18

Nella chiara luce del sole di mezzogiorno Jake ascoltò inorridito e immobile le urla provenienti da dietro la roccia, scheggiata e annerita, ma sempre dannatamente intera. Il mostro che cercava in tutti i modi di uccidere ovviamente viveva ancora.

In piedi accanto al suo compagno, Camilla si era tappata le orecchie con le mani, ma adesso univa le sue urla a quelle del vampiro.

La rabbia strappò Jake dalla sua momentanea paralisi. Con violenza e cattiveria schiaffeggiò più volte Camilla per tentare di strapparla a quello stato d’isteria. Un attimo più tardi lei si gettò tra le sue braccia singhiozzando, e lui cercò di confortarla. Poi la strinse per le spalle e la scosse energicamente. Urlando per farsi sentire sopra le urla di agonia di Edgar le disse: — Dobbiamo sistemare le altre cariche! Dobbiamo finirlo una volta per tutte!

Camilla tremava come una foglia. — Lo so, lo so! Adesso sto meglio.

Di nuovo Jake raccolse la mazza e lo scalpello. Altre due esplosioni rappresentavano la loro sola speranza. La dinamite c’era, e così gli inneschi.

Camilla ebbe un’ispirazione. — Ci siamo dimenticati del cherosene nelle lampade a petrolio! Corro alla casa a prenderlo.

— Ottima idea. Buttiamo dentro anche le lampade. L’importante è che quel fuoco continui a bruciare.

Lei si allontanò correndo.

Frettolosamente Jake tastò la pietra scegliendo i punti dove realizzare la nuova serie di fori. Dieci secondi dopo riprese a martellare. Il fallimento del primo tentativo lo metteva crudelmente davanti ai fatti: per uno come lui quella dannata lastra di roccia rappresentava una barriera quasi insormontabile.

Due minuti dopo Camilla fu di ritorno. Camminava adesso, e portava con sé tre grosse lampade a petrolio. Si avvicinò alla fessura e le gettò all’interno con una certa calma. Il vetro s’infranse, e la nuova doccia di liquido infiammabile generò un’intensa colonna di fumo nero.

Poi si precipitò ad aiutare Jake. — Faremo prima se tengo lo scalpello.

— Forza!

Lei afferrò l’utensile con entrambe le mani, ruotandolo dopo ogni colpo come aveva visto fare a Jake. Dal canto suo, lui prese una mazza più grande. Una strana frenesia generata dal terrore in lenta crescita sembrò donare ai due una forza sovrumana, e il lavoro procedette molto più velocemente di prima.


Iniziando il secondo nuovo foro, Jake gettò casualmente un’occhiata nella piccola grotta. Ciò che prima era un buio recesso nella roccia era adesso bene illuminato dalle fiamme. Con spaventoso orrore Jake riuscì a vedere, a livello del suo ginocchio, una parte della testa di Tyrrel: i capelli non c’erano più, e la pelle del cranio appariva annerita e fumante. Tuttavia il vampiro viveva ancora: evidentemente nel suo tormento vagava carponi tra le fiamme urlando come una belva feroce.

Il denso fumo nero oscurava la metà di ciò che le fiamme arancioni cercavano di rivelare, ma tuttavia Jake si rese conto che i vestiti di Tyrrel erano bruciati almeno per metà, sul torace e le spalle, e che il vampiro stava guardando i suoi assalitori. I suoi occhi brillavano fissi e vitrei nella devastata rovina del volto e le sue labbra si muovevano emettendo strane parole tra le urla.

Sconvolto dall’orrore, Jake assestò un colpo che mancò completamente lo scalpello e, fortunatamente, le mani di Camilla. Lei gli urlò di stare attento e lasciò cadere l’utensile.

Jake urlò a sua volta, e lei scese a riprendere lo scalpello. Ma improvvisamente tutto questo fu troppo per lei: cedendo ai nervi, lasciò cadere ogni cosa e prese a fuggire giù per il canyon verso il grande fiume.

Jake urlò dalla disperazione. — Camilla, torna qui! Camilla, non posso farcela da solo! Camilla!

Quelle urla la richiamarono alla logica. Fatti pochi metri si fermò e, singhiozzando, tornò indietro. Ma quando fu vicina a Jake si lasciò cadere a terra, esausta, incapace di fare altro, rassegnata a un’orribile morte.

Di nuovo Jake afferrò lo scalpello con la sinistra, cambiando mazza e riprendendo la più piccola. Di nuovo riprese a martellare, ma le braccia gli tremavano per la tensione e la fatica.

Il foro si approfondiva lentamente. Il tempo passava. Le urla del vampiro pian piano si mutarono in rantoli odiosi, mentre il fuoco lentamente si spegneva e la colonna di fumo nero si diradava fino a diventare un semplice filo di fumo. Jake non riusciva a credere che quei rantoli potessero mai fermarsi.

Lentamente, troppo lentamente, l’ultimo foro della serie prese forma nella roccia calcarea. Il sole passò lo zenith e cominciò la sua lenta discesa. E purtroppo, nonostante la fretta e lo strano modo in cui passava il tempo Jake dovette cominciare a fermarsi per riposare un po’ le braccia.

Non se la sentì però di guardare nuovamente nella grotta, anche perché quell’ultimo filo di fumo disperso irrimediabilmente dal vento annunciava che l’incendio si era spento. L’assalto del cherosene in fiamme era terminato, e il loro nemico sopravviveva ancora in qualche modo.

— Jake, scusami amore mio. Adesso ti aiuterò.

Camilla era riuscita a rimettersi in sesto, e adesso si avvicinò a lui.

Jake annuì e sorrise, conservando il poco fiato che gli restava per il lavoro ancora da fare. Per un istante posò la mazza, appoggiandosi alla barriera di roccia per riposare e asciugandosi con la manica della camicia il sudore dalla fronte, dal viso, dalla lunga barba incolta.

Camilla si avvicinò abbracciandolo con affetto.

Senza alcun preavviso la mano bruciata di Tyrrel uscì brancolando dalla fessura. Il braccio sottile si proiettò in avanti come un serpente a sonagli, coperto da fumanti rimasugli di carne e tessuto ed estendendosi incredibilmente lontano. La ferrea morsa delle sue dita mancò per un soffio il braccio di Jake, afferrando Camilla per il collo della maglia.

Jake emise un incoerente urlo di terrore, lasciò cadere la mazza e balzò indietro. La mano bruciata di Tyrrel si strinse intanto su Camilla, trascinandola con forza sovrumana verso la stretta apertura tra le rocce. La ragazza cercò istintivamente di resistere e non urlò neppure, emettendo piuttosto una sorta di prolungato singulto.

Ma la sorpresa passò all’istante: Jake mosse un passo avanti e afferrò lo scalpello, lungo forse un terzo di una mazza da baseball e altrettanto pesante, colpendo con tutta la sua forza il polso scheletrico di Tyrrel. Ma questi non mollò la presa, mentre il braccio di Jake venne scosso da tali vibrazioni da fargli pensare per un attimo di aver colpito la roccia per errore.

Il corpo di Camilla s’irrigidì oltre ogni limite. Tutti i suoi muscoli lottavano per evitare di venire trascinata, schiacciata nella stretta apertura. L’attonito singulto di sorpresa si trasformò in parole coerenti: — No, Jake, no! Devi usare il legno! Il legno!

Jake posò lo scalpello, afferrando la mazza dal manico più lungo e prendendo a colpire alla cieca col manico di legno il polso e la mano di Tyrrel. Vedendo che non sortiva comunque alcun effetto, cambiò tattica incastrando il manico di legno nella fessura e facendo leva fino a schiacciare il polso bruciato del vampiro contro la roccia opposta.

Di nuovo il mostro urlò orribilmente.

Le dita scheletriche e bruciate di Tyrrel rifiutarono ancora di lasciare la presa, ma adesso il collo della maglia di Camilla prese a lacerarsi.

Parte della maglia, il collo, la manica e la spalla, si stracciarono completamente. E con un urlo finale la giovane donna cadde al suolo, fuori dalla portata del vampiro.

Jake la prese da sotto le spalle e la trascinò ancora più indietro, lontano dalla mano tesa di Tyrrel che apriva e chiudeva le dita in cerca di una vittima umana.


— Camilla, stai bene? Fatti coraggio. Non abbiamo ancora finito. Devi aiutarmi, dobbiamo terminare questo dannato lavoro!

Ovviamente dovevano disporsi in modo da stare alla larga dal braccio teso di Tyrrel. Bisognava stare molto attenti a dove mettevano i piedi.

— Sto bene — disse Camilla alzandosi faticosamente.

Il lavoro riprese, in un incubo di stanchezza e tensione e nel persistente odore di cherosene, mentre il sole scendeva ancora un po’ muovendo insidiosamente verso ovest. Talvolta i due contemplavano con muto orrore una delle braccia di Tyrrel uscire dalla fessura e cercare disperatamente i loro corpi umani.

Non molto dopo, Jake dovette fermarsi a riposare. Camilla, che sembrava avere ben superato lo shock dell’accaduto, si precipitò verso la casa per cercare qualcosa da mangiare.

Finalmente Jake misurò la lunghezza del foro e decise che era profondo a sufficienza per contenere una carica.

Ancora una volta con dita tremanti inserì i candelotti nei fori e preparò l’innesco, collegandoli poi al cavo e al detonatore elettrico.

— Sbrigati, sbrigati! — lo incitò Camilla con un tremulo sussurro che parve quasi una litania.

Sembrava a Jake di essere impazzito. Come potevano quattordici ore di luce solare passare tanto velocemente? Le ombre stavano allungandosi, il tramonto incombeva, la fine si stava approssimando: quella di Tyrrel o la loro.

Dentro la piccola grotta l’oscurità era completa, e il mostro che vi si trovava aveva cessato di lottare. Per qualche istante il silenzio fu assoluto.

Finalmente, con i due giovani al riparo dietro lo stesso masso di prima, Jake fece esplodere le due nuove cariche.

Correndo fuori dal riparo tra una pioggia di schegge, il giovane uomo lanciò un’occhiata alla barriera e si rese immediatamente conto di aver fallito di nuovo. Ancora una volta un frammento di roccia se n’era andato, ma la massa centrale della lastra resisteva. Forse altre due cariche l’avrebbero finalmente sbriciolata. Forse.

Quasi rassegnato Jake esaminò rapidamente gli attrezzi e la dinamite rimasta. Certamente aveva il materiale per preparare altre due cariche, ma il tempo loro concesso era quasi giunto al termine.

Sollevando da terra un’esausta Camilla la obbligò a muovere qualche passo, per poi cominciare a scendere incespicando verso il grande fiume. — Vieni, fuggiamo — le disse.

— Dove? Oh, Jake, dove possiamo fuggire adesso?

Lui tenne la bocca chiusa. Non voleva allarmarla, ma soprattutto temeva che il mostro nella grotta potesse udirlo adesso che il sole era al tramonto.

Correndo e inciampando, a volte sollevando Camilla da terra, Jake percorse con frenetica energia il piccolo sentiero che costeggiava il torrente.

Per tutto quel lungo giorno, nella sua mente erano comparse le immagini di quell’ultimo, disperato tentativo di fuga, l’unica possibilità rimasta loro dopo il fallimento di tutto il resto. Se fossero riusciti ad arrivare al fiume avrebbero potuto tentare di scendere le rapide. Forse Tyrrel, ferito e bruciato, non sarebbe riuscito a inseguirli troppo lontano, o se ci fosse riuscito forse non li avrebbe trovati. D’altro canto, nella peggiore delle ipotesi, la veloce morte offerta dalle rapide era senza dubbio meglio di ciò che li aspettava se fossero caduti vivi nelle mani del vampiro.

Saltellando liberamente accanto a Jake nella sua corsa disperata, l’acqua spumeggiante del torrente borbottava avvertimenti e strane maledizioni.

Al suo fianco Camilla, praticamente delirante, mormorava a sua volta strane cose. L’ultimo raggio di sole passò attraverso una fenditura tra le creste occidentali per stamparsi sul volto di Camilla, che reagì con fastidio.


Pochi attimi più tardi, con Camilla sempre al suo fianco, Jake si immerse nelle gelide e turbinose acque di quel Colorado preistorico.

All’ultimo momento, prima di allontanarsi dalla riva, il giovane riuscì ad afferrare un grosso tronco galleggiante e ad aggrapparvisi con tenacia. Non era un buon nuotatore, ma con il tronco forse ce l’avrebbe fatta. Cercò di chiamare Camilla perché vi si aggrappasse anche lei, ma la ragazza era già scomparsa davanti a lui nuotando come un pesce.

Il sole calò completamente dietro le colline.

Le rocce che riducevano l’acqua in schiuma erano nere contro il violetto intenso del cielo al tramonto. Quelle erano le rocce più profonde di tutti gli strati messi a nudo dal Colorado.

Il freddo gelido dell’acqua lo fece fremere fino alle ossa, ma quello fu nulla rispetto allo shock del primo impatto. Mille luci si accesero danzanti davanti ai suoi occhi e Jake vide, o pensò di vedere, dapprima un candido nodulo incastrato in una roccia e poi una vera foresta di essi.

E negli ultimi attimi di quella coscienza che perse non appena la corrente lo proiettò con violenza su altre rocce, Jake fu certo di sentire Tyrrel, di nuovo libero al tramonto, seguirli ululando sotto forma di animale per godersi la sua vendetta.

Ma non furono le mani di Tyrrel ad afferrarlo e a sollevarlo: luci sfavillanti come tante torce elettriche colorate che si riflettevano sulle acque del fiume lo attorniarono da ogni parte.

Qualunque cosa stesse accadendo, Camilla era là con lui. Non riusciva più a vederla in volto, ma per strano che potesse sembrare la sentiva vicina, molto molto vicina.

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