CAPITOLO XXIII

Il gigante di bronzo si stava piegando. La torcia trasse riverberi di bronzo dalla sua pelle, e i suoi occhi gialli erano enormi lampade fiammeggianti. Gli splendidi muscoli vibravano nel suo corpo colossale, e i tendini vibravano come le corde di una lira. Il pugno di Talos, chiuso in un’enorme mazza di bronzo, stava scendendo, in un colpo rapido e mortale.

Teseo si gettò di lato. Agitò la Stella Cadente, mettendo tutte le sue forze in un rapido colpo istintivo. Il pugno poderoso gli sfiorò la spalla. E l’acciaio incise il braccio possente del mostro di metallo.

Teseo indietreggiò.

«Tu…» mormorò. «Talos!»

La sua pronta difesa era stata completamente automatica. Ora, con un momento di ritardo, il terrore cadde su di lui come un muro poderoso. Un sudore freddo gli copri il corpo, e la sua mano allentò la stretta sull’elsa della Stella Cadente.

Talos si abbassò, lanciando un terribile grido di dolore e di rabbia. Era come il grido di qualche mostruosa belva. Lente gocce di fiamma liquida scendevano dal suo polso ferito. Caddero sul pavimento, formando piccole pozze lucenti.

«Bene, capitan Fuoco!» L’improvvisa risata di Talos fu un tuono assordante, nella grande sala, e i suoi occhi gialli splendevano più ardenti della torcia. «Se potessi vedere l’espressione che c’è sul tuo viso!»

Stringendo i pugni, avanzò verso Teseo.

«Talos, come ora vedi, non era proprio uno stupido!» ruggì quella terribile voce. «Perché era anche il piccolo ciabattino babilonese, che ti aiutava sempre, capitano… per raggiungere questo momento, il momento destinato per la tua morte!»

Il cervello ottenebrato di Teseo stava pensando, e ricordava. Si rese conto che il piccolo mago spaventato era sempre riuscito ad allontanarsi, in un modo o nell’altro, prima di ogni apparizione di Talos: e quando lui aveva pensato il contrario, era sempre stata un’impressione… suggerita da Snish, fin da quando erano giunti alla costa di Creta!

Il gigante rise di nuovo.

«Snish è venuto ad aiutarti,» tuonò la voce di Talos, «Perché era scritto nelle tavole del tempo che un greco dai capelli rossi avrebbe vinto nei giochi, e sconfitto l’Oscuro, e ucciso Minosse… ed era anche scritto che, poi, la magia di Cnosso avrebbe avuto di nuovo la meglio!»

Talos si preparò ad attaccare.

«La tavola del tempo, l’ultimo meraviglioso dono dell’antica dimora degli dei…» Rise forte. «Con l’aiuto di Snish, tutti gli eventi predestinati hanno avuto luogo così come doveva essere, ma con il minimo danno. Una volta concluso il ciclo inevitabile di questi eventi, avevamo sperato che tu partissi da Creta, con la figlia di Minosse… che si è offerta di venire con te, per amore di suo padre. Ma tu hai rifiutato di partire, e adesso è venuto per te il momento di morire.»

Sollevò il possente pugno di bronzo, e uno spruzzo di fiamma scese dal suo braccio ferito, e bruciò il fianco di Teseo. L’acheo indietreggiò, e il gigante di bronzo rise, cavernosamente :

«Adesso, pensi ancora che fosse Talos il più stupido?» La grande voce echeggiava e rimbalzava tra le poderose colonne. «O lo sei stato tu? Snish ti ha guidato oltre il muro di legno, e oltre il muro di bronzo. Ma vedi, mortale, c’è ancora il muro della magia. Finché esso rimane in piedi, Cnosso non può cadere. Pensa a questo… e muori!» Ruggendo come un toro di bronzo, Talos si fece avanti.

Teseo tremava ancora per la sorpresa e la paura. Il tradimento di Snish non lo aveva colto completamente alla sprovvista, perché lui già da molto tempo aveva deciso di non fidarsi di nessun mago. Eppure gli sembrava di essersi lasciato guidare, come uno stupido, un vero stupido, attraverso una lunga serie di falsi trionfi, fino alla soglia della sconfitta finale.

Non aveva ottenuto nessun vero risultato concreto. Tutta la sua apparente vittoria non era stato altro che lo spostamento di un uomo di paglia, un giocattolo che faceva parte di un gioco degli dei di Cnosso. Era sicuro, adesso, che la vecchia uccisa dal pirata guercio non era stata, in realtà, una manifestazione di Minosse. Talos, pensò, certamente ora l’avrebbe ucciso. E il regno della magia sarebbe continuato ad esistere, come se nulla fosse accaduto.

Teseo scattò lateralmente, per evitare il pugno poderoso di Talos, e nello stesso tempo abbassò lo sguardo, per fissare il piccolo cilindro di bronzo che portava appeso al collo. Se Arianna gli aveva promesso che la magia non avrebbe potuto prevalere sul possessore del talismano, lo aveva pure avvertito di non confidare troppo sulla sua efficacia.

Talos vide il suo sguardo, e gli lanciò una domanda ironica:

«Mortale, era davvero Talos lo stupido?»

No, pensò Teseo, lo stupido era stato lui, perché Arianna era una dea di Creta. I suoi baci dovevano essere stati soltanto un’altra mossa del gioco. Così anche il suo dono del cilindro nero… e gli aveva mentito, dicendo che si trattava del muro della magia. Anche il dono della Stella Cadente, quando lui era stato gettato nel Labirinto, era stato soltanto un altro passo verso quel momento finale, quando gli dei di Creta si prendevano la loro rivincita.

Arianna, era dimostrato, ormai, era stata falsa con lui. Maestra della magia, anch’essa, aveva certo saputo che Snish era anche Talos… eppure gli aveva permesso di seguire fin laggiù il piccolo mago, senza metterlo in guardia. Comunque, si disse Teseo, donna o strega, i suoi baci erano stati dolci!

Talos attaccò di nuovo, e Teseo vibrò un fendente, con la Stella Cadente. La lama d’acciaio colpì uno dei pugni poderosi del gigante. Gocce di fuoco liquido schizzarono dalla ferita. L’urlo furioso di Talos scosse le colonne, e le vibrazioni fecero crollare una nube bianca, che era parte dell’intonaco, dalla volta. Il gigante indietreggiò, furioso.

Il gigante attaccò di nuovo. Il grande pugno lo sfiorò soltanto, eppure bastò questo a far barcollare Teseo. La Stella Cadente lampeggiò. Il sudore copriva la fronte dell’acheo.

La battaglia, e lo capiva bene, poteva avere una sola conclusione.

I suoi colpi erano soltanto dolorosi, forse perché il gigante, in mille anni, non aveva assaggiato una lama di acciaio, e il dolore era per lui una cosa nuova. Quei colpi servivano soltanto a incutere un po’ di timore al gigante, e a far guadagnare a Teseo qualche altro attimo di respiro. Ma non poteva sperare di infliggergli qualche ferita mortale. Ed era già stanco, barcollava. E l’ira crescente stava mano a mano sopraffacendo la cautela dell’uomo di bronzo.

Si guardò intorno, brevemente, nella disperata speranza di trovare aiuto, o una via di scampo. Ma era poco probabile che i suoi uomini riuscissero a trovarlo, in quel luogo sinistro… ed era ancor meno probabile che, in ogni caso, potessero aiutarlo. E Talos, con gli enormi occhi gialli che mandavano lampi d’astuzia, si manteneva tra lui e l’entrata.

Teseo cercò di evitare un altro colpo. Ma ormai provato dalla fatica, si mosse troppo lentamente. Il pugno gli sfiorò la tempia… e lo mandò lontano, stordito, a sbattere contro la base di una grande colonna quadrata.

Il dolore gli oscurava la vista. Non riusciva neppure a respirare. Sforzandosi di alzarsi, scoprì che la Stella Cadente era perduta. Cercò di vedere… e vide il grande piede di bronzo abbattersi sulla spada d’acciaio.

Delle roventi mani di bronzo si allungarono verso il corpo di Teseo. Guardò gli occhi fiammeggianti del mostro, e vide un abisso inatteso e spaventoso d’ira e di odio, e capì che quelle mani lo avrebbero stritolato inesorabilmente. Ma non riuscì ugualmente ad alzarsi.

«Capitan Fuoco!»

Le sue orecchie rintronavano, ma udirono ugualmente quella musicale voce dorata, e i suoi occhi videro Arianna. Era in piedi, sull’entrata dell’oscuro salone, dietro il gigante. La torcia che stringeva in mano si rifletteva nei suoi capelli rossi, e nei suoi occhi verdi, e nel bianco del suo petto ansimante.

«Capitano… ti ho mentito!» Una sofferenza infinita soffocò le sue parole. «Spezza il muro della magia!»

L’urlo rauco di Talos fu assordante. Un’ira terribile contorse il viso di metallo, e l’odio brillò negli occhi gialli e ardenti. Il gigante si buttò in ginocchio, calando come magli i suoi pugni poderosi.

Teseo capì che doveva obbedire ad Arianna… se ne aveva il tempo! Strinse il cilindro nero, strappò dal collo la catena d’argento. Freneticamente, i suoi occhi cercarono qualcosa da usare come martello, per romperlo. Ma Talos era chino sulla spada, e non c’era niente, a portata di mano.

«Rompilo!» Arianna stava singhiozzando. «Non temere per me. Ho salvato i segreti della mia scienza… posso sopravvivere! Ma rompilo… adesso

Disperatamente, Teseo strinse il talismano tra le dita. La dura pietra nera, improvvisamente, si spezzò, come se si fosse trasformata in argilla friabile. Si sbriciolò, fu polvere.

Talos si irrigidì, tenendo sospesi in aria gli enormi pugni.

Teseo udì un tremendo ruggito… come il tuono prodotto dalla gola di qualche toro mostruoso, perduto in qualche remota caverna. Il suolo tremò.

«Figlia mia…» La grande voce di Talos tremò, come le vibrazioni di un grande gong. «Perché…»

Il gigante di bronzo cadde all’indietro. Barcollando, colpì una grande colonna quadrata. La colonna sussultò. Delle enormi pietre nere caddero dall’alto. Il capitello quadrato, che doveva pesare molte tonnellate, colpì Talos sulle spalle.

Teseo impugnò la torcia e la Stella Cadente. Si rialzò, barcollando. Il pavimento tremava ancora, come il ponte di una nave nella bufera. La polvere lo soffocò. Le pareti crollavano ovunque, e quel toro continuava a muggire, nelle viscere della terra.

Stringendo la spada, si avvicinò all’uomo di bronzo. Ma Talos, inchiodato dalla colonna crollata, era già morto… e stava cambiando!

La testa, che sporgeva da quella mostruosa pietra nera, era di nuovo umana. Ma non era la testa di Snish. Il viso era tondo, roseo e molle, e i capelli erano lisci, morbidi e bianchi. I piccoli occhi azzurri, anche nella morte, parvero riflettere la luce delle torce, in un’allucinante parodia di uno scintillio di allegria.

«Minosse!»

Teseo indietreggiò, e la torcia gli tremava in mano.

«Allora chi… chi era l’altra? Quella vecchia, vecchia donna?»

Arianna avanzò lentamente, tra le macerie, e si fermò accanto a lui. Benché i suoi freddi occhi verdi fossero asciutti, era scossa da singhiozzi insopprimibili. Tremando, si strinse a lui. E mentre il muggito della terra si allontanava, lui poté udire la voce scossa della dea.

«Era mia madre. Questo… questo era mio padre.»

Teseo le baciò la fronte sporca di polvere, e la costrinse a voltarsi, e la guidò attraverso le macerie che coprivano il suolo, verso il corridoio, verso l’esterno. Fuori, una colonna gialla ruggiva, nella notte, sopra lo sconvolto palazzo di Cnosso, perché la lunga ala occidentale stava già bruciando.

Tremando, Arianna si strinse a Teseo.

«Che cosa accade?» mormorò lui. «Cos’ha provocato tutto questo?»

«Il muro della magia era un grande incantesimo.» Singhiozzò, ma poi la sua voce si calmò, divenne un sospiro irreale. «Era l’ultimo dono del cielo, che abbiamo conservato quando siamo giunti qui, dal nostro lungo viaggio. Ha protetto Cnosso e mio padre da ogni male, per molte centinaia di anni. È stata una diga contro la corrente del tempo. Ha fermato gli utili cambiamenti che il mondo deve avere. Delle grandi tensioni si sono accumulate contro di essa, negli eventi storici e nella stessa roccia di quest’isola. Le leggi delle probabilità, tenute imprigionate così a lungo, aspettavano una vendetta. Quando tu hai rotto la diga, hai scatenato la forza accumulata in decine di secoli… contro il trono di mio padre!»

La fissò, perplesso.

«Anche contro di te?»

«Che cosa ne pensi?» Lo strinse, con le sue calde braccia. Sollevò il volto, ricacciando indietro le lacrime. Nelle luci cangianti di Cnosso in fiamme, lei era rimasta candida, giovane e bella.

Lui scosse il capo, incerto.

«Non ti piace la mia nuova scienza?» Sullo sfondo del ruggito della terra e della tempesta di fuoco, la sua bassa risata era melodiosa, e vagamente ironica. «Vedi, io ho imparato ad applicare le leggi della natura in una maniera leggermente diversa. Mio padre e Dedalo avevano applicato l’antica scienza del… del mondo degli dei, ma ogni mondo ha le sue leggi. La mia vera scienza può vincere, là dove tutta l’antica magia ha perduto.»

Esitante, lui fu sul punto di allontanarsi da lei.

«Ma ho fatto tutto questo per te, capitan Fuoco.» La sua voce dorata si abbassò, rauca e invitante. «Ho appreso la nuova scienza dal vecchio Dedalo, che era un maestro in entrambe, ma ho rotto il muro della magia per te. Lo farei di nuovo. Perché tu mi hai insegnato che la verità umana è più grande e più bella… e più potente… di tutti i tracchi e le illusioni della magia di un altro mondo. Tu non puoi capire, interamente, quello che ho fatto… ho abbandonato la mia gente, ho scelto un’altra terra. Ma io rinuncio a tutti i poteri della magia… o a quasi tutti… per te.»

La sua cintura serpentina era sotto la mano di Teseo. Senti che, bruscamente, essa si irrigidiva. Abbassando lo sguardo, vide che il malefico bagliore era scomparso dagli occhi di rubino. Strinse il freddo metallo, aprì la fibbia, e la staccò dalla vita di lei. Posando a terra la Stella Cadente, l’attirò con forza a sé.

Lei lo stordì con la magia dei suoi baci.


FINE
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