Crile Fisher aveva visto Igor Koropatsky solo due volte in quei tre anni, dopo che Koropatsky era subentrato a Tanayama diventando, di fatto se non di nome, il capo del progetto.
Comunque, lo riconobbe senza difficoltà quando l’identificatore segnalò la sua immagine. Koropatsky era sempre il solito tipo corpulento dall’aria gioviale. Era elegante, e sfoggiava un grande foulard vaporoso al collo, secondo l’ultima moda.
Fisher invece stava rilassandosi quella mattina e non era molto presentabile, ma non si poteva non ricevere Koropatsky, nemmeno quando arrivava senza preavviso.
Con tatto, Fisher rispose ricorrendo al segnale di «ATTESA», la figura stilizzata di un padrone di casa cordiale (o di una padrona di casa, dato che il sesso era volutamente ambiguo) che alzava una mano con garbo in un gesto che significava universalmente "Solo un attimo", ma che non era grossolano come le parole.
Fisher si affrettò a pettinarsi e a sistemarsi gli indumenti. Avrebbe potuto radersi, ma prolungare l’attesa sarebbe stato offensivo per Koropatsky, rifletté.
La porta si aprì e Koropatsky entrò. Sorridendo affabile, disse: «Buongiorno, Fisher. Disturbo, eh?»
«Nessun disturbo, Direttore» rispose Fisher, sforzandosi di sembrare sincero. «Ma se desidera vedere la dottoressa Wendel… è alla nave, purtroppo.»
Koropatsky sbuffò. «Sai, lo immaginavo. Dunque, non mi resta che parlare con te. Posso sedermi?»
«Sì, certo, Direttore» disse Fisher, mortificato per non averlo invitato subito ad accomodarsi. «Posso offrirle qualcosa?»
«No.» Koropatsky si batté sull’addome. «Mi peso ogni mattina, ed è sufficiente a farmi perdere l’appetito… quasi. Fisher, non ho mai avuto modo di parlarti, da uomo a uomo. Volevo farlo.»
«Volentieri, Direttore. A sua disposizione» borbottò Fisher, cominciando ad avvertire una certa inquietudine. Di che si trattava?
«Il nostro pianeta è in debito con te.»
«Se lo dice lei, Direttore…»
«Eri su Rotor, prima che partisse.»
«È stato quattordici anni fa, Direttore.»
«Lo so. Avevi sposato una rotoriana e avevi una figlia.»
«Sì, Direttore» confermò Fisher sottovoce.
«Però sei tornato sulla Terra appena prima che Rotor lasciasse il Sistema Solare.»
«Sì, Direttore.»
«Grazie a qualcosa che avevi sentito e che hai riferito, e grazie a un altro tuo suggerimento, la Terra è arrivata a scoprire la Stella Vicina.»
«Sì, Direttore.»
«E sei stato tu a portare sulla Terra la dottoressa Tessa Wendel di Adelia.»
«Sì, Direttore.»
«E hai fatto in modo che lavorasse qui per oltre otto anni, e che fosse felice, eh?»
Koropatsky ridacchiò, e probabilmente se fosse stato più vicino gli avrebbe dato un colpetto di gomito in segno di solidarietà maschile, rifletté Fisher.
«Andiamo d’accordo, Direttore.»
«Ma non vi siete mai sposati.»
«Sono già sposato, Direttore.»
«E separato da quattordici anni. Potresti ottenere il divorzio in breve tempo.»
«Ho anche una figlia.»
«Che rimarrebbe tua figlia, anche se ti risposassi.»
«Sarebbe una formalità inutile, sicuramente.»
«Be’, forse…» Koropatsky annuì. «E forse la cosa funziona ancor meglio in questo modo… Sai che la nave ultraluce è pronta a partire. Speriamo di lanciarla all’inizio del 2237.»
«È quanto mi ha detto la dottoressa Wendel, Direttore.»
«I rivelatori neuronici sono stati installati e il loro funzionamento è soddisfacente.»
«Mi è stato detto anche questo, Direttore.»
Koropatsky, stringendo una mano nell’altra sulle ginocchia, annuì energicamente. Poi con un movimento rapido alzò lo sguardo e fissò Fisher. «Sai come funziona?»
Fisher scosse la testa. «No, signore. Non so nulla del funzionamento della nave.»
Koropatsky annuì di nuovo. «Nemmeno io. Dobbiamo fidarci della parola della dottoressa Wendel e dei nostri tecnici. Manca ancora una cosa, però.»
«Oh?» (Un senso gelido di apprensione pervase Fisher. Un ulteriore rinvio?) «Cosa manca, Direttore?»
«Le comunicazioni. Se è possibile spingere una nave oltre la velocità della luce, dovrebbe anche esserci il sistema di inviare delle onde radio o che so io alla stessa velocità. Anzi, secondo me, dovrebbe essere più facile inviare un messaggio ultraluce che far viaggiare una nave a velocità ultraluce.»
«Non saprei, Direttore.»
«Eppure, la dottoressa Wendel mi assicura che è vero il contrario, che per ora non esiste un metodo valido di comunicazione ultraluce. Un giorno ci sarà, dice, ma adesso non c’è, e lei non vuole aspettare, perché dice che forse ci vorrà parecchio tempo per mettere a punto questo sistema di comunicazione.»
«Nemmeno io voglio aspettare, Direttore.»
«Sì, anch’io sono ansioso di andare avanti e di vedere dei risultati positivi. Ormai sono anni che aspettiamo, e non vedo l’ora che la nave parta e ritorni. Ma in questo modo, quando la nave partirà, noi non saremo più in contatto.»
Koropatsky annuì pensieroso, e Fisher mantenne un silenzio prudente. (Che significava quella storia? Dove voleva arrivare il vecchio orso?)
Koropatsky alzò gli occhi. «Sai che la Stella Vicina sta avanzando nella nostra direzione?»
«Sì, Direttore, l’ho sentito dire. Ma, stando all’opinione generale, passerà abbastanza lontano da non danneggiarci.»
«È quello che vogliamo far credere alla gente. La verità è che passerà abbastanza vicino da alterare il moto orbitale della Terra.»
Fisher esitò un istante, scioccato. «E distruggerà la Terra?»
«Non direttamente. Però il clima cambierà e la Terra non sarà più abitabile.»
«È sicura la cosa?» chiese Fisher, restio a crederci.
«Che io sappia, gli scienziati non sono mai sicuri di nulla al cento per cento. Comunque, sono abbastanza sicuri, per cui è necessario cominciare a prendere provvedimenti. Abbiamo cinquemila anni, e stiamo sviluppando il volo ultraluce… sempre che la nave funzioni.»
«Se la dottoressa Wendel dice che funzionerà, sono certo che funzionerà, Direttore.»
«Speriamo che la tua fiducia non sia malriposta. Comunque, anche se abbiamo cinquemila anni di tempo e il volo ultraluce, ci troviamo in una situazione difficile. Dovremmo costruire centotrentamila Colonie come Rotor per trasportare gli otto miliardi di abitanti della Terra e una quantità sufficiente di animali e piante per creare dei mondi vitali. Il che equivale a ventisei arche di Noè all’anno, cominciando subito. Sempre che nei prossimi cinquemila anni non ci sia un aumento della popolazione.»
«Forse» disse cauto Fisher «una media di ventisei all’anno è alla nostra portata. La nostra esperienza e la nostra abilità dovrebbero crescere nel corso dei secoli, e il nostro controllo demografico funziona da decenni ormai.»
«Benissimo. Ora dimmi… se trasferiremo nello spazio la popolazione terrestre su centotrentamila Colonie, usando tutte le risorse della Terra, della Luna, di Marte e degli asteroidi, e abbandoneremo il Sistema Solare agli sconvolgimenti gravitazionali provocati dalla Stella Vicina, dove andranno tutte queste Colonie?»
«Non lo so, Direttore» rispose Fisher.
«Dovremo trovare dei pianeti abbastanza simili alla Terra che siano in grado di accogliere tutta questa gente senza richiedere un’opera di terraformazione massiccia. Dobbiamo pensare anche a questo problema, e subito, non tra cinquemila anni.»
«Anche se non troveremo dei pianeti adatti, le Colonie possono entrare in orbita attorno a delle stelle adatte.» Inevitabilmente, Fisher fece dei movimenti circolari con il dito.
«Mio caro, è un sistema che non funzionerebbe.»
«Con rispetto parlando, Direttore, qui nel Sistema Solare funziona.»
«Niente affatto. Qui nel Sistema Solare c’è un pianeta che ancor oggi, malgrado tutte le Colonie, ospita il novantanove per cento del genere umano. Siamo sempre noi l’umanità, e le Colonie sono solo una specie di alone vago che ci circonda. Potrebbe esistere da solo, questo alone? Non ne abbiamo la prova. Secondo me, no, non potrebbe esistere.»
«Forse ha ragione, Direttore.»
«Forse? Non c’è dubbio» replicò Koropatsky infervorandosi. «I coloni fingono di disprezzarci, ma noi siamo al centro dei loro pensieri. Siamo la loro storia, il loro modello. Siamo la fonte copiosa a cui ritornano ripetutamente per rinvigorirsi. Lasciati a se stessi, avvizzirebbero.»
«Può darsi che abbia ragione, Direttore, ma questo esperimento non è mai stato tentato. Non è mai capitato che delle Colonie abbiano provato a sopravvivere senza un pianeta. È una situazione senza precedenti.»
«Non è vero. Abbiamo avuto una situazione almeno analoga. Nelle fasi iniziali della storia terrestre, degli esseri umani hanno colonizzato delle isole, rimanendo isolati dai centri della civiltà. Gli irlandesi hanno colonizzato l’Islanda; i norvegesi, la Groenlandia; gli ammutinati, l’Isola di Pitcairn; i polinesiani, l’Isola di Pasqua. Risultato? I coloni languivano, a volte sono scomparsi del tutto. Ristagno, stasi, sempre. Le civiltà si sono sempre sviluppate nelle aree continentali o su isole vicine a un’area continentale. L’umanità ha bisogno di spazio, di grandezza, di varietà, di un orizzonte, di una frontiera. Capisci?»
«Sì, Direttore» rispose Fisher. (Arrivati a un certo punto, perché continuare a discutere?)
«Quindi» disse Koropatsky, battendo l’indice destro sul palmo in un atteggiamento didascalico «dobbiamo trovare un pianeta, almeno uno tanto per cominciare. Il che ci riporta a Rotor.»
Fisher aggrottò le ciglia, sorpreso. «A Rotor, Direttore?»
«Sì. I rotoriani sono partiti da quattordici anni… cosa gli è successo?»
«Secondo la dottoressa Wendel, può darsi che non siano sopravvissuti.» Fisher provò una fitta dolorosa nel dirlo. Quando ci pensava, la provava sempre.
«Lo so. Le ho parlato, e ho accettato la sua opinione senza discutere. Ma adesso vorrei la tua opinione.»
«Non ho nessuna opinione, Direttore. Io spero solo che siano sopravvissuti. Ho una figlia su Rotor.»
«Forse l’hai ancora. Rifletti! Cosa può averli distrutti? Qualche apparato difettoso, qualche guasto… Rotor non è una nave, è una Colonia che in cinquant’anni non ha avuto nessun problema tecnico serio. Ha attraversato lo spazio vuoto dal Sistema Solare alla Stella Vicina… e cosa c’è di più innocuo dello spazio vuoto?»
«Ma se un mini buco nero, o un asteroide apparso all’improvviso…»
«Che prove abbiamo? Sono solo supposizioni, con un livello di probabilità molto vicino allo zero, stando agli astronomi. C’è qualcosa nelle proprietà intrinseche dell’iperspazio che può avere distrutto Rotor? Sono anni che facciamo esperimenti con l’iperspazio, e non siamo riusciti a trovare nessun aspetto pericoloso. Quindi possiamo supporre che i rotoriani abbiano raggiunto la Stella Vicina sani e salvi… sempre che siano andati là… e a quanto pare tutti sono d’accordo che è assurdo pensare che siano andati altrove.»
«Magari fossero arrivati sani e salvi.»
«Ma a questo punto sorge un interrogativo… Se Rotor si trova nei pressi della Stella Vicina, cosa sta facendo, là?»
«Vive. Continua la sua esistenza…» (Era una via di mezzo tra un’affermazione e una domanda.)
«Ma come? Ruotando attorno alla stella? Un’unica Colonia in orbita solitaria e perenne attorno a una nana rossa? Non credo. I rotoriani languirebbero, e se ne accorgerebbero in fretta. Sono sicuro che entrerebbero in crisi presto.»
«E morirebbero? È questa la sua conclusione, Direttore?»
«No. Se così fosse, rinuncerebbero e tornerebbero a casa. Ammetterebbero la sconfitta e tornerebbero qui, al sicuro. Invece non l’hanno fatto, e sai cosa penso? Penso che abbiano trovato un pianeta abitabile nel sistema della Stella Vicina.»
«Ma è impossibile che ci sia un pianeta abitabile in orbita attorno a una nana rossa. L’energia solare è troppo scarsa, a meno di non essere molto vicini, e in tal caso c’è il problema degli influssi gravitazionali troppo forti…» Fisher s’interruppe, quindi borbottò impacciato: «Me l’ha spiegato la dottoressa Wendel».
«Sì, lo hanno spiegato anche a me, gli astronomi. Ma…» Koropatsky scosse la testa. «Ma l’esperienza mi ha insegnato che per quanto gli scienziati possano sentirsi sicuri, la natura riesce sempre a sorprenderli. Ad ogni modo, capisci perché ti permettiamo di partecipare a questo viaggio?»
«Sì, Direttore. Il suo predecessore aveva promesso che sarei partito come ricompensa dei servigi resi.»
«Ho un motivo migliore. Il mio predecessore, che era un grand’uomo, una persona ammirevole, negli ultimi tempi era anche un vecchio malato, e secondo i suoi nemici era diventato paranoico. Per lui, i rotoriani erano al corrente del pericolo che minacciava la Terra ed erano partiti senza avvisarci perché volevano la distruzione della Terra, quindi Rotor doveva essere punito. Ma adesso il mio predecessore è morto, e ci sono io al suo posto. Non sono vecchio, né malato, né paranoico. Se i rotoriani hanno raggiunto incolumi la Stella Vicina, noi non abbiamo intenzioni ostili nei loro confronti.»
«Mi fa piacere sentirlo… ma non dovrebbe discuterne con la dottoressa Wendel, Direttore? Sarà lei a comandare la nave.»
«La dottoressa Wendel è una colona. Tu sei un fedele cittadino terrestre.»
«La dottoressa Wendel ha lavorato per anni al progetto ultraluce con la massima fedeltà.»
«Oh, la sua fedeltà verso il progetto non si discute. Ma è fedele alla Terra? Possiamo fare affidamento su di lei? Si atterrà fino in fondo ai nostri ordini, si adeguerà alle intenzioni della Terra per quanto riguarda Rotor?»
«Se è una domanda lecita, Direttore… a cosa mira la Terra? Se ho ben capito, non c’è più l’intenzione di punire la Colonia per non averci avvisati.»
«Esatto. Adesso miriamo all’unione, alla collaborazione, alla fratellanza umana. Il nostro è un atteggiamento estremamente amichevole. Una volta instaurata l’amicizia, dovrete tornare subito con il maggior numero possibile di informazioni su Rotor e il suo pianeta.»
«Sicuramente, se la dottoressa Wendel lo saprà, se le verrà spiegato, obbedirà.»
Koropatsky ridacchiò. «Sì, dovrebbe, in teoria… ma…si sa com’è. La dottoressa non è più nel fiore della giovinezza. È una bella donna, sono il primo a dirlo, però ha superato i cinquanta.»
«E con ciò?» (Fisher si sentì offeso.)
«Senza dubbio sa che al suo ritorno, con l’esperienza importantissima di un volo ultraluce riuscito all’attivo, sarà più preziosa che mai per noi; che ci sarà bisogno di lei per progettare nuove navi ultraluce, modelli migliori, più perfezionati; che dovrà addestrare dei giovani e farne dei piloti ultraluce. Avrà la certezza di non potersi più avventurare nell’iperspazio, perché sarà troppo preziosa. Quindi, prima di tornare, forse sarà tentata di continuare l’esplorazione, forse non vorrà rinunciare al brivido di vedere nuove stelle, di scoprire nuovi orizzonti. Ma noi non possiamo permetterci che corra altri rischi, oltre a quelli necessari per raggiungere Rotor, ottenere le informazioni che ci servono, e tornare indietro. Non possiamo permetterci neppure una ulteriore perdita di tempo. Capisci?» La voce di Koropatsky adesso si era fatta più dura.
Fisher deglutì. «Mi pare che in realtà, Direttore, non abbia motivo di…»
«Ti sbagli. La dottoressa Wendel si è sempre trovata in una posizione delicata, qui… come colona. Spero che tu capisca. Con tutte le persone che ci sono sulla Terra, dobbiamo contare in modo particolare proprio su di lei, su una colona. La dottoressa è stata oggetto di un profilo psicologico dettagliato. L’abbiamo studiata a fondo, a volte senza che lo sapesse, e siamo certi che, se avrà la possibilità di farlo, si allontanerà e continuerà a esplorare lo spazio. E mancando le comunicazioni non sarà in contatto con noi. Non sapremo dove sarà, cosa farà. Non sapremo nemmeno se sarà viva.»
«E perché mi sta dicendo tutte queste cose, Direttore?»
«Perché sappiamo che hai un grande ascendente su di lei. Puoi guidarla… se sarai deciso.»
«Forse sopravvalutate il mio ascendente, Direttore.»
«Non credo proprio. Abbiamo studiato a fondo anche te, e sappiamo che la nostra cara dottoressa è molto legata a te… forse, più di quel che pensi. E sappiamo poi che sei un figlio fedele della Terra. Potevi partire con Rotor, rimanendo con tua moglie e tua figlia, invece sei tornato sulla Terra anche se così le hai perse. Sei tornato pur sapendo che il mio predecessore, Tanayama, ti avrebbe giudicato un incapace visto che non eri riuscito a raccogliere informazioni sull’iperassistenza, e che questo fallimento avrebbe potuto compromettere la tua carriera. Per cui, sono convinto di poter contare su di te, so che controllerai la dottoressa Wendel, che farai in modo che ritorni subito, e che questa volta, questa volta, ci porterai le informazioni di cui abbiamo bisogno.»
«Ci proverò, Direttore» disse Fisher.
«Sei incerto» osservò Koropatsky. «Per favore, cerca di capire l’importanza di quello che ti chiedo. Dobbiamo sapere cosa stanno facendo i rotoriani, quanto sono forti, com’è il pianeta. Quando sapremo tutto questo, sapremo cosa fare, quanto dovremo essere forti, e che tipo di vita aspettarci. Perché, Fisher, ci serve un pianeta, e ci serve subito. E non ci resta che prendere il pianeta di Rotor.»
«Sempre che esista» precisò Fisher con voce roca.
«Meglio che esista» disse Koropatsky. «Ne va della sopravvivenza della Terra.»