — No, no, solo un paio d’ore. — L’impiegato guarda sopra la spalla di Clay nell’auto, fissandoli come se stesse contando i seni della ragazza; dopo un po’ si decide: — Carta di credito? — Clay gli porge un’American Express. L’impiegato annota i dati sul registro, Clay firma la nota e prende la chiave della stanza; torna all’auto e la guida sul retro, verso la stanza. La posteggia in un cortiletto in cui è stata intagliata una piccola piscina a forma di cuore. Alcuni bambini sguazzano nell’acqua; le madri si lasciano intorpidire dal sole. Mentre scende dall’auto, la ragazza guarda verso la piscina, sospirando, dice: — Mi piacciono da impazzire i bambini, e a te? Voglio averne una dozzina. — Saluta allegra i bambini che sguazzano. Clay le pizzica il sedere. — Entriamo. — La stanza è scura e fresca. Lui accende la luce e spegne il condizionatore d’aria. La ragazza si allunga sul letto, sdraiandosi sul copriletto scuro. Clay va in bagno e ne esce nudo. — Non spegnere la luce — dice lei. — Mi piace la luce. Odio i segreti. — Lui annuisce sorridendo e si unisce a lei sul letto. — Parlami di te — mormora. — Dove sei cresciuta. Cosa vuoi fare nella vita. Il tipo di libri che hai letto. I film che preferisci. I posti in cui sei stata. Il cibo che mangi. Ti interessa Cézanne? Bartok? Le giornate di nebbia? Il calcio? Lo sci? Il collezionismo? Cristopher Marlowe? Ti soddisfa la droga? Il vino bianco? Hai mai pensato di dormire con una ragazza? Quanti anni avevi quando ti sono cresciuti i seni? Hai mestruazioni dolorose? Quali sono le tue zone erogene? Cosa pensi della politica? Hai prevenzioni verso i rapporti orali? Ti piacciono gli animali? Qual è il tuo colore preferito? Sai cucinare? Cucire? Sei una casalinga efficiente? Sei mai stata con due uomini in una volta sola? Ti interessi di affari? Sei religiosa? Sai parlare il francese? Ti trovi bene con i tuoi genitori? A che età hai avuto la tua prima esperienza sessuale seria? Ti piace volare? Quando incontri qualcuno per la prima volta, pensi automaticamente che si tratti di una persona decente fino a quando hai prova del contrario? Hai fratelli o sorelle? Sei mai stata incinta? Nuoti bene? Passi molto tempo da sola? Cosa preferisci, i diamanti o gli zaffiri? Ti piacciono molto i preliminari, o preferisci arrivare subito al sodo? Vai a cavallo? Sai guidare? Sei mai stata a Città del Messico? Sai sparare? — Le accarezza i seni e stringe delicatamente i capezzoli irrigiditi tra le dita. Le fa scorrere una mano sulle cosce. Inala la fragranza delle sue guance. — Ti amo — sussurra lei. — Mi sento così completa, con te. — Le sue palpebre sbattono. — Devo dirtelo: non ho mai fatto con nessuno una cosa del genere prima. Voglio dire, così completamente. Così totalmente.
Allarga le gambe. Lui la copre con il suo corpo.
— L’atto del rapporto sessuale — le dice Clay — è fondamentalmente una cosa semplice. Consiste nell’inserire l’organo maschile, il pene, all’interno della vagina, che è l’organo femminile. Muovendo poi il pene nella vagina, l’eccitazione cresce nel sistema nervoso maschile fino a quando si innesca una reazione che scarica il seme, il fluido che contiene le cellule spermatiche. Le cellule spermatiche percorrono la vagina ed entrano in quella complessa struttura che è il sistema riproduttivo femminile. Se una cellula di sperma incontra un ovulo, o cellula-uovo, avviene la fecondazione e viene concepito un bambino. Il momento in cui il seme viene emesso dal pene maschile è solitamente accompagnato da sensazioni di piacere, seguito dal rilassamento del maschio. Questo momento di estasi è conosciuto come orgasmo. Nella femmina, l’orgasmo non è accompagnato da emissione di fluido, ma ci sono altre reazioni organiche, quali gli spasmi dei muscoli vaginali, una dilatazione delle pupille e una sensazione di estremo piacere fisico.
— Sì. Sì. Sì. Sì.
Lui esegue la serie di movimenti familiari, e la ragazza i contromovimenti familiari. I suoi occhi sono chiusi; il suo volto è premuto contro il collo di lei. Può sentire, ma solo debolmente, i commenti tranquilli di coloro che assistono dalla profondità delle polle: i paragoni, i contrasti, le critiche, i chiarimenti. Di tanto in tanto può sentire il freddo dell’acqua insinuarsi nel tepore del sudore della pelle delicata della ragazza. Il suo seme spruzza in avanti: i lamenti di piacere di lei crescono di intensità, fino a raggiungere il culmine, poi subito decrescono, e spariscono rapidamente. L’occhio scuro e lucente sul fondo ammicca. Una brezza soffia attraverso le pareti che si dissolvono. Il motel luccica, e inizia a dissolversi anch’esso. Lui combatte disperatamente per tenerlo insieme. Si aggrappa alla ragazza, la bacia, sussurra parole d’amore. Si congratulano reciprocamente per l’intensità delle emozioni che hanno vissuto insieme, o per la verità e la bellezza che hanno scoperto l’uno nell’altro. Questo è amore, dice Clay agli spettatori silenziosi. Gli occhi ammiccano di nuovo. Lui sta scivolando, la scena gli sta sfuggendo di mano. Continua a resistere. Si aggrappa alla realtà con frasi sonanti e autoritarie: Prodotto Nazionale Lordo, Accordo per il Commercio, Gerarchia Cattolica Romana, Repubblica Federale Tedesca, Ora Legale della Costa Orientale, Regolamento Postale degli Stati Uniti, Trattato di Pace nel Sudest Asiatico, Sindacati Americani dei Lavoratori. È tutto inutile. Il centro non regge più. La ragazza si offusca e svanisce davanti a lui, i suoi seni si afflosciano, gli organi interni diventano gassosi e fuoriescono dagli orifizi del suo corpo, fino a quando sul letto non rimane altro che un’immagine bidimensionale, una semplice fotografia a colori che si staglia sul copriletto. Poi scompare anche quella. Lui si aggrappa al materasso, cercando disperatamente di non lasciarsi trascinare di nuovo indietro, pur consapevole dell’inevitabile sconfitta dei suoi sforzi. L’edificio intorno scompare. Scorge la sua auto posteggiata accanto, e corre per raggiungerla, ma svanisce. Il cortile asfaltato non è più asfaltato. I pali del telefono, i conti d’albergo, le macchine automatiche dei giornali e i fiori ornamentali sono scomparsi. Il petto gli brucia. È in crisi profonda. Sta affondando sempre di più. Il suo corpo si sta di nuovo trasformando. Scivola verso gli strati più profondi della polla oscura, e trova Quoi, massiccio, pensieroso, riconoscente. Clay non ricorda più la forma del volto della ragazza. Il gusto di lei sulle sue labbra si sta dissolvendo rapidamente. I ricordi stanno scomparendo. La dimostrazione è finita.