8

Lasciando la grotta con Jake, Camilla cercò di apparire complice e conciliante, ma Jake non era più disposto a farsi menare per il naso.

— Dov’è adesso, e quando tornerà?

Camilla sospirò. — Adesso sta dormendo, te l’ho detto. Lo rivedremo quando sarà buio, forse un po’ prima.

— Lo so che l’hai già detto, ma dove dorme?

— Non credo proprio che ora sia il momento giusto per…

— Dov’è?

Camilla si arrese. — C’è una grotta più piccola sull’altro versante di questa collina.

— Bene. Fammela vedere.

Sospirando, la ragazza si avviò prendendolo per mano. Come un bambino preso per mano dalla sorella maggiore, si disse Jake. Senza fretta lo condusse al di là del torrente e poi della collina.

Una volta raggiunta la grotta in cui si supponeva dormisse Tyrrel, lei gliela indicò e lui restò in silenzio a contemplarla. Poi il suo sguardo si spostò su Camilla. Sembrava perfettamente seria. Jake sentì rizzarsi i peli della nuca. Una faccenda davvero terribile, ma doveva pur affrontarla: sembrava proprio che Camilla fosse ancora più folle del vecchio scultore.

La piccola grotta da lei indicata era senza dubbio abbastanza spaziosa da ospitare un uomo, ma l’ingresso era completamente bloccato da una grande lastra di roccia calcarea pesante molte tonnellate. Un gatto sarebbe forse riuscito a passare nell’interstizio tra la lastra e la parete, ma era ovvio che nessun essere umano poteva sperare di farcela.

Jake parlò con voce calma e ragionevole. — Nessuno potrebbe mai entrare e uscire da quella piccola fessura, Camilla. Io non riuscirei neppure a infilarci un piede. Sei certa di quello che dici?

Per nulla scossa, Camilla replicò: — So che sembra impossibile, ma lui è là che dorme adesso. Credimi. Quella piccola fessura gli basta per entrare e uscire, ma solo quando è buio. Lui… lui riesce a cambiare forma. L’ho visto con i miei occhi. Questo solo di notte: di giorno deve dormire.

— Ah, che sciocchezze. Ci sarà un altro ingresso.

— No. Jake, parlo sul serio. Lui entra ed esce da lì.

Il giovane la guardò per un attimo, pensieroso. Poi le chiese: — Dimmi di nuovo, Camilla: da quanto sei qui con quel vecchio pazzoide?

Lei deglutì. — Ho perso il conto. Credo però che sia da più di un anno.

— E sei rimasta sempre qui in questo periodo? Non sei mai stata in nessun altro posto?

Cominciando a piangere, lei scosse la testa. — Capisco che sembra una follia. Io non so più cosa dire o fare. Ma non sono impazzita, Jake, non ancora. Ti sto dicendo la verità! Aspetta e vedrai!

Certo che il modo in cui Camilla gli parlava in quel momento contribuiva ben poco a fargli cambiare idea.

— Non sono impazzita — ripeté lei più che altro a se stessa, come se potesse leggergli nel pensiero. — Sei tu piuttosto quello che agisce in modo strano. Continui a dire che vuoi tornare al tuo maledetto campo quando hai capito benissimo che è impossibile!

Jake deglutì. Sul momento non trovò risposta.

Camilla continuò a incalzarlo. — Edgar ha ragione. Tu resterai qui. — E questa non era certo una domanda. — Perché non hai scelta. Finirai come me. Ma forse in due possiamo fare qualcosa.

Jake rispose con una parola sconcia.

— Tesoro, hai cercato di andartene più volte e hai visto anche tu come funziona. Adesso hai finalmente capito che non è quello il modo giusto. Ho forse torto?

Di nuovo Jake non rispose.

Molto in fondo sapeva che lei aveva ragione. Era una follia, certo, ma aveva ragione. E la faccenda generava in lui sentimenti contrastanti. Nonostante la sua collera, l’idea di restare lì a lavorare risultava addirittura interessante in qualche folle modo. Dividere ogni notte lo stesso letto con Camilla faceva parte del compenso: già questo quasi bastava. Ma essere libero di andarsene con qualche soldo era troppo importante.

Rompendo un lungo silenzio le disse: — Dici che Tyrrel dorme tutto il giorno.

— Esatto.

— Dormiva anche i giorni in cui sei scesa fin quasi al fiume con pennelli e cavalletto, i giorni in cui ci siamo visti? Dormiva in quel buco anche allora?

Camilla esitò brevemente.

— Sì.

— Ma questo ti lasciava la possibilità di andartene, no? Perché allora sei rimasta seduta su un sasso a dipingere come se nulla fosse? Perché non sei venuta via con me? La strada era aperta in quei giorni, oppure no?

La risposta di Camilla fu molto calma e giunse con deprimente prontezza. — No, Jake, la strada non era aperta. Tu potevi entrare, ma io non sarei mai potuta uscire.

— Non capisco.

Lei replicò con un gesto d’impotenza. — Le cose stanno così. Solo Edgar può aprire certe porte che per gli altri sono sempre chiuse. E lui ha aperto una porta per te.

— Vuoi dire che sapeva che stavo arrivando? E anche tu?

— Come potevamo mai saperlo? Forse tu sapevi come sarebbe andata a finire quando hai risalito per la prima volta il torrente? No, semplicemente Edgar ha lasciato una porta aperta in modo che qualcuno potesse entrare. E sei entrato tu.

Jake dovette ammettere che il giorno in cui aveva incontrato Camilla per la prima volta aveva disceso il fiume verso sud per pura e semplice coincidenza. — Ieri però sapevi che stavo arrivando.

— Certo. Tu avevi detto che saresti tornato domenica.

— E anche Edgar lo sapeva.

— Io… ho dovuto dirgli dei nostri incontri, Jake.

— Si è arrabbiato?

— Per nulla. Ha bisogno di qualcuno che lavori per lui. E comunque non gli importa se io ho un amico: basta che faccia sempre quello che mi dice.

— E da noi vuole qualcosa di più che semplice lavoro.

Lei annuì in silenzio. Poi aggiunse con foga disperata: — Ma io dovevo portarti qui! Non capisci, Jake? Ho bisogno di te! Non m’importa di ciò che vuole Edgar.

Ma Jake insistette. — Però le prime due volte che ci siamo visti non mi sono ritrovato intrappolato così. Sono uscito dal Canyon Profondo e sono tornato tranquillamente al campo.

— Quelle prime due volte non mi hai seguita fino alla casa. Addentrandoti così nel Canyon Profondo hai perso la strada per uscirne, e la porta ora si è chiusa.

— Ah, è così allora! Tu sapevi, e mi hai coinvolto lo stesso in questa storia! È così, vero? — E Jake si lasciò andare a un altro insulto.

Lei annuì lentamente, in lacrime. — Non potevo fare altro. Aiutami, ti prego!

E Camilla scoppiò in un pianto dirotto. Faceva tanta pena che Jake non riuscì a essere rude con lei.


Viste le circostanze, tuttavia, non riuscì neppure a essere tenero. Almeno, non in quel momento. Lasciata Camilla in lacrime sul sofà della stanza comune della casa, Jake trascorse le ultime ore di luce correndo su e giù per il canyon senza mai veramente allontanarsi, rovistando tra rocce e cespugli. Neppure lui sapeva perché, ma aveva bisogno di trovare qualcosa, qualunque cosa che potesse collegare quel folle luogo con il mondo in cui aveva trascorso i primi ventidue anni della sua vita.

Col calar del sole, Jake provò dei veri e propri attimi di panico. Continuava a sentirsi preso in una gabbia di cui non riusciva neppure a localizzare con precisione le pareti. Già aveva esplorato per un bel pezzo il territorio a monte e a valle della casa; adesso esaminò con la massima attenzione le pareti dell’ampio anfiteatro in cui sbucava il canyon, in cerca di qualche modo per salire. Ma tranne che nel punto da cui era già salito, vicino alla cascata, sembravano davvero impossibili da scalare. Uno doveva sentirsi davvero disperato per provarci, e anche se vi fosse riuscito si sarebbe poi ritrovato su quell’impossibile versione dell’altopiano.

Ancora non si sentiva completamente vinto, ma vi erano dei momenti in cui vi andava vicino.

Il sole era sparito dietro le colline occidentali, ma la luce del giorno rischiarava ancora il cielo. Jake arrestò il suo disperato e inutile affannarsi, sperando forse in un’idea improvvisa che potesse risolvere il problema. Andarsene significava dover fare i conti con le autorità del campo per la sua improvvisa sparizione, ma quella era in effetti l’ultima delle sue preoccupazioni in quel momento.

Tornando mestamente verso la casa, Jake si fermò ancora una volta a esaminare la grotta dove Tyrrel lavorava. Osservando, attraverso l’entrata, la fila di futuristiche lampade appese alle pareti non poté evitare di provare una forte curiosità, anche se di malavoglia.

Rientrato in casa trovò la doppietta nell’angolo della sala dove Camilla l’aveva lasciata. Jake prese l’arma e l’aprì. Le due cartucce nel caricatore sembravano assolutamente normali.

Con il volto gonfio a causa del pianto, Camilla si avvicinò a lui e lo guardò in silenzio. Sembrava ansiosa di compiacerlo.

Compiendo uno sforzo, Jake le chiese con voce gentile: — Camilla, se Tyrrel è convinto di tenerci entrambi prigionieri come mai si fida tanto da lasciare in giro la doppietta?

Lei si voltò e tornò in cucina dove, Jake lo vide solo allora, stava impastando delle forme di pane. — Perché non serve a nulla contro di lui.

— Davvero? Neppure se glielo punto addosso e gli dico di lasciarci uscire se non vuole finire male?

— Oh, puoi puntarglielo addosso e dirgli tutto ciò che vuoi. Puoi anche sparargli, sai? Solo che le pallottole non gli fanno nulla. Qualcuno lo ha già fatto, e come vedi… — ribatté Camilla, fermandosi per un attimo con le mani piene di pasta e annuendo.

— Qualcuno ha sparato a quel bastardo? Con questa doppietta?

Camilla annuì nuovamente.

— E chi?

— Qualcuno che era qui ancora prima di te.

Allora lui non era il primo attratto là dentro da lei. Ba’, non gli importava un fico secco adesso. Quello era uno di quei momenti in cui Jake sentiva che dovevano per forza essere impazziti tutti e tre: lui, Camilla e quel vecchio impossibile.

— Gli ha sparato e lo ha mancato?

— Gli ha sparato e lo ha preso in pieno. Le pallottole lo hanno attraversato, strappandogli i vestiti. Ma lui è rimasto in piedi, indenne.

Jake ebbe l’impressione che Camilla avesse davvero visto la scena che stava descrivendo. Ma forse era solo convinta di averla vista. In ogni caso decise di lasciare perdere il mistero di quell’impossibile fucilata. La doppietta poteva anche restare dove l’aveva trovata, almeno per il momento.

— Stai facendo il pane, vedo. Significa forse che abbiamo ospiti per cena?

Camilla non rispose, ma continuò a lavorare la pasta con movimenti rapidi ed energici.

— Perché ti sei fatta convincere a venire qui?

— Non avevo altro posto dove andare, e incontrai Edgar in un bar di Flagstaff. Era carino… non so come, ma sembrava più giovane di molti anni. Parlava bene, Edgar. Mi raccontò che sua moglie l’aveva lasciato così, su due piedi. Non mi chiese nulla, solo se ero disposta ad andare con lui per fargli da modella. Io risposi che sì, mi andava bene, anche se mi aspettavo che volesse da me qualcosa di più: non sapevo ancora quanto avevo ragione! — E Camilla smise bruscamente di parlare.

— Come mai sua moglie è riuscita ad andarsene e noi no?

— Che ne so? Ma dopo la sua partenza, Edgar deve aver fatto in modo che nessun altro potesse mai seguirla.

— Ne parli come se fosse uno stregone.

— Non ridere. Non l’hai ancora visto all’opera.

— Oh, ci sarà tempo per questo. Comunque, dopo averti visto senza vestiti addosso ha voluto qualcos’altro da te oltre a fargli da modella.

— Inizialmente sì — replicò Camilla con un’alzata di spalle. — Ma non negli ultimi mesi. In questo periodo mi ha lasciata in pace.

— Ma davvero sei qui da più di un anno?

Lei rispose lanciandogli un’occhiata di fuoco, una volta tanto arrabbiata con lui. — Te l’ho già detto. Come posso andarmene?

In risposta ad altre domande, Camilla ammise di fare ancora delle sessioni da modella per il vecchio scultore, anche se non così spesso. — L’ultima risale a più di un mese fa.

Non appena lei terminò di impastare l’ultima pagnotta lasciando poi le forme a lievitare, Jake la convinse a seguirlo verso la caverna. Stavolta fu lui a trovare l’interruttore e ad accendere le futuristiche lampade.

E stavolta notò che vi era una rientranza nella grotta mai notata prima, un buio antro proprio sul fondo. Vi si accedeva, ammesso che quella fosse la parola giusta, attraverso un’apertura larga più o meno quanto quella della grotta in cui, secondo Camilla, Tyrrel dormiva.

— Cosa c’è là dietro?

— Non lo so, ma Edgar vi lavora sempre. Non ho idea di cosa faccia, ma è il posto in cui passa più tempo quando è sveglio.

— Hai una torcia elettrica?

— Dovrebbe essercene una sul banco di lavoro — replicò lei con un che di riluttante nella voce.

Jake trovò la torcia e l’accese, cercando di sbirciare nella cavità. Puntò la torcia, guardò… e spiccò un gran balzo all’indietro. Un oggetto in movimento aveva attraversato il cono di luce, un qualcosa di strano, una sorta di fantasma che non era riuscito a vedere bene, ma che ispirava un orrore profondo. Dominandosi, cercò di pensare. Cos’aveva visto esattamente? L’impressione era quella di una figura ben definita, grande quanto un uomo ma senza volto, senza lineamenti. Si era fermata per un attimo alla luce per poi scivolare via, come per nascondersi in qualche anfratto. Ah, ma che idiozia! La tensione lo aveva tradito. Semplicemente, si trattava di uno strano riflesso della torcia elettrica su qualche dannata roccia fosforescente, ecco tutto.

Digrignando i denti, Jake si avvicinò alla fessura e cercò nuovamente di vedere quella cosa. Niente da fare. Probabilmente non trovava più l’angolo giusto. Non c’era nulla in quella cavità ammuffita, solo una piccola area della grotta bloccata da una lastra di roccia calcarea. Sulle pareti e sul pavimento spiccavano i segni degli attrezzi del vecchio scultore. Sembrava chiaro che lavorasse duramente quando si trovava là dentro. Ma come entrava? Probabilmente vi era un altro accesso, un passaggio impossibile da vedere nella loro posizione.


Una volta tornati nella casa, Jake affrontò nuovamente Camilla. — E così fino a qualche mese fa hai dormito con lui. E adesso non gli importa se lo fai con qualcun’altro?

— Anche all’inizio, quando sono arrivata qui, sono stata con lui pochissime volte. E forse “stata” non è neppure la definizione giusta. Più che altro, te lo ripeto, gli ho fatto da modella e basta!

— Cosa intendi dire? Forse il vecchio pazzoide non lo fa come al solito?

— No.

— E come allora?

— Ma cosa t’importa? — ribatté Camilla, niente affatto ansiosa di parlare di questo lato della faccenda. — Jake, ascoltami: non hai motivo di essere geloso di Edgar, ma devi stare molto attento a non farlo arrabbiare.

— Credi che sia geloso di me? Credi che mi tenga qui per avere sottomano qualcuno da odiare?

— Oh, no. Edgar non è fatto così. In ogni caso ti ripeto di stare molto attento a lui perché può diventare davvero pericoloso.

— Ba’. Non appena si sveglierà faremo una chiacchierata, e vedrai che non avrò bisogno della doppietta per convincerlo.

— Cosa intendi fare, dargli un paio di cazzotti? — Camilla lo guardò con vaga ironia. — Tanto vale allora che ci provi con la doppietta, tesoro. Comunque, fa’ come vuoi. Immagino che anche tu debba ricevere la tua lezione.

Jake poté solo guardarla perplesso oltre ogni limite. — Dove diavolo dorme? — domandò infine. — Voglio parlargli.

— Ti ho mostrato dove dorme.

— Sciocchezze.

Camilla lo guardò davvero preoccupata. — Tesoro, guarda che Edgar è una persona molto speciale.

Lui sogghignò malignamente. — Già, questo continui a dirlo. Quasi quasi sono disposto a crederti.

— È anche un uomo molto, molto cattivo. Ah, come vorrei che tu e io trovassimo il modo di andarcene da qui!

— Camilla, ce ne andremo non appena avrò parlato un po’ con lui. Continui a dire che è lui a tenerci qui, ma come fa?

— Non so come, ma riesce a controllare il tempo. Apre dei passaggi tra epoche diverse, delle porte che apre e chiude a piacimento.

— Cosa?

— Jake, ti ripeto ancora che il tempo qui non è quello che conosciamo noi. In qualsiasi altro posto i giorni e le ore trascorrono normalmente, ma non qui, non nel Canyon Profondo. Qui si vive con quello che io chiamo il tempo profondo. Edgar ha cercato qualche volta di spiegarmi come funziona, ma io non riesco a capire. Forse puoi chiedergli di spiegarlo anche a te.

— Certo che glielo chiederò. E sarà meglio per lui che la spiegazione sia chiara.

Jake pronunciò quelle parole a bassa voce, ma il modo in cui le disse dovette allarmare Camilla. — Non credere di poter fare il duro con lui. Anche se sembra un vecchio, Edgar è più forte di qualunque uomo io abbia mai conosciuto.

— Davvero?

— Credimi sulla parola, Jake — replicò lei, convinta. Poi, guardandolo, aggiunse: — Non hai nessuna intenzione di credermi sulla parola, vero?

Jake chiuse la mano in un grande, solido pugno e lo guardò. Il suo corpo non mostrava il minimo segno di grasso e i suoi muscoli erano gonfi e induriti dal lavoro di quegli ultimi mesi. — Si direbbe che devo litigarci se vogliamo andarcene di qui. Tu continui a ripetere che in qualche modo solo Edgar può farci tornare là da dove siamo venuti.

— Ti conviene non affrontarlo apertamente, tesoro — fece Camilla avvicinandosi a lui. — Jake, mi senti? E quella doppietta lasciala perdere. Ti ripeto che non può fargli nulla. Può solo mandarlo su tutte le furie se pensa che volevi ucciderlo.

— Come non può fargli nulla? Vuoi dire che una fucilata gli fa solo il solletico?

Lei si appoggiò al tavolo e rispose, sicura di sé: — E va bene, fa’ come vuoi allora. Spara a Edgar e vediamo cosa succede. Ma poi non lamentarti delle conseguenze.

Jake non disse nulla. Forse avrebbe potuto sparare a sangue freddo a qualcuno, ma solo come ultima risorsa per salvare la pelle.

Camilla si avvicinò di nuovo a lui sorridendo e i due si baciarono. Ma anche quelle labbra carnose, anche quel corpo snello e sensuale non riuscirono a distrarlo più di qualche istante.

— Hai visto qualcuno oltre a Edgar in questo periodo?

Lei esitò. — Ho visto un paio di persone.

— Chi?

Nessuna risposta.

— Per esempio il tizio che gli ha tirato una fucilata?

Un cenno di assenso.

— Un uomo, quindi.

— Sì.

— Insomma, queste persone sono riuscite ad andarsene? Hai idea di come abbiano fatto?

— Nessuno se ne va, Jake — rispose lei d’istinto. E poi: — L’uomo che gli ha sparato è morto.

Per quanto provasse, Jake non riuscì a cavarle altri dettagli su quell’episodio.

— Va bene, mi arrendo allora. Comunque, Edgar dorme nella caverna al di là della collina, giusto? E al tramonto ne uscirà cambiando forma e passando attraverso quella stretta fessura.

Camilla annuì.

Al tramonto Jake attraversò il torrente e valicò la piccola collina, fermandosi davanti alla caverna a non più di dieci metri di distanza. Quando il sole calò del tutto accadde ciò che doveva accadere: un battito di palpebre e Tyrrel era lì davanti a lui. Jake non riuscì neppure a capire come accadde.

— Ah, vedo che Camilla ti ha parlato di me — disse il vecchio senza tradire la minima rabbia o sorpresa.

Stupefatto, Jake non riuscì a spiccicare parola.

Il vecchio annuì lentamente. — E va bene, forse è meglio così. Che parli pure. Forse adesso comincerai a crederle. Spero tu sia pronto per apprendere il lavoro.

Jake ignorò ogni cosa. — Voglio andarmene.

— Quello che tu vuoi non conta nulla. Ti ho chiesto se sei pronto per apprendere il lavoro.

— Al diavolo il suo lavoro. Le ho detto che…

Lo schiaffo a mano aperta arrivò con tale velocità da impedirgli di scansarlo o di pararlo, e lo colpì sulla testa così violentemente da fargli ronzare entrambe le orecchie. Jake barcollò e mosse qualche passo indietro.

Ma un attimo più tardi, non appena tornò a sentire le gambe, il giovane uomo si lanciò all’attacco con un potente gancio diretto proprio alla mascella di Tyrrel…

…che alzò senza sforzo una mano bloccando in volo quel pugno tremendo. Camilla strillò in sottofondo. Jake cercò di liberarsi da quella stretta micidiale, ma senza alcun successo. Il suo braccio destro sembrava bloccato dalla presa di un lottatore, un enorme ammasso di muscoli che stringeva e torceva il suo polso con tutta la sua forza. Ma quando alzò lo sguardo disperato e abbattuto vide che c’era solo il piccolo Tyrrel che lo teneva con una sola mano senza mostrare il minimo sforzo.

— Non voglio farti davvero male — gli disse pazientemente il vecchio quando smise di divincolarsi. — Perché tu devi lavorare, e io spero che tu sia tanto intelligente da imparare ciò che devi senza troppa sofferenza.

Sempre con una mano, Tyrrel strinse le dita ancora un poco, molto poco, e Jake lanciò un urlo di dolore e di impotenza cadendo in ginocchio.

— Ti basta?

— Sì, la prego…

— Lavorerai per me? Accetterai i miei ordini?

— Sì, tutto ciò che vuole.

Tyrrel lo lasciò andare. Poi si voltò e si allontanò, fermandosi a mezza strada per fargli cenno di seguirlo. — Vieni con me. Ti mostrerò i tuoi compiti. Per domani a quest’ora ti converrà avere già fatto qualcosa.

Jake si rialzò faticosamente in piedi, massaggiandosi un polso slogato ma non lussato. La forza di quel vecchio era semplicemente disumana.

Il vecchio aspettò, pronto a rintuzzare un’eventuale seconda reazione di Jake. Ma il giovane aveva abbandonato ogni velleità, almeno in quel momento. Quando fu abbastanza vicino, Tyrrel gli disse: — Se vuoi continuare a vivere, devi lavorare. Hai avuto un giorno intero per abituarti all’idea. Adesso vieni con me.

Jake si rese perfettamente conto dello sguardo pieno di paura di Camilla, che osservava la scena da una certa distanza. Ma adesso non poteva fermarsi a parlarle. Doveva seguire il suo nuovo padrone.

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