Il tempio, eretto sulla spaccatura dalla quale Cibele era uscita dalla madre Terra, era un piccolo, antico alveare di pietra diseguale. Il suolo era coperto di sterpi. Le offerte, fiori e frutti, giacevano su un piccolo altare, di fronte a un’apertura dalla quale uscivano zaffate di umidità e un odore di muffa.
Con un senso di profonda delusione, Teseo si accorse che la piccola camera buia era deserta. Aspettò, inginocchiandosi a terra, come per pregare davanti al grembo della terra. Alla fine, un fruscio lo fece voltare. E il suo cuore batté di gioia quando, nel buio, si rese conto che Arianna era giunta.
Per un istante, sull’ingresso, lei si stagliò contro la debole luce delle stelle che veniva dall’esterno. Era alta e orgogliosa, e la luce delle stelle traeva deboli bagliori dai suoi capelli.
«Mortale?» la sua voce dorata era molto bassa. «Sei qui?»
«Dea,» mormorò Teseo, «sono qui!»
Si alzò dall’altare, e la prese tra le braccia. La porta si era chiusa, e il buio regnava all’interno del tempio. All’inizio Arianna parve fredda e scostante, e parve addirittura stupita dal suo ardore, così Teseo si domandò per quale motivo lei gli avesse mandato quel messaggio.
Dopo un poco, però, qualcosa in lei parve accendersi, forse un fuoco suscitato dalle labbra avide dell’acheo, e la sua bocca e il suo corpo caldo e snello risposero intensamente alle sue carezze. Per molto tempo non sentirono bisogno di parlare, e poi Teseo mormorò:
«Ebbene, dea… esiste qualche mortale degno dei tuoi baci?»
Con voce debole e scossa, lei rispose, tra le sue braccia.
«Uno ce n’è!» Ci fu un’altra pausa di silenzio, e poi la dea aggiunse, «questo non è ciò che sono venuta a cercare. Perché è stata la pietà, non la passione, a portarmi qui stanotte. Sono venuta per avvertirti che i tuoi nemici progettano di distruggerti, grazie ai tuoi debiti, e alla tua abitudine al bere, e alle tue indiscrezioni. Non pensavo di trovare… te!»
Per qualche altro minuto, non ci fu bisogno di parole. Anche Teseo, per qualche tempo, dimenticò lo scopo che l’aveva portato a Creta. Ma poi un freddo, lento movimento della cintura serpentina di Arianna lo fece ritornare in sé, e le sue braccia si strinsero intorno al corpo morbido della dea.
«Potrebbe una dea prendersi gioco dell’amore di un mortale?»
Il corpo caldo parve tremare tra le sue braccia, e la voce dorata era rauca, quando rispose con passione:
«Mai del tuo.»
«Allora,» proseguì Teseo, «come potrebbe provare il suo amore?»
Arianna lo baciò, prima di dire:
«Aspettavo che tu parlassi di questo. Perché io so del tuo debito con Amur, e delle sue minacce. Sono venuta stanotte per consigliarti di lasciare Creta finché sei in tempo. Ma questo è stato prima…»
La sua voce si spezzò, e lei si strinse forte a lui.
«Nel tesoro di Cibele,» mormorò, «ci sono duemila talenti d’argento. Domani manderò ad Amur una carta di credito del tempio, per l’ammontare del tuo debito.»
«Grazie, dea,» mormorò Teseo, «ma non posso accettare questo.»
La sorpresa la fece irrigidire nelle sue braccia. Si misero a sedere, sui gradini dell’altare, e Teseo si scostò da lei. Le sue mani calde lo stringevano ancora:
«Allora, mortale,» mormorò lei, «che cosa desideri?»
«Se una dea vuole provare il suo amore a un mortale,» disse dolcemente Teseo, «deve offrirgli molto più dell’argento. E c’è un’altra cosa.» La sua voce si abbassò, diventò un mormorio quasi inaudibile. «Una cosa segreta, chiamata il muro della magia.»
Arianna emise un rumore soffocato, simile a un gemito di dolore. Le sue dita affondarono nel braccio di Teseo, con una forza improvvisa, spasmodica. Per molto, molto tempo rimase in silenzio, tremando. Poi mormorò, con voce debole e scossa:
«Devi proprio chiedere il segreto del muro, mortale? Perché esso è dieci volte più prezioso di tutti i tesori del tempio. È più prezioso della mia vita e della mia divinità. Devi prenderlo?»
L’emozione fece battere forte il cuore di Teseo. Non aveva certo immaginato che Arianna conoscesse il segreto del misterioso muro della magia: aveva sperato di apprendere da lei solo qualche indizio sulla sua natura. Cercando di calmarsi, di dominare l’impeto del suo cuore, disse:
«L’amore che pone qualcosa al di sopra di sé, non è amore.»
Le sue braccia calde e profumate lo strinsero. La fredda cintura serpentina gli toccò il fianco. I capelli di Arianna gli carezzarono il viso, con un profumo inebriante. Le labbra di lei cercarono quelle di Teseo.
«Baciami,» mormorò, «dimentica la tua insana follia!»
Ma Teseo scostò il suo viso, evitando le labbra calde di Arianna.
«Dunque non è amore,» mormorò, in tono amaro, «è soltanto un gioco.» Si liberò dal suo abbraccio, e si alzò. «Addio, dea.»
«Aspetta!» si alzò con lui, gli afferrò il braccio. «Tu dimentichi i tuoi nemici. Sono venuta ad avvertirti… lasciami, ora, e morirai prima dell’alba!»
Teseo la scostò, rudemente.
«Tu non comprendi l’amore dei mortali, dea, se pensi che le minacce possono comprarlo.» Poi le strinse il corpo caldo e morbido, l’attirò a sé. «Un bacio d’addio, perché l’amore dei mortali è reale. Poi me ne andrò… anche, se così deve essere, nella tana dell’Oscuro!»
La tenne stretta, così vicino che poté sentire il battito del suo cuore. Le baciò la gola morbida, le labbra profumate, i capelli. Poi, con fermezza, l’allontanò da lui, e si diresse verso la porta del piccolo tempio.
«Aspetta, mortale!» singhiozzò lei. «Ecco… non per provarti il mio amore, ma per salvarti la vita… ecco il segreto del muro!»
Teseo tornò indietro, lentamente. Lei si stava frugando nella veste. Estrasse un piccolo oggetto, e lo mise, con aria solenne, nelle sue mani.
Lo toccò, ansiosamente. C’era una sottile catena liscia, che lei aveva portato al collo. Appeso alla catena, come un talismano, c’era un sottile cilindro. Era ancora caldo per il contatto con il corpo di Arianna, e la sua superficie era diseguale, forse per la presenza di qualche disegno inciso.
«Questo,» mormorò, incredulo, «questo è il muro?»
«Lo è,» gli disse la dea, «è una cosa piccola, e semplice… eppure contiene una potenza più grande di quella dell’Oscuro. Abbine cura!»
«Qual è il suo potere?» domandò Teseo, ansiosamente.
Arianna esitò per un istante, poi il suo corpo si tese, e la sua voce sommessa gli disse: «Questo è il suo segreto. L’uomo che lo conserva con cura sarà il padrone di Cnosso, e nessuna magia potrà prevalere contro di lui.»
Teseo le strinse le braccia.
«Allora tu mi hai consegnato Cnosso?» domandò. «O si tratta di un altro trucco magico?»
«Io ti ho dato il muro… dubiti ancora di me, adesso?»
Teseo le strinse le spalle, e sentì che tremavano.
«Se questa cosa è il muro,» domandò, «perché lo porti tu, e non Minosse?»
«C’era un motivo per cui mio padre non poteva tenerlo con sé,» mormorò lei, «Vedi, lui si fidava di me… per tutti gli anni della mia vita, non ho mai incontrato un mortale uguale a te.» Abbassò la voce. «Adesso baciami!»
Teseo si mise al collo la catenella sottile, e baciò di nuovo le labbra di Arianna. Fu un lungo bacio. Quando alla fine, con il respiro un po’ affannoso, si separarono, Arianna mormorò:
«Ora che ti ho provato il mio amore, con il più grande dono che potevo farti, dobbiamo lasciare Cnosso stanotte… prima che le arti di mio padre gli facciano scoprire il mio tradimento. Fa’ preparare la più veloce delle tue navi. I miei schiavi la caricheranno d’argento. E partiremo per l’Egitto, insieme, prima dell’alba.»
Teseo toccò il piccolo cilindro duro, appeso alla catenella. «Ma perché dobbiamo fuggire,» mormorò, «quando ormai la terza muraglia è mia? Non mi hai detto che essa può darmi Cnosso, e proteggermi da tutte le arti oscure della stregoneria? Perché allora noi non possiamo salire sul trono?»
Arianna scosse il capo.
«C’è spesso un’ironia, negli incantesimi della magia,» mormorò lei. «La magia… che è antica più di noi, ed è un dono che abbiamo conservato dall’antica scienza… ma tu non puoi capire. Se la magia ti desse Cnosso, sarebbe per uno spazio breve quanto il regno del Normanno che ha vinto i giochi.»
Rabbrividì, tra le sue braccia.
«E poi, se il muro può proteggerti dalla magia, non può difenderti da una freccia e da una lama, e dalla corda di uno strangolatore. I maghi possono impadronirsene di nuovo con la forza e l’astuzia, e allora tu saresti di nuovo alla loro mercé.»
Teseo sollevò il capo.
«Se il muro possiede qualche potere,» disse, «lo userò.»
Arianna si strinse a lui.
«Ho cercato di metterti in guardia,» mormorò. «I tuoi nemici sapevano che tu saresti venuto qui, stanotte. Hanno preparato una trappola. Non potresti neppure uscire vivo da questo tempio… senza il mio aiuto. Eppure tu parli di spodestare Minosse dal suo trono!»
Teseo mormorò:
«E lo farò!»
Lei rise, una risata nervosa, quasi isterica, e lo circondò con le sue braccia.
«So perché tu sei venuto a Creta,» disse, piano. «Ma non puoi capire l’insana follia del tuo scopo? Nessun mortale può sperare di rovesciare l’impero del mio divino padre; nemmeno tu, capitan Fuoco!»
Teseo rimase immobile per un istante, attonito, raggelato.
«Allora tu sai?»
«Credevi forse, capitano, che avessi dimenticato così presto il tuo primo bacio?»
«Eppure, sapendolo, tu mi hai donato il muro?»
«È proprio questo il motivo!» La sua voce fu piena di disprezzo. «L’avrei forse dato a un debole ubriacone come Phaistro?»
Teseo era muto per lo stupore.
«E salperesti per l’Egitto con me… con un pirata?»
«Sì, andrei ovunque… con capitan Fuoco!» Le sue mani tremanti lo strinsero. «Lo farai? Partiremo insieme?»
Teseo guardò nel buio. La sua mente vide tutto lo splendore di quel corpo stupendo, la fiamma dei suoi capelli, la luce dei suoi occhi verdi. Alla fine disse, con un sospiro:
«Vorrei che quello che devo fare a Creta fosse meno urgente. Ma non posso abbandonare la mia impresa… neppure per una dea. Quando Minosse sarà sceso dal suo trono, e il potere della magia sarà infranto, e il dominio dell’Oscuro sarà finito… allora, forse, verrò a cercarti.»
La sua voce era soffocata, quasi inaudibile:
«Allora tu distruggeresti mio padre… e tutto il mio mondo?»
«Devo farlo. Potrai mai perdonarmi?»
«Io… non lo so.» Stava singhiozzando; Teseo la strinse tre le braccia. «Io ti amo, capitan Fuoco.»
Allora Teseo, attraverso una fessura della porta, vide il cielo, e disse:
«La stella del mattino si sta levando. Devo andare… e cercherò di farlo, se riuscirò a superare quei nemici. E… se il terzo muro è quello che tu mi hai detto… entro stanotte io salirò sul trono di tuo padre!»
Lei si alzò insieme a lui dai gradini.
«Verrò con te,» disse, «dovunque tu vada. Perché ho tradito la fiducia che mi è stata data, e non posso affrontare la collera di mio padre.»
«No.» Teseo l’allontanò dolcemente. «Il pericolo è troppo grande, e lo rimarrà, finché io non avrò vinto la mia battaglia.» La baciò. «C’è una strada migliore. Se Minosse scopre che tu hai perduto il segreto che ti è stato affidato, tu dirai che ti è stato preso con l’inganno e con la forza, senza tua colpa!» La strinse in un ultimo abbraccio. «Adesso va’… ti darò il tempo di lasciare questo posto, e poi mi muoverò. Addio!»
Aspettando, dopo che Arianna fu svanita dietro la porta, Teseo si tolse la catenella, e strinse in mano il piccolo cilindro della terza muraglia. Se i nemici lo stavano veramente aspettando fuori, per il momento sarebbe stato molto più sicuro lasciare l’oggetto ovunque, meno che sulla sua persona. Un’altra preoccupazione lo prese: se Minosse trovava poco saggio portare il muro sul suo corpo, sarebbe stato forse altrettanto poco saggio anche per lui. Dopo un istante superò l’altare, si inginocchiò, e scese nella fredda e umida fessura nella roccia. Se Cibele era nata davvero in quel luogo, pensò, doveva essere nata prematuramente, perché dopo pochi istanti le sue dita trovarono il fondo del crepaccio.
Trovò un piccolo anfratto, invisibile dall’alto, e vi infilò con ogni cura la catena e il cilindro. Il talismano non sarebbe stato scoperto per caso, sicuramente, a meno che qualche fedele avesse profanato il luogo più sacro di Creta.
E la conoscenza del suo nascondiglio, pensò, poteva essere un vantaggio più sicuro del possesso diretto dell’oggetto. Arianna lo aveva baciato, quella notte… ma per quasi mille anni era stata una dea e la figlia di Minosse.
Si ritrasse dall’umida fessura, e uscì in fretta dal tempio, sotto la luce delle stelle e tra le ombre degli ulivi, dirigendosi verso l’albero vicino al quale aveva lasciato Snish ad attenderlo.
«Eccomi, mago!» chiamò, sottovoce. «Ridammi l’aspetto dell’ammiraglio!»
Ma gli rispose solo il silenzio. Un richiamo fatto a voce più alta non gli diede un risultato migliore. Teseo cercò sotto l’albero, scostò i rami, si avvicinò all’albero più vicino. Ma Snish era scomparso. Il terrore strinse la gola di Teseo. Senza l’aiuto del piccolo mago, tutto ciò che aveva ottenuto veniva a cadere. Era di nuovo in trappola, senza il suo travestimento.
«Eccolo!» disse una voce secca, nella notte. «Arrestatelo!»
Teseo rimase immobile, tremando. Perché quella era la voce rabbiosa dell’ammiraglio. Phaistro era fuggito dalle segrete, ed era fuggito anche alle sembianze del pirata condannato… e, naturalmente, aveva scoperto ben presto in quale direzione avrebbe dovuto colpire.
Arianna, pensò Teseo, e il cuore gli balzò di nuovo in petto, aveva saputo della sua fuga, e del pericolo che minacciava capitan Fuoco.
Allora…
Perché il suo avvertimento non era stato più chiaro, più definito?
Le ombre della notte lo circondavano, e le ombre del tempio, con il ricordo dei baci della dea, parevano ormai lontane, perdute nel passato… perché Arianna non l’aveva messo in guardia dal pericolo che lo aspettava?
Delle forme indistinte scivolarono, tra le ombre degli ulivi.
«Il pirata!» gridò Phaistro. «Prendetelo vivo, in nome dell’Oscuro!»