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Dal cespuglio: — Posso aiutarti?

— Che senso ha?

— Per gentilezza verso un povero vagabondo.

— La tua gentilezza ha un prezzo — dice Clay.

— No. No, sei confuso. Non mi conosci.

— Allora fatti conoscere.

— Ci sono molti modi per aiutarti. Lo farò.

— Che cosa sei?

— Un Errore — dice Errore.

— Un dio?

— Una forza.

— In che rapporto sei con, diciamo, gli Sfioratori?

— Non lo so.

— Non lo sai — Clay ride. Sente una parete di porcellana levigata intorno alla sua testa. — Grazie. Grazie tante. Che cosa vuoi?

— Aiutarti. — Dolce. Tentatore.

— Aiutami, allora. Rimandami a casa.

— Tu sei a casa.

Si guarda intorno. Vede solo un territorio riarso, per nulla familiare, scabro, costellato di piante aliene. Tenta di nuovo, sentendo la nausea crescere in sé. — Dove sono i miei amici? — chiede. — Mi riferisco agli Sfioratori Hanmer, Ninameen, Ti, Bril…

Errore gli fa lampeggiare nella mente una visione molto nitida: i sei Sfioratori seduti solennemente in cerchio, con i volti tesi e concentrati, gli occhi rannuvolati, una nuvola di depressione che aleggia loro intorno.

— Si stanno preparando a morire — dice. — Tutti e sei. Accadrà presto.

— No! No! Perché?

— Morire?

— Morire, sì. Perché?

— Per scoprire — gli dice tranquillamente Errore. — Tu sai che Serifice c’è già stata. Il viaggio verso la prima casa della Morte. Ma per loro non è stato sufficiente. Non è stato soddisfacente, capisci; non era fatto come si doveva. Adesso cercano la vera morte, la morte permanente.

— Per quale motivo? — lui chiede. Ode la sua stessa voce, sgraziata e dissonante. E si sente terribilmente giovane.

— Per fuggire.

— Per fuggire a cosa? Alla noia? A una vita nell’eterna estate?

— Questo è solo un motivo.

— E l’altro?

— Per sfuggire a te — dice Errore, singhiozzando.

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