Combinazione, dopo avere fornito alla Terra il primo indizio circa la destinazione misteriosa di Rotor, Crile Fisher fornì anche il secondo.
Era tornato sulla Terra da due anni, ormai, e Rotor era sempre più un luogo vago e lontano nella sua mente. Eugenia Insigna era un ricordo che suscitava più che altro perplessità (cosa aveva provato per lei?), ma il pensiero di Marlene continuava ad essere fonte di amarezza. Nel proprio intimo, Crile non riusciva a separarla da Roseanne. La figlia di un anno che ricordava e la sorella diciassettenne che pure gli tornava alla mente si fondevano in un’unica personalità.
La vita non era dura. Crile Fisher aveva una pensione ragguardevole. Gli avevano perfino trovato un lavoro, una comoda occupazione amministrativa in cui ogni tanto doveva prendere decisioni prive di qualsiasi importanza. Lo avevano perdonato, almeno in parte, perché aveva ricordato quell’osservazione di Eugenia: "Se sapessi dove siamo diretti…".
Eppure aveva l’impressione di essere sorvegliato, e la cosa lo irritava.
Garand Wyler si faceva vivo di tanto in tanto, sempre cordiale, sempre curioso, sempre pronto a tirare in ballo Rotor in un modo o nell’altro. Era appena arrivato, adesso… e, come previsto da Crile, stava già parlando di Rotor.
Crile Fisher corrugò la fronte. «Sono passati quasi due anni. Cosa volete da me, insomma?»
Wyler scosse la testa. «Non saprei, Crile. Abbiamo solo quella frase di tua moglie. È evidente che non basta. Deve aver detto qualcos’altro negli anni che hai trascorso con lei. Pensa alle vostre conversazioni, a tutte le parole che vi siete scambiati. Non ti viene in mente nulla?»
«È la quinta volta che me lo domandi, Garand. Mi hanno interrogato. Mi hanno ipnotizzato. Mi hanno sondato la mente. Mi hanno strizzato e spremuto, e non c’è nulla nella mia testa. Lasciatemi in pace e dedicatevi a qualcos’altro. O rimettetemi al lavoro. Ci sono cento Colonie là fuori, con amici che si confidano tra loro e nemici che si spiano a vicenda. Chissà cosa potrebbe sapere una di quelle persone… magari senza rendersene conto, eh?»
«Se devo essere sincero, vecchio mio, ci siamo mossi in quella direzione, e ci siamo anche concentrati sulla Sonda Remota» disse Wyler. «È ovvio che Rotor deve avere scoperto qualcosa che il resto di noi ignora. Non abbiamo mai lanciato una Sonda Remota. E nemmeno nessun’altra Colonia l’ha lanciata. Solo Rotor è stato in grado di farlo. Quello che ha scoperto Rotor, qualunque cosa sia, dev’essere nei dati della Sonda Remota.»
«Bene. Esaminate i dati. Ce ne saranno abbastanza da tenervi occupati per anni. In quanto a me, lasciatemi in pace. Tutti quanti.»
«In effetti, ce ne sono abbastanza da tenerci occupati per anni» disse Wyler. «Rotor ha fornito una mole enorme di dati, secondo l’Accordo sulla Scienza Aperta. In particolare, abbiamo le loro fotografie stellari su qualsiasi lunghezza d’onda. Gli obiettivi della Sonda Remota sono riusciti a esplorare quasi ogni parte del cielo, e noi abbiamo studiato attentamente il materiale e non abbiamo trovato nulla di interessante.»
«Nulla?»
«Finora, nulla… ma, come hai detto tu, possiamo continuare a studiare quel materiale per anni. Naturalmente, abbiamo già moltissimi dati di cui gli astronomi sono entusiasti. Sono indaffarati e felici, gli astronomi… però non c’è nulla per noi, nemmeno una piccolissima traccia che ci aiuti a stabilire la destinazione di Rotor. Zero, finora. Per esempio, pare sia da escludere completamente l’esistenza di pianeti attorno alle due stelle del sistema di Alfa Centauri. E nel nostro settore non c’è nessuna stella sconosciuta di tipo G, come il Sole. Personalmente, non credo che scopriremo granché. La Sonda Remota avrà visto né più né meno quello che si vede dal Sistema Solare, no? Si è spinta solo a un paio di mesi luce, quindi non dovrebbe esserci nessuna differenza. Eppure alcuni di noi pensano che Rotor debba aver visto qualcosa, e presto, anche. Il che ci riporta a te.»
«Perché a me?»
«Perché la tua ex moglie era a capo del progetto Sonda Remota.»
«Non proprio. È diventata Primo Astronomo dopo la raccolta dei dati.»
«D’accordo, è diventata capo in seguito, e sicuramente ha svolto un ruolo importante in precedenza. Non ti ha mai parlato di quello che avevano scoperto grazie alla Sonda Remota?»
«Mai. Aspetta… hai detto che gli obiettivi della Sonda Remota sono riusciti a esplorare quasi ogni parte del cielo?»
«Sì.»
«Che significa "quasi ogni parte"? Che percentuale?»
«Non mi dicono tutto, non siamo così in confidenza… quindi non posso darti delle cifre precise. Almeno il novanta per cento, credo.»
«O più?»
«Forse.»
«Mi chiedo…»
«Cosa?»
«Su Rotor, c’era un tipo di nome Pitt che comandava.»
«Lo sappiamo.»
«Ma io credo di sapere in che modo deve avere agito. Avrà divulgato i dati della Sonda Remota un po’ alla volta, rispettando l’Accordo sulla Scienza Aperta, ma appena appena. E al momento della partenza di Rotor sarà rimasta esclusa volutamente una parte dei dati, il dieci per cento o meno… la parte importante.»
«Cioè, i dati che ci rivelerebbero la destinazione di Rotor…»
«Può darsi.»
«Solo che non li abbiamo.»
«Certo che li avete.»
«Come arrivi a una conclusione del genere?»
«Poco fa hai detto che non ti aspetti di vedere niente di nuovo nelle foto della Sonda Remota, niente che non sia già stato osservato dal Sistema Solare. Allora perché state perdendo tempo con i dati forniti da Rotor? Individuate con precisione la parte di cielo che non vi hanno dato e studiatela sulle vostre carte astronomiche. Chiedetevi: "C’è qualcosa che potrebbe apparire in modo diverso su una mappa tracciata dalla Sonda Remota? Perché?" Ecco cosa farei io.» Crile Fisher alzò improvvisamente la voce, mettendosi a urlare. «Torna là! Digli di guardare la parte di cielo che non hanno!»
«Tutto al contrario…» fece Wyler pensieroso.
«No. È perfettamente chiaro e logico. Trova qualcuno che usi il cervello anche per pensare in Ufficio, e forse otterrete qualche risultato.»
«Vedremo» disse Wyler. Tese la mano a Fisher. Fisher lo guardò torvo e non la strinse.
Passarono dei mesi prima che Wyler si rifacesse vivo, e Fisher non lo accolse con gioia. Era una giornata tranquilla, dove il lavoro scarseggiava, e aveva perfino letto un libro.
A differenza di certa gente, Fisher non pensava che i libri fossero un abominio del ventesimo secolo, che solo il visore fosse indice di civiltà. Per lui, c’era qualcosa di speciale nel tenere in mano un libro, nel voltare le pagine ad una ad una, nella possibilità di soffermarsi a meditare su quel che si era letto, o addirittura di appisolarsi senza trovare al risveglio un film cento pagine più avanti o uno schermo vuoto. Tra i due metodi di lettura, il libro era quello più civile, secondo Fisher.
Per cui fu una seccatura notevole essere costretto a uscire da quel piacevole letargo.
«Be’, adesso che c’è, Garand?» chiese brusco.
Wyler continuò a sorridere garbatamente. «L’abbiamo trovata, proprio come avevi detto tu» disse a denti stretti.
«Trovato, cosa?» chiese Fisher, non ricordando. Poi, intuendo di cosa dovesse trattarsi, si affrettò ad aggiungere: «No, non dirmi nulla, se è qualcosa di riservato. Non voglio più avere a che fare con l’Ufficio».
«Troppo tardi, Crile. Sei desiderato. Tanayama in persona vuole vederti.»
«Quando?»
«Devo portarti da lui al più presto.»
«In tal caso, spiegami cosa sta succedendo. Non voglio incontrarlo impreparato.»
«Intendo appunto spiegarti. Abbiamo studiato ogni settore celeste che non compariva nei dati della Sonda Remota. A quanto pare, gli esperti hanno seguito il tuo consiglio, si sono chiesti cosa avrebbero potuto rilevare di diverso gli obiettivi della Sonda Remota. Risposta ovvia, uno spostamento delle stelle più vicine… e, partendo da questo presupposto, gli astronomi hanno scoperto una cosa sorprendente, imprevedibile.»
«Be’?»
«Hanno scoperto una stella molto fioca con una parallasse superiore a un secondo di arco.»
«Io non sono un astronomo. È un fatto insolito?»
«Significa che la distanza della stella è appena la metà della distanza di Alfa Centauri.»
«Hai detto "molto fioca".»
«È dietro una piccola nube di polvere, pare. Ascolta, tu non sei un astronomo, però tua moglie su Rotor era un’astronoma. Forse l’ha scoperta lei. Non ti ha mai detto nulla a proposito di questa stella?»
Fisher scosse la testa. «Nemmeno una parola. Certo che…»
«Sì?»
«Negli ultimi mesi era eccitata… come se non stesse più nella pelle.»
«Non hai chiesto perché?»
«Ho pensato che dipendesse dalla partenza imminente di Rotor. Era smaniosa di partire, e questo mi faceva impazzire.»
«Per via di tua figlia?»
Fisher annuì.
«Può darsi che l’eccitazione dipendesse anche dalla nuova stella. Tutto quadra. Ovviamente, Rotor si sarà diretto verso questa nuova stella… verso una stella scoperta da tua moglie, forse… verso la sua stella, quindi. Questo spiegherebbe in parte la sua smania di partire. È un ragionamento che fila, no?»
«Forse. Non posso dire il contrario.»
«Bene, allora. Tanayama vuole vederti per questo motivo. Ed è arrabbiato. Non con te, pare… però è arrabbiato.»
Più tardi, quello stesso giorno, dato che si trattava di una questione urgente, Crile Fisher si ritrovò nella sede del Dipartimento Informazioni Terrestre, noto ai suoi dipendenti semplicemente come l’Ufficio.
Kattimoro Tanayama, che dirigeva l’Ufficio da oltre trent’anni, era ormai piuttosto anziano. Le sue olografie ufficiali (non ne circolavano molte) erano state registrate anni addietro, quando Tanayama aveva ancora i capelli lisci e neri, il corpo dritto, l’espressione energica.
Ora aveva i capelli grigi, e il suo corpo (che non era mai stato alto) era
leggermente curvo e aveva un aspetto fragile. Forse si stava avvicinando il momento di pensare seriamente alla pensione, ma i tipi come lui di solito erano decisi a morire sulla breccia, rifletté Fisher. I suoi occhi, tra le palpebre socchiuse, erano acuti e penetranti come sempre.
Fisher stentava un po’ a capirlo. L’inglese, nei limiti del possibile, era una lingua universale sulla Terra, ma esistevano diversi tipi di inglese, e quello di Tanayama non era l’inglese nordamericano a cui Fisher era abituato.
«Be’, Fisher, hai deluso le nostre aspettative su Rotor» disse gelido Tanayama.
Inutile controbattere, soprattutto trattandosi di Tanayama, rifletté Fisher.
«Sì, Direttore» disse con voce inespressiva.
«Tuttavia, può darsi che tu abbia ugualmente delle informazioni per noi.»
Fisher sospirò tra sé. «Sono stato interrogato ripetutamente.»
«Sì, mi è stato riferito. Comunque, non ti hanno chiesto tutto, e io ho una domanda alla quale voglio che tu risponda.»
«Sì, Direttore?»
«Durante la tua permanenza su Rotor, hai avuto l’impressione che le autorità rotoriane odiassero la Terra?»
Fisher inarcò le sopracciglia. «Odiare? Ho notato che gli abitanti di Rotor, come tutti i Coloni credo, guardavano la Terra con un’aria di superiorità, la disprezzavano, ritenendola decadente, brutale, violenta. Questo sì, era chiaro. Ma odiare? Francamente, penso che non ci considerassero abbastanza per odiarci.»
«Parlo delle autorità, dei capi, non della massa.»
«Anch’io, Direttore. No, niente odio.»
«Eppure non si può spiegare in nessun altro modo.»
«Spiegare, cosa, Direttore? Se è una domanda lecita?»
Tanayama alzò lo sguardo di scatto e lo fissò (di fronte a una personalità così forte era raro accorgersi della sua statura esigua). «Sai che questa nuova stella sta avanzando nella nostra direzione? Proprio nella nostra direzione?»
Sorpreso, Fisher si girò un attimo verso Wyler, ma questi sedeva in disparte, immerso nella penombra, lontano dal sole che filtrava dalla finestra, e apparentemente non stava guardando nulla.
Tanayama, in piedi, disse: «Be’, siediti, Fisher, se questo può aiutarti a pensare. Mi siederò anch’io». E si accomodò sul bordo della scrivania, lasciando penzolare le gambe corte.
«Eri al corrente del movimento della stella?»
«No, Direttore. Non sapevo nemmeno che esistesse, quella stella, finché l’agente Wyler non mi ha informato.»
«Davvero? Sicuramente, su Rotor sapevano.»
«Se ne erano al corrente, nessuno mi ha detto nulla.»
«Tua moglie era eccitata, felice, nell’ultimo periodo, prima che Rotor partisse. È quanto hai detto all’agente Wyler. Per quale motivo era eccitata?»
«Forse perché aveva scoperto la stella, secondo l’agente Wyler.»
«E forse sapeva del movimento della stella, e l’idea di quel che sarebbe successo a noi la riempiva di gioia.»
«Non vedo perché quest’idea avrebbe dovuto riempirla di gioia, Direttore. E poi, non è detto che fosse al corrente del movimento della stella, o addirittura della sua esistenza. Che io sappia, su Rotor nessuno lo sapeva.»
Tanayama lo guardò pensoso, strofinandosi leggermente un lato del mento, quasi avesse un lieve prurito.
«Gli abitanti di Rotor erano tutti euro, vero?» chiese.
Fisher spalancò gli occhi. Era da parecchio tempo che non sentiva quella volgarità… e non l’aveva mai sentita da un funzionario governativo. Ricordò il commento di Wyler poco dopo il suo rientro sulla Terra, quando Wyler riferendosi a Rotor aveva usato il termine «Biancaneve». Gli era parsa soltanto una battuta ironica bonaria, e non ci aveva più pensato.
Disse risentito: «Non so, Direttore. Non li ho studiati tutti. Non so quali possano essere le loro origini».
«Via, Fisher. Non è necessario studiarli. Giudica in base al loro aspetto. Durante la tua permanenza su Rotor, hai incontrato qualche faccia afro, o mongo, o indo? Una carnagione scura? Una piega epicantica?»
Fisher esplose. «Direttore, il suo è un atteggiamento da ventesimo secolo.» (Se avesse conosciuto un’espressione più forte per esporre il concetto, l’avrebbe usata.) «Io non do alcun peso a queste cose, e tutti sulla Terra dovrebbero fare altrettanto. Mi sorprende che lei non lo faccia, e, se si sapesse, non penso che gioverebbe alla sua posizione.»
«Lasciamo perdere le favole, agente Fisher» disse il Direttore, agitando un dito nodoso. «Io sto parlando della realtà. Lo so che sulla Terra ignoriamo le differenze tra noi, almeno esteriormente.»
«Solo esteriormente?»
«Solo esteriormente» ripeté Tanayama con voce asciutta. «Quando si trasferiscono sulle Colonie, i terrestri formano dei gruppi distinti basandosi proprio sulle loro diversità. Se ignorassero queste diversità, non lo farebbero, no? Su qualsiasi Colonia, sono tutti uguali… o se c’è qualche mescolanza, quelli in inferiorità numerica si sentono a disagio, o subiscono un trattamento discriminatorio, e si spostano su un’altra Colonia in maniera tale da non essere più numericamente inferiori. È così?»
Fisher comprese di non poter negare questa affermazione. Sì, in effetti la situazione era quella, e lui, in qualche modo, l’aveva accettata senza trovare nulla da eccepire. «È la natura umana» disse. «I simili si uniscono ai propri simili. Così si crea un… un ambiente omogeneo.»
«La natura umana, certo. I simili si uniscono ai propri simili, perché odiano e disprezzano i diversi.»
«Ci sono anche Colonie mo… mongo.» Fisher pronunciò l’ultima parola balbettando, e si rese conto che avrebbe potuto offendere mortalmente il Direttore… Offendere Tanayama era facile, e pericoloso.
Tanayama non batté ciglio. «Lo so benissimo. Ma sono gli euro quelli che hanno dominato più recentemente il pianeta, e non possono dimenticarlo, vero?»
«Forse nemmeno gli altri possono dimenticarlo, e hanno più motivi di odiare.»
«Ma è stato Rotor a partire, a fuggire dal Sistema Solare.»
«Perché, guarda caso, sono stati loro a scoprire l’iperassistenza.»
«E hanno raggiunto una stella vicina di cui solo loro conoscevano l’esistenza, una stella che sta dirigendosi verso il nostro Sistema Solare e che potrebbe passare abbastanza vicino da sconvolgerlo.»
«Non è detto che lo sappiano, anzi forse non sanno nemmeno che questa stella esiste.»
«Certo che lo sanno.» La voce di Tanayama era quasi un ringhio. «E sono partiti senza avvisarci.»
«Direttore, con rispetto parlando… questo è illogico. Se la stella, avvicinandosi, sconvolgerà il Sistema Solare, anche il sistema della stella sarà sconvolto… quindi, perché dovrebbero stabilirsi là?»
«Possono mettersi in salvo facilmente, anche se costruiranno altri insediamenti. Noi dovremo evacuare un mondo intero, con otto miliardi di individui… un’impresa molto più difficile.»
«Quanto tempo abbiamo?»
Tanayama si strinse nelle spalle. «Alcune migliaia di anni, dicono.»
«È parecchio tempo. Forse gli è sembrato superfluo avvertirci. Quando la stella si fosse avvicinata, l’avremmo scoperta comunque.»
«Perdendo tempo prezioso per l’evacuazione. Loro hanno scoperto la stella casualmente. Noi non l’avremmo scoperta per un pezzo se non fosse stato per quell’osservazione imprudente di tua moglie, e se tu non ci avessi suggerito di esaminare bene la parte di cielo che non compariva nei loro dati… un buon suggerimento. Rotor voleva che scoprissimo la stella il più tardi possibile.»
«Ma, Direttore, perché avrebbero dovuto fare una cosa simile? Per un odio assoluto e immotivato?»
«Non immotivato. Perché il Sistema Solare, con la sua percentuale massiccia di noneuro, potesse essere distrutto. Per permettere all’umanità di ricominciare da capo partendo da una base omogenea esclusivamente di euro. Eh? Che te ne pare?»
Fisher scosse la testa frastornato. «Impossibile. Inconcepibile.»
«Allora perché non ci hanno avvertiti?»
«Può darsi che loro stessi non fossero al corrente della traiettoria della stella, no?»
«Impossibile» fece Tanayama, con ironia. «Inconcepibile. Il loro gesto non ha che una spiegazione… vogliono vederci distrutti. Ma anche noi scopriremo il modo di viaggiare nell’iperspazio, raggiungeremo questa nuova stella e li troveremo. E regoleremo i conti.»