34 Vicini


LXXVI

«Perfetto» disse Tessa Wendel. «Perfetto, perfetto, perfetto.» Fece un gesto, come se stesse inchiodando qualcosa alla parete con decisione. «Perfetto.»

Crile Fisher sapeva di cosa stesse parlando. Erano passati nell’iperspazio, due volte, in due direzioni diverse. Due volte, Crile aveva osservato la posizione delle stelle che cambiava un poco.

E aveva cercato il Sole, trovandolo leggermente più fioco la prima volta, leggermente più luminoso la seconda. Cominciava a sentirsi come un vecchio vagabondo iperspaziale.

«Dunque, il Sole non ci disturba» disse.

«Oh, sì, ma è un disturbo perfettamente calcolabile, quindi l’interferenza fisica è un piacere psicologico… capisci?»

Facendo l’avvocato del diavolo, Fisher commentò: «Il Sole è piuttosto lontano. L’effetto gravitazionale dev’essere molto vicino allo zero».

«Certo, però "molto vicino allo zero" non significa zero. L’effetto è misurabile. Abbiamo attraversato l’iperspazio due volte, e il sentiero virtuale prima si è avvicinato al Sole trasversalmente, poi si è allontanato con un’altra angolazione. Wu aveva calcolato tutto, e la nostra traiettoria coincideva alla perfezione con quella calcolata, fino all’ultima frazione decimale immaginabile. Quell’uomo è un genio. Riesce a prendere delle scorciatoie incredibili col programma del computer.»

«Ne sono certo» mormorò Fisher.

«Quindi non ci sono più dubbi, Crile. Possiamo raggiungere la Stella Vicina entro domani. Oggi stesso… se abbiamo proprio fretta. Naturalmente, non arriveremo vicinissimi. Forse dovremo avvicinarci alla stella nello spazio normale per un certo periodo di tempo, come misura precauzionale. E poi, non conosciamo la massa della stella con sufficiente precisione, e potrebbe essere rischioso emergere dall’iperspazio troppo vicini all’obiettivo. Non vogliamo essere proiettati inaspettatamente chissà dove e ritrovarci a dover calcolare di nuovo la rotta giusta.» Tessa scosse la testa, l’espressione ammirata. «Ah, quel Wu… Sono proprio soddisfatta di lui, soddisfattissima.»

Fisher disse cauto: «Sicura di non essere un po’ seccata?»

«Seccata? Perché?» Tessa lo fissò, sorpresa. «Pensi che dovrei essere gelosa?»

«Be’, non so. È possibile che a ChaoLi Wu venga attribuito il merito di avere messo a punto il volo ultraluce, di avere elaborato i principi fondamentali, e che tu venga dimenticata, o ricordata solo come un’antesignana?»

«No, Crile. Sei molto gentile a preoccuparti per me, ma non c’è problema. Il mio lavoro è documentato dettagliatamente. Gli aspetti matematici di base del volo ultraluce sono miei. E ho anche collaborato alla parte pratica, anche se il merito maggiore della progettazione della nave spetterà ad altri, ed è giusto che sia così. Wu ha aggiunto un fattore di correzione alle equazioni di base. Molto importante, certo, e infatti adesso sappiamo che il volo ultraluce non sarebbe pratico senza questo nuovo elemento, però è solo il tocco finale, la glassa sulla torta. La torta è ancora mia.»

«Bene. Se sei sicura, mi fa piacere.»

«Se devo essere sincera, Crile, spero che adesso Wu prenda l’iniziativa e porti avanti lo sviluppo del volo ultraluce. Sai, i miei anni migliori ormai li ho lasciati alle spalle… scientificamente parlando, sia chiaro. Solo scientificamente, Crile.»

Fisher sorrise. «Lo so.»

«Ma come scienziata sono troppo vecchia. Ho approfondito e sviscerato i concetti che avevo quando ero fresca di laurea. Quasi venticinque anni di lavoro, di riflessioni, di conclusioni, e ormai non sono più in grado di spingermi oltre. Occorrono nuovi concetti, nuove idee… bisogna avventurarsi in campi inesplorati. Be’, io non posso più farlo.»

«Via, Tessa, non sottovalutarti.»

«Non ho mai avuto questo difetto, Crile. Abbiamo bisogno della gioventù se vogliamo nuove idee. I giovani non hanno soltanto cervelli giovani, i loro cervelli sono soprattutto nuovi. Wu ha un corredo cromosomico senza precedenti nell’umanità. Le sue esperienze appartengono solo a lui… non sono di nessun altro. Wu è in grado di produrre idee nuove. Certo, si basa su quel che ho fatto io prima di lui, e deve parecchio al mio insegnamento. È un mio allievo, Crile, una mia creatura. Il suo successo non può che riflettersi su di me positivamente. Gelosa di lui? Sono orgogliosa!.. Che cosa c’è, Crile? Non hai un’aria felice.»

«Se tu sei felice, lo sono anch’io, Tessa. Non badare alla mia espressione. Il guaio è che ho la sensazione che le tue siano solo belle parole, che il progresso scientifico sia così solo in teoria. Nella storia della scienza, come in qualsiasi altra cosa, in certi casi la gelosia esisteva, e i maestri detestavano gli allievi che li avevano superati, no?»

«Certo. Potrei citare una mezza dozzina di casi famosi anche subito, ma sono rare eccezioni, e il fatto è che adesso non sono gelosa. D’accordo, forse potrà capitare che un giorno io perda la pazienza con Wu e con l’universo intero, ma adesso non sta succedendo, e intendo gustare questo momento fino… Oh, ora che c’è?»

Tessa premette il contatto di «Ricezione», e il viso giovane di Merry Blankowitz apparve tridimensionalmente nel trasmettitore.

«Capitano» esordì esitante la Blankowitz. «C’è una discussione in corso, qui… e forse possiamo consultare lei.»

«Si tratta del volo? Qualcosa che non va?»

«No, Capitano. È solo una discussione di carattere strategico.»

«Capisco. Be’, non c’è bisogno che veniate qui. Vi raggiungo in sala macchine.»

Tessa disattivò l’immagine.

«Di solito la Blankowitz non ha quel tono serio» borbottò Fisher. «Secondo te, che problema hanno?»

«Le congetture non mi interessano. Andrò di là e lo scoprirò subito» rispose Tessa e, con un cenno, invitò Fisher a seguirla.


LXXVII

Gli altri tre membri dell’equipaggio sedevano in sala macchine, e i sedili erano posati sul pavimento, anche se in quel momento erano in condizioni di gravità zero. Avrebbero potuto sedersi ognuno su una parete diversa, ma sarebbe stato poco serio, e irriguardoso nei confronti del Capitano. Esisteva da tempo un sistema complesso di norme di comportamento da osservare in assenza di gravità.

A Tessa Wendel non piaceva la gravità zero e volendo, in qualità di Capitano, avrebbe potuto insistere perché la nave mantenesse una rotazione continua producendo un effetto centrifugo e, di conseguenza, anche un minimo di pseudogravità. Sapeva benissimo che era più facile calcolare una traiettoria di volo quando la nave era immobile, e in senso traslatorio e in senso rotatorio, ma una velocità rotazionale costante non avrebbe complicato eccessivamente i calcoli.

Comunque, insistere sarebbe stato irrispettoso nei confronti dell’addetto al computer. Di nuovo una questione di etichetta.

Tessa Wendel si sedette, e Crile Fisher notò (sorridendo tra sé) che barcollava leggermente. Nonostante fosse nata e cresciuta su una Colonia, era chiaro che non aveva mai imparato a mantenere un equilibrio stabile su una nave. Fisher, invece, malgrado fosse un terrestre, sapeva muoversi con la massima disinvoltura in condizioni di imponderabilità (altro sorriso interiore… di soddisfazione, questa volta).

ChaoLi Wu respirò a fondo. Aveva una faccia larga, il tipo di faccia che di solito era abbinata a un corpo basso, però aveva una statura superiore alla media. I suoi capelli scuri erano perfettamente lisci, gli occhi avevano un taglio allungato.

«Capitano» esordì sottovoce.

«Che c’è, ChaoLi?» fece Tessa. «Non dirmi che c’è qualche problema di programmazione, o potrei strozzarti.»

«No, nessun problema, Capitano. E proprio perché non c’è più il minimo problema ho l’impressione che abbiamo finito e che a questo punto dovremmo tornare sulla Terra. Ecco cosa vorrei suggerire.»

«Tornare sulla Terra?» disse Tessa sbalordita, dopo un attimo di esitazione. «Perché? Non abbiamo ancora portato a termine il nostro compito.»

«Io penso di sì, Capitano» replicò Wu, il volto inespressivo. «Solo, non sapevamo quale fosse il nostro compito, tanto per cominciare. Abbiamo elaborato un sistema pratico di volo ultraluce, che non avevamo quando siamo partiti.»

«Lo so. E allora?»

«E non possiamo comunicare con la Terra. Se proseguiremo per la Stella Vicina e ci succederà qualcosa, se andrà storto qualcosa, la Terra non avrà un sistema pratico di volo ultraluce, e chissà quanto dovrà aspettare per averlo. Questo potrebbe incidere in modo grave sull’evacuazione della Terra. Quindi, secondo me, è importante tornare sulla Terra e spiegare quello che abbiamo scoperto.»

Tessa aveva ascoltato serissima. «Capisco. E tu, Jarlow? Qual è la tua opinione?»

Henry Jarlow era alto, biondo, e cupo. La sua espressione perennemente malinconica non corrispondeva affatto al suo carattere, e le sue lunghe dita (che apparentemente non avevano nulla di delicato) erano magiche quando lavoravano all’interno di un computer o con qualsiasi strumento di bordo.

«Francamente, penso che Wu abbia ragione. Se avessimo le comunicazioni ultraluce, informeremmo la Terra e proseguiremmo il viaggio. E se in seguito ci accadesse qualcosa, be’, ci rimetteremmo solo noi. Ma stando così le cose, non possiamo trascurare la correzione gravitazionale.»

«E tu, Blankowitz?» chiese Tessa.

Merry Blankowitz si agitò, a disagio. Era una giovane minuta, dai lunghi capelli scuri che scendevano sulla fronte sfiorando le sopracciglia. Per i capelli, la corporatura delicata, e i movimenti rapidi e nervosi, sembrava una Cleopatra in miniatura.

«In realtà, non so» rispose. «Non ho un’opinione ben precisa… ma a quanto pare questi due mi hanno convinta. Non pensa che sia importante comunicare quest’informazione alla Terra? In questo viaggio abbiamo studiato alcuni aspetti fondamentali del volo ultraluce, e ci servono altre navi, navi migliori, dotate di computer appositamente progettati per tenere conto della correzione gravitazionale. Così potremo compiere un’unica transizione dal Sistema Solare alla Stella Vicina, e compierla in presenza di campi gravitazionali più forti… potremo partire più vicini al Sole e avvicinarci di più alla stella, risparmiando settimane di viaggio nello spazio normale sia in partenza che all’arrivo. La Terra dev’essere informata, mi sembra.»

«Capisco» annuì Tessa Wendel. «Dunque, si tratta di stabilire se sia il caso di informare subito la Terra della correzione gravitazionale… Wu, è davvero indispensabile come sostieni tu? L’idea della correzione non ti è venuta qui a bordo. Se non sbaglio, me ne hai parlato mesi fa…» Rifletté un istante. «Quasi un anno fa.»

«In realtà, non ne abbiamo parlato, Capitano. Lei si è spazientita, ricordo, e in pratica non ha voluto ascoltarmi.»

«Sì, ho ammesso il mio sbaglio. Però tu hai messo tutto per iscritto. Ti ho detto di stendere una relazione ufficiale, che avrei esaminato quando avessi avuto tempo.» Tessa alzò una mano. «Lo so, non ho mai avuto il tempo di esaminarla, e non ricordo nemmeno di averla ricevuta… ma conoscendoti, Wu, immagino che avrai preparato una relazione abbastanza dettagliata, con tanto di passaggi logici e matematici. È così, vero, Wu? E quella relazione adesso è depositata in archivio, vero?»

Sembrò che Wu contraesse le labbra, ma il suo tono di voce non mutò. «Sì, ho preparato la relazione, ma erano solo ipotesi. La ignoreranno, secondo me… proprio come ha fatto lei, Capitano.»

«E perché? Non tutti sono stupidi come me, Wu.»

«Anche se la prendessero in considerazione, rimarrebbero comunque delle semplici ipotesi. Quando torneremo, invece, avremo in mano delle prove.»

«Se un’ipotesi è valida, qualcuno trova sempre la prova. Sai come funziona la scienza.»

«Qualcuno» disse lentamente Wu, in tono eloquente.

«Ah, ecco cosa ti assilla, Wu. Non sei preoccupato per la Terra, non hai paura che la Terra resti senza un metodo pratico di volo ultraluce. Ti spaventa il contrario, l’idea che il merito della scoperta venga attribuito a un altro. Giusto?»

«Capitano, non c’è nulla di male in questo. Uno scienziato ha il diritto di preoccuparsi della priorità della propria scoperta.»

Lo sguardo di Tessa era acceso di rabbia. «Hai dimenticato che sono il Capitano di questa nave, e che le decisioni le prendo io?»

«Non l’ho dimenticato, ma questo non è un veliero del diciottesimo secolo. Siamo tutti scienziati, fondamentalmente, e dobbiamo decidere in modo democratico. Se la maggioranza vuole tornare…»

«Un attimo» intervenne brusco Fisher. «Prima che la discussione continui, vi spiace se dico qualcosa? Sono l’unico a non avere parlato, e adesso toccherebbe a me… se vogliamo essere democratici. Posso, Capitano?»

«Prego» rispose Tessa, stringendo e aprendo la destra, quasi fosse ansiosa di afferrare qualcuno per la gola.

«Circa sette secoli e mezzo fa» iniziò Fisher «Cristoforo Colombo salpò dalla Spagna e navigò verso ovest, scoprendo infine l’America, anche se non l’avrebbe mai saputo. Durante il viaggio, scoprì che la deviazione della bussola magnetica dal nord geografico, la cosidetta "declinazione magnetica", cambiava con la longitudine. Una scoperta importante, la prima scoperta puramente scientifica nel corso di un viaggio marittimo. Ora, quanti sanno che Colombo scoprì la variazione della declinazione magnetica? Praticamente nessuno. Quanti sanno che Colombo scoprì l’America? Praticamente tutti. Supponiamo che Colombo, una volta scoperta la variazione della declinazione magnetica, avesse deciso a metà strada di tornare a casa e dare l’annuncio a re Ferdinando e alla regina Isabella, assicurandosi la priorità della scoperta del fenomeno. Forse la scoperta sarebbe stata accolta con interesse, e magari in seguito i sovrani avrebbero finanziato un’altra spedizione guidata, diciamo, da Amerigo Vespucci, che poi avrebbe raggiunto l’America. Se fosse andata in questo modo, nessuno adesso ricorderebbe Cristoforo Colombo per la sua scoperta riguardo la bussola, mentre tutti ricorderebbero Amerigo Vespucci come scopritore dell’America.

"Dunque, volete proprio tornare indietro? Vi assicuro che la scoperta della correzione gravitazionale sarà ricordata da pochi, come un aspetto secondario del volo ultraluce. Ma l’equipaggio della prossima spedizione, che raggiungerà davvero la Stella Vicina, passerà alla storia come il primo equipaggio ad avere raggiunto una stella col volo ultraluce. Voi tre, anche tu, Wu, meriterete sì e no una nota a piè pagina.

"Forse siete convinti che vi consentiranno di partecipare a una seconda spedizione, come premio per la grande scoperta di Wu… ma vi sbagliate, temo. Vedete, a Igor Koropatsky, il Direttore del Dipartimento Informazioni Terrestre, che ci sta aspettando sulla Terra, interessano moltissimo delle informazioni sulla Stella Vicina e sul suo sistema planetario. Esploderà come il Krakatoa quando saprà che eravamo prossimi alla meta e siamo tornati indietro. E naturalmente, il Capitano Wendel dovrà parlare per forza del vostro ammutinamento… un reato gravissimo, anche se non siamo su un veliero del diciottesimo secolo. E voi non parteciperete alla prossima spedizione, tutt’altro… non metterete più piede in un laboratorio, garantito. Anzi, magari, nonostante la vostra rinomanza scientifica, finirete in prigione. Non sottovalutate la collera di Koropatsky… Quindi, pensateci, voi tre. Avanti verso la Stella Vicina? O a casa?»

Silenzio. Per un po’ nessuno aprì bocca.

«Be’» fece brusca Tessa Wendel. «Mi pare che Fisher abbia spiegato la situazione con estrema chiarezza. Non avete niente da dire?»

La Blankowitz rispose sottovoce: «A dire il vero, in fondo non avevo riflettuto bene sul problema. Penso che dovremmo proseguire».

Jarlow sbuffò. «Anch’io.»

«E tu, ChaoLi Wu?» chiese Tessa.

Wu si strinse nelle spalle. «Accetto la decisione della maggioranza.»

«Mi fa piacere sentirlo. L’incidente è chiuso, per quanto riguarda le autorità terrestri. Ma meglio che non si ripeta più una cosa del genere, un altro gesto che potrebbe essere considerato sedizioso.»


LXXVIII

Nel loro alloggio, Fisher disse: «Spero non ti dispiaccia se mi sono intromesso. Avevo paura che esplodessi senza ottenere nulla».

«No, hai fatto bene. Non avrei pensato all’esempio di Colombo, un’analogia perfetta. Grazie, Crile.» Tessa gli prese la mano e la strinse.

Lui sorrise. «Dovevo giustificare la mia presenza a bordo in qualche modo.»

«L’hai ampiamente giustificata. E non hai idea di quanto sia rimasta disgustata dal comportamento di Wu… e pensare che avevo appena finito di dirti che ero contenta per la sua scoperta, per il successo che avrebbe ottenuto. Mi sentivo nobile perché ero disposta a dividere i meriti con lui, pensavo all’etica della ricerca scientifica che dà a ognuno ciò che gli spetta… e invece a Wu non interessava la riuscita del progetto, aveva in mente soprattutto il suo interesse privato.»

«È un essere umano, come tutti.»

«Lo so. E anche se dal punto di vista etico non è senza macchia, quell’uomo ha comunque una mente scientifica tremendamente acuta.»

«Purtroppo devo ammettere che anche le mie argomentazioni si basavano su desideri personali piuttosto che sul bene comune. Io voglio raggiungere la Stella Vicina per motivi che non hanno niente a che vedere col progetto.»

«Me ne rendo conto. E ti sono grata ugualmente.» Fisher notò, imbarazzato, che Tessa aveva le lacrime agli occhi.

La baciò.


LXXIX

Era solo una stella, ancora troppo fioca per spiccare in qualche modo. Infatti, Crile Fisher l’avrebbe persa se non avesse attivato il dispositivo d’inquadramento reticolare a cerchi concentrici.

«Che delusione. Ha proprio l’aria di una stella, no?» commentò, mentre la sua faccia assumeva l’espressione cupa e imbronciata che sembrava possedere di natura.

Merry Blankowitz, l’unica persona accanto a lui al quadro d’osservazione, disse: «Logico, Crile. È una stella».

«Voglio dire, sembra una stella fioca… eppure siamo così vicini.»

«Vicini per modo di dire. Siamo ancora a un decimo di anno luce di distanza, e non è poco. Solo che il Capitano è prudente. Io mi sarei avvicinata molto di più con l’Ultraluce. Vorrei che fossimo quasi arrivati. Fremo d’impazienza.»

«Prima dell’ultima transizione, eri decisa a tornare a casa, Merry.»

«Non proprio. Mi ero solo lasciata convincere da quei due. Dopo il tuo discorsetto, mi sono sentita una perfetta imbecille. Davo per scontato che se fossimo tornati saremmo ripartiti un’altra volta… ma tu hai messo bene in chiaro la situazione. Oh, ma adesso non vedo l’ora di usare l’RN.»

Fisher sapeva cos’era l’RN. Era il rivelatore neuronico. Anche lui provava una certa eccitazione. Individuando l’intelligenza avrebbero avuto la certezza di essersi imbattuti in qualcosa di infinitamente più importante di tutti i metalli, le rocce, i ghiacci e i vapori che avrebbero potuto scoprire.

Esitante, chiese: «A questa distanza non puoi usarlo?»

Merry scosse la testa. «No. Per captare qualcosa la distanza dev’essere molto minore. E non possiamo avvicinarci avanzando nello spazio normale. Impiegheremmo quasi un anno. Quando il Capitano sarà soddisfatto dei dati che riusciremo a ottenere da qui, faremo un’altra transizione. Secondo me, tra due giorni al massimo, saremo a un paio di unità astronomiche dalla Stella Vicina, e allora potrò cominciare a compiere delle osservazioni e a rendermi utile. È una seccatura sentirsi un peso morto.»

«Già. Lo so» fece Fisher, ironico.

Sulla faccia di Merry Blankowitz apparve un’espressione preoccupata. «Mi spiace, Crile. Non alludevo a te.»

«In ogni caso, non avresti detto nulla di sbagliato. Forse non sarò di nessuna utilità, io, nemmeno vicino alla stella.»

«Sarai utile se individueremo la presenza dell’intelligenza. Potrai parlare ai rotoriani. Sei un rotoriano, e avremo bisogno di te.»

Fisher sorrise truce. «Lo sono stato appena per qualche anno.»

«Be’, basta, no?»

«Vedremo.» Fisher cambiò argomento. «Sei sicura che il rivelatore neuronico funzionerà?»

«Sicurissima. Potremmo seguire l’orbita di qualsiasi Colonia grazie alla sua emissione di plessoni.»

«Cosa sono i plessoni, Merry?»

«È un nome che ho inventato io, si riferisce alla complessa attività fotonica tipica del cervello dei mammiferi. Sai, potremmo individuare dei cavalli, a breve distanza, ma la presenza massiccia di cervelli umani è individuabile a distanze astronomiche.»

«Perché "plessoni"?»

«Da "complessità". Un giorno si occuperanno dei plessoni non solo per individuare la vita, ma per studiare a fondo il funzionamento del cervello. Ho inventato un nome anche per questo… «plessofisiologia»… o magari "plessoneuronica".»

«I nomi sono importanti per te?» chiese Fisher.

«Sì, certo. Permettono di parlare in modo conciso. Non è necessario dire "quel campo della scienza che si occupa dei rapporti tra questo e quello". Basta dire «plessoneuronica»… sì, suona meglio. È una scorciatoia. Si risparmia tempo e si può pensare a cose più importanti. E poi…» Merry esitò.

«E poi?»

Merry rispose d’un fiato. «Se invento un nome e il nome resta, viene adottato, avrò un posticino nella storia della scienza… "Il termine plessone fu introdotto per la prima volta da Merrilee Augina Blankowitz nel 2237 in occasione del primo volo ultraluce effettuato dall’astronave Ultraluce." Difficilmente parleranno di me in altra sede, o per qualche altro motivo, e io mi accontenterei di questo.»

«E se captassi i tuoi plessoni e non ci fossero esseri umani, Merry?»

«Cioè, se ci fosse una forma di vita aliena? Sarebbe ancor più eccitante. Ma è improbabile. Siamo rimasti delusi un’infinità di volte. Pensavamo che potessero esserci almeno delle forme di vita primitive sulla Luna, su Marte, su Callisto, su Titano. Invece, niente. Sono state fatte le ipotesi più strane… galassie vive, nubi di polvere vive, vita sulla superficie di una stella di neutroni, e via dicendo. Non esiste nessuna prova, però… No, se capterò qualcosa, saranno esseri umani. Ne sono convinta.»

«E l’emissione di plessoni di noi cinque? Non capterai anche quella? Non coprirà tutto il resto nel raggio di milioni di chilometri?»

«Sì, c’è questo problema, Crile. Dobbiamo regolare l’RN in maniera tale da escludere noi cinque, ed è un’operazione molto delicata. La benché minima dispersione cancellerebbe qualsiasi altra fonte plessonica. Un giorno, Crile, degli RN automatici saranno inviati attraverso l’iperspazio in tutti i punti immaginabili. Non ci saranno esseri umani nelle loro vicinanze, quindi solo per questo avranno già una sensibilità incredibilmente maggiore rispetto ad ora, dal momento che non ci saremo noi a disturbarli. Scopriremo la presenza dell’intelligenza in un posto con notevole anticipo, non sarà più necessario avvicinarsi.»

ChaoLi Wu entrò nella sala. Guardò Fisher con una punta di antipatia e disse indifferente: «Com’è la Stella Vicina?»

«Niente di eccezionale, a questa distanza» rispose Merry Blankowitz.

«Be’, probabilmente faremo un’altra transizione domani o domani l’altro, e allora vedremo.»

«Sarà eccitante, eh?»

«Sì… se troveremo i rotoriani.» Wu lanciò un’occhiata a Fisher. «Ma li troveremo?»

Se la domanda era rivolta a lui, Fisher non reagì, non rispose. Si limitò a fissare Wu impassibile.

"Li troveremo?" pensò.

Presto la lunga attesa sarebbe finita.


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