10

La mattina dopo la sparizione di Bill, Joe Keogh venne svegliato da un leggero battito alla porta della sua camera d’albergo. Imprecando, Joe guardò l’orologio e vide che erano le otto. Con fatica si alzò dal letto solo per scoprire che riusciva a camminare a malapena. La caviglia slogata si era gonfiata e irrigidita nel corso della notte, nonostante vi avesse applicato impacchi di ghiaccio in abbondanza prima di andare a dormire. Era molto peggiorata da quando si era tolto le scarpe, quattro ore prima, gettandosi esausto sul letto.

Il battito si ripeté e Joe, soffocando l’irritazione, arrancò verso la porta. Nel corso della nottata a casa Tyrrel aveva trascorso il penultimo turno di guardia aspettando la chiamata di Bill. Poi aveva ceduto alle richieste degli altri e si era fatto accompagnare in albergo da John.

Appoggiandosi alla maniglia, chiese: — Chi è?

— Maria. — La risposta fu a malapena percettibile, ma Joe riconobbe la voce. Con un sospiro la lasciò entrare.

La giovane donna, rimasta sveglia praticamente tutta la notte, sembrava decisamente stanca. Ma quando Joe glielo fece notare replicò che in un paio d’ore sarebbe stata pronta a tornare in azione. Non aveva molto da dire, aggiunse, poiché dopo la scomparsa di Bill la notte era trascorsa tranquilla. In ogni caso, mentre parlava si tolse i moon-boot e srotolò il suo sacco a pelo sul divano.

— La signora Tyrrel non le ha offerto di restare là a dormire?

— Nossignore. Anzi, mezz’ora fa ha cominciato a farmi capire che dovevo andare a dormire nella mia camera d’albergo, se ne avevo una. Naturalmente io ho risposto che non c’erano problemi.

Joe rispose con un grugnito e arrancò verso la finestra. Le nubi e la nebbia della notte precedente se n’erano andate, e un sole ancora pallido splendeva in un cielo limpido. Perlomeno, si disse, oggi potevano cominciare a esplorare la zona.

Due secondi fu tutto ciò che poté dedicare al panorama. Poi il detective di Chicago si passò le dita tra i capelli. — Dov’è John? Devo parlargli.

Maria, in procinto di sparire dentro il suo sacco a pelo, esitò. — Vuole che lo chiami per radio?

— Ci penso io. Riposi pure, per adesso. Più tardi avremo senz’altro bisogno di lei.

Ma Maria attese ancora. — Joe, quando cominceremo a cercare Bill?

— Molto presto, glielo prometto. E parteciperà anche lei.

— Ma come hanno fatto quei due bastardi a sfuggirci così ieri notte?

— Ho qualche ipotesi a riguardo. Ipotesi che voglio discutere con lei e con Bill non appena sarà di nuovo qui con noi.

— Va bene. — E con queste parole Maria si sdraiò sul divano e chiuse gli occhi, già mezzo addormentata.

Cercando di non fare rumore, Joe andò nella stanza accanto e chiamò John per radio.

Cinque minuti dopo suo cognato e socio in affari entrò nella suite. — Nessuna notizia di Bill — gli disse per prima cosa. — Brainard non era molto contento di vedermi andare, ma noi lavoriamo per la vecchia Sarah e lei sembrava stanca di avere gente in giro. Ma dimmi, dov’è andato Strangeway?

— In Inghilterra — fu la replica.

— Cosa?

— È così. Non posso offrirti nessuna spiegazione. Perché non ti fai anche tu una dormita finché è possibile? — disse Joe. Il respiro regolare di Maria risuonava debolmente nell’altra stanza.

— Perché al momento sono affamato come un lupo.

— Okay, prendi il telefono e chiama la reception. Ordina una colazione per tre. Per me una frittata, grazie.

Qualche attimo più tardi Joe si chiuse in bagno, dove prese un paio di aspirine e si fece una doccia molto scomoda restando tutto il tempo su una gamba sola.

Dopo aver indossato degli abiti puliti, uscì e trovò John lungo e disteso sulla moquette, a piedi scalzi e profondamente addormentato. Doveva proprio essere crollato, visto che non aveva sprecato neppure il minuto necessario a farsi una sorta di materasso con i giacconi e i cuscini delle sedie. Muovendosi il più silenziosamente possibile, Joe sedette su una delle sedie imprecando silenziosamente contro la caviglia slogata.

Guardando fisso il telefono sul tavolino accanto a lui, si chiese se fosse il caso di mettersi in contatto con l’ufficio di Chicago. Angie, la moglie di John, svolgeva il prezioso ruolo di coordinatrice e probabilmente c’erano un paio di cose che poteva fare per aiutarli.

Ma, prima che potesse decidere se chiamare o meno, arrivò il cameriere con la colazione, svegliando inevitabilmente i suoi colleghi. Maria si mise a sedere e si stiracchiò come una gatta. — Che strani sogni — commentò con espressione vagamente insoddisfatta.

I due giovani furono felici di unirsi a Joe in quell’abbondanza di candido lino e posate d’argento, con cibo delizioso e molto caffè, che tutto suggerivano tranne la vicinanza alla natura più selvaggia. Con un piede comodamente sistemato su un cuscino, Joe consumò una colazione deliziosa anche se inevitabilmente poco allegra, poi ordinò un altro bricco di caffè.

Di quando in quando lanciava un’occhiata al sacco a pelo di Bill, che giaceva accusatorio in uno degli angoli della stanza ancora arrotolato.

Durante la colazione i tre discussero il da farsi. Solo quei brevi e confusi messaggi radio assicuravano loro che Bill stava bene. Ma come mai non aveva ancora ritrovato la strada del ritorno?

Maria disse: — Questa storia non mi convince affatto. Da come conosco Bill, mi aspetterei di vederlo ritrovare la strada del ritorno anche dal Polo Nord.

Joe guardò il suo orologio. — È ancora troppo presto per chiamare i ranger del parco. Ammettiamo che si sia spinto molto lontano, e che abbia dovuto aspettare il sorgere del sole per partire: sarà qui solo tra un po’. Voi due finite di mangiare e riposate ancora. Se Bill non sarà qui per le dieci cominceremo a cercarlo.

Notando la difficoltà con cui Joe si muoveva per la stanza, Maria gli suggerì di chiamare un dottore. Ma Joe scosse la testa, riluttante a questo riguardo. Nessun osso sembrava rotto, e con tutta probabilità il dottore poteva fare ben poco per lui tranne ordinargli di riposare, il che era esattamente ciò che stava facendo. Seduto sul letto, esaminò la caviglia. Almeno non si era gonfiata ulteriormente. John e Maria gli offrirono consigli quantomai contraddittori su cosa fare a quel punto, se applicare impacchi di ghiaccio o una pomata riscaldante. Joe non applicò proprio nulla.

Non appena finito di mangiare, John e Maria si dichiararono pronti a tornare in azione. Silenziosamente lodando l’elasticità dei giovani, Joe grugnì la sua approvazione. Pochi minuti dopo i due detective lasciarono l’hotel diretti a casa Tyrrel. L’intenzione era approfittare del limpido tempo invernale per esaminare metro dopo metro la scarpata sotto la casa in cerca di qualche indizio sulla direzione presa da Bill oppure dai due misteriosi visitatori della sera prima.

John e Maria avevano appena lasciato l’hotel quando qualcuno bussò leggermente alla porta. Era Brainard. Quando Joe aprì, lo vide intento a guardarsi ansiosamente le spalle in direzione della hall, poi venne quasi spinto di lato dall’esile avvocato che si gettò sconvolto e affannato nella stanza. — Qualcuno le sta dietro? — domandò Joe.

Brainard fece finta di non aver sentito. Guardando Joe che tornava saltellando alla sua sedia dopo aver chiuso la porta a chiave, commentò con disapprovazione. — È sicuro di non averla rotta, quella caviglia?

— È solo una slogatura. Sopravviverò — fu la replica. Poi, appoggiandosi comodamente allo schienale, Joe aggiunse: — Per fortuna i giovani sono sempre pronti a mettere i muscoli necessari a fare ciò che bisogna fare. Piuttosto, mi dica un po’: da chi sta fuggendo, e perché?

— Chi? Cosa?

— Andiamo, la gente che le sta alle costole. Immagino siano più d’uno. E immagino anche che sia stato lei a sparare la scorsa notte.

L’avvocato G.C. Brainard sedette e chiuse gli occhi. — È un crimine federale qui nel parco, lo so da me.

— Bene.

— Tuttavia non è certamente questo che adesso mi preoccupa — aggiunse piano Brainard, frugando in una tasca interna della giacca ed estraendone una pistola a tamburo di grosso calibro dalla canna corta e tozza. — Secondo lei cosa devo farne di questa?

— Mi dica, avvocato Brainard: ciò che la preoccupa di più ha forse a che fare con sua figlia Cathy?

Brainard lo guardò sorpreso. All’apparenza si sarebbe detto intristito e offeso dall’allusione. — No, non ha nulla a che vedere con Cathy. Perché?

— Perché la signora Tyrrel mi ha fatto venire qui per ritrovare sua nipote, però adesso lei, il padre della ragazza, e persino la mia cliente fate di tutto per sviarmi da questo obiettivo. Mi dica, avvocato, come ha deciso di adottare Cathy?

— Io sono davvero preoccupato per mia figlia e voglio che torni da me sana e salva! — esclamò Brainard con sguardo offeso.

— Non lo metto in dubbio, ma mi racconti dell’adozione.

— E va bene, se pensa che possa tornarle utile… Mia moglie e io adottammo Cathy nel 1978, quando aveva quattro anni. Non potevamo avere bambini, e così…

Joe insistette per maggiori dettagli. Da quanto gli parve di capire, i Brainard avevano adottato Cathy soprattutto per accontentare la vecchia Sarah. Questa aveva conosciuto la bambina per mezzo di qualche opera caritatevole in cui era impegnata, e ne era stata immediatamente attratta. Ma essendo sola e avendo già superato i sessant’anni, Sarah sapeva che la sua domanda di adozione sarebbe stata respinta.

All’improvviso Brainard sembrò crollare. — Sto girando con una pistola in tasca! Non posso crederci!

— Posso dare un’occhiata alla sua arma? — chiese Joe.

Brainard gliela porse con inesperta leggerezza. Joe la prese, la aprì e ispezionò il tamburo.

— Cosa sta cercando?

— Nulla. Mi chiedevo — replicò Joe pensieroso — se per caso i proiettili erano di legno.

— Cosa? — Nessuna comprensione si palesò negli occhi di Brainard.

— Lasci perdere.

Il rigido avvocato scosse la testa. — Sono stato sciocco a comprare una pistola. So a malapena da che parte esce il proiettile. Sarei capace di uccidere qualche innocente. Ascolti, se vuole aiutarmi non potrebbe cominciare a farla sparire?

Joe posò con cautela la pistola sul bracciolo della poltrona. Più tardi, si disse, l’avrebbe scaricata e smontata nascondendo separatamente i pezzi nella sua valigia.

Poi affrontò direttamente Brainard. — Se vuole un aiuto extra — gli disse a muso duro — deve dirmi esattamente perché gira armato. Insomma, di chi ha paura e perché?

L’altro chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale della sedia. Un muscolo prese visibilmente a pulsare a lato della gola, proprio sotto la mascella non rasata. — Debbo un sacco di soldi a certa gente. Dio mio, ma come ho fatto a cacciarmi in questo guaio?

— Che tipo di gente? — chiese Joe d’istinto, anche se sapeva benissimo chi poteva essere a giudicare dalla disperazione di Brainard.

L’avvocato riaprì gli occhi alzando lentamente la testa. — Uno si chiama Tuller. Ne ha mai sentito parlare? Oh, ma perché dovrebbe? Ce ne sono centinaia come lui. Credo che lavori per qualche famiglia mafiosa di New York. Fa l’usuraio per il modico interesse del cinquanta per cento al mese. E io che pensavo di aver trovato il modo di fare un colpaccio, di mettermi a posto per il resto della vita, e invece…

— Quanto?

— Ottantamila dollari. A metà dicembre dovevo ridarne centoventimila. Sono passate già due settimane e ancora non posso pagare. Non posso neppure dar loro un anticipo abbastanza serio, e così eccomi qui. La vecchia Sarah non vuole neppure sentir parlare di prestarmeli, e io non posso certamente biasimarla.

— Di conseguenza lei spera di riuscire a ottenere tra breve qualcosa da Tyrrel, una nuova scultura da vendere per pagare i debiti.

— Già, l’intenzione è quella — ammise Brainard cercando di sorridere. — Sempre che mi lascino in vita abbastanza a lungo. Ma non credo di avere una simile fortuna. Ormai ho già un piede nella fossa. — Pausa. — Mi aiuti, Keogh, la prego, mi aiuti a uscire da questo vicolo cieco e a ripartire daccapo da qualche altra parte. Non c’è alcun conflitto con quello che sta facendo per mia zia Sarah. La pagherò. La pagherò bene, sa? Ho messo via una parte di quei soldi per simili evenienze…

— Non ha pensato di rivolgersi alla polizia?

L’altro rispose con un suono a metà tra un gemito e una risata. La sua mano ben curata batté più volte sul bracciolo della sedia, come per provare la robustezza del legno. — Ah, quella sarebbe veramente la fine. Mi ucciderebbero come un cane. Invece, spero ancora di riuscire a convincerli ad aspettare. Dopotutto, se vogliono i loro soldi debbono darmi l’opportunità di guadagnarli. Il fatto è che non riesco a digerire l’idea di prendermi una scarica di calci nei testicoli e di farmi fracassare tutte le ossa.

Joe annuì pensieroso. — Lei deve cominciare a collaborare, Brainard. Poi vedrò cosa posso fare.

— Collaborare come?

— Tanto per cominciare, mi racconti tutto ciò che sa su Tyrrel.

— Non ho molto da raccontarle, maledizione — scattò Brainard rabbrividendo. — Facciamo qualche affare e i nostri incontri sono ridotti all’osso. Lui non parla mai di sé. E soprattutto non vuole assolutamente farsi pubblicità.

— Immagino che questo Tuller non sappia nulla di tutto questo, di Tyrrel e delle sculture che le porta.

— Oh, no. Io non gliene ho mai parlato. E Tyrrel non è certamente il tipo di persona a cui ricorrerei per un aiuto.

— Capisco — replicò Joe, pensandoci un attimo sopra. — Sua zia sa di questo Tuller e del guaio in cui si è cacciato?

— Sa che sono in un guaio di quel tipo, ma non credo capisca quanto seria sia la faccenda. Le ho detto che temo la vendetta di certa gente, ma lei non mi crede fino in fondo.

— E va bene. Resti qui finché la faccenda non sarà risolta. E stia attento a chi apre quella porta!


La mossa successiva di Joe fu chiamare la reception e chiedere alla signorina di mandargli un bastone da passeggio, o in mancanza di meglio, una stampella. Entrambi gli articoli, spiegò la ragazza, erano disponibili nel centro commerciale del Park Visitors Center e un fattorino poteva portargliene in camera un certo assortimento nel giro di mezz’ora.

Quando, dieci minuti dopo, qualcuno bussò alla porta, Joe si avvicinò convinto che si trattasse del fattorino. Un vero centometrista, doveva ammetterlo. Probabilmente era in cerca di una lauta mancia. Ma la porta socchiusa rivelò invece che si trattava di Sarah Tyrrel.

Qualche attimo più tardi la vecchia Sarah, il suo nevrotico nipote e il detective di Chicago sedettero tutti quanti attorno al tavolo.

Sarah non sprecò un secondo in preliminari. — Signor Keogh, l’intrusione della scorsa notte a casa mia è opera di mio marito. Ne sono certa, poiché l’ho visto.

— Perché non me l’ha detto prima? E perché me lo dice adesso?

— Prima non eravamo soli. Inoltre volevo pensarci un po’ sopra. In ogni caso, mi sono convinta che non è da Edgar che viene il pericolo. Ah, come vorrei potermi dire convinta che stia bene!

Brainard guardò fisso la sua vecchia zia. — Spero che tu abbia ragione riguardo a Edgar. Ma ascolta: ciò che ho visto l’altra notte, ciò a cui ho sparato, non era Edgar.

— Sì, c’era qualcun altro con lui — confermò Sarah. — Una strana presenza. Qualcosa che ha deciso di accompagnarlo.

Joe guardò dapprima uno dei suoi ospiti, poi l’altro. — Io non ero nella posizione giusta per vedere alcunché. Solo questo sapete dirmi riguardo la scorsa notte? Che qualcosa è entrato nella casa con Tyrrel?

— Inizialmente — spiegò Brainard con un brivido — ho pensato fossero quei gangster che puntavano le loro torce elettriche sulla finestra. Poi ho guardato meglio e ho visto che era dentro… sembrava un insieme di luci. I miei nervi erano sul punto di cedere, e ho sparato.

— Signor Keogh — intervenne Sarah con tono distaccato — alla luce di quanto è avvenuto ieri notte e di quanto sappiamo su questa faccenda, vorrei che lei mi riferisse con obiettiva onestà quante possibilità pensa di avere di ritrovare Cathy e di riportarla a casa sana e salva. — Brainard annuì e guardò Joe con malcelata speranza.

Lo sguardo di Joe andò prima a Brainard, poi alla vecchia Sarah.

— Personalmente non credo che quanto è accaduto ieri notte cambi di molto i termini della questione. Solo, uno dei miei collaboratori è scomparso. Comunque spero di potervi dire entro due giorni quante possibilità abbiamo di ritrovare Cathy; nel frattempo, non dovrete pagarci neppure la trasferta.

Brainard continuò a interpretare la parte del padre in ansia. — Che altro saprà in un paio di giorni che ora non sa?

Joe stava cercando di mettere insieme una risposta quando la sua piccola radio prese a ronzare. Il dispositivo era ancora lì dove l’aveva lasciato, su un tavolino dall’altra parte della stanza. — Scusatemi un attimo.

Si alzò in piedi e raggiunse a fatica il tavolino. Un attimo più tardi udì dalla voce di Maria le parole tanto attese. — Joe? Abbiamo notizie di Bill.

I due visitatori ascoltavano attentamente quanto lui. — Magnifico! E dov’è adesso?

Maria suonò enormemente sollevata. — Non lo sappiamo esattamente, ma gli abbiamo parlato e stava bene. Ci ha detto di aver finalmente trovato la strada giusta. Tra circa un’ora sarà all’imbocco del sentiero del Bright Angel.


Era quasi pomeriggio quando Bill Burdon, con l’aria vagamente stordita, comparve finalmente alla vista sul sentiero del Bright Angel. John e Maria gli corsero incontro scendendo il sentiero per qualche centinaio di metri sul solenne sfondo del Grand Canyon, un panorama abbastanza grandioso da distrarre almeno brevemente l’attenzione di qualunque nuovo arrivato.

— Che diavolo le è successo? — chiese John, andando in collera adesso che il disperso sembrava in salvo.

— Non ci crederete mai — replicò Bill guardando lui e Maria, per poi superarli scuotendo la testa. I due s’incamminarono a loro volta, seguendolo. Quando Bill arrivò sotto casa Tyrrel si fermò a guardarla per qualche istante, come se si aspettasse qualche sorta di rivelazione dall’insolita struttura.

Maria quasi non notò lo strano comportamento di Bill. La sua attenzione andava ad altro in quel momento, a una colonna di turisti simili a formiche che si snodava lungo un sentiero tutto curve molto sotto di loro. Sembrava accigliata, come se stesse calcolando la distanza da qualcosa.

Nessuno dei due uomini le prestò attenzione. Guardando Bill un po’ meglio, John affermò bruscamente: — Ehi, ma ieri sera non aveva la barba! — Questo richiamò di nuovo l’attenzione di Maria.

Bill si limitò a scuotere la testa. Poi allungò una mano e prese brevemente sottobraccio le due persone accanto a lui, come per assicurarsi che fossero vere. La loro solidità lo fece sorridere.

— Dov’è il capo? — chiese. — Ho un rapporto da fargli.


Un’ora dopo circa, Bill sedeva con Joe a un tavolo della terrazza che guardava dall’alto la hall dell’El Tovar e l’autentico, gigantesco albero di Natale che vi svettava. Da qualche parte veniva musica natalizia, turisti a centinaia si divertivano o cercavano di divertirsi e Bill era a metà della seconda versione del suo rapporto. Joe gli aveva offerto un drink, invitandolo a ricominciare daccapo perché la prima versione mancava notevolmente di coerenza. Accanto a Joe, il bastone da passeggio appena comprato faceva bella mostra appoggiato a una sedia.

La barba di Bill attraeva sguardi incuriositi, perché adesso cresceva soprattutto su un lato solo del viso. Aveva cominciato a radersela, ma poi aveva deciso di lasciarla per il momento per corroborare in qualche modo la storia che doveva raccontare.

— Era là vi dico, e campeggiava tranquillamente per conto suo. Mi ha fatto l’impressione di una ragazza bisognosa più che altro di rimettere insieme le idee, tanto per dire.

A conforto di questa sua affermazione, Bill Burdon estrasse le polaroid tenendole per gli angoli con la sua forte mano destra. Poi, come un giocatore che ha in tasca una mano che non si aspettava di vincere, le posò insieme sul tavolo a faccia in su.

Joe prese le foto e le esaminò attentamente. — Già, in effetti sembra proprio la ragazza che ci è stata descritta.

Con un cenno alle foto, Bill replicò: — Oh, quella è Cathy Brainard, potete starne certi. Non ho il minimo dubbio. Ha qualche problema familiare e quindi è logico che non sia voluta tornare con me. Su questo la ragazza è stata inflessibile, e non potevo certo trascinarla con la forza.

— Uhm, capisco. E poi cos’è successo?

— Mi ha indicato quella che doveva essere, almeno in teoria, la giusta direzione. Io l’ho seguita, e… — Bill tacque per un lungo periodo. Poi bevve in un sol sorso una buona metà del suo drink e sogghignò: — Adesso arriva la parte a cui non crederete mai.

Joe bevve un sorso dal suo bicchiere. — Qui potrebbe anche aver torto. Perché non prova?

— Okay. Sono salito per un po’ e alla fine ho trovato casa Tyrrel. Solo che non era questa casa Tyrrell, non la casa che sorge sul ciglio del canyon proprio adesso.

— Continui — lo incoraggiò Joe.

Con vago tono di sfida, Bill disse: — Era casa Tyrrel negli anni Trenta, prima che divenisse un museo. E Tyrrel in persona vi viveva con la sua famiglia.

— Aspetti un attimo: ha parlato con Tyrrel?

— No.

— Con chi, allora?

— Con… con la signora Tyrrel.

Joe restò in silenzio per un attimo. — Vuol dire la signora Tyrrel per cui lavoriamo?

Bill annuì lentamente. — Credo che sia la stessa persona, capo, solo sessant’anni più giovane. E poi…

— Cosa?

— Poi c’era una ragazzina con la giovane signora Tyrrel. Sua figlia, immagino. Una bambina di tre, quattro anni.

— Continui.

— Quella ragazzina assomigliava in modo prodigioso a Cathy Brainard…

A quel punto Bill lanciò un’ansiosa occhiata a Joe Keogh, che sorrise e disse: — Okay. Andiamo a parlare con la nostra cliente.


Lasciando l’albergo e muovendo ancora una volta verso ovest lungo il viale pedonale che costeggiava il canyon, Bill camminò pian piano accanto a Joe che avanzava appoggiandosi al bastone. Trovarono la vecchia Sarah intenta a scaldarsi tranquillamente le mani al caminetto del salotto.

— Signora Tyrrel, ho una domanda molto importante da porle: ha mai incontrato Bill prima della scorsa notte?

L’anziana donna guardò prima uno poi l’altro dei due uomini che aveva di fronte. — Lo sapevo che vi sarebbe stata qualche complicazione — disse. — C’è forse qualche guaio con il tempo, signori?

— Non lo so — replicò Joe. Con la bocca leggermente aperta, Bill guardò con una qualche apprensione il suo capo e poi la signora Tyrrel.

— Giovanotto — disse Sarah guardando Bill. — Quando l’ho vista l’altra sera ho subito pensato di averla già incontrata. Tuttavia tante di quelle stranezze mi sono accadute nel periodo relativamente breve in cui ho vissuto con Edgar da non ricordare esattamente quando è stato.

In modo conciso ma completo, pressato da Joe, Bill raccontò la storia del suo recente girovagare.

Sarah lo ascoltò con attenzione. — Credo che il suo racconto non sia affatto inverosimile. La descrizione della casa sembra corretta. E in quegli anni mi pare di ricordare la visita di un giovane uomo che sembrava del tutto fuori posto. Credo di avergli indicato la strada da seguire per tornare a casa prima che calasse il sole.

— E la bambina? — chiese Joe.

— Anche questo corrisponde. A quei tempi avevo una figlia. Ma adesso ditemi di mia nipote: è per questo che vi pago.

La reazione della vecchia Sarah a quanto Bill le disse su Cathy fu nettamente positiva. I suoi occhi divorarono avidamente le due fotografie.

— Sì, sì, è lei! — esclamò. — Ed era da sola a campeggiare? Ma allora può esserci speranza, signor Keogh!


Pochi minuti più tardi Joe e Bill tornarono nella loro stanza all’albergo El Tovar, dove avevano lasciato John a fare da guardia del corpo a Brainard.

Fu John ad aprire loro la porta. — È arrivata un’intercontinentale mentre voi eravate fuori, da Strangeway in Inghilterra.

Joe si fermò nell’atto di togliersi la giacca. — Cos’ha detto?

— Ha suggerito di chiamare Angie a Chicago e di farle iniziare una ricerca su tutte le persone scomparse in quest’area. Secondo lui debbono essere numerose, almeno nel corso degli anni.

— Okay. — Joe parve enormemente sollevato nel sedere finalmente su una sedia. — Allora chiamala.

Un attimo più tardi Joe parlò a sua sorella, la giovane moglie di John. Angie venne incaricata di cercare in tutti gli archivi e di vedere quante persone scomparse nel canyon negli ultimi decenni erano legate alla famiglia Tyrrel in qualche modo.

Poi, prima di agganciare, aggiunse: — Nulla toglie però che anche quelli che non avevano nulla a che fare con i Tyrrel possano essere scomparsi per colpa del vecchio Edgar.


Quando Joe appese il telefono, Brainard, che aveva cautamente guardato fuori dalla finestra tutto il tempo, si voltò e disse a bassa voce: — Signor Keogh?

— Cosa c’è?

— C’è uno di loro là fuori proprio adesso, uno degli uomini che mi cercano. È là fermo sul viale, come per accertarsi che lo veda.

Joe prese il bastone e si alzò in piedi. Guardò fuori anche lui con cautela, oltre la tenda che Brainard teneva un po’ spostata. — Il tipo grosso con il bavero di pelliccia? — chiese.

— Sì.

— Ne è certo?

— Come potrei sbagliarmi? Dopo ciò che mi hanno detto, le garantisco che non li scorderò tanto facilmente.

— Questo qui si è presentato con un nome?

— Si fa chiamare Preston. Il signor Smith e il signor Preston, così si sono presentati. Naturalmente non ho idea di quali siano i loro veri nomi — rispose l’avvocato Brainard con una fatalistica scrollata di spalle, lasciando lentamente morire le parole.

— Va bene. Vado a dirgli ciao — fece Joe, allungando la mano per prendere la giacca. Infilandosela, lanciò un’occhiata a Bill e John, per poi tornare con gli occhi sul primo. — Bill, lei sembra più grosso e cattivo. Esca con me e mi guardi le spalle. Non dica e non faccia nulla a meno che la situazione non precipiti. John, sta’ qui e tieni gli occhi aperti.


Il sedicente signor Preston, carnagione olivastra, sopracciglia scure e folti baffi neri perfettamente in tono, li guardò immobile come una statua. Un altro uomo, lineamenti bruschi, più piccolo, ma tarchiato e muscoloso, sbucò da qualche parte per unirsi a lui mentre Joe e Bill, quest’ultimo un paio di metri indietro, si avvicinarono lentamente a loro dall’hotel. Tutti e quattro tennero le mani in tasca mentre Preston e Smith guardavano gli altri due avvicinarsi senza abbozzare la sia pur minima reazione.

Joe si fermò a un paio di passi di distanza. — State guardando le mie finestre. Posso fare qualcosa per aiutarvi, signori?

— Non credo proprio — ribatté Smith, dando evidentemente una grande importanza alla domanda. I bruschi lineamenti si allargarono in una smorfia. — Se avrò bisogno di un lustrascarpe te lo farò sapere.

Il tipo grosso con il bavero di pelliccia decise per un approccio più diretto. — Sei uno sbirro? — domandò.

Joe scosse la testa. — Non più — replicò soavemente — ma gli sbirri non sono lontani. Smith e Preston, eh?

Smith volse la testa verso Preston. — Di’, hai sentito anche tu? Lo scarafaggio dice che chiama le giubbe rosse. Ci faccio telefonare dall’avvocato?

Preston diede l’impressione, probabilmente a lungo praticata, di uno che stava rapidamente perdendo la pazienza. Uno sputo partì nella generica direzione delle scarpe di Joe, che vide Bill partire in avanti con la coda dell’occhio per poi fermarsi.

Due ranger del parco nelle loro belle uniformi e con il loro cappello grigio fumo si avvicinavano lungo la passeggiata tra il consueto schiamazzare dei turisti. I ranger parlavano tra loro e, per il momento, non prestavano la minima attenzione a quei quattro uomini isolati dalle facce infelici. Bilanciandosi sul suo bastone, Joe si allungò in avanti e rubò la sigaretta dalle dita di Preston spegnendola sul bavero della costosa giacca del mafioso. Un bianco filo di fumo si levò nell’aria tersa del pomeriggio invernale. Il gesto fu veloce e discreto, come se avesse semplicemente spazzolato un po’ di polvere.

Preston sobbalzò e si contorse, neanche il cappotto fosse stato la sua pelle. Dicendo tre parolacce a bassa voce, mosse un passo avanti.

Conscio della presenza dei ranger, Smith allungò un braccio per trattenerlo. Fu poco più di un gesto, ma funzionò.

A Joe, Smith disse con tono minaccioso: — Di’ a Brainard che farà meglio a pagare i debiti. Pagare i debiti è una legge di natura, capito, scarafaggio? Prima o poi tutti pagano i debiti. Tutti.

— Va bene — disse Joe deciso. — Riferirò.


La vecchia Sarah sedeva con gli occhi chiusi, cercando di ricordare. Era solo la sua immaginazione o davvero nella sua mente aleggiava il fantasma di un evanescente ricordo, quello di un giovane uomo stranamente vestito incontrato fuori dalla porta della casa del canyon un caldo pomeriggio d’estate dei primi anni Trenta?

Ma negli anni Trenta le erano capitate tante di quelle strane cose! Quando una viveva con un vampiro, quando una viveva con Edgar Tyrrel, che differenza poteva mai fare un giovane uomo stranamente vestito?

E quel giovane uomo era rimasto fin dopo il tramonto, fino alla comparsa di Edgar, oppure era davvero riuscita a salvargli la vita come le pareva di ricordare?

Gli anni Trenta però erano andati, erano fuori dalla sua portata e, si augurò, da quella di Edgar. La cosa più importante adesso era naturalmente la moderna prova fotografica fornita da Bill Burdon che dimostrava oltre ogni dubbio che Cathy era viva e non veniva trattenuta contro la sua volontà.

Nulla che potesse aiutarla con Edgar, comunque. Quali notizie positive potevano mai arrivare da lui? L’unica notizia positiva, in effetti, sarebbe stata sentire che era morto. Poiché tutti, anche un nosferatu, dovevano morire prima o poi. Tuttavia nel caso di Edgar, un uomo che tanto spesso piegava il tempo al suo capriccio (o forse che tanto spesso veniva piegato dal capriccio del tempo), neppure un certificato di morte avrebbe garantito la fine del pericolo da quel momento in poi.

Sarah rabbrividì.

Non aveva in effetti mai compreso il lavoro a cui suo marito dedicava la sua vita: la ricerca, l’arte, qualunque fosse il nome più appropriato, che tanto lo aveva affascinato e a cui ancora si dedicava per intero oltre i limiti consentiti all’umano interesse.

No, il suo lavoro non l’aveva mai capito; tuttavia, aveva imparato a temerlo più di ogni cosa.


Rientrando nella sua camera d’albergo, Joe disse a un trepidante Brainard: — Se ne sono andati, per adesso.

— Grazie.

Por nada. Non credo proprio che si siano spostati di molto.

— Lo so.

— Comunque, anche loro adesso hanno qualcosa a cui pensare. Posso mettermi in contatto con certi amici miei, se vuole, e vedere se quelle due carogne sono ricercati per qualcosa.

— Un espediente temporaneo. Lo apprezzo molto, ma…

— Già, ha ragione.


Maria Torres sbatté le palpebre stupita, spezzando così il filo di un sogno a occhi aperti in cui qualcuno la chiamava per nome. Si trovava sul balcone di casa Tyrrel, un balcone sospeso direttamente sul baratro. D’istinto guardò sotto. Qualcosa di molto seducente l’attendeva laggiù.

Un colpo di sonno sul lavoro, ecco tutto, o un sogno a occhi aperti. Forse era questo l’effetto che il canyon faceva alla gente.

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