8 Agente


XV

Strano a dirsi, Crile Fisher dovette abituarsi alla Terra… o riabituarsi. Non pensava che Rotor lo avesse condizionato a tal punto, in nemmeno quattro anni. Era stata la sua assenza più lunga dalla Terra, ma sicuramente non lo era stata abbastanza da fargli apparire la Terra come un luogo estraneo.

Ora c’erano le dimensioni enormi del pianeta, l’orizzonte lontano che terminava bruscamente contro il cielo invece di incurvarsi in modo indistinto. E c’erano le folle, la gravità costante, l’atmosfera turbolenta e ostinata, gli sbalzi di temperatura, la natura incontrollata.

Non che Crile dovesse sperimentare direttamente quelle cose per avvertirne la presenza. Anche quando era nel proprio alloggio, sapeva che erano là fuori, intorno a lui, e la brutalità dell’esterno pervadeva il suo animo, lo invadeva in qualche modo. O forse era la stanza, troppo piccola, troppo piena… forse erano i suoni e i rumori in sottofondo, troppo inconfondibili… come se tutt’intorno ci fosse un mondo congestionato e in rovina che lo schiacciasse.

Strano… In quegli anni su Rotor la Terra gli era mancata moltissimo, e adesso che era tornato sulla Terra era Rotor a far sentire pesantemente la sua mancanza. Avrebbe passato il resto della sua vita desiderando di trovarsi in un posto diverso da quello in cui si trovava?

Il segnalatore luminoso lampeggiò, e Crile sentì il ronzio. Tremolò… le cose sulla Terra tendevano a tremolare, mentre su Rotor tutto era costante, con un’efficienza quasi aggressiva. «Avanti» disse sottovoce, ma abbastanza forte da attivare il meccanismo di apertura.

Garand Wyler entrò (Fisher sapeva che il visitatore doveva essere Wyler) e lo guardò con un’aria divertita. «Ti sei mosso da quando sono andato via, Crile?»

«Un po’. Ho mangiato. Sono stato un po’ in bagno.»

«Bene. Sei vivo, allora, anche se non sembra.» Garand stava sorridendo; aveva la pelle liscia e bruna, occhi scuri, denti candidi, capelli folti e crespi. «Stai pensando a Rotor?»

«Ci penso, di tanto in tanto.»

«È un pezzo che voglio chiedertelo, ma non l’ho mai fatto. Com’era? Biancaneve senza i sette nani, vero?»

«Biancaneve» annuì Fisher. «Mai visto un nero, là.»

«In tal caso, buon viaggio, è una bella liberazione. Lo sapevi che sono partiti?»

Fisher contrasse i muscoli e per poco non si alzò in piedi, ma frenò quell’impulso. «Dicevano che l’avrebbero fatto» annuì.

«Non scherzavano. Hanno cominciato ad allontanarsi. Li abbiamo osservati finché abbiamo potuto, abbiamo seguito la loro radiazione. Hanno aumentato la velocità con quella loro iperassistenza e in una frazione di secondo, mentre li captavamo ancora benissimo, sono spariti. Non abbiamo più ricevuto nulla.»

«Li avete captati quando sono rientrati nello spazio?»

«Parecchie volte. Il segnale era sempre più debole. Viaggiavano alla velocità della luce dopo essersi sgranchiti i muscoli, e dopo tre passaggi dallo spazio all’iperspazio, e viceversa, erano troppo lontani.»

«L’hanno voluto loro» disse Fisher con amarezza. «Hanno sbattuto fuori quelli contrari… come me.»

«Peccato che tu non ci fossi. Avresti dovuto vedere. È stato uno spettacolo interessante. Lo sai, alcuni esponenti della linea dura hanno insistito fino alla fine dicendo che l’iperassistenza era un imbroglio, che era tutto un trucco.»

«Rotor aveva la Sonda Remota. Non avrebbero potuto lanciarla così lontano senza iperassistenza.»

«Un trucco! Ecco cosa dicevano quei tipi.»

«Era tutto vero.»

«Già, adesso lo sanno. Tutti quanti. Quando Rotor è scomparso dagli strumenti, non si è trovata nessun’altra spiegazione. Tutte le Colonie stavano osservando. Impossibile sbagliarsi. Rotor è scomparso da tutti gli schermi nello stesso istante. Quello che irrita maggiormente è il fatto che non sappiamo dove sia diretto.»

«Verso Alfa Centauri, immagino. Quale altra destinazione dovrebbe avere?»

«Secondo l’Ufficio può darsi che non sia Alfa Centauri, e può darsi che tu lo sappia.»

Crile Fisher parve seccato. «Mi hanno interrogato e spremuto in continuazione. Non ho nascosto nulla.»

«Certo. Lo sappiamo. Tu credi di avere detto tutto. Vogliono che ti parli, da amico, e che scopra se c’è dell’altro, perché forse sai qualcosa e non te ne rendi conto. Può darsi che salti fuori qualcosa a cui non hai pensato. Sei stato là quattro anni, ti sei sposato, hai avuto una figlia. Impossibile che ti sia sfuggito proprio tutto.»

«Impossibile? Se avessero sospettato anche lontanamente che io mi trovassi là per cercare qualcosa mi avrebbero sbattuto fuori. Ero già un individuo sospetto, per il semplice fatto di provenire dalla Terra. Se non mi fossi sposato, dimostrando così di voler rimanere rotoriano, mi avrebbero sbattuto fuori ugualmente. Comunque, mi hanno tenuto alla larga da qualsiasi informazione o materiale importante.» Fisher distolse lo sguardo. «E ha funzionato. Mia moglie era solo un’astronoma. Non ho potuto scegliere. Non potevo ricorrere a un annuncio olovisivo specificando che mi interessava una giovane che fosse un’esperta iperspaziale. Se ne avessi incontrata una, avrei fatto il possibile per agganciarla, anche se fosse stata un’arpia, invece mai incontrata un’esperta iperspaziale in quei quattro anni. La tecnologia era zona vietata. Secondo me tenevano le persone chiave completamente isolate. Scommetto che nei laboratori portavano tutti la maschera e usavano nomi in codice. Quattro anni… e non ho mai trovato il minimo indizio, non ho mai scoperto nulla. E sapevo che così avrei chiuso con l’Ufficio.» Si voltò verso Garand e, scaldandosi all’improvviso, disse: «Le cose hanno preso una piega talmente brutta che sono diventato una specie di imbecille, di inetto. Il senso di fallimento era opprimente». Wyler sedeva di fronte a Fisher dall’altra parte del tavolo nella stanza ingombra, stando in bilico sulle gambe posteriori della sedia, ma aggrappandosi al tavolo per non cadere.

«Crile, l’Ufficio non può permettersi di essere delicato, però non è del tutto insensibile» disse. «A loro dispiace di doverti trattare così, ma devono farlo. E a me dispiace di avere ricevuto questo incarico, ma devo andare fino in fondo. Siamo preoccupati, perché hai fallito e non ci hai portato nulla. Se Rotor non fosse partito, forse avremmo pensato che non c’era nulla da scoprire. Ma Rotor è partito. Aveva davvero l’iperassistenza, eppure tu non ci hai portato nessuna informazione.»

«Lo so.»

«Ma questo non significa che vogliamo buttarti fuori o… sbarazzarci di te. Speriamo che tu possa ancora esserci utile. Quindi devo assicurarmi che tu abbia fallito in buona fede.»

«Che significa?»

«Devo essere in grado di confermare che non hai fallito per qualche debolezza personale. Dopo tutto, hai sposato una rotoriana. Era bella? Le eri affezionato?»

Fisher ringhiò: «In pratica mi stai chiedendo se, per amore di una rotoriana, ho protetto deliberatamente Rotor e li ho aiutati a custodire il loro segreto».

«Be’, l’hai fatto?» disse Wyler, imperturbabile.

«Come puoi chiedermi una cosa simile? Se avessi deciso di diventare rotoriano, sarei partito con loro. Adesso sarei chissà dove nello spazio, e voi forse non potreste più trovarmi. Ma non l’ho fatto. Ho abbandonato Rotor e sono tornato sulla Terra, pur sapendo che il mio fallimento probabilmente mi avrebbe rovinato la carriera.»

«Apprezziamo la tua lealtà.»

«C’è più lealtà di quel che pensate, nel mio comportamento.»

«Ci rendiamo conto che probabilmente amavi tua moglie e che il dovere ti ha costretto a lasciarla. Questo deporrebbe a tuo favore, se potessimo essere sicuri…»

«Mia figlia… più che mia moglie.»

Wyler osservò Fisher pensieroso. «Sappiamo che hai una figlia di un anno, Crile. Date le circostanze, forse avresti dovuto evitare di complicarti la vita diventando padre.»

«Sono d’accordo. Però non sono una macchina, non funziono come un robot perfettamente a punto. Le cose succedono anche se uno non vuole, a volte. E quando è nata la bambina, dopo esserle stato accanto un anno…»

«È comprensibile, ma è stato appena un anno. Un periodo un po’ troppo breve per un legame affettivo…»

Fisher fece una smorfia. «Potrà anche sembrarti comprensibile, però non capisci.»

«Spiega, allora.»

«Vedi, si tratta di mia sorella… mia sorella minore.»

Wyler annuì. «Sì, è un dato registrato nella tua scheda… Rose, mi pare.»

«Roseanne. È morta nei disordini di San Francisco otto anni fa. Aveva solo diciassette anni.»

«Mi spiace.»

«Lei non partecipava ai disordini. Era uno di quegli spettatori casuali che di solito sono più esposti agli incidenti degli agitatori e dei poliziotti. Almeno abbiamo trovato il suo corpo, e ho potuto cremare qualcosa…»

Wyler restò in silenzio, tradendo un certo imbarazzo.

«Aveva appena diciassette anni» riprese Fisher. «I nostri genitori erano morti quando lei aveva quattro anni e io quattordici.» Schiaffeggiò l’aria con una mano, quasi a indicare che non era un argomento piacevole. «Ho lavorato dopo la scuola, ho fatto in modo che non le mancasse nulla… cibo, vestiti… perché la sua vita fosse comoda e tranquilla, anche quando la mia non lo era. Ho imparato a programmare, continuando a guadagnarmi da vivere a malapena… e poi, a diciassette anni, senza aver mai fatto male a nessuno, senza nemmeno sapere cosa fossero quegli scontri e quelle grida, Roseanne è rimasta intrappolata nei disordini…»

«Capisco perché ti sei offerto volontario per Rotor» disse Wyler.

«Oh, sì. Per un paio d’anni sono rimasto completamente frastornato. Sono entrato nell’Ufficio in parte per tenere la mente occupata, in parte perché pensavo che sarebbe stato un lavoro pericoloso. Per un po’ l’idea della morte mi ha attirato… non mi sarebbe dispiaciuto morire facendo qualcosa di utile. Quando si è discusso del problema di piazzare un agente su Rotor, mi sono offerto volontario. Volevo andarmene dalla Terra.»

«E adesso sei tornato. Ti spiace?»

«Un po’, sì. Ma Rotor mi soffocava. Nonostante tutti i suoi difetti, la Terra è spaziosa… Avresti dovuto vedere Roseanne, Garand. Non puoi immaginare… Non era graziosa, ma aveva certi occhi…» Gli occhi di Fisher erano rivolti al passato, e tra le sue sopracciglia si era formata una piccola grinza, come se stesse tendendo lo sguardo per mettere bene a fuoco le immagini. «Occhi stupendi, ma spaventosi. Mi sembrava che fosse impossibile fissarli senza provare un senso di inquietudine. Roseanne riusciva a guardarti dentro, capisci?»

«Francamente, no» ammise Wyler.

Fisher lo ignorò. «Sapeva sempre quando mentivi o nascondevi la verità. E se stavi in silenzio capiva subito qual era il problema.»

«Non vorrai dirmi che era telepatica?»

«Cosa? Oh, no. Diceva che leggeva le espressioni, che ascoltava il tono di voce, che nessuno poteva nascondere quel che pensava, che anche le risate e i sorrisi non riuscivano a mascherare l’amarezza e la sofferenza interiore. Ha provato a spiegarmi, ma non ho mai afferrato bene cosa facesse. Roseanne era qualcosa di speciale, Garand. Avevo soggezione di lei… E poi è nata mia figlia. Marlene.»

«Sì?»

«Aveva gli stessi occhi.»

«La bambina aveva gli occhi di tua sorella?»

«Non subito. È stata una cosa graduale, e io ho seguito il suo sviluppo. Quando Marlene aveva sei mesi, i suoi occhi hanno cominciato a darmi i brividi.»

«Succedeva anche a tua moglie?»

«Mai notato nessuna reazione del genere da parte sua, del resto lei non aveva mai avuto una sorella come Roseanne… Marlene piangeva pochissimo, era tranquilla. Ricordo che anche Roseanne era così, da piccola. E nemmeno Marlene prometteva di diventare particolarmente graziosa. Era come se Roseanne fosse tornata da me. Quindi, capisci, è stata una cosa tremenda per me…»

«Tornare sulla Terra?»

«Sì, e lasciarla là. È stato come perdere Roseanne una seconda volta. Adesso non la rivedrò più. Mai più!»

«Però sei tornato ugualmente.»

«Lealtà! Dovere! Ma se devo essere sincero, c’è mancato poco che rimanessi. Ero tormentato dall’incertezza. Ero disperato. Non volevo lasciare Roseanne… Marlene. Vedi, confondo i nomi. Ed Eugenia, mia moglie, mi ha detto angosciata: "Se sapessi dove siamo diretti non saresti così ansioso di tornare indietro". In quel momento io non volevo partire. Le ho chiesto di venire sulla Terra con me. Ha rifiutato. Le ho chiesto di lasciarmi portare Ro… Marlene, almeno. Ha rifiutato. E poi, proprio quando avrei potuto cedere, decidendo di restare, lei si è arrabbiata e mi ha ordinato di andarmene. E io l’ho fatto.»

Wyler fissò Fisher riflessivo. «"Se sapessi dove siamo diretti non saresti così ansioso di tornare indietro." Ha detto così, tua moglie?»

«Sì. E quando le ho chiesto: "Perché? Dov’è diretto Rotor?" lei ha risposto: "Verso le stelle".»

«Non quadra, Crile. Sapevi che avevano intenzione di raggiungere le stelle, ma lei ha detto: "Se sapessi dove siamo diretti…" C’era qualcosa che non sapevi, dunque. Cosa?»

«Ma di che stai parlando? Come si fa a sapere una cosa che non si sa?»

Wyler continuò imperterrito. «Questo lo hai detto all’Ufficio nel tuo rapporto?»

Fisher rifletté. «Non credo. Non ci ho nemmeno pensato finché non ho cominciato a raccontarti questa storia, a spiegarti come mai, per poco, non sono rimasto là.» Chiuse gli occhi, poi disse lentamente: «No, questa è la prima volta che ne parlo. È la prima volta che riesco a pensarci».

«Benissimo, allora. Adesso che ci pensi… dov’era diretto Rotor? Su Rotor hai sentito qualche ipotesi circa la loro destinazione? Qualche voce? Qualche supposizione?»

«Tutti davano per scontato che avrebbero raggiunto Alfa Centauri, la destinazione più logica. È la stella più vicina.»

«Tua moglie era un’astronoma. Lei cos’ha detto?»

«Nulla. Non ne ha mai parlato.»

«Rotor ha lanciato la Sonda Remota.»

«Lo so.»

«E tua moglie faceva parte del progetto… in qualità di astronoma.»

«Sì. Però non ha mai parlato nemmeno di questo, e io mi sono guardato bene dal farlo. La mia missione sarebbe fallita, e forse mi avrebbero imprigionato, o addirittura giustiziato, se avessi mostrato una curiosità eccessiva.»

«Ma, dato che era un’astronoma, tua moglie doveva conoscere la destinazione di Rotor. Infatti ti ha detto: "Se tu sapessi…" Capisci? Lei sapeva, e se anche tu…»

Fisher non parve rilevare l’osservazione. «Dal momento che non mi ha detto quel che sapeva, non sono in grado di dirtelo.»

«Sicuro? Nessun commento distratto che allora ti è sembrato privo di importanza? Dopo tutto, tu non sei un astronomo, e può darsi che tua moglie abbia detto qualcosa che tu non hai afferrato bene. Non ha detto nulla che ti abbia lasciato perplesso? Non ricordi nulla?»

«Non mi viene in mente nulla.»

«Pensaci! È possibile che la Sonda Remota abbia individuato un sistema planetario attorno a una o a entrambe le stelle di Alfa Centauri?»

«Non sono in grado di dirlo.»

«O dei pianeti in orbita attorno a qualche stella?»

Fisher si strinse nelle spalle.

«Pensaci!» lo sollecitò Wyler. «Hai ragione di credere che tua moglie intendesse dire: "Tu pensi che vogliamo raggiungere Alfa Centauri, ma ci sono dei pianeti attorno ad Alfa Centauri, e sono quei pianeti la meta del nostro viaggio". Oppure: "Tu pensi che vogliamo raggiungere Alfa Centauri, però la nostra meta è un’altra stella, dove siamo certi di trovare un pianeta adatto a noi". O qualcosa del genere?»

«Non saprei proprio… non ne ho la minima idea.»

Garand Wyler contrasse un attimo le labbra carnose. «Be’, sta’ a sentire, Crile, vecchio mio… A questo punto accadranno tre cose. Primo, tu verrai interrogato di nuovo… rapporto supplementare. Secondo, ho l’impressione che dovremo convincere la colonia di Cerere a lasciarci usare il suo telescopio asteroidale, per osservare attentamente tutte le stelle nel raggio di un centinaio di anni luce. Terzo, dovremo spronare i nostri esperti iperspaziali perché si sbrighino a compiere qualche progresso. Vedrai se non andrà così!»


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